Stegal67 Blog

Sunday, March 28, 2010

Cara signorina straniera bionda.....

che siedi di fronte a me di sbieco sul treno del ritorno dalle gare del Rome Orienteering Meeting.

C’è una cosa che volevo dirti dal momento in cui è partito il treno per Milano. Ho notato come tu abbia fatto girare la testa a metà seconda classe, che ha sperato per un istante di aver fatto sei al Superenalotto estraendo il biglietto per stare al tuo fianco, o almeno al fianco della tua amica appena meno caruccia.
Ho percepito la delusione di tanti maschioni italioti quando ti sei seduta ed hai subito piantato una grana per il posto a sedere, lasciandoti andare a qualche commento in inglese sull’Italia (ma tu non sei inglese, hai più la cadenza dell’americana venuta su a bistecche e convinzione di avere in mano lo style of life del mondo).
Ho dato una occhiata ai tuoi lineamenti finti, ai tuoi capelli perfetti nella loro semplicità che sembrano usciti dalla reclame della Pantène, alle tue sopracciglia curate come nemmeno un quadro del Louvre, al tuo nasino perfetto (tutto vero), alla tua boccuccia piùccheperfetta ed ai tuo portamento da vera Barbie.

Sto ascoltando da ormai 65 minuti la tua voce melodiosa, un accento che hai imparato frequentando il red carpet alla consegna degli Oscar. Con le giuste accelerazioni e le pause e le piccole frasi di sorpresa accennate con qualche smorfietta del viso. Sto guardando pure il cinquantenne seduto al tuo fianco che subito ha capito di aver fatto bingo e che domani, in mancanza d’altro (questo solo il futuro potrà dirlo) si vanterà di aver cuccato una vera sventola straniera; lui, un italiano male in arnese che sta scavando nel suo inglese Oxford Institute per stare al tuo passo.

Vorrei dirti una cosa, cara... cara... si, non puoi che avere uno di quei nomi finti da film americano. Non ti puoi chiamare che Tiffany o Tanya, o Kelly, o giù di lì... pronunciato come una implicita dichiarazione “sono qui per te”.Vorrei dirti una cosa, cara...

MI HAI STRACCIATO I MARONI!!!

La tua voce è troppo perfetta, troppo melodiosa, troppo giusta... ma io sono STANCO. Sono stanco MORTO! Io vorrei dormire e non dover ascoltare il tuo eterno e perfetto cinguettio da star. Io ho appena finito una due giorni di orienteering collocata tra una settimana di lavoro da panico ed un’altra che mi attende (perchè in questo caso io vedo il futuro..) ancora più da paura.

Vedi, cara... non tutti gli italiani sono lì a pendere dalle tue labbra perfette o dallo sguardo magnetico che butti da questa parte per introdurre... chissà?... un terzo elemento nel tuo gioco. Io volevo solo dormire. Volevo dormire e dimenticare per qualche istante le 5 cappelle che ho preso ieri durante la Coppa Italia di Trail, una gara troppo difficile per le mie modeste capacità,,, 5 errori che mi hanno mandato quasi a fondo classifica ma... cavoli! Che bravi che stanno diventando i trail-o-ers italiani: con una gara del genere (bravo il tracciatore Remo M.), una volta 5 errori mi avrebbero catapultato sul podio. E invece mi sono accontentato di applaudire Teno, i due Michelotti e Rusky tornato a vestire finalmente i panni dell’atleta di vertice in questa disciplina.

Non so se tu stamattina ti sei svegliata con un sussulto, capendo dai rumori della strada che la sveglia non aveva registrato il passaggio dell’ora legale. Il che ha rappresentato fin da subito un ritardo di 40 minuti sulla tabella di marcia che prevedeva che io fossi presto al ritrovo del Trofeo Centri Storici Nazionali per prendere subito il via e fare da speaker.

Non so se nella tua giornata hai avuto momenti di autentico sfinimento per la fatica di correre su e giù per le strade di Roma con una mappa in mano, dribblando i turisti, cercando le lanterne tra le macchine ed i motorini parcheggiati alla “come capita capita” anche sfruttando le catenelle alle quali erano assicurate le lanterne. Non so se puoi annoverare il piacere di esserti cimentata su un percorso molto bello, con continui cambi di ritmo e di direzione, che ha sfruttato molto bene le zone di Roma più turistiche ma ugualmente percorribili senza che i concorrenti debbano prima pensare a schivare le comitive di turisti; non conosco il nome del tracciatore, ma l’M35 di oggi era proprio bella, troppo bella forse per me che non mi alleno più da un mese e che alla terza lanterna ero già nel pallone per obnubilamento da fatica, e che dopo qualche altra lanterna ho dato un’occhiata all’orologio per scoprire che avevo finito la benzina in nemmeno venti minuti.

E infine non penso che, se mai ti fossi trovata sui prati di Villa Borghese, ti saresti fermata più di qualche decimo di secondo ad ascoltare una voce assai meno melodiosa della tua, quella del sottoscritto impegnato a raccontare prima gli arrivi delle categorie di contorno e poi a urlare i passaggi e gli arrivi della finale Elite. Ma non credo che l’orienteering faccia per te: troppa fatica, troppe sollecitazioni... i rovi, i sassi!

Sai, cara Tiffany o Tanya o Kelly... la prima cosa che hai detto al mondo intero sdraiato ai tuoi piedi, quando ti sei seduta, è che Milano non ti piace. Che gli italiani hanno dei modi di gestire le situazioni, come ad esempio il tuo posto a sedere, sempre “a modo loro”, che stai finendo di studiare qualcosa che sicuramente avrà un nome pomposo e artistico ed incomprensibile, e non vedi l’ora di tornare a casa.

Ma vedi, Tiffany Tanya Kelly.... non tutti gli italiani sono così babbei come il tizio seduto di fianco a te che sembra un incrocio tra Briatore dopo un frontale con un camion ed un giornalista-opinionista-tuttologo (e magari lo è pure). Ci sono anche quelli come me. Che non avrebbero alcuna intenzione di finire nella lista degli “italiani stupidi che hai condito via con quattro espressioni facciali ed un accento molto white anglo saxons protestant di buona famiglia”, che si dedicano a passatempi completamente fuori moda e rozzi e disdicevoli, come l’orienteering, che vorrebbero dormire o farsi i fatti loro senza per forza di cose dover sentire il tuo racconto perfetto narrato dalla tua voce incantevole.

Ma pensaci un po’... cosa ci fa seduto al tuo fianco nella seconda classe di un treno strapieno questo tizio se fosse davvero un imprenditore-commendatore-artista? E’ vero, ha appena estratto il suo blackberry e lo maneggia come Tex Willer maneggerebbe la sua Colt 45... ! Ma guarda... se vuoi te lo faccio vedere anche io (il blackberry!)... allora vuoi dire che non conosci Milano abbastanza bene per sapere che metà dei sedicenti imprenditori-commendatori-artisti hanno il blackberry. Anche se lui ti sta facendo vedere il suo profilo su facebook e tu gli stai dando il tuo numero di telefono. Magari, chissà, un giorno sarete insieme in una foto su Facebook, guancia a guancia con uno sfondo del mar dei Caraibi, ma io che sono inguaribilmente pessimista mi permetto solo di augurarti di non finire buttata in mezzo ad una strada da un sedicente protagonista delle notti glamour milanesi.

Forse, a pensarci bene, gli orientisti non sono poi così male. Se non altro, non siamo peggio di tante altre persone. Anche se molto spesso alla domenica pomeriggio molti di noi dormono, per recuperare dalle fatiche. Ed il panino (o più probabilmente il cocktail) che tra poco ti verrà offerto nella carrozza ristorante, ce lo portiamo da casa anche se nel viaggio del ritorno dobbiamo andarlo a cercare tra mucchi di calze puzzolenti e pantaloncini sudati...

Per adesso, però, LASCIAMI DORMIRE!

Saturday, March 27, 2010

Non si affronta così una gara!
(dedicato a tutti coloro che pensano che il trail-O sia una cosa troppo poco seria, ma anche a coloro che pensano che sia troppo seria!)

Domanda del questionario di Chiara: “quanto tempo dedichi all’allenamento?” ... nel trail-O... ? Mumble mumble... o definiamo “allenamento per il trail-O” una cosa specifica con lanterne pali e mappe, e quindi il tempo è pari a zero (in realtà no, l’ultimo allenamento effettivo è stato proprio si trail-O con Rusky), oppure diciamo che parecchie attività mentali sono propedeutiche al trail-O, e quindi...
Anyway. Per il sito www.trailo.it ho deciso che l’allenamento di trail-O di questa settimana sarà andare a riguardare il film di settimana scorsa, quello sulla gara di Roccastrada. Riavvolgerò il nastro e proverò a ripensare alle sensazioni ed ai pensieri di quel giorno, tanto il viaggio per Roma è lungo e le FF.SS. sono riuscite anche a dividere me è Rusky in due “quadrotti” di sedili diversi.

Roccastrada inizia con i punti a tempo, ovvero quelli che odio di più. Non c’è soluzione... messi ad inizio gara sono uno shock ed un fardello che ti porti in giro per tutta la prova, a fine gara sono forieri di code e c’è il rischio di affrontarli col mal di testa. A metà gara... entrambe le cose! 5 punti a tempo di Roccastrada ed un errore, e che ci si creda o no non sono ancora riuscito a capire quale ho sbagliato (dovrò andare a controllare con il testimone...). Non ho un ricordo seppur vago degli ultimi 3, mentre sul primo punto ci impiego una eternità per capire dove si trova una X nera (che io ricordo come una campana dei rifiuti e Rusky come una roulotte...!!!) e sul secondo devo cominciare a rimappare la zona ad alta voce per capire dove sono posizionati tutti gli oggetti.

Il film comincia con i primi due punti in un giardinetto\orto. Azzecco il primo punto identificando correttamente la “Z”... ma per il motivo sbagliato!!! :-) Penso infatti che la lanterna “battezzabile” sia spostata di circa mezzo metro lungo l’asse “albero-siepe”, mentre invece risulterà spostata in direzione perpendicolare a questo asse... Il secondo punto comincia dalla descrizione “termine sentiero”; il trail-O per me è una disciplina nella quale alla visuale di gara si sovrappongono i fotogrammi delle esperienze precedenti. Nello specifico, vedo il “termine sentiero” della prima tappa di Soderkulla ed il termine sentiero al “Country meeting” di Calaita, entrambi toppati. Mi sforzo di trovare una chiave di lettura e mi accorgo che potrei spostarmi tutto a destra per verificare l’allineamento con due alberi; sposto il mio sguardo per individuare la posizione migliore... e ci trovo Tenani! I nostri sguardi si incrociano, posso quasi leggere i due fumetti delle nostre menti. Il mio dice “spero che Teno non pensi che lo sto marcando a uomo per vedere cosa fa lui”. Il suo dice “spero che Stegal non pensi che sto andando in zona vietata”. Si, il trail-O è anche una sfida mentale one-o-one... I due fumetti si parlano tra loro e tutto si chiarisce in fretta! Il punto di osservazione individuato prima da Teno e poi da me si rivela fondamentale per una risposta esatta.

Sul punto 3 non mi faccio particolari problemi relativamente al “bordo sud del recinto più a ...” (era sud?), mentre me ne faccio di più sul fatto che sia il punto medio del recinto. Sfrutto la mia altezza mettendomi sulle punti come Carla Fracci e mi metto a contare i gradini di questa scalinata sul cui bordo c’è la lanterna: 12 da una parte e 12 dall’altra. Ok, è il punto di mezzo... e chissà se era proprio questo il modo migliore per valutare il punto :-)
Il punto 4 lo vedo da lontano che sarà problematico: punto di mezzo sulla lunga distanza... per me ancora una incognita secca. Infatti sbaglio il punto e non ho trovato ancora oggi una chiave di lettura decente... Bello il punto 5, con 3 lanterne attorno ad un sasso non cartografato ed un bell’azimut che subito mi indica che la posizione della lanterna dovrebbe essere almeno un paio di metri più in là, e classico il punto 6 con tante lanterne infilate “in mezzo a” coppie di alberi... ma il centro del cerchietto sta sull’unica coppia priva di lanterna.

Scendendo al punto 7 evito di “tafazzarmi” ulteriormente volgendo lo sguardo verso l’alto per guardare la zona del punto 4 da sotto... tanto ho già punzonato e non avrebbe senso portarmi un fardello di delusione sui prossimi punti. Il punto 7 si risolve interpretando il regolamento: “roccia” senza alcuna indicazione significa “piede”; una volta fatto l’azimut capisco che il punto non è una “Z”. Per il punto “8” invece uso il mio classico metodo del filo... trovo un oggetto lineare che faccia da mirino verso il punto e lo “allungo” posando sul terreno (in questo caso su una strada) una pigna o un sassolino: nessun problema. Anche il punto 9 è alla fine un quesito regolamentare: in una casa con la facciata sfalsata “il bordo più a...” deve essere quello più prominente, e non uno di quelli più interni; ma il centro del cerchietto in questo caso identifica chiaramente bordo della casa e “Z”.

Sul punto 10 i miei dubbi sono legati per lo più alla effettiva necessità di mantenere il punto anche dopo che l’abbondante neve ha fatto cadere un albero che ha “disintegrato” l’oggetto particolare che fa da limite al segmento”in mezzo tra un oggetto particolare e la strada”. Il palcoscenico del punto 10 sembra una scena del crimine rimessa a posto in malo modo dopo che sono passati i RIS! C’è un oggetto particolare evidente (un gabbiotto dei telefoni?) ma è spostato verso l’alto e non cartografato. C’è una panchina messa lì a bella posta ma mi sembra evidentemente troppo vicina alla strada. C’è un mucchio di assi che sembra buttato lì a bella posta...
Dopo oltre 10 minuti di tentativi, la mia difficoltà sta nel capire dove si trovi la X nera e se uno degli oggetti mobili presenti la possa rappresentare: propendo per il no, battezzo un punto dell’area come quello dove è presente la X e faccio la mia valutazione... sbagliata. Ma la mia considerazione sul punto rimane quella espressa in precedenza.

Punto 11 e 12 non mi danno grossi problemi, devo solo stare attento a non sbarellare con la testa (il mal di testa comincia a farsi sentire parecchio), soprattutto quando devo valutare il punto 12 da lontano. Il punto 13 è un “avvallamento in cima” sempre insidioso, ma non mi faccio fuorviare dai miei soliti tentennamenti e “io so che tu sai che io penso...” e la risposta giusta arriva di conseguenza.

Chiamo invece il punto 14 “giustizia divina”. Arrivo sul punto “sentiero” e vedo due lanterne. A e B... ah si, c’è anche una lanterna a qualche metro di distanza, a bordo strada... chissà cosa sarà mai? Non fa parte della scena, decido! Il che è il più grosso errore che si può fare in una gara di trail-O. Reitero l’errore evitando di controllare la descrizione punti (che mi avrebbe ben messo al corrente del fatto che dovevo fare una valutazione su 3 lanterne), probabilmente perchè a) ho mal di testa e b) il punto è uno di quelli che ancora non gestisco alla perfezione. La mia prima valutazione, basata su un azimut, è “B”. Attenzione... le lanterne sono 3! Quindi io battezzo la lanterna “C” ma la chiamo “B”! Sto per punzonare “B” ma cerco qualcosa che mi conforti nella decisione... valuto qualche allineamento diverso ed alla fine (sono anche a corto di tempo) propendo per una “Z”. Sbagliata. Ed è giusto così in fondo, perchè la risposta giusta sarebbe stata “B”... ma una “B” che indica una lanterna diversa! Quella che io avrei definito “A” avendo scartato dalla mia esistenza la lanterna a bordo strada.

Il punto 15 sento di non poterlo sbagliare, dopo l’allenamento fatto recentemente con Rusky. Il mal di testa si fa sempre più oppressivo e alla fine la risposta arriva prima che io decida di complicarmi da solo la vita: 72 minuti e rotti di gara, ed alla fine 4 errori. Che, come già scritto, in una classifica molto corta vogliono dire che finisco lontano dai più bravi (Remo, Marina, ed un ottimo Alessio “a Trondheim con furore!” ma nei primi 10.

Siamo a Bologna. L’allenamento è finito. E’ tempo di pensare a Roma. Tra un paio d’ore, però...

Sunday, March 21, 2010

L’esame comincia sotto la doccia.
Il livido che ha già tutti i colori dell’iride, sulla coscia sinistra... deve essere stato il ramo che ho incocciato di punta tra la 13 e la 14 durante la notturna.
Lo sbrego lungo 14 centimetri (misurati) sul polpaccio sinistro... deve essere stato quel rovo micidiale nella discesa di oggi verso la 10.
Il livido bluastro che mi gonfia il ginocchio... ah! Non ci sono dubbi: il volo a planare di ieri sera tra la 11 e la 12, quando ormai davo per persa ogni speranza di poter tornare a casa.

Tito Livio nella sua Storia di Roma descriveva il legionari romani che valutavano la rispettiva “veteranità” dal numero di cicatrici riportate in battaglia. A me però vengono in mente i due protagonisti della serie “Scuola di Polizia” (Tackleberry e la sua capa bionda) che si mostravano reciprocamente le cicatrici riportate in servizio, finché lei rimane praticamente con poco o niente addosso...
Io so solo una cosa. Domani ho io una riunione con la mia capa... devo presentarmi con un lupetto a collo alto e polsini ben spinti verso il palmo della mano, sennò come spiego il mio polso destro completamente spatassato dai rovi? (ci sono la bellezza di 10 tagli, il più lungo è di 13 centimetri, misurato col righello).

Esordio della Coppa Italia 2010. Sassofortino, provincia di Grosseto. La macchina-GOK che parte da Gratosoglio alle ore 6.30 del mattino di sabato (ho chiuso la giornata lavorativa di venersì alle 21.50) non si è mai spinta così a sud. Questa è in effetti la gara alla latitudine più a sud che ho fatto, perlomeno arrivandoci in macchina: me ne accorgo con PLab quando superiamo il cartello di Livorno e ci aggingiamo a scendere ancora prima di affrontare le salite che portano nell’entroterra di Roccastrada. Il menu prevede di esordire con la quarta prova di Coppa Italia di trail-O, alla quale mi presento “forte” della vittoria nella terza prova, poi sarà il turno della notturna che costituisce per gli Elite la prima prova di Coppa Italia (io sono iscritto in MA, ovvero alla gara di contorno... in fondo dovrebbe essere una corsetta, magari con qualche punto in paese, giusto per fare compagnia ai più forti) e domenica mattina Coppa Italia ancora in MA.

Questa trasferta, causa problemi di lavoro che mi hanno portato fuori sede negli ultimi giorni, non è che l’abbia preparata proprio bene... Non so esattamente dove si svolge la gara di trail-O, non conosco esattamente le griglie delle due gare nel bosco... non so nemmeno con esattezza dove dormiamo. Ma il solo fatto di allontanarmi dalla scrivania mi mette di buon umore (anche se le telefonate dall’ufficio si faranno sentire per tutto il pomeriggio di sabato...). Il risultato è che la macchina del GOK-the-originals sbarca a Sassofortino proprio mentre Massimo Bianchi sta gestendo la macchina organizzativa... scendiamo dalla macchina in tempo per ammirare un bosco rocciosissimo e dettagliatissimo che mi fa subito pensare alla gara di Trail-O di Soderkulla, quando “Whites” ci annuncia “Avete sbagliato posto, il trail-O è a Roccastrada”. Dietro front e rapida ricollocazione sul punto esatto per la prima gara.

Il percorso di Giuliano Michelotti, alla fine, si rivelerà molto diverso da quello che si sarebbe sviluppato a Sassofortino (ne scriverò per il sito di Rusky http://www.trailo.it/). E’ un percorso “di paese” che sfrutta le possibilità offerte dalle zone naturali con rocce e avvallamenti a vista, un percorso basato (mi pare di poter rilevare a posteriori) sulla conoscenza di alcune regole base del trail-O. Gli unici punti sui quali capisco subito di avere difficoltà sono il 4 (una valutazione delle distanze lunghe da osservare in direzione obliqua rispetto all’oggetto interessato) ed il 14. Infatti li sbaglio entrambi (a Parma, con il fattore “C” che ho messo in moto quel giorno, le avrei centrate senza problemi). Resto perplesso sul punto 10 (un “punto intermedio” tra un oggetto ed una strada... peccato che l’oggetto particolare non ci sia più!), e so che sui 5 punti a tempo con i quali è cominciata la gara... per la serie “via il dente via il dolore”... almeno un errore l’ho fatto. Totale massimo si errori messi in preventivo: 4. Risultato finale: 4 errori. Su un percorso del genere la classifica non può che essere molto corta, ed infatti i miei 4 default mi posizionano al nono rango finale, ma sono ugualmente contento di essere rimasto nella top ten. Nel dopo gara, i miei sforzi vanno tutti in una unica direzione: convincere Rusky a partecipare con me alla gara in notturna in MA... non che ci sia voluto molto per convincerlo! :-)

Dopo un impegno istituzionale ad argomento trail-o-istico che si è protratto per tutto il pomeriggio, la macchina con a bordo il sottoscritto e Rusky sale di nuovo a Sassofortino per la gara in notturna. Il tempo di salutare mille amici, che rivedo per la prima volta dalle ultime gare 2009 ed è già ora di preparare le luminarie per la gara: per me una frontale Peltz a led ed una torcia da tenere in mano... tanto non è che gareggio per le prime posizioni: l’obiettivo è quello di divertirsi, portare a casa la pelle e quindi avere una buona visibilità attorno...
Questo è il “Galletti-pensiero” prima della partenza. Il pensiero di altri è rivolto al tipo di gara: ci sono prati attorno a noi, c’è un paesino scosceso e abbastanza labirintico ai nostri piedi. Non ci dovrebbero essere sorprese spiacevoli, magari qualche punto nel bosco su sentiero... in fondo, mi ripeto per l'ennesima volta, dovrebbe essere una gara di contorno.

Le sorprese, purtroppo, non mancano e per me vanno tutte nella direzione sbagliata. Innanzitutto il clima meteorologico volge decisamene al peggio: le nuvole basse ad effetto nebbia in Val Padana tolgono se possibile ancora di più la visibilità. La frontale si rivela addirittura dannosa, perchè la luce si riflette sulle lenti degli occhiali rendendomi praticamente cieco. Assisto alla suggestiva partenza degli Elite, raccontata dalla voce di Andrea Rinaldi, facendo il tifo per Anna Chiandetti che guida il gruppetto delle ragazze: non riesco a vedere se nel gruppo c’è anche Francesca Pelizzola, ma istintivamente mando un “in bocca al lupo” a due amiche che per me rappresentano al meglio il bello ed il buono della passione per l’orienteering. Adesso tocca a me presentarmi al via “mass start”; ed il via è uno shock bello e buono: altro che lanterne in paese, altro che prati e sentieri! La carta, che mi ricorda molto (ma con un sacco di verde 1 e 2 in più) lo “spruzzo di una stilografica” inaugurato nella cronaca dei Laghi di Fusine, è un dedalo di punti che si trovano praticamente tutti nel bosco, tra milioni di rocce e roccette: il percorso mi appare subito quanto mai incasinato, e non ci metto molto a capire che il livello della competizione è quasi una Elite diurna! Ed io sono lì in mezzo alla nebbia ed alle tenebre con una Peltz inutilizzabile ed una pila-torcia in mano!!! Altro che i percorsi di Fragori in Ticino... Lidia, non ti azzardare mai a mettere in piedi una Fragori come quella di Sassofortino (ti prego!).


(questo è il percorso di Rusky... come si evincerà da quel che scrivo sotto, non mi sono nemmeno reso conto che la seconda ala di farfalla era una 5-6-7!)

Sarei lì lì per ritirarmi subito. Ma dopo aver convinto Rusky ad abbandonare la sua metà per salire con me a Sassofortino, mi sembrerebbe quasi di pugnalarlo alle spalle se rinunciassi subito alla gara... farò così: andrò dove andrà lui (tanto abbiamo già deciso di farla insieme, in Segreteria ho fatto cambiare l'iscrizione di PLab con quella di Marco) e fino al momento in cui lui avrà intenzione di andare avanti.
Già prima di arrivare al primo punto siamo entrambi ruzzolati ben bene per terra in mezzo ai rovi... Il primo punto, se il Signore vuole, lo trova Rusky dopo una scelta di percorso azzardata; il secondo punto non è lontano, ma sta imboscato in un verde2 che sarebbe rognoso affrontare di giorno... figuriamoci nelle condizioni di gara di sabato sera. Ma Rusky non è stato due volte campione italiano per niente, e trova pure quello dopo una battaglia selvaggia tra i rovi in mezzo alle rocce. Poi il terzo punto, a risalire una parete in mezzo al solito inferno. Il quarto punto è ancora il numero 1, il centro della farfalla: il mio contributo consiste nell’aver memorizzato il punto d’attacco precedente... in modo da ripassare dalle stesse balze tra i sassi. Sorvolo sui punti 5 e 6: la solfa è la stessa, il morale è sempre più a terra, le mie ginocchia e le mie mani picchiano contro il terreno e le rocce quasi ad ogni passo. Marco continua ad andare avanti come un caterpillar e finalmente si torna a riveder le stelle sul prato verso la lanterna già nota come 1 e 4... solo che questa volta decidiamo per sovrapprezzo di attraversare un pezzo di pascolo di 50 metri tutto innevato (seguono altre cadute).

Dopo la 7, ci sono le prime 3 lanterne che mi fanno respirare: in discesa, sui prati... basta prestare un po' di attenzione per evitare di finire per le terre. Incrocio la sagoma inconfondibile di Andrea Cipriani che viene su dalla salita come una locomotiva, tutti gli altri hanno in testa dei riflettori stile “luci a San Siro” che mi accecano rendendo impossibile riconoscere di chi si tratti. Risalendo dalla 10 verso il traguardo (punto spettacolo) capisco subito che “non ne ho più”; intravedo la prossima tratta 11-12 che, oltre ad essere lunghissima, non si appoggia a nulla che assomigli ad un sentiero, ad una strada, ad un prato aperto: bisogna andare su tra le rocce per alcuni centimetri della mappa che mi sembrano eterni. Non ce la posso fare; se solo Rusky pensasse di ritirarsi, potrei quasi accogliere con entusiasmo la proposta di lasciare la gara a metà. Ma lui non ci pensa nemmeno, anzi... la tratta 11-12 è proprio quella giusta per un orientista come lui; ci metto del mio suggerendo un attacco dal basso “strada-sentiero-prato-sentiero” e lui fa il resto arrivando sul punto per la via più diretta (sono curioso di vedere gli split!). La 13 non è difficile, ma il misfatto si compie sulla 14: Rusky indovina subito il punto per scendere dalla strada verso il bosco, mentre io rimango avviluppato in un intrico di rovi che mi si attorcigliano alle caviglie! Non riesco fisicamente più a muovere i piedi... cerco di sollevarli sfruttando tutto il mio peso e l’unico risultato che ottengo è quello di perdere una scarpa! Perdo l’equilibrio un paio di volte ma solo la forza della disperazione mi impedisce di cadere: ho gli occhiali in mano, sotto la carta, e se li perdo sono rovinato o morto; e nessuno mi troverebbe ancora più annegato nei rovi. Riesco dopo un minuto buono a sottrarmi a cotanta natura ed arrivo alla 14 dove Marco mi sta aspettando... ma la sua è una attesa vana: l’ultima pena da scontare di questa gara di contorno che si sta rivelando un inferno in terra è che i loop delle farfalle finali sono diverse. Lui punta a nord-est, io a sud-ovest.

Adesso sono proprio da solo, adesso devo fare tutto da solo. Attacco il punto 15 per tre volte prima di trovare il varco buono nel verde fitto, ma non capisco di quanto mi sono spostato rispetto alla linea ideale.
Attorno a me nessuno, Solo nebbia e tenebre. Il bosco è oppressivo, la luce fioca mi manda fotogrammi di mille dettagli che non riesco a vedere sulla carta. Dovrei cercare una buca, ma è più facile trovare un ago in un pagliaio... A questo punto, dopo essere rimasto 30 secondi fermo sul posto a riflettere, prendo la mia decisione: ho fatto quel che potevo fare (cioè poco o nulla) ma devo rientrare alla base. Lascio girare ancora una volta la torcia attorno a me, nel caso in cui scorgessi la lanterna, ma senza risultato. Ok. Mi ritiro. Muovo qualche passo nella direzione da cui sono venuto, per l’esattezza tre passi. Poi un pensiero... “dai! Non potevo essere così lontano! Torna indietro, almeno di qualche metro...”. Torno indietro. Tre passi, poi altri due. Davanti a me compare il punto 15. Da lì in poi sarà una PASSEGGIATA, anche se precipiterò da una alta roccia rischiando di sfracellarmi sul fondo, anche se sceglierò di andare alla 21 sfruttando la provinciale e risalendo poi tutto un pascolo da fondo a cima. Ma non riesco a tornare abbastanza lucido sul traguardo per evitare di inveire contro tutta quanta l’organizzazione della gara... “E questa sarebbe una gara di contorno?!?!?!?” cui seguono tutta una serie di vaffa e di improperi e di suggerimenti abbastanza espliciti... Dopo aver visto i percorsi di Rosta 2008 e Moriago 2009, il mio parere personalissimo e di poco valore è che a Sassofortino 2010 qualcuno abbia un po’ esagerato la “gara di contorno”... e a nulla vale la parola rassicurante di Bepi Simoni “in fondo Widmann ci ha messo 40 minuti...”. Infatti: Widmann è un Elite, e di minuti ce ne ha messi 51 o 52...!

E’ uno Stegal quindi molto ma molto teso ed arrabbiato e sconsolato quello che viene portato a cuccia alle 21.30 circa del sabato sera, ma per fortuna la cena è ottima e abbondante, la conversazione a tavola (con il GOK e con Laura Carluccio in nuova fiammante tuta Pol. Masi) è piacevole e rilassante ed i bollori si stemperano. Riesco persino a dormire un sonno profondo (pur interrotto da un momento di mal di testa allucinante) senza sogni orientistici.

Il mattino di domenica è storia di poche ore fa. Si torna a Sassofortino. Fa freddo ma sono vestito a cipolla: maglia di lana, mutande e mutandoni di lana, termica sopra, tuta sopra della mia seconda maratona di Milano, pantaloni termici, tuta da ori sopra e sotto. C’è nebbia, minaccia pioggia, la carta è quella di ieri se non peggio, si dice. Massimo Bianchi mi si fa vicino alla partenza e mi dice “Vedrai oggi...” alludendo ad un bosco ancora più infernale. La mia risposta è “No, Massimo. Oggi VEDRO’”. Si, il mattino di domenica è diverso da qualunque gara in notturna io abbia potuto fare. Il bosco è terribile, è vero, ma io posso fare le mie scelte in tranquillità sul percorso MA. Faccio la mia scelta per la 1 e la lanterna compare davanti a me come se stessi facendo un giro al Parco di Trenno. Per la 2, lunghissima, posso girare attorno a mezza montagna o salire tra le rocce per la direttissima; scelgo questa seconda soluzione: se si tratta di soffrire, soffrirò come un cane fino alla salita e poi mi lascerò andare verso il basso. Dalla 3 in poi la gara si trasforma in una vera middle come piace a me, con i punti corti, con un percorso lento ed una mia personale andatura ancora più lenta. Ma sono lì a sforzarmi di leggere la mappa, a trovare conforto nei verdini, nelle rocce, nelle carbonaie e nelle piccole buche d’acqua del bosco. Le lanterne arrivano una dopo l’altra e scopro con siddisfazione di essere già oltre la metà gara.

Vedo passare un folle che corre in discesa come un capriolo, e mi accorgo solo dopo qualche secondo che è Massimo Balboni. Arrivo su un punto con Matteo Crippa e Oleg Anuchkin che poi vanno in direzione opposta. Risalgo sulla montagna per attaccare il nono punto, una risalita che è una specie di Golgota, ma un volta giunto in cima ho ancora la lucidità per vedere una roccia che è meglio ancora di freccia luminosa che indica la lanterna. Incrocio Bibi, uscita malissimo da un punto, e riesco persino a darle conforto confermandole la posizione in cui si trova. Poi è solo discesa, in un bosco che a tratti mi sembra persino diventato bianco! Con le ultime lanterne 10-14 nelle quali si rimbalza da un punto all’altro e mi sembra quasi che l’impiegato panzottello che si muove alla velocità di un bradipo riesca a cavarsela meglio di alcuni giovani baldanzosi con tute importanti che non riescono più a ricollocarsi dopo un errore.

E quando compare davanti a me, proprio dove sapevo che si trovava, il punto 14 e l’ampia zona che conduce al sentiero che porta verso la 100, io SO finalmente che la mia gara è finita. Posso prendere fiato e guardarmi attorno una ultima volta senza rischiare di perdere una posizione importante, perchè tanto io corro in MA e punto solo all'ultimissimo posto. Io SO finalmente, dopo un’ora e dodici minuti di gara, che questa volta il bosco non mi ha vinto. SO che questa volta hanno tirato fuori da me tutto quello che potevo dare, fisicamente, mentalmente, tecnicamente. Non importa se il vincitore ci ha messo la metà del mio tempo. Sono arrivato alla 100 e poi al traguardo sapendo che qualcuno mi aveva messo nelle condizioni di dare il meglio di me, e che io ci avevo provato e alla fine l’avevo pure fatto: scarso, pesante, lento ma l'ho fatto. Il sorriso stampato sul viso quando ho attraversato il traguardo ed ho salutato Giuseppe Bezzi e Giaime Origgi credo parlasse per me.

Oggi io mi sono divertito!

Sunday, March 14, 2010

Tra i mille sintomi che possono far pensare fin dal risveglio che la giornata si prospetta bene o male, uno è inequivocabilmente legato al primo pensiero che scatta al suono della sveglia. Durante la settimana, l’ennesima settimana lavorativa di fuoco, mi è capitato di alzarmi e di non sapere bene dove ero e che giorno era (si! in passato mi è successo di prendere la borsa e andare in ufficio e accorgermi solo nel box che era sabato o domenica...).
Stamattina invece il primo pensiero è stato “ma perchè diavolo ho puntato la sveglia?”. Ci sono voluti quel paio di secondi per realizzare: domenica... orienteering... Casorate Sempione... Trofeo Lombardia... Una successione di pensieri che si è conclusa con il più classico “Ecco perchè stanotte mi sono sognato Stefano Maddalena!”. Così anche i pensieri notturni hanno avuto una collocazione “razionale”.

Tra i mille momenti che fanno pensare (a me compreso) che non tutti i venerdì siano a posto, c’è sempre quello nel quale con una settimana di anticipo bisogna scegliere in che categoria iscriversi alla gara della settimana successiva. Poiché la senilità porta con se i primi sintomi della sindrome di Peter Pan, avevo deciso che la gara di esordio di Trofeo Lombardia mi avrebbe visto ritornare in MA; non è stata una scelta difficile: Casorate Sempione era descritta come una carta piatta, con dislivello irrisorio (non è che attorno a Malpensa potevano piazzarci le montagne... anche se viste le bizze dei nostri politici...!!!), quindi avevo intravisto la possibilità di provare il percorso più lungo e nel frattempo anche di dare una occhiata a parecchi ragazzi venuti su dalle giovanili che in gara mi sarebbero inevitabilmente passati sulle orecchie... Dopo aver convinto anche Attilio a provare questa cosa, dopo aver chiesto per entrambi “partenza presto” in modo da avere tutto il tempo necessario per fare la nostra gara senza bloccare l’organizzazione del FitMonza per tutto il pomeriggio, il più era fatto. Mancava solo la gara.

10.30 del mattino. Un mattino fresco ma nemmeno tanto, pensando che martedì scorso eravamo sotto la neve. Apro il fuoco della categoria MA. A 2 minuti parte Fabio Cattaneo (Elite, quindi mi renderà presto), poi Attilio a 4 minuti che avrà la possibilità di mettermi nel mirino se solo prendo una cantonata ad inizio gara, poi via via tutti gli altri. Un minuto prima della partenza do una rapida occhiata alla carta di gara; il mio primo punto ha come descrizione “oggetto particolare”, ed ho la fortuna di identificarlo subito e di fare la mia scelta: sentiero, al bivio a sinistra, al sentierino a destra e appena di comincia a salite... dentro a destra! Bip Bip Biiiiipppp... via che si parte. Appena prendo la carta in mano comincia la solita pantomima del “cerca il triangolo di partenza”. Ci metto una eternità, con gli occhi che vagano su tutto il foglio di carta ed il punto più vicino che riesco a trovare è la lanterna 4! Penso ad Anna Sedran che è partita con me e corre qualche metro avanti: secondo me avrà già scannerizzato la mappa e visualizzato la zona col laserscan!!! Ma se il Signore vuole, alla fine anche io trovo il triangolo di partenza: la mia velocità (anzi, la mia lentezza) è tale che ho tutto il tempo del mondo per capire che il primo punto è proprio quello che ho identificato. Lascio da parte il pensiero nefasto che ogni volta che ho trovato “a secco” il primo punto ho poi fatto delle gran cannate... e sono nel bosco. Bivio a sinistra, sentiero a destra, appena si sale mi butto a destra e trovo il primo punto. Guardo dietro di me per vedere se già arriva Cattaneo di gran carriera ... ma che diamine!... saranno passati nemmeno due minuti, forse sta partendo solo adesso!

Secondo punto facile a navigare tra i collinozzi e terzo punto ugualmente facile nell’unico minuscolo avvallamento al di là di una collina. Attilio avrà già preso il via e starà affrontando anche lui i primi punti. Fabio non arriva fino al quinto punto, dopo che al quarto ho fatto un azimut tutto storto: in pratica vengo richiamato sul punto da una imprecazione “come si fa a perdere 20 minuti su questo punto?!?!?!?”. Ragazzo... quando impiegherai 47 minuti per fare un unico punto in una gara che PierPaolo Corona vince in 46 minuti (prima tappa Due giorni della Mendola di qualche anno fa), e quando starai 22 minuti su un punto in una gara di trail-O... allora ne riparleremo! AL quinto punto arriva Fabio, che mi stacca un po’ nella tratta verso il sesto punto. Insieme a lui arriva Fabrizio Iozzi.

Le tratte 6-9 sono quelle che voglio fare meglio: la carta rimane un piatto verdino nel quale sono distribuite innumerevoli buche e depressioni. Sento che su questo terreno me la posso giocare. Infatti Fabio e Fabrizio sono spariti davanti a me ma alla 6 ricompaiono... dietro di me. Loro due sono davanti nella tratta verso la 7, ma sul punto Fabio arriva da solo e poi io e Fabrizio insieme. A sparigliare il gruppetto arriva di gran carriera Matteo Crippa (cui è dedicata la copertina del prossimo numero del Nuovo Lanternino) ed io capisco subito di non poter tenere la loro velocità. Così per la 9 adotto un bieco trucco: anziché fare la scelta diritta 8-9, allargo quel po’ che basta per piazzarmi sulla loro linea di uscita verso la 10... in modo da poter trovare la 9 senza penare troppo (trucchetto imparato in Svezia, alla prima O-Ringen... si sopravvive anche così nel grande nord!).

Dalla 10 alla ... direi fino alla 18esima lanterna arriva il pezzo forte della carta di Casorate: si continua a correre su un terreno piattissimo (un verdino costante fatto di mille arbusti... tra 15 giorni da lì non ci passeranno nemmeno i bulldozer) con le lanterne posate su microoggetti da trovare con una combinazione A-B-C: A come Abilità, B come Bussola, C come ... Fortuna! Mentre vado alla 10 mi capita di vedere la sagoma di una bionda atleta alta e slanciata che corricchia nel bosco fitto... apperò che belle cose che si vedono in gara... mi affianco e scopro che è Kajsa, la mia compagna di squadra dell’Aget Lugano. Immediatamente mi dico: “Stefano... non vorrai mica sbagliare questo punto! Giochi in casa, è il tuo terreno... fai vedere a Kajsa che sei capace di trovare quella lanterna in bello stile!”. Qualche secondo di indecisione e poi è la lanterna che si fa vedere a pochi metri da me, salvandomi da una figuraccia epocale. Punzonatura rapida e ripartenza ancora più rapida in direzione della 11, giusto per far vedere che oltre alla tecnica orientistica si ha anche un minimo di tono atletico (seguirà, giustamente, fiatone con tutta la compilation di pant pant puff puff!).

Poi nulla di che fino a metà tratta 13-14, ma in arrivo verso la 14 è come se staccassi il cervello. La gestione della gara diventa, su 3 lanterne trovabili senza troppi problemi, un “vado là che tanto la trovo...”. E no che non la trovo non la trovo!!! (cit. Jovanotti). Lungo sulla 14, dove mi salva una ragazza che mi chiede “se siamo già sul sentiero OLTRE la 40” (il codice del mio punto); storto sulla 15 dove mi salva Carlo Nessi che arriva di gran carriera, e storto anche sulla 16 dove mi salva lo Sbrambi dalla cui direzione di corsa capisco subito che è lanciato verso la 17. Le ultimissime lanterne mi daranno meno problemi, ma ormai sto andando proprio pianino... anche se riesco a fare bene il penultimo punto sul quale farò da punto di riferimento ad una atleta ticinese.

Finisco in 1 ora, 16 minuti e rotti, con il vincitore Andrea Bruno attorno ai 45 minuti... e lui è l’unico che in pratica non ho visto passare; non all’ultimo posto, come pure Attilio che mi segue in classifica, e comunque contento di aver provato in lungo in largo una carta nuova che mi ha ricordato (anche se non per la vegetazione) certe zone della Danimarca. Meno contenta, in questo momento, è la mia povera schiena che già si è fatta sentire durante tutta la seconda metà di gara... sento che domani avrò i miei bei problemi a stare seduto diritto alla mia scrivania.

Ma tutto sommato sono fortunato. Oggi ho dovuto scegliere le categorie per le gare di sabato e domenica prossima, e la mia schiena è girata dall’altra parte rispetto allo schermo del computer che è invece davanti ai miei occhi. Quindi non ha potuto protestare o apporre alcun veto: per Sassofortino la decisione è presa! Come dice il proverbio “Occhio non vede, schiena non duole (ancora)”.

Sunday, March 07, 2010

“Scusi, dov’è la settantatre?”

“aspetti che contr... ... maaaaa... in questa gara ci sono solo lanterne con codice letterali!”
“intendo la fermata dell’autobus per tornare a casa”
Ho dovuto aspettare le 13.00 del sabato mattina per incappare in uno degli equivoci più gustosi della mia carriera orientistica con la signora che, amica e 3 bimbi al seguito, vagava per il parco Forlanini cartina alla mano e dopo circa 40 minuti di vagabondaggio aveva raggiunto la lanterna 3 del percorso esordienti (che è un bel record per la persona che si è presentata dicendo di aver imparato la nostra arte a San Martino di Castrozza e a Passo Rolle...).
La signora in questione, comunque, rappresentava i numeri da 178 a 182 dei partenti della mattinata della seconda tappa di Milano nei Parchi 2010, e mi sia concesso dire che ancora una volta è un numero bello grosso che continua a farmi pensare che se avessimo la possibilità di mettere in campo più forze e con più continuità, forse riusciremmo a far breccia anche con le istituzioni di questa metropoli “vicina all’Europa”.
Nel frattempo mi godo la posa punti con Oscar, capitato lì quasi per caso e cooptato al volo, la ripresa punti con Davide che poi fa ri-posare Andrea per gli ultimi passaggi imprevisti fino alla definitiva ri-ripresa punti che chiude una mattinata fredda ma almeno con il sole.
Alle 13.30 del sabato, con la macchina stracarica di ogni sorta di mercanzia orientistica (pali, teli, pali di scorta, pronto soccorso, tavolino, materiali vari, gadget, sedie, trolley... sto dimenticando sicuramente qualcosa) si parte per la seconda avventura di giornata.

“Guarda mamma, quel signore non riesce più a camminare...”

“Quel signore” sono io.
La seconda avventura della giornata comincia dove è finita la prima, anche se in mezzo c’è una apocalisse stradale all’inizio della SS Valassina che mi fa temere che non arriverò mai a Besana Brianza in tempo!
Sabato pomeriggio, sulla carta di Casaglia (in pratica la zona attorno al Palazzetto dello Sport) va in scena una di quelle promozionali di cui fino all’anno scorso lamentavo la mancanza: organizzazione pulita e puntuale ma assolutamente essenziale, percorsi dedicati a chi è alle prime armi ma che vanno bene anche per gli agonisti che preferiscono correre con la carta in mano piuttosto che senza, i ragazzi della Besanese impegnati in massa per gestire tutti gli aspetti della gara sotto l’occhi vigile di Ivano B.: proprio il modo più divertente per finire la giornata orientistica. Il tempo tiene, le gambe molto meno ma devono portare in giro anche quel bel po po’ di sovrappeso di cui si farà beffe l’ex amico Daniele Falcaro (Daniele! Controlla le prossime iscrizioni perchè potresti trovarti improvvisamente proiettato in una bella MA SuperLong tuo malgrado :-)
Essendo in piedi dalle 7.00, non posso pretendere di essere in una forma splendente; ma sul giro “Lungo” mi troverò più volte superato come un paracarro in salita da ragazzini che con tre passi me ne danno due e mezzo di distacco, e per fortuna che la vecchia volpe Stegal sa punzonare il cartellino molto velocemente e riesce ad uscire dai punti nella direzione migliore... altrimenti hai voglia a star dietro a due gambe che hanno meno della metà dei miei anni e portano meno della metà del mio peso!
(sono sempre più orientato verso quella disciplina con carta e bussola che si svolge da fermi...)
L’ultimo sprint finale mi lascia senza una sola oncia di fiato, cosicché dopo il traguardo stramazzo al suolo alla ricerca di aria (i miei occhi erano così vicini al terreno che avrei potuto vedere una microspora grande come un pallone da basket) mentre le orecchie sentono distintamente la voce di quel bambino che, evidentemente poco avvezzo a simili scene pietose, chiede alla mamma chi sia quel povero tapino...

Arriva così sabato sera che... altro che Saturday Night Fever: sembro pronto per il ricovero in una unità di terapia intensiva! Ce n’è abbastanza per dichiarare il KO tecnico (il colpo di grazia me lo hanno dato le operazioni di scarico del coche fantastico che hanno preso circa mezz’ora...).

Domenica mattina. La sveglia pone fine alle sofferenze di una nottata da incubi. Il piano di volo prevede che vada a correre il TMO a Morbio: dove sarei anche iscritto in HAL con i vari Stefano Maddalena & Manuel Asmus & compagnia cantante... “Perchè lo fai?” chiede l’ultimo barlume di intelligenza al 99,9% di materia cerebrale ammorbata di totale incoscienza? La risposta è “Perchè no???” e si capisce che è una risposta ricca di significato, di propositi reconditi, di sagge e prolungate riflessioni... insomma: non me ne frega una cippa! HAL ho deciso e HAL deve essere!!! Perchè la carta è nuova (per me) e me la voglio vedere tutta. Perchè tanto arrivo ultimo lo stesso anche in H40. Perchè... perchè... PERCHE’ NO???
La colazione del campione (del Duca di Parma) prevede: caffé, yogurth, torta, caffé, succo di frutta, miele, caffé... cosicché sono ancora un po’ ingolfato quando rimetto piede su “el coche fantastico” alla volta di Morbio, Canton Ticino. Il check ai sistemi di minima sopravvivenza danno esiti sconfortanti: le gambe stanno per dichiarare uno sciopero selvaggio, in particolare la sigla S.U.G.S. (Sindacato Unitario Ginocchio Sinistro) entra in agitazione permanente lanciando sassi e molotov contro i muscoli flessori. La testa è abbastanza nel pallone e tiro degli sbadigli di dimensioni tali che potrei ingoiare senza fatica un pitone che sta ingoiando un alligatore che sta ingoiando Mr. Crocodile Dundee con tutta Linda Kozlovski.
Occorre fare qualcosa... musica! E l’I-Pod si rivela il migliore amico di questa alba milanese proponendo subito Fantasy degli Earth Wind & Fire. E all’altezza dell’uscita di Baggio della tangenziale, gli Abba partono all’attacco: There is no big decision \ You know what to do \ La question c’est voulez-vous...
Ok. Gli Abba intendevano ben altro. Ma la mia “chestion” è: “vùlé vu davvero fèr sett scios?”. La risposta è SI! E quindi via che si va verso la mia HAL di Morbio: il S.U.G.S. ritira su gli striscioni e mette via sassi e molotov, le gambe rientrano dallo sciopero in cambio di vaghe promesse...
Adesso dovrei anche dire come è andata a Morbio... Bene! Nel senso che sono molto meno stanco che dopo la gara di Besana. Bene! Nel senso che i percorsi di Bea Arn sono stati molto divertenti con un continuo alternarsi di tratte lunghe mozza-fiato (non nel senso di panorama spettacolare, ma di salitazza micidiale in mezzo a vigneti stile Alsazia) e passaggi decisamente complessi in alcuni borghi con portici sottopassi scalini gradini e pertugi da labirinto di Minosse: ragazzi, guardate che se non ci diamo una mossa finisce che i ticinesi tracceranno delle gare in città che noi nemmeno ci sognamo! (Fragori docet).
Meno bene la cappella drammatica che infilo quando dalla 4, anziché andare alla 5 salendo subito le 3 o 4 curve necessarie, penso di andare alla 1 il cui cerchietto sta proprio in dirittura... perdo quota inutilmente e quando mi rendo conto dell’errore capisco che per tornare sulla retta via dovrò fare una scalata come nemmeno Messner nella pubblicità della Levissima: 10 minuti su un punto in una gara middle che Manuel Asmus vincerà (se è stato lui a vincere) in poco più di mezz’ora. Io mi accontento di finire in 55 minuti dopo aver infilato un’altra cappellina da due minuti al punto 19, dove mi convinco che per andare alla 20 il percorso preveda una uscita di cartina prima di rimettermi in linea di galleggiamento.

Ed è stato così che il terzo appuntamento orientistico del fine settimana ha dilavato via dal mio animo tutte le tensioni accumulate in una brutta settimana di lavoro. Ed è stato così che sulla strada del ritorno, sereno e tranquillo come poche altre volte, all’altezza del casello di Fino Mornasco ho proseguito diritto verso casa anziché fare una deviazione verso Giussano, dove ero iscritto alla prima prova del Trofeo Centri Storici Lombardi.
Questa volta sono stato io a pormi una domanda e a decidere che per la mia personale due giorni poteva bastare, che non avevo altro da chiedere al mio orienteering e che non avevo voglia di chiedere un altro sforzo sull’asfalto alle mie gambe ed al mio ginocchio sinistro.
Che sentitamente hanno ringraziato. Fino a domenica prossima.