Stegal67 Blog

Sunday, January 31, 2010

“Laddove si comincia parlando di scacchi
e si finisce parlando di orienteering...”

Quando penso ad una attività sportiva nella quale la fortuna ha un ruolo persino meno che marginale, penso agli scacchi. E già questa prima frase contiene una affermazione che potrebbe far sobbalzare i più: “scacchi = attività sportiva”??? Il dibattito, in effetti, è aperto. A tutti i livelli. Chi nega che l’equazione sia vera, afferma che non si può concepire come “sport” una attività nella quale tutto il movimento è legato allo spostamento (... ogni tanto) di alcuni legnetti, con i contendenti che molto spesso (... ma mica sempre, come Thomas Buehrer insegna!) avrebbero serie difficoltà a fare un paio di rampe di scale senza farsi venire il fiatone.

Altri affermano che una attività, per essere considerata “sport” dovrebbe offrire uno spettacolo emozionante allo spettatore. Da questo punto di vista, non ci sarà mai uniformità di vedute tra chi non conosce il gioco, o lo conosce a malapena, e chi invece sa giocare almeno in modo decente: il primo, appunto, si limiterà ad osservarne la staticità, la noia, l’immobilità; il secondo apprezzerà meglio le situazioni che si creano sulle 64 caselle: pur non essendo io un giocatore titolato, assicuro che vedere dal vivo su internet le recenti partite del Torneo Corus è stato veramente emozionante (meno che il live dei WOC 2008... ma forse non sono uno scacchista abbastanza bravo).

Forse è vero, forse gli scacchi non sono uno sport. D’altra parte, gli scacchi rappresentano una attività ludica nella quale si fronteggiano alcuni contendenti; e, soprattutto, lo fanno seguendo un codice di comportamento ed alcune regole che rendono il gioco privo del “fattore fortuna”: non per nulla uno dei motti di cui gli scacchi vanno fieri è “in me vis sortis nulla sed ingenium”, negli scacchi la fortuna non conta nulla ma solo l’intelligenza. Gli scacchi sono un gioco nel quale la sorte ha impatto zero: non ci sono carte da distribuire, non ci sono dadi, non ci sono bluff, non ci sono trappole nascoste, non ci sono territori più o meno favorevoli allo sviluppo vincente di un piano: tutto il gioco si sviluppa nello stesso modo davanti agli occhi di entrambi i contendenti, tutte le informazioni sono ugualmente condivise, e non importa nemmeno che tu sia alto o basso, magro o grasso, uomo o donna, bello o brutto, amministratore delegato o barbone spiantato per comprenderle. Conta solo il più bravo, conta solo ci riesce a giocare meglio sulle 64 caselle.

Ci sono, è vero e mi sembra incredibile, giocatori di scacchi che si appassionano e si accalorano nel cercare di dimostrare che la fortuna conta anche negli scacchi: affrontare un avversario stanco o non in piena forma, è reale fortuna? Quando l’avversario perde perchè durante la partita non ha visto la mossa vincente, è reale fortuna? Secondo me no, ma è una questione di punti di vista. I giocatori di scacchi che vogliono attribuire alla fortuna un ruolo nella partita, secondo me, sono giocatori scarsi o in preda ad una forma di autolimitazione delle proprie migliori potenzialità.

E l’orienteering? E’ uno sport nel quale conta la fortuna? Ognuno si sarà fatto la propria opinione in proposito: magari può essere fortuna quando si vede un altro concorrente che esce dal punto, magari può essere fortuna quando si intravede una lanterna lontana nell’unico minuto secondo di angolazione che permette di non avere tra il proprio sguardo ed il telo nemmeno un albero. E’ fortuna quando il percorso è proprio congeniale alle proprie potenzialità... ma a questo punto mi sembra di ripercorrere la stessa frase nella quale dicevo “chi attribuisce un ruolo alla fortuna è un orientista scarso o in preda ad una forma di autolimitazione delle proprie migliori potenzialità”.

(... a questo punto dico che il “fattore fortuna” conta soprattutto per quelli scarsi come me! E’ per quelli come me che le lanterne si trovano anche “a culo”! Il fattore fortuna mi potrà aiutare in qualche occasione ad arrivare decimo anziché quindicesimo in una gara con venti concorrenti, ma non mi aiuterà mai a battere Carlo Rigoni... per fortuna l’orienteering è uno sport nel quale la classifica, almeno al livello dei primissimi, rende davvero onore a chi è stato più bravo)

Anche l’orienteering ha il suo gioco degli scacchi. Si chiama Trail-O. A me piace.
D’altronde ho sempre avuto una vera passione per gli enigmi, di ogni genere e tipo. Risolvere un enigma ben congegnato mi dà una soddisfazione paragonabile a quella che posso ricavare da una prestazione sportiva vincente: si tratta di una sfida intellettuale nella quale l’ideatore dell’enigma dissemina trappole di ogni tipo, tranelli ed indizi fuorvianti a fronte dei quali il solutore diventa di volta in volta investigatore, studioso, matematico, logico, scacchista...
Posso essere contento di una bella tratta fatta nel bosco e ricordare con uguale orgoglio il processo mentale che mi ha fatto capire la “Z” all’11° punto (mi pare fosse quello, ma chi c'era ha presente) della gara di Folgaria tracciata da Roberta Falda era un puzzle di altissimo livello ma era risolvibile. Il momento nel quale scatta la simbiosi tra la mente dell’ideatore dell’enigma e quella del solutore è un momento di grande esaltazione.

(... nella mia vita mi sono stati sottoposti, o sono andato io stesso a cercare, enigmi di ogni tipo. Per alcuni anni ho fatto parte di una squadra, i “Polgara” (in onore dell’eroina dei romanzi di David Eddings e della rappresentanza femminile della squadra), che si cimentava con un certo successo nei ludi definiti “Cenerentoliadi”, serate enigmistiche nelle quali la facevano da padrone sequenze numeriche e letterali, liste di oggetti o personaggi nelle quali si nascondeva immancabilmente l’intruso, quesiti logici ed illogici da far dubitare sia della sanità mentale del proponente che della persona che finalmente arrivava alla soluzione...)

Nel Trail-O ho trovato gli scacchi dell’orienteering: perchè anche qui vige il motto “in me vis sortis nulla sed ingenium”. So in partenza che per quanto mi possa allenare, non sarò mai in grado di competere con Carlo Rigoni. Nemmeno se mollassi tutto e ricominciassi da capo: come ho scritto nella risposta del post precedente, sono troppo stanco, sono troppo vecchio, sono soprattutto troppo scarso. Ma so che nel trail-O tutti partono allo stesso livello: l’enigma è lì da risolvere, davanti agli occhi, e le informazioni sono condivise; sta a me trovarle, sta a me risolvere l’arcano, e se non ci riesco non ho scuse: se non rispondo correttamente vuol dire, banalmente, che non sono stato abbastanza attento, che non ho analizzato correttamente la situazione, che non sono stato sufficientemente bravo. Nel trail-O ho trovato una disciplina nella quale battere o essere battuto da “Carlo Rigoni” o da chiunque altro dipende solo ed esclusivamente da me.

Pur non avendo partecipato all’inizio della stagione 2010, c’è stato abbastanza “Trail-O” attorno a me in queste ultime settimane... ci sono stati tanti “rumors” che sono arrivati spesso anche alle mie orecchie; forse in questo momento è difficile arrivare ad una corretta quadratura del cerchio tra le esigenze e le aspettative delle tante anime del movimento orientistico e delle discipline che lo compongono (che per me è una sola, perchè sempre di andare in giro a caccia di lanterne si tratta!). Non prenderò posizione perchè sono abbastanza “antico” da essere convinto nell’animo che tutto si sistemerà e che la cosa più importante tornerà presto ad essere la lanterna da trovare nel bosco. Mi limito quindi ad augurare, da vecchio scorridore dei boschi quale sono e che tale continuerà ad essere anche nel 2010, sia agli orient-isti che ai trail-oisti di poter trovare la giusta dimensione e le meritate soddisfazioni senza incaponirsi sulle reciproche supposte interferenze.

Stefano G.

Ps: ho citato più volte Carlo Rigoni, e non perchè Carlo mi sia antipatico. Al contrario, ho grande stima di Carlo: penso che sia un grande atleta, una persona veramente a modo che con me è sempre stato estremamente cortese. Non lo batterò mai, perchè rispetto a me è di un altro pianeta, ma ci proverò sempre. In fondo anche Vitas Gerulaitis si è trovato 0-17 contro Bjorn Borg e ha continuato a provarci...

Saturday, January 23, 2010

GRAZIE !!!!!

(dal sito della Federazione Internazionale)

Gueorgiou, Nordberg and Smola awarded International Fair Play Diploma of Honour
The athletes Thierry Gueorgiou (FRA), Anders Nordberg (NOR) and Michal Smola (CZE) will be recognised by the International Committee for Fair Play for their sportsmanship during the World Orienteering Championships relay in Hungary in 2009. The three athletes were fighting for gold medal on the last leg in the World Championships relay, but sacrificed their own and their nation's medal possibilities when stopping to assist an injured fellow competitor.
The Award Ceremony, where the prize-winners receive their trophies and diplomas, will be held under the auspices of the City of Pécs, European Capital of Culture in 2010 and the International Committee for Fair Play, in the course of a gala dinner in Pécs, Hungary Saturday 27 March 2010. Gueorgiou, Nordberg and Smola will receive the Fair Play Diploma in the category Act of Fair Play.
The International Committee for Fair Play is an international non-governmental organisation recognised by the International Olympic Committee. The goal of the International Committee for Fair Play (CIFP) is the world-wide defence and promotion of fair play.

Io credo ancora alle favole.
Questa lo è!

Monday, January 18, 2010

No pain, no gain diceva quello.
Se è vero, quest’anno dovrei gainare abbastanza visto che sto painando parecchio.
Lascio perdere i giochi di parole se faccio più pain e più pena...

Seconda mezza maratona in otto giorni. Dopo i 21 abbondanti di Casorate Primo cui è seguita la ramanzina del MegaDirettore (mercoledì riunione di Direzione Generale e appena entro nella sala uno dei boss mi fa “Ha detto il tuo capo che stavi andando troppi piano... quindi quest’anno niente promozione!”), si torna nella parte nord di Milano per la mezza del Parco del Bosco del Rugareto a Gorla Minore. Una bella corsetta (che segnalo per i prossimi anni segnalo agli avventori casuali di questo saloon) in una mattina fredda ma soprattutto molto umida, coinvolti anche Roby ed Atty al rientro.

Gorla Minore. Trattasi di un posto nel bassissimo varesotto che promette quel che piace a me: pianura, pianura e poi ancora un pizzico di pianura. C’è il temibile Olona di mezzo, che potrebbe garantire qualche su e giù poco piacevole, ma il tracciato di quest’anno è veramente tutto piatto. Roby parte per il giro da 12 km... io non so cosa ha intenzione di fare Atty e quindi parto abbastanza forte rispetto ai miei piani ed alle mie possibilità, per prendere un po’ di vantaggio: se mi tocca fare 9 km in più di Roberta, c’è il rischio che lei mi debba aspettare un’ora all’addiaccio e la ritroverei congelata tipo mummia del Similaun!

Partenza bella vispa, quindi, sul percorso tutto in pianura. Stacco di qualche decina di metri Attilio e mi trovo incollato ad un tale di Sumirago che ha un bel passo. Il percorso è tutto nel Parco, purtroppo (non nel caso di questa corsa) troppo piatto e con pochissimi dettagli per poter essere sfruttato orientisticamente, ed è un vero peccato. Il passo continua regolare su sentieri molto larghi, e così in men che non si dica si arriva al km 6. Il cronometro dice 29 minuti. Attilio è poco dietro di me (lo aspetto al ristoro), e subito dietro compare alle sue spalle anche la sagoma di Roby... quindi anche loro stanno andando molto forte. Il mio problema diventa il fatto che sono già a metà del percorso di Roberta e non ho preso proprio una cippa di vantaggio!

Riparto quindi ancora più determinato, visto che Attilio e Roberta mi confermano che staranno sul percorso dei 12. Un passo da battaglia che mi consente di piombare presto sull’abitato di Gorla Maggiore... km 9... l’orologio dice che sono passati 41 minuti. Francamente non credo di aver messo su in una settimana il passo di un keniano olimpico e nemmeno quello del mio compagno Oscar G. che nei cross brianzoli fa dei tempi che io nemmeno con il peperoncino di Soverato infilato dove dico io; lascio quindi perdere il rilevamento cronometrico e proseguo fino al ristoro successivo dove mi dicono che sono arrivato al km 11. L’orologio dice 55 minuti ed il rilevamento mi sembra assai più affidabile.

E’ un vero peccato che da questo punto in poi, anzi dal km 13, cominci ad esserci sul terreno una fanghiglia che rende difficile persino stare in piedi. Le cose peggiorano (soprattutto per i miei piedoni) quando il percorso della mezza maratona si ricongiunge con quello dei 12 km, all’altezza del loro km. 9, perchè il passaggio di un numero maggiore di concorrenti sul terreno gelato acuisce il problema del fango: su un altro lunghissimo rettilineo in mezzo al bosco devo stare più attento a non scivolare e finire per terra che a correre spedito, così finisco per perdere contatto con il gruppetto che mi stava tirando da una decina di minuti almeno.

Alla punzonatura del km 15 rimango da solo perchè quasi tutti i podisti che mi stanno attorno sono quelli del percorso dei 12 km: so solo io quanto patisco la mancanza di una lepre che tiene il ritmo!, Da qui in poi lo scenario si fa un po’ più incasinato... Davanti a me, una cinquantina di metri avanti, corre un tizio che sto “marcando” da un po’; una curva, due curve, tra curve, passiamo il km 16, poi il 17... lui va a destra ad una curva mentre a me sembra che il segnale della corsa dica “diritto”... Ovviamente gli inseguitori notano la manovra e hanno uno sbandamento: la ragazza che al ritrovo ha parcheggiato dietro la GOK-car continua a "marcare" me; quello ancora più indietro gira a destra: il gruppettino si sparpaglia su due sentieri che corrono un po’ parallelitra campi e boschi e finisce che ci scambiamo qualche urlo e qualche indicazione da un sentiero all’altro... per farla breve: tempo due minuti e siamo persi!

Non è una bella sensazione dopo quasi 18 km di corsa, con le energie ormai al lumicino, ma per fortuna nel gruppetto c’è un orientista, no??? (non cominciamo a dire: “E chi è?”). Rapida messa in moto della bussola interna e dopo un paio di deviazioni riesco a riportarmi sul rettilineo finale (lungo 2 km); la ragazza sbuca qualche metro più avanti, e qualche metro dopo arrivano anche gli altri due.

Tempo finale 1 ora e 48 minuti circa (probabilmente con un po' di taglio nell'ultima fase pre-rettilineo), i dolori finali invece sono fuori scala di misurazione. Ma il saldo tra il divertimento ed il dolore è tutto sommato positivo e questa corsa di Gorla me la voglio segnare per l'anno prossimo: avanti così! Settimana prossima andrà meglio!

Friday, January 15, 2010

Seconda fatica di fine 2009 e inizio 2010. Meno personale e più bibliografica. Per una stagione che si chiude ed un'altra che prima o poi andrà a cominciare. Sono un po' invidioso verso chi nel 2009 ha potuto raccontare "la storia" e sono un po' orgoglioso perchè anche io ho contribuito con un tassello alle cose che si realizzeranno nel 2010.

In bocca al lupo a tutti gli orientisti che vivranno le avventure del più bello sport del mondo in ognuna delle quattro discipline. E in bocca al lupo a chi racconterà queste avventure. Quando potrò, ci sarò anche io.

I love you all!

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Sta diventando ormai una tradizione, questa antologia di articoli, di comunicati stampa, di cronache relative all’annata agonistica appena trascorsa.

Una raccolta di quanto è stato scritto dalla Commissione Stampa, attraverso i suoi Addetti Nazionali e Regionali ed i referenti locali, che quest’anno dovrebbe essere accompagnata da un altro supporto oltre a quello cartaceo: l’anno di grazia 2009, dal punto di vista della comunicazione, ha visto un ampio e proficuo sfruttamento di filmati e video che sono stati poi proposti sul sito http://www.fiso.it/ (e, credetemi, ne avete visti solo una parte...): i Campionati Mondiali Juniores disputati in Primiero, nonché le principali gare nazionali del calendario sono state seguite non solo attraverso le cronache scritte ma soprattutto attraverso le immagini riprese nell’immediatezza del fatto agonistico, raccogliendo la viva voce dei protagonisti e le impressioni a caldo degli organizzatori. Forse siamo vicini al giorno nel quale il “libro-strenna” della Fiso dovrà esseresarà accompagnato dal un bel DVD...

Il piccolo volume che segue, comunque, rappresenta ancora una volta il un resoconto pressoché completo della Rassegnai Comunicati Stampa proposta proposti sulle pagine web del sito istituzionale (rimanendo escluse, come di consueto, le notizie di carattere burocratico, o i meri annunci delle gare). La selezione esclude, come di consueto, le notizie di carattere burocratico, o i meri annunci delle gare, non rilevanti nel dare un immagine di cosa sia successo nell’anno trascorso.

Proprio La nuova impronta data dalla neo-nata Commissione Stampa fa sì, in compenso, che questa raccolta comprenda anche un capitolo legato alle iniziative più vicine alla Promozione, a completare i ruoli che la “Commissione Stampa e Marketing” si è data.

Le cronache comprendono gli eventi che si sono svolti dal dicembre 2008 al novembre 2009, presentati così come li hanno raccontati gli orientisti stessi: una strana razza di sportivi che, oltre a gareggiare, spesso si organizzano in proprio le competizioni per gli altri, le gareggiano, e talvolta le devono anche validare come parte quando sono chiamati a far parte delle Giurie di gara. E tutto questo, poi, alla fine le lo raccontano e le lo tramandano ai posteri con un linguaggio personale fatto di impressioni vivide raccolte nel bosco.

Non c’è esiste un altro sport che rimane da un lato così nascosto alla vista del pubblico ma che al tempo stesso può essere raccontato in modo tanto palpitante da chi, metro dopo metro nel fitto di una foresta, ha profuso le sue energie nel tentativo di venire a capo di un percorso insidioso, nel continuo equilibrismo tra le scelte tattiche che coinvolgono la sfera atletica e quelle strategiche che pilotano l’aspetto tecnico della nostra disciplina.

E’ sempre un vero problema stabilire il modo in cui presentare la raccolta, ma gli orientisti vengono sempre in aiuto del redattore. E come nel 2007 fu la medaglia d’oro di Roberta Falda ai Campionati Mondiali di Trail-O ad aprire la cronaca, così nel 2009 la prima pagina è dedicata a Mikhail Mamleev, al suo “fare la storia” anzi addirittura “essere la storia” (come scrisse un emozionato Francesco Isella da una postazione a pochi metri dall’arrivo della finale del Campionato del Mondo a Lunga Distanza).

Il secondo capitolo, invece, è una scelta quasi sentimentale del redattore di queste righe. Qualcosa di cui i protagonisti di quel giorno, ma anche gli orientisti in generale, potranno sempre andare fieri. Se una situazione come quella raccontata, ancora una volta, da Francesco Isella fosse capitata in altri sport, sotto un altro genere di riflettori, allora giornali e mass-media avrebbero scomodato le loro migliori penne per raccontare quanto avvenuto nella fase finale del Campionato Mondiale a Staffetta.
I critici-a-prescindere sostengono che “sotto altri riflettori” i protagonisti di quella giornata si sarebbero comportati in modo diverso? Lasciamo a questi critici le loro convinzioni... ma chiediamo a costoro di lasciare agli Orientisti (la “O” maiuscola non è casuale) la sensazione di partecipare ad uno sport nel quale si può abbandonare la rincorsa ad una medaglia d’oro in un Campionato del Mondo per aiutare un avversario in difficoltà.

Il terzo capitolo è finalmente dedicato al grande Evento sportivo organizzato in Valle di Primiero nel Luglio 2009, i Campionati Mondiali Juniores. E’ proprio per questo Evento che, quotidianamente o anche più volte al giorno, il sito Fiso e gli addetti stampa si sono mobilitati per offrire una cronaca quasi minuto per minuto, per riempire soprattutto di immagini la home page del sito federale.

E’ stata una operazione degna di nota, e dedicata in modo speciale a chi quell’Evento lo ha vissuto da remoto, perchè impossibilitato a partecipare come spettatore o come atleta della parallela “5 giorni delle Dolomiti”. Chi era in Valle di Primiero in quei giorni avrà sicuramente raccolto la propria razione di immagini private, ma le interviste a caldo di Pietro Illarietti contribuiscono a corroborare la bellezza di quelle giornate mondiali tanto quanto le parole dell’addetto stampa durante la terribile giornata del Passo Rolle: è stato forse il “Monte Bondone 1956” o il “Passo Gavia 1988” del nostro orienteering.

"La temperatura si è abbassata e a tratti manca la corrente elettrica. La situazione è difficile e riuscire ad andare avanti, in certi momenti pare difficile. Gli organizzatori dimostrano tutta la solidità del gruppo continuando senza alcun intoppo. I concorrenti arrivano stremati ed infreddoliti".

RINGRAZIAMENTI

I ringraziamenti di rito vanno ancora ai volontari che si sono prefissi il compito di redigere le news per le gare nazionali o regionali disputate nella propria regione: Anna Chiandetti, Aaron Gaio, Bruno Trebbi e Roberto Moretti che ancora una volta si sono assunti tale l’onere di raccontare le gare disputate nella loro regione.

Ancora Un ringraziamento per il colore delle foto di Luigi Girardi e Gianfranco De Vito,e per i pezzi direttamente dagli innevati campi di gara dello Sci-O a cura di Cristian Giacomuzzi (capace quest’ultimo di scovare connessioni internet fin nelle più remote e desolate lande del nord Europa).

Grazie a tutte le persone attive nelle varie regioni che si di volta in volta hanno inviato spunti e collaborazioni: Nicolò Zuffi, Luigi Laricchia e Filippo Fasano, Fabio Storti e Paolo Mutterle; poi Susy De Pieri per il Trail-O, una disciplina quest’ultima che ha trovato anche nel “coach” Roberta Falda un’atleta di caratura internazionale con un occhio di riguardo anche alla Comunicazione. Poi Angelo Bozzola con i puntuali resoconti sul circuito regionale lombardo (l’unico, purtroppo, rimasto) della MTB-O.

E poi grazie ai responsabili delle squadre nazionali, alla Segreteria Fiso, e a tutti coloro che hanno inviato classifiche, commenti ed aneddoti (come sempre, come nel 2007 e nel 2008, mi scuso fin d’ora per le eventuali dimenticanze: ; gli errori e le omissioni sono tutti miei).

E non ultimi, grazie agli atleti che attraverso i loro blog, attraverso quelle capacità narrative che ritroviamo anche nei resoconti ufficiali, hanno fornito un serbatoio prezioso di informazioni di prima mano dai campi di gara: lo Skodeg-O, l’Er-Team, i nazionali Emiliano Corona ed Alessio Tenani e Laura Scaravonati, i veterani Stefano Zonato e Marco Giovannini ed Andrea Segatta, i giovani scatenati trentini e tutti quanti contribuiscono in modo assolutamente volontaristico a riempire quei momenti vuoti della settimana che vanno dallo scarico della si-card alla fine di una gara fino al quadruplice “bip” che segna l’inizio della gara successiva.

Infine grazie all’Addetto Stampa FISO Pietro Illarietti per la collaborazione, i consigli e la pazienza nel raffrontarsi con gli scatenati corridori dei boschi, a Francesco Isella per aver portato l’ori-mass-media nel XXI° secolo ed ail VicePresidente della Fiso Stefano Mappa per aver vigilato su tutto questo, fornendo egli stessi talvolta qualche articolo.

Per finire, il consueto “copia&incolla” datato ormai 2007: <<è un lungo elenco, che copre il movimento orientistico da nord a sud, da est ad ovest senza distinzione di età, colori sociali e punti in lista base. Sono citate talmente tante persone che arrivo a pensare che sia proprio vero che “l’orienteering siamo tutti noi”!>>

Sunday, January 10, 2010

L’affermazione è chiara. Il teorema lampante. La dimostrazione è palese!
E allora perchè ogni volta mi devi mandare dal cielo nuove prove a supporto? Ne sono convinto! Mi hai già convinto! Vuoi che lo dica io? Ok... l’orienteering è la causa numero uno di tutto quel che mi capita!
L’ho detto. Sarai contento lassù! (o laggiù... o dovunque stai Tu che sei qui e là ed in Ogni Luogo)

Prendiamo ad esempio quel che è successo oggi. Obiettivo della giornata: riposo, riposo, riposo. Riposo da che cosa non si sa bene (... il lavoro?...). Comunque riposo. Chissà perchè allora ieri sera mi sono messo a trafficare con il sacchetto delle mercanzie orientistiche elettroniche: contiene l’Ipod e le 4 radioline 4 che avevo comperato in previsione del Mobile-O di Miskolc. Una sistematina in previsione della stagione orientistica che verrà...

Inavvertitamente, devo aver schiacciato uno dei tasti di accensione... Oggi all’alba, sono stato svegliato da alcuni rumori che immediatamente mi hanno fatto accapponare la pelle (roba da pelle di gallina e peli dritti!): gracchiamenti vari, voci scomposte... il tutto da dentro casa! Provateci voi. Dopo esser balzato giù dal letto, acceso tutte le luci e afferrato un manico di scopa, sono rinsavito quel poco per capire che i rumori erano di natura elettronica: cerca che ti ricerca ho trovato la radiolina accesa. Tirati giù i Santi del Paradiso dal 1° gennaio fino al solstizio d’estate, mi son detto “chissà se piove ancora?”. Erano le 6.20. Fuori cielo sereno. Evidentemente era destino: non avevo più scuse, ormai ero perfettamente sveglio, per non andare a correre la “mezza” a Casorate Primo.

So che ora Marco L. sta tirando giù contumelie ed improperi: ma non è che ti potevo telefonare alle 06.30 a.m. per dirti che ci potevamo trovare a Casorate! Arrivo nel primo paese della provincia pavese di buonissima ora: c’è un pienone di gente. Mi cambio con calma ed arrivo sulla linea di partenza in pieno centro. E chi ti trovo? Matteo Merati.... e Paolo Talenti!!! Ora, se il nome di Matteo Merati non dovrebbe sfuggire ai più, forse Paolo è meno noto. Ma assicuro che si tratta di uno dei più forti orientisti del reame, uno che ai suoi bei tempi doveva solo limare di uno zinzinello la tecnica orientista per lasciarsi dietro Elite a profusione. Uno che faceva l’orientista-impiegato (mica troppo... ma quasi) ed era già al livello di super-Deligios, quando Deligios era “the Great Deligios”!!! Tutti e due li trovate ora sul sito www.happyrunners.it , e se Paolo torna a fare orienteering io dico che possiamo anche fare i Campionati Italiani M40, ma per assegnare solo le medaglie di argento e bronzo!

Comunque non ci sono problemi, loro due viaggiano molto più forte di me... il problema nasce quando il duo di ex-Uellini (io lo sono ancora) decide che andremo insieme! Andremo al mio passo... Il che vuol dire che il ritmo dei primi chilometri (c’è anche una fanga insidiosa e spessa) è tra i 10 e gli 11 minuti al km. Che per me è sufficiente e quasi oltre soglia. Per Matteo il ritmo è tale che riesce a parlare senza soluzione di continuità, mentre io gli rispondo a monosillabi. Paolo probabilmente ogni tanto si appisola correndo... A quel ritmo, comunque, accade che raggiungiamo dopo qualche chilometro una figurina nera che si avvicina lentamente... sapete quelle sensazioni che capitano ogni tanto... capelli biondi mooolto carini, tutina nera attillata per far vedere che tutte le cosine sono al punto giusto... Sguardo d’intesa tra i tre vecchiardi, ma il ritmo della biondina (metà dei miei anni) è abbastanza blando, e non ha senso stare a ruota a farsi trasportare fino in capo al mondo da quel su e giù e su e giù e su e giù... (ogni riferimento a fatti veramente accaduti a me nel mio passato orientistico NON è casuale). Mai sorpasso fu più sanguinoso, e la biondina esce dalla mia vita. Forse. Ricordarsi intanto della biondina.

Al primo ristoro, puntuale al km.6 esatto, io mi fermo per onorare degnamente il popò di roba che c’è lì... così i due forti compagni di viaggio andranno per la loro strada! Penso io. Loro no. Mi aspettano. E si riparte questa volta tra gli 11 ed i 12 al km (il percorso è sempre un tantinello accidentato). Poco dopo, per fortuna, veniamo superati da una specie di keniano bianco con la tuta della New York Marathon... saluti calorosi con Paolo che ci dice “Vi scoccia se vado con lui?” e parte come nemmeno Schildauer 1983 al famoso “Suona la campana!”. Restiamo io e Matteo, io in apnea e pronto per la rianimazione, lui fresco come una rosa, e poco dopo raggiungiamo il bivio che separa il percorso dei 14 km da quello dei 21. Matteo vuole rimanere su quello dei 14, ma io vedo che in realtà i “14” sono indicati come “16” e quindi penso che tanto vale fare 5 km in più e mettere su un po’ di fiato. Ci separiamo ed io resto da solo.

Non per molto. Poche decine di metri dopo vengo letteralmente fagocitato da un gruppetto compatto che arriva (credo) da Motta Visconti; ci sono donzelle appena più attempate di me e donzelli corpulenti quasi quanto me. Il ritmo è adatto per proseguire insieme, e quindi per i 5 km successivi verrò praticamente “adottato” da questo gruppetto. Si procede con un buon passo ma... attenzione... sta per succedere qualcosa! La pischella bionda torna alla carica!!! Probabilmente il ritmo blando era dovuto al fatto che stava aspettando un paio di baldi accompagnatori che le fanno da scorta (ettecredo!). Il sorpasso avviene in uno dei lunghi ed eterni rettilinei del percorso dei 21 km. Ho l’Ipod a palla (per non sentire il mio fiatone) ma sento distintamente i commenti della componente maschile dei mottaviscontesi... cui fa seguito però un commento della parte femminile del gruppetto di cui faccio parte “Volete starle dietro? Ma non ne sareste capaci nemmeno avendo un bersaglio simile!!!” (allude sicuramente al su e giù e su e giù e su e giù... che si allontana lentamente). E poi prosegue “Siete così bolsi che dobbiamo darvi una mano noi!”, ed è così che le due donzelle del gruppo (le quali... a ben vedere... solo tre o quattro lustri fa dovevano essere delle pischelle notevoli anche loro!) si mettono in testa al gruppo a tirare come delle bestie! Non può durare molto, ma mi consolo accorgendomi che del gruppo sfilacciatissimo restiamo davanti solo le due signore ed il sottoscritto... avendo io deciso che se devo morire a Casorate Primo tanto vale farlo nel modo più orgoglioso!

Muro di Morimondo. Un muro vero e proprio. Sembra la salita al Grammont nel Giro delle Fiandre! In cima, al secondo ristoro, puntuale al km. 12, io sono il 151° mezzo-maratoneta che passa da lì (paragonare alle presenze sempre più spelacchiate, purtroppo, alle nostre gare).
Se il gruppetto si ferma, resto con loro. Ma il gruppetto non si ferma. Io si (il ristoro si onora sempre!) e quando riparto sono proprio da solo. E questa volta ci resto a lungo. Per fortuna il mio Ipod sente che ho bisogno di qualche scarica positiva: Bon Jovi e gli Status Quo mi portano fino al km 15... ancora 3 brani musicali, che sono due chilometri, e poi una quarta canzone e sono sicuramente al 18° km, all’ultimo ristoro e soprattutto quasi in dirittura d’arrivo.

Finisce la quarta canzone. Davanti a me la piatta pianura pavese (se era piatta pianura piacentina era meglio... così rinverdivo i fasti di “certe carte carsiche”). Vedo quasi un chilometro di percorso davanti a me e del ristoro nemmeno l’ombra... Sarà che da solo sto andando più piano? Un’altra canzone... ed è la mitica Diane Lane (quindi il ritmo si alza per definizione) ma davanti a me il nulla! C’è qualcosa che non va. Guardo l’orologio e vedo che sono passati 25 minuti dall’ultimo rilievo al km 15: 25 minuti per 3 chilometri? Ed ancora il segnale dei 18 non si vede? Esco dalla zona dei campi e comincio a costeggiare il campo da golf, mi aspetto il ristoro dietro la prossima curva... niente! Un’altra curva ed un lungo rettilineo... niente! Ma che sta succedendo?

Tutto questo mi preoccupa un po’ (i ristori mi servono!) e per rilassarmi un attimo decido di fare una deviazione dietro un albero a bordo strada per un lieve bisogno fisiologico. Qualche secondo, nulla di più. Ritorno in carreggiata e pochi metri davanti a me c’è un macchinone che mi viene incontro... decido di lasciarlo passare ed intanto mi sistemo bene la paccottiglia nei pantaloni... quando mi accorgo che il movimento della testa del guidatore è del tipo “mi guarda un attimo torna a guardare appena la strada e poi torna fisso su di me”! Io lo guardo un attimo, torno a guardare appena la strada... e poi torno a guardare lui. E lo squadro bene! IL DIRETTORE GENERALE!!!!! Ma porc...&%$£&*%#§... Ebbene proprio lui. Mo’ sto bello che fritto... Rimettiamoci a correre che è meglio, anche se ‘sto ristoro non arriva... arriverà (con il cartello maledetto dei 18 km che mai fu più mentitore) quando ormai il mio Ipod reciterà “20,3 km”... infatti il percorso di 21,5 km alla fine mi risulterà essere di 23,8. Ne verrò a capo attaccandomi per le ultime tratte ad un altro podista che poi tirerà persino la volata incitato dalla moglie! (ma vai... chi ti trattiene!?!).

Finita la tenzone torno alla macchina ed il blackberry (che finalmente dovrebbe essere tornato a me in pianta stabile) ha un nuovo messaggio: è Suo, del D.G. che vuole sapere chilometraggio e tempo. Domani mattina quel tempo e quel chilometraggio saranno sulla bocca di tutti. Sarà già tanto se non lo metteranno sulla intranet! E la colpa di tutto ciò di chi sarà? Di chi è? Ma della radiolina che si è messa a gracchiare all’alba. Della radiolina comperata per il Mobile-O di Miskolc!

La colpa di tutto, alla fine, è sempre dell’orienteering. Lo dicevo io.

Saturday, January 09, 2010

Io avevo avvertito tutti... se non si torna presto nei boschi, se non mi date il modo di pensare all'orienteering, va a finire che faccio qualche gesto insano.
Fatto. Il gesto insano. Sono 72 pagine!!! Adesso cerco solo un editore...

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PREFAZIONE

Ho sempre avuto una vera passione per gli enigmi, di ogni genere e tipo. Risolvere un enigma ben congegnato mi da una soddisfazione paragonabile a quella che posso ricavare da una prestazione sportiva vincente: si tratta di una sfida intellettuale nella quale l’ideatore dell’enigma dissemina trappole di ogni tipo, tranelli ed indizi fuorvianti a fronte dei quali il solutore diventa di volta in volta investigatore, studioso, matematico, logico, scacchista...

Anche a scuola ho sempre trattato le materie di studio, soprattutto la matematica o il latino ed il greco, come degli enigmi. Risolvere un “bel” problema di matematica, o venire a capo di una astrusa traduzione dal latino o dal greco non è mai stato niente di più e niente di meno di un gioco, di un’altra soluzione di un enigma. Sono convinto che molti studenti apprezzerebbero di più i problemi di matematica se venissero posti alla stregua degli enigmi che si trovano in abbondanza su internet...

Un enigma, per risultare piacevole sia per il compositore che per il solutore, deve essere posto al pubblico giusto nel momento giusto. Persino la soluzione di una equazione banale come

2X + 3 = 7

può essere proposta come un enigma; ma un bambino di prima elementare non la saprebbe nemmeno leggere, mentre uno studente dell’ultimo anno delle superiori passerebbe immediatamente al capitolo successivo. Chi, però, ha appena visto la sua prima equazione ad una incognita ed ha appena appreso le regole rudimentali dell’algebra potrebbe divertirsi a trovare la soluzione con qualche difficoltà, magari non sempre al primo tentativo, procedendo anche con l’intuito misto alla fantasia. L’enigma “giusto”, al pubblico “giusto”, al momento “giusto” (di crescita, di esperienza, di nozioni accumulate) è sempre gratificante sia per il compositore che per il solutore.

Dal punto di vista del compositore, l’invenzione di un enigma nuovo è un processo che può durare anche pochi secondi. Ma se un compositore di enigmi proponesse al suo pubblico di trovare come continua la sequenza logica

L C I G F C I D N E ...

penso che dopo qualche minuto si troverebbe di fronte a sguardi svogliati e sbadigli da slogare e mascelle, e quando finalmente svelerà la soluzione dovrà anche fuggire rapidamente dal luogo per non incorrere in severe punizioni.

Una sequenza come

N M D C D N V M R...

potrebbe risultare difficile, ma il solutore che riconoscerà le lettere iniziali di “Nel mezzo del cammin di nostra vita...” potrebbe senz’altro andare fiero della propria intuizione. Nessun enigma è composto per risultare insolubile a chiunque; quello che un compositore cerca di ottenere è un enigma accessibile a pochi, a quei pochi che intendono sfidare i falsi indizi, le trappole, ed approdare alfine ad una faticosa ma meritata e soprattutto limpida soluzione.

Nella mia vita mi sono stati sottoposti, o sono andato io stesso a cercare, enigmi di ogni tipo. Per alcuni anni ho fatto parte di una squadra, i “Polgara” (in onore dell’eroina dei romanzi di David Eddings e della rappresentanza femminile della squadra), che si cimentava con un certo successo nei ludi definiti “Cenerentoliadi”, serate enigmistiche nelle quali la facevano da padrone sequenze numeriche e letterali, liste di oggetti o personaggi nelle quali si nascondeva immancabilmente l’intruso, quesiti logici ed illogici da far dubitare sia della sanità mentale del proponente che della persona che finalmente arrivava alla soluzione.

I problemi di scacchi li ho considerati a lungo alla stessa stregua di questo genere di enigmi: assai più codificati dalle regole del gioco degli scacchi ma ugualmente sfidanti ed accattivanti. Il problema di scacchi che arrivava nelle mie mani era di solito quello proposto dalla rivista “La Settimana Enigmistica”; quello di cui fino a tempi recenti veniva proposta come soluzione la sola prima mossa del nero (mi sono sempre chiesto perchè mai?!?). Non potevo sospettare che all’interno del pianeta-scacchi si nascondessero tante persone che facevano dei problemi di scacchi, della loro composizione e soluzione, un’arte difficile e complessa, una disciplina quasi sportiva con gare, titoli, scontri (verbali) anche a fior di nervi...

Nel 1986 frequentavo il Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano. Studiavo con un compagno di corso in un corridoio con pochi tavoli e pochissime sedie detto “laser”, ed in una pausa di studio il mio amico estrasse dallo zaino una rivista di scacchi. Era “L’Italia Scacchistica”. Rimasi già sorpreso di fronte all’esistenza di riviste dedicate interamente agli scacchi, ma rimasi ancora più colpito quando mi accorsi che su quella rivista vi era una intera rubrica dedicata ai problemi, alle gare di composizione ed alle gare di soluzione, con i problemi spiegati da un redattore specializzato... altro che il problema de “La Settimana Enigmistica”.

Il giorno successivo andai direttamene a casa di Giovanni Ferrantes, l’editore della rivista, e mi presentai come “appassionato di problemi”. Credo che sia rimasto abbastanza sorpreso di conoscere un ragazzo che si avvicinava al gioco più bello del mondo “dal buco della serratura” ovvero dai problemi. Mi abbonai alla rivista, ricevetti in regalo qualche vecchio numero, e cominciai a risolvere i problemi con maggior vigore.

Nel gennaio 1987 scrissi al Professor Bonivento per partecipare al Campionato Italiano di Soluzione, una maratona postale che durava un anno intero, e mandai le prime incerte soluzioni. Il Professore mi rispose segnalandomi tutti gli errori nei quali ero incorso, rimarcando anche la mia attuale poca conoscenza dei fondamentali della soluzione, ma invitandomi caldamente a perseverare, ad impegnarmi ancora. Mi indicò alcune letture chiave per migliorare la mia conoscenza e nel giro di qualche mese arrivai a mandare delle soluzioni che se da un lato erano ben lontane dall’essere del tutto corrette, dall’altro erano almeno presentabili.

Non si resta però “solutori” per tutta la vita. Almeno, non ne avevo nessuna intenzione. Così appena potevo “saltavo dall’altra parte della scacchiera” e cercavo di comporre io stesso qualche problema; erano idee di poco valore, realizzate per lo più per stupire qualche amico o per far vedere le potenzialità di una certa combinazione che avevo in mente. Fu la pubblicazione della “Nuova Antologia dei Problemisti Italiani” a coinvolgermi attivamente nel campo della composizione. Dal giorno in cui ho composto, ed è stato accettato, il mio primo problema originale sono diventato a tutti gli effetti un compositore...
Insomma, non sono certo uno dei migliori sulla piazza, ma parafrasando il protagonista del cartone animato Kung Fu Panda “diciamo che me la cavo”. Almeno, questo è il giudizio che spero emetterà chiunque si metterà a leggere questo libretto.

“50 Problemi Imperfetti” nasce il giorno in cui mi sono reso conto di non aver mai organizzato in un archivio i problemi che ho proposto alle riviste italiane ed internazionali; ma più di ogni altra cosa nasce dal desiderio di ricordare non tanto il processo che ha portato al posizionamento del tal pezzo in quella tal casella della scacchiera ma di rammentare cosa stava succedendo attorno a me, e chi c’era attorno a me, mentre posavo quel pezzo o mentre realizzavo una idea.

Auguro a chi leggerà questo libro di trovarvi qualche minuto di divertimento o di relax, sia esso un compositore affermato o una persona che conosce a malapena le regole del gioco.