Stegal67 Blog

Monday, May 31, 2010

Notizie dal mondo

Cronaca dal Veneto.
Vivo interesse per una iniziativa del Ministero dell’Ambiente che ha aperto ai visitatori una valle laterale e poco conosciuta alle pendici del più noto Passo Coe. Per l’occasione una comitiva di simpatici mattacchioni conosciuti come “quelli del trail-O” ha potuto apprezzare la bellezza dei boschi attorno a Tonezza sul Brenta, il verde smeraldo degli alberi, il silenzio dei dintorni rotto solo dal fruscio dell’erba alta mossa dal vento... una atmosfera che ha messo tutta l’allegra comitiva di buon umore per quella che è stata altrimenti ribattezzata “6° prova di Coppa Italia”.
Increscioso episodio a margine della giornata: uno sconsiderato, i testimoni lo definiscono “alto, con gli occhiali, stile impiegato-panzottello...”, dopo essersi sdraiato in un prato per bearsi del paradiso circostante, ha esclamato: “Perchè mi tocca vivere a Milano anziché in un posto come questo?”. Vivo rincrescimento per le sconsiderate parole è stato espresso dal sindaco di Milano Massimo Moratti (non è un refuso n.d.b.), dal presidente della Regione e dalle più alte cariche istituzionali: “Non è così che si rafforza l’unità nazionale! La patria è unica e indivisibile: non esistono posti belli e posti meno belli! Una nazione, una bandiera, un leader, un partito...!!!”. Il leader dell’IdV Antonio Di Pietro ha così commentato: “Perchèmmai nun parlate mai del nostro bel Molise?”.

Notizia di sport
Il forte ligure trapiantato un po’ ovunque nel mondo Guido Michelotti ha vinto la sesta prova di Coppa Italia di trail-O, davanti a Marina Beltramo e al conduttore radiofonic-internettiano Alberto Grilli. Una bella gara quasi sprint (soli 50 minuti di tempo massimo) con alcuni punti da autentico “pensiero laterale”, che sembrano difficilissimi ma solo per chi comincia con assurde fisime mentali, ed altri che sembrano facilissimi e si rivelano poi decisivi per la classifica finale.
Increscioso episodio al termine della prova: uno sconsiderato, i testimoni lo definiscono “alto, con gli occhiali ed un k-way blu della 3 giorni d’Italia 1999, un po’ impiegato un po’ panzottello...”, ha rovinato lo spirito sportivo e di amicizia prorompendo in una esclamazione “Sono sempre il solito pirla!!!” dopo aver appreso da Emiliano Corona che la quinta lanterna, battezzata “A” dopo lungo pensare, era in realtà una “B” ma solo perchè non si era accorto della presenza di una lanterna visibile tutta a sinistra che non ci azzeccava niente con il punto. Senza quell’errore, sarebbe arrivato lui sul podio... Profondo rammarico per le sconsiderate parole da parte di una nota del Quirinale e di Palazzo Chigi, mentre il leader dell’IdV Antonio Di Pietro ha così commentato: “Cosa sono mai ‘ste Zzzzzz... io sto arrivato solo alla lettera E...”.

Trasporti
Continuano le iniziative del Ministero dei Trasprti e dell’Amministratore Delegato delle FFSS. Impossibilitati per i noti motivi a fornire treni più puntuali e più puliti, si da spazio alla presenza nei vagoni di seconda classe di un gran numero di bionde sciacquette cinguettanti provenienti dagli States. Armate di guida turistica, di accento texano o giù di lì, di tono di voce che spaccherebbe uno swaroski, la presenza di queste giovani attrazioni contribuisce a rendere baldo il maschio italico consentendone anche la crescita culturale nella lingua inglese.
Increscioso episodio sul treno Vicenza-Milano di sabato pomeriggio: uno sconsiderato, i testimoni lo definiscono “alto, berretto nero con scritto ORRinghen 2004... un panzottello, forse un impiegato...” ha continuato imperterrito a dormire (e russare) nonostante la presenza accanto e davanti di ben DUE di questi esemplari da reality-show. Vivo rammarico del Ministro dei Trasporti per lo scarso interesse mostrato dal facinoroso, mentre il leader dell’IdV Antonio Di Pietro ha così commentato: “Che venibbero tutteeddue in Molise a farci sentire il loro accento, che ne abbiamo gran bisogno!”.

Altra notizia di sport
Mentre in tutta la Lombardia continuano ad essere annullate le gare di MTB-O, alcuni benemeriti mettono in scena tra i campi di asparagi di Mezzago una bella gara promozionale che raccoglie alcuni agonisti ma soprattutto un gran numero (una settantina) di ragazzini del paese che imparano così un nuovo sport divertente nel buon vecchio modo: imparare a fare, facendo.
Un increscioso episodio rischia di rovinare l’atmosfera di festa: uno sconsiderato atleta panzottello, che farebbe meglio a limitarsi a fare l’impiegato, venuto a sapere di essere stato battuto dal fortissimo AleDiPace per soli 6 secondi, si è presentato al tavolo del computer sventolando alcune banconote da 10 euro e chiedendo che il suo tempo venisse abbassato di 7 secondi. Incredibile a dirsi, il giudice di arrivo ha negato la legittima richiesta di corruttela venendo così a negare uno dei principi fondamentali di questa nostra bella patria: la corruzione. Viva costernazione per lo sconsiderato gesto del giudice è stato espresso nell’ordine dal Presidente G.N., dal premier S.B., dai leader del partito di maggioranza e da Topo Gigio. Il commento del leader dell’opposizione si è perso alla cinquecentesima parola inutile, mentre il leader dell’IdV ha così commentato “E cummighia è Per Forsberg?”

Ora la linea alla pubblicità...

Thursday, May 27, 2010

Anche se il mio compagno di staffetta e di avventure c.o.-istiche e trail-o-istiche Marco “Rusky” Giovannini manco mi cita come autore dell’intervista (impostata, nevvero, insieme durante il luuuuuungo viaggio di andata verso Subiaco)... il suo sito amatoriale ma quasi professionale e persino oserei dire un cicinin istituzionale www.trailo.it pubblica una intervista con Marit Wiksell.

http://www.trailo.it/MaritWiksell.asp

Marit chi? Marit who? Chi è costei?
Si tratta, semplicemente, di una campionessa di trail-o che a soli 17 anni ha esordito nella nazionale assoluta di Svezia (paese, come noto, ai margini dell’attività orientistica...). E che dimostra nell’intervista di avere idee molto chiare sui suoi obiettivi prossimi venturi.

Il che mi porta a fare alcune considerazioni sparse, in ordine di importanza ancora più sparso.

1) in questo periodo, tra Nuovo Lanternino e appunto il sito trailo.it, mi capita sempre più di sovente di “intervistare” giovani leoni e leonesse rampanti del nostro sport. E devo dire che il livello delle risposte, la cura delle stesse, la decisione con la quale questi giovanissimi difendono le loro idee (condivisibili) mi fanno ben sperare per il futuro; futuro del nostro sport e anche “futuro” in generale. Non mi è mai sembrato di aver avuto a che fare, in questi ultimi due anni, con sbarbatelli e pischelle ottenebrati dal Grande Fratello o con l’unica intenzione di fare i calciatori o le veline. In questo senso, l’intervista a Julia S. di un anno fa è stata una autentica cartina al tornasole, ma garantisco che altre seguiranno sullo stesso tenore

2) avere a che fare con questi ragazzi acuisce in me la “sindrome di Peter Pan”, ovvero non riesco a pensare (e ciò può essere un bene ma anche un male) che gli anni passano anche per me e questi ragazzi non erano nemmeno nella mente di nessuno quando io già andavo in giro mezzo ubriaco dopo Italia-Brasile 3-2...

3) ma soprattutto, la nazionale svedese di trail-o schiera una ragazza di 18 anni...
Ora. E’ vero che nella sua intervista, Marit dichiara che sì, insomma, anche nella fantastica Svezia non ci sono così tanti ragazzi giovani che si cimentano nel trail-o; che anche in Svezia l’età media dei concorrenti è molto superiore alla sua.
Ma non posso fare a meno di chiedermi se sono io che sto sbagliando qualcosa...
Io negli ultimi due anni ho partecipato a qualche gara di trail-o, e qualcuna mi è anche andata bene o benino (e altre male). Ho raccattato un podio a Folgaria, un altro a Loco di Rovegno, un altro ancora a Roncegno Terme; e invito a dare una occhiata ai pezzi scritti per l’occasione sul mio blog per capire quanto questa disciplina
- che mi sta a cuore perchè mi ricorda tanto gli scacchi
- che mi attira perchè mi sembra di tornare ai tempi in cui difendevo l’onore del team “Polgara”
- che mi consente di stare nel bosco o in un parco senza dover per forza sputare un polmone in salita o rischiare l’osso del collo in discesa
sia per me, ormai sull’orlo dei 43 anni, un altro passatempo interessante cui ringrazio il cielo di poter partecipare. Partecipare capendoci qualcosa.
Oggi i miei ottavi e noni posti alle gare di Coppa Italia sono sufficienti per darmi il credito di essere invitato ai raduni organizzati dalla Fiso, ma io spero che un giorno a questi raduni la maggioranza sia costituita da ragazzi o ragazze più giovani di me, e poi ci saranno anche i migliori tra i vari Remo Madella, Guido Michelotti, Renato Bettin, Marco Giovannini, ed Alessio Tenani e Emiliano Corona, e poi Marina e Corrado, Giuliano, Roberto, Piero, Elvio, Renato, Alessandro, Alberto. E altri ancora che conosco meno (o che mi sono dimenticato) e si faranno le ossa nel frattempo.

A me, nel mio intimo personale e con la mia indole da Jof, anche se quest’anno ho vinto la gara di Coppa Italia a Parma, sembra sempre di rubare il posto a qualcuno.

Ps: il 13 giugno a Folgaria ci sarà la O-Marathon, l’”avventura lunga un giorno” che aspetto dall’inizio dell’anno. Il giorno prima ci sarà un’altra prova di Coppa Italia di Trail-O, ma non so nemmeno se vi arriverò in tempo e in che condizioni dato che il GOK ha organizzato la trasferta a Folgaria da ormai due mesi, con vasta presenza di amici e amiche che nulla hanno a che fare con il Trail-O o l’orienteering, ricche feste e cotillons... quindi non penso che mi vedrete ancora a lungo al vertice delle classifiche :-)

Sunday, May 23, 2010

Vita da speaker

(e qui ci starebbe bene un inizio stile “Attenti a quei due”... ta-ta-taaaa tata-ta-taaaa ... ah! Come mi vedrei bene nei panni di Danny White...)

http://www.youtube.com/watch?v=et6oaQy2zOk&feature=fvst

Vita da speaker, ragazzi. Dura, molto dura. Mooooolto dura. Ma divertente, sempre al limite, sempre in bilico tra la fesseria incombente e la sbracatura galeazziana. Ma dura! Però qualcuno mi dice che ogni tanto me le vado a cercare... e allora, per vedere come potrei fare lo speaker “in quell’altro modo”, stavolta ho fatto in modo che alla Coppa Italia della Penicina, oltre al sottoscritto ci fosse anche un altro speaker. Diciamo uno bravo. Diciamo uno dei più bravi.

Diciamo Per Forsberg.

Ecco.
Per Forsberg arriva alla Penicina in perfetta forma. Ha riposato durante la settimana, una telecronaca di hockey, una comparsata in televisione... Sabato sera una buona cena italiana al ristorante (qualunque ristorante, anche la più fetida delle pizzerie al trancio, è meglio del più fine gourmet scandinavo). Per Forsberg stringe mani e saluta in quattro lingue diverse, prima di concedersi una buona notte di sonno.

Stegal arriva alla Penicina dopo 17 giorni consecutivi di lavoro a doppi turni (più qualche nottata in ufficio) ed una serie di inca$$ature lavorative da tirar via la pelle di dosso a qualcuno. La cena di sabato... semplicemente non c’è, troppo stanco per cenare si va a letto alle 20.30 quando tutta Milano cade nella catalessi da finale di Champions League (tanto io non ho la televisione e non la potrei vedere). Sabato sera i bookmakers danno per poco sicura la presenza di Stegal domenica mattina alla Penicina.

Per Forsberg si sveglia domenica mattina al suono di un carillon. Dal basso giunge un aroma di croissant caldo appena sfornato. Scende a colazione stringendo mani e augurando la buona giornata in sei lingue diverse. Differente il suono che alle 5.15 sveglia di soprassalto Stegal: sono rientrati alcuni tifosi da San Siro ed hanno deciso di svegliare il condominio... visto che di croissant caldi non c’è nemmeno l’ombra, tanto vale svuotare il cartoccio di succo d’arancia (che sta anche scadendo) e infilarsi in autostrada.

A due ore dalla prima partenza, Per Forsberg si presenta in tenuta da perfetto gentleman in zona arrivo; per lui è riservata una ampia zona demilitarizzata... computer, maxi schermi, griglie comparate e databases con i risultati degli ultimi 24 anni di orienteering mondiali (compare persino la vittoria di Stegal al Trofeo della Grotta di Villazzano!). Per Forsberg stringe mani e comincia a dare ordini in otto lingue diverse affinché tutto proceda per il meglio. Anche Stegal è in zona arrivo due ore prima della partenza. Abbigliamento rivedibile (sopra la maglia dell’Aget Lugano, sotto un paio di pantaloni orientistici ante-guerra, Inov-8 incollate dal papà ai piedi). La zona a lui riservata dista dagli spettatori meno della lunghezza di un braccio di Alberto Simionato, il che consentirà a Tone di mollargli una “pizza” a tradimento sul coppino... Per fortuna Roberto Manelli, tra le ventiseimila cose che ha fatto per organizzare la gara, ha trovato il tempo di stampare mille griglie per lo speaker (grazie Roberto!).

Meno un’ora alla partenza. Per Forsberg sembra Eisenhower durante lo sbarco in Normandia: stringe un milione di mani e, parlando in dodici lingue, coordina il lavoro di un numero di persone quante nemmeno al concerto del 1° maggio (su coraggio!) secondo la stima degli organizzatori. Alla stessa ora, Stegal è alle prese con le prime lanterne della Penicina, in quanto si ostina imperterrito a voler fare la gara come tutti gli altri per osservare da vicino come è il bosco e vedere l’effetto che fa in gara... e poiché va a più di 10 minuti al kmsf pensa persino di essere un buon orientista, visto che stavolta le lanterne gli si fanno letteralmente incontro.

Meno 30 minuti alla partenza. Per Forsberg ha stretto le mani di tutti gli Elite in gara, li ha intervistati in sedici lingue diverse compresi alcuni dialetti dei Carpazi e si accinge a dare il solenne via alla tenzone con un “Extra omnes” come nemmeno alle elezioni papali...
Nel frattempo Stegal comincia ad accorgersi alla lanterna 6 che partire un’ora e mezzo prima è molto divertente (lo è anche per i cinghiali che possono giovarsi del vantaggio numerico contro l’unico orientista in gara...) ma talvolta possono esserci dei piccoli svarioni. Dopo 5 lanterne, infatti, l’attacco alla 6 è preciso come nemmeno quello di Dario Pedrotti che imita Gueorgiou, ma la lanterna semplicemente non c’è... poiché anche sulla 3, 4 e 5 aveva già avuto qualche problema (del tipo “stazione assente + mantellina adagiata a terra quindi invisibile = difficoltà a trovare solo il paletto + punzonatura sulla carta), Stegal non si fida del suo orientamento (e come potrebbe, se lo chiede persino Per Forsberg in diciassette idiomi indoeuropei!) e quindi riattacca il punto per ben 3 volte, uscendo dal punto a trovare un punto d’attacco ogni volta diverso. E poiché ogni volta trova il punto d’attacco al volo, e ogni volta torna dritto al punto di partenza... questo di solito vuol dire una sola cosa ma Stegal non è in grado di capire che il punto manca davvero! Facendo cerchi sempre più larghi, finalmente Stegal trova una lanterna: che ha il codice giusto! Peccato che sia posata in un posto che non ci azzecca niente... ma Stegal è solo contento che la sua gara non sia PM e prosegue.

Al punto 9, Stegal gira attorno al dosso in cerca di una carbonaia: la vede da lontano (15 metri) ma non vede il punto; ricomincia a girare in tondo attorno alla carbonaia per qualche minuto, finché dopo un tempo indefinito sente un pesante tramestio nel bosco. Temendo un nuovo attacco da parte dei cinghiali, Stegal si acquatta nel sottobosco e ad un certo punto vede comparire Whites che posa il punto nella stessa carbonaia... finisce così per seguirlo fino alla lanterna 10 (distante appena 100 metri) subendo peraltro l’onta del fatto che Whites arriva sul punto, mette la stazione, aggiusta la mantellina, controlla la direzione e sparisce all’orizzonte prima ancora che Stegal abbia punzonato.

A meno 15 minuti dalla partenza, Per Fosberg ha le mani violacee per le tante strette di mano ed il cervello in fiamme nello sforzo di raccontare il pre-gara agli inviati delle televisioni di diciotto paesi diversi (tutti con una lingua diversa). In quel momento Stegal, che ha già “registrato” una lanterna che non “bippa”, capisce che ben difficilmente sarà di ritorno in tempo per l’ora zero di gara, nella quale è solito avventurarsi in uno di quei “benvenuti ai concorrenti” che lo hanno reso celebre urbi et orbi, quando straparla al microfono col cervello ancora annebbiato dalle tossine... Stegal capisce però che la tratta lunga 14-15, che prevederebbe l' attraversamento di due verdoni e di una zona lunare ricca di rocce, rischia seriamente di buttarlo fuori carta. Per evitare drammi, intravede una soluzione: allungare la strada quel poco che serve per ripassare in senso contrario da tutti i cancelli -1, -2, -3 della partenza e persino dalla zona riscaldamento; le facce allibite dei concorrenti in zona partenza sono nulla al confronto delle facce allucinate di coloro che si sono appartati nel retro della zona partenza per un ultimo bisognino pre-gara e che si vedono piombare addosso durante una discesa "a vita persa" 95 chili di orientista !!!

All’ora zero, Per Forsberg si alza in tutto i suoi due metri e quaranta di prorompente bellezza nordica, lascia con un po’ di disgusto la stretta di mano di Barack Obama (che nel mondo conta molto meno di lui...) e con la voce di Odino quando parla a tutto il Walhalla di eroi dà finalmente il via alla gara nelle venti lingue rappresentative di tutti i concorrenti in gara: i cancelli della partenza si aprono come il Mar Rosso davanti a Mosé, e l’Evento può finalmente cominciare. Il mondo, che aveva trattenuto il fiato, può ricominciare a respirare... le onde ad infrangersi sugli scogli dell’oceano... i vulcani islandesi ad eruttare...
Nel frattempo Stegal, ormai più simile ai cinghiali che ha schivato per tutta la mattina che ad un essere umano, affronta la penultima lanterna che si dovrebbe trovare su un evidente naso dietro ad un prato. Peccato che sul naso non ci sia ombra di uno straccio di punto... poiché è materialmente impossibile che Stegal sia rimasto alto, anche perchè alla sua destra (in discesa) la visibilità del bosco è pari a quella che c’è normalmente sulla prima corsia dell’autostrada Verona-Bergamo (un chilometro netto, poiché stanno tutti in mezzo o in corsia di sorpasso!), Stegal prima decide di proseguire un po’ e poi di tornare indietro e salire di quota... e poi di ritornare indietro, e di salire ancora un po’ di quota... finché per farla breve battendo il bosco palmo a palmo trova il punto per grazia ricevuta e si accorge che anche questo non “bippa”... non registrando però che forse (ma forse) il punto appena trovato potrebbe essere uno zinzinello fuori dal posto giusto.

A questo punto Stegal decide di essersi divertito abbastanza e che forse è il momento di andare a trovare Per Forsberg al traguardo... ma l’unica cosa che riesce a pronunciare dopo il finish è “ci sono... pant pant puff... due lanterne... anf anf... che non bippano...sbuff pant”. Alla ovvia domanda “quali sono?” Stegal dispiega la carta davanti a se e... la notte cala sul cervello ottenebrato. Era la 9? La 6? La 14? Come ci sono arrivato fino al traguardo? Nel frattempo, Per Forsberg sta stringendo le mani di tutti i concorrenti che arrivano al finish, sta salutando in mondovisione in ventisei lingue diverse compresa un antico dialetto fossile del Kazakhistan orientale (ma i kazaki non lo capiscono perchè la sua pronuncia è troppo perfetta), e soprattutto ha già memorizzato i tempi di partenza e di arrivo di tutti i protagonisti e favoriti della gara, e ha colto l’informazione fondamentale che Klaus Schgaguler e Nicole Scalet non hanno preso il via.

Invece Stegal, ripreso fiato ma senza togliersi né i pantaloni lerci né le Inov-8 infangate, scaricato il bricchetto con un tempo ributtante di 1 ora e 21 minuti circa, assunta una sembianza vagamente umana, sopportato lo sguardo un po’ di compatimento del suo maestro Andrea Rinaldi (nonché la “pizza” di Tone Simionato) passerà le ore successive ad essere colto di sorpresa dall’arrivo dei favoriti, ed aspetterà invano con un anelito di filo di voce rimasta gli arrivi di Klaus e Nicole per “l’ultimo terremoto in classifica”.

E infine, sulle note finali della sigla di “Attenti a quei due”, Per Forsberg e Stegal riprenderanno la strada di casa. Il primo fiero e pieno del suo professionismo, ed il secondo ancora sbalordito di essersela cavata a buon mercato e di essere riuscito ancora una volta a farsi sopportare da circa 600 orientisti che potrebbero a buona ragione richiederne la pubblica impiccagione.

Ma scommetto che io mi sono divertito di più. Ed ancora una volta, come alla mia prima tappa della mia prima O-Ringen, potrò guardare negli occhi tutti quanti e sfidarli senza un filo di paura dicendo: “ma voi... cosa pensate di aver capito della gara se ve ne siete rimasti qui a stringere mani e salutare in trentadue lingue?”. Per Forsberg compreso.

Wednesday, May 12, 2010

Un altro tassello della mia conoscenza orientistica va a posto.
Un’altra di quelle parole magiche che fanno la differenza tra la “conoscenza del mondo” e il “se non hai visto questo non hai visto niente” è stata smarcata.

La parola è “faggeta”. Posso chiudere gli occhi, ma anche no, e sentire e vedere Andrea the great Rinaldi che mi parla di questa specie di Shangri La, questa Foresta di Darkwood, questo Atlantide irraggiungibile che solo gli orientisti seri hanno avuto occasione di vedere... irraggiungibile lo è davvero, perbacco!!!!!
Andrea, ma anche Attilio il quale prima di diventare socio fondatore del GOK (... a proposito, se qualcuno avesse una idea sul significato della “G” di GOK potrebbe per favore informarci? Noi stiamo facendo le ipotesi più fantasiose ma non sappiamo nemmeno cosa rappresenti il nome del team...)... dicevo, prima di diventare un orientista serio (perchè il GOK è serio!) era stato capace di qualche scorribanda fuori porta che lo aveva portato fin nel Lazio. Ed anche lui, “ah beh! Ma poi c’è quella faggeta...” detto con la voce che racconta storie che si perdono nel tempo, con gli occhi socchiusi che scrutano lontano...

Lontano... Lontano... Lontano... Cavoli quanto è lontano!!! Lontano oltre posti che mai in vita mia avevo visto di persona, solo nomi nelle spettacolari cronache di IsoRadio quali “Assergi Colledara” o “Vicovaro Mandela”. Io conoscevo solo “Anticoli Corrado” dove hanno girato il bellissimo film “Il Segreto di Santa Vittoria”... Anthony Quinn che alla battuta “Siete sicuri di potervene privare?” (di una bottiglia di vino) risponde al tedesco “Ce n’abbiamo n’altro milione là dove l’abbiamo presa”.
Lontano. E ci si mette pure il nodo autostradale di Firenze a mettersi in mezzo ai piedi: due ore e passa di coda all’andata (e meno male che siamo orientisti e siamo usciti appena possibile, riguadagnando la testa del gruppo con le stradine poderali), e un’oretta al ritorno con taglio pr le vie del Chianti. Una colata di cemento su tutta l’area, no eh?!? Un enorme piazzale con le macchine che vanno in tutte le direzioni fino ad Arezzo, no eh?!? Una enorme faggeta, no eh?!? Li pòssino...

Comunque. Dopo nove ore nove di auto, a mezzanotte anche “lontano” diventa “vicino” e poi diventa “arrivati”. Diventa “letto”, diventa “sonno” finché dopo 5 ore la sveglia di Paco Valente e Nicolò Ippolito (i posatori) suona che fuori fa ancora: buio, freddo, piove, c’è nebbia, nuvole basse... 8 maggio (su coraggio!) e sembra di andare a correre nella tundra! Mondaccio cane! Si sveglia anche “z spìcher” pronto a prendere il via nella prima delle quattro tappe in programma: due con le Jalas ai piedi e due con il microfono in mano. Purtroppo per me, le tappe con le Jalas sono quelle che ultimamente mi riescono peggio!

E’ Maria Novella, ancora non infortunata, che mi accompagna in partenza e mi affida al bosco. E finalmente anche io posso adesso ufficialmente dire “Ah! La faggeta...”. Si, la faggeta è un posto ottimo per correre. Il bosco è quasi fatato, la carta è tutta bianca salvo qualche intermezzo giallo dei prati (la mente corre ai problemi che ho avuto in Lessinia), il terreno è un biliardo in pendenza ma quasi senza ostacoli se non contiamo le innumerevoli rocce e roccette. Le carbonaie ed i piccoli movimenti quali buche canalette ed avvalentini rompono la monotonia dei movimenti del terreno. Ed io sono lento, pensate, goffo e ingolfato. E cosa che più mi fa rabbia, sono in un periodo in involuzione tecnica totale!

La M35 è una di quelle categorie nelle quali i migliori, quelli che non posso battere se non in particolari e lontane giornate di grazia, ci sono davvero quasi tutti. Manca Hueller, manca Cipriani (non partito) quindi il numero di qualificati oscilla tra i 13 ed i 14. Saranno 13, e mi spiace davvero per l’amico Diego Milani che resta fuori con un tempo vicinissimo al gruppone di quelli forti... Alle 9.30 circa sono al via, alle 9.31 primo punto e primo errore: a faggeta è splendida ma forse io mi distraggo un po’ troppo nel bearmi di cotanto bosco, ed infatti resto corto di un dosso... in una zona peraltro ricche di lanterne (che mi batterò tutte nella speranza che una sia la mia!). Ripreso il ritmo giusto, nuovo errore alla 4 quando vado in costa tra le rocce tenendomi al centro di una zona pietrosa; quando scopro che il punto non è dritto davanti a me, non mi resta che decidere se spostarmi a sinistra o a destra. Lascio da parte ogni parvenza di considerazione politica, opto per uno dei due schieramenti e dopo vana ricerca non mi resta che ammettere che avrei dovuto “votare” per l’altra parte...

Quando il loop mi riporta verso la zona del traguardo per un primo passaggio, so già di non essere tra i qualificati a meno di una ecatombe di coetanei... affronto alcuni passaggi innevati e finalmente finisco il secondo loop dopo una lanterna 10 in costa che mi riappacifica con la tecnica orientistica. Infatti sbaglio di peso la 11 quasi a bordo strada! Altri minuti persi e, a quel punto, solo la consapevolezza di dover finire con calma per anticipare il minuto zero dei campionato “vero”. Alla 12 per un istante ho una visione del sottoscritto nel bosco sloveno: mi appoggio alle depressioni e mi ritroverò (penso per la prima volta in vita mia) a fare una lanterna meglio di super-Carlo-Rigoni. Da lì alle ultime lanterne e al traguardo è una corsetta in faggeta, cui seguirà una prima giornata di qualificazione come “z spìcher”, nel freddo e nel gelo, senza infamia e senza lode... perchè il calore bianco sarà l’indomani!

Un indomani che arriva domenica mattina dopo un numero di ore di sonno ancora più ridotto: Maria Novella infortunata e l’orario di partenza anticipato di un’ora costringono i miei compagni di camera posatori ad alzarsi all’alba. Ma è un’alba radiosa: nel cielo non c’è una nuvola. Alle 7 del mattino fa già quasi caldo ed i boschi attorno brillano!

Senza colazione, mi muovo verso la partenza e prendo il via attorno alle 8.35. Davanti a me una finale B molto sparuta (solo 7 partenti), leggermente più lunga del prevedibile: va bene che i conti della percorrenza sono stati fatti su Rigoni... ma secondo voi Rigoni entrava nella finale B? Infatti il migliore di noi, a conti fatti, sarà ancora una volta Milani con un tempo superiore ai 60 minuti. Questa volta entro nel bosco da solo con la sensazione di voler fare meglio rispetto a sabato; mi accorgo subito di una luuuuuuunga tratta a metà percorso che assomiglia più ad una tratta da long che da middle, ma per il momento ho ancora 8 lanterne prima di pensarci. Parto tranquillo e controllo le carbonaie: il primo punto mi salta letteralmente addosso, forse che la faggeta sta diventando mia amica? Secondo punto, tutto ok. Terzo punto, tutto ok (vabbé... è nel pratone).

Quarto punto, tutto... tutto sbagliato! Il rientro nel bosco per il quarto punto diventa una ricerca alla “valà Peppone” del centro del cerchietto. Per qualche minuto mi sposto esitante tra le carbonaie cercando un punto di attacco certo, finché da lontano scorgo un punto di controllo. Pregando che sia il mio, arrivo alla lanterna e mi accorgo che dovevo esserci passato poco prima a qualche metro di distanza, magari mentre guardavo dalla parte sbagliata. Quinto punto in discesa senza problemi, e poiché per il sesto punto mi sento decisamente in carreggiata comincio a dare un’occhiata cosa mi aspetta dopo l’ottavo punt... SBEMM!!! Non un albero questa volta. Solo un volo a planare senza nemmeno accorgermi di cosa mi ha fermato. Non riesco nemmeno a mettere le mani a terra, cosicché è la mia faccia quella che atterra tra le foglie: in una giornata nella quale alcuni correranno in calzoncini da tanto bello che è il bosco, io sarà l’unico ad arrivare al traguardo con la faccia spatassata e le stimmate sanguinanti che colano sul viso come un indiano con le pitture di guerra...

La tratta 8-9, quella interminabile, chiuderà di fatto le mie residue velleità (al punto 8 il mio tempo è di 30’01”, in terza posizione). La salita alla 9 mi toglie forze, voglia e consistenza. Trovo il punto 9 andandoci a sbattere direttamente contro e ringraziando la carta e la bussola, ma allo scollinamento per la 10 sono svuotato ed in crisi di fame. Pur potendomi appoggiare ad una bella area gialla che porta alla lanterna, impiegherò 14 minuti e mezzo (!) per trovare quel punto da tre minuti, appoggiandomi non tanto ai movimenti del terreno quanto ad un paio di sassi sui quali mi siedo a rifiatare e a far abbassare le pulsazioni. Per fortuna il giro finale torna ad essere molto “middle” con i continui rimbalzi tra le rocce da un punto all’altro e mi da la spinta per affrontare il rientro alla base durante il quale sento distintamente la voce di Giovanni Lollobrigida che annuncia il via alla gara.

90 minuti e 34 secondi per una gara middle... non male :-(
ma non mi sento di giustificarmi con l’impegno che ho preso per fare “z spìker”. Forse il percorso, per le mie caratteristiche, era troppo veloce e troppo fisico per me. Ma ho sbagliato nettamente anche sotto il profilo tecnico e questa è la cosa che più mi fa pensare e più mi da rabbia. In ogni caso, nel mio dopo gara ho raccolto alcune impressioni positive sulla cronaca della gara fatto al microfono. E, come dico sempre, non sarei in grado di farlo se non fossi stato già io nel bosco prima degli atleti. E sopra ogni altra cosa, se non l’avessi fatto “in condizioni da gara” non ci sarebbe stato nessuno a mettermi pressione per fare bene, per arrivare al traguardo col percorso completo, per cercare di fare meglio dei miei amici-avversari.

In fondo è solo per questo motivo che mi possono scappare, nella concitazione, quegli aggettivi che ormai sono presi un po’ in giro anche in radio... quegli “irreale” quando arrivano i vari Rigoni o Maddalena o Mamleev, quegli epiteti ed incitamenti e commenti che mi scappano all’indirizzo degli atleti che giungono al traguardo, atleti che sento molto più vicini a me di quanto dovrebbe sembrare ad uno speaker neutrale. Perchè, in fondo, io dalle loro difficoltà e dalle loro paure e tensioni ci sono appena passato.

Alla prossima!

Friday, May 07, 2010

La seconda tappa della Due Giorni della Lessinia, affrontata in MB dopo una prima giornata di sconfitta su tutta la linea in M35, mi si è presentata dopo (finalmente) una buona cena, una buona birra, un buon krapfen in pasticceria (ho scoperto che Bosco Chiesanuova è famosa per i krapfen... un po’ piccoli però!) ed una buona notte di sonno interrotta solo da una misteriosa aggressione ai danni di Attilio da parte di un fantasma che a quanto pare ancora si aggira nella stanza 14 dell’Hotel Frizzolan.

Una MB che ha avuto lampi di ilarità, di riflessione e di pensieri filosofici, nonché di perdite della trebisonda. Il finale in salita (e per fortuna ci è stata risparmiata l’ascesa al ritrovo) mi ha visto vano inseguitore di mamma Murer... mentre alcuni membri dell’Er-Team salutavano il mio arrivo con commenti che non dovrebbero MAI essere indirizzati a chi ... “ha il microfono in mano” :-)))))

Ilarità e contentezza.
Si parte nel solito apertone della carta della Lessinia. Pronti via ed una breve ascesa alla lanterna svedese mi porta all’angolo di un muretto. La lunga e sempre laboriosa ricerca del triangolo di partenza (perchè? ... E sottolineo PERCHE’... non mi capita mai di cuccarlo al primo colpo?) mi fa intravedere il primo punto a poca distanza, in un grooooosso avvallamento. Mi giro di 90° e vedo nell’ordine: muretto dritto come un fuso che mi porta in area punto, angolo di muretto che mi fa da punto di arresto, casottino nel prato che fa da attacco al punto... il problema è che vedo tutto questo insieme e vedo già una specie di voragine che scende nel vuoto; dovrebbe essere il groooooosso avvallamento.
La mente dell’impiegato panzottello si riempie di circospezione, il passo è sempre quello strascicato del finale dei quasi 14kmsf di Brinzio anche se siamo solo in partenza di una MB... gli occhi vagano a destra e sinistra a cercare i segnali che dovrebbero indicarmi che la direzione presa con sicumera è sicuramente sbagliata... ed ecco che la lanterna appare ai miei piedi.
Due pensieri: 1) Buselli (il mitico Buselli dei miei primi anni da orientista, un idolo... e adesso dovrò spiegare a Dario Pedrotti chi era e cosa è stato Buselli...) l’avrà fatta in 30 secondi. 2) “...mmazza! E’ così che sono diventate le HB negli ultimi anni???”

Riflessione e pensieri filosofici.
Ho scoperto perchè il bosco è mio amico. L’ho scoperto andando alla lanterna 2. Il primo dei lunghi trasferimenti che Valerio\Walter\Stefano hanno messo anche nella MB. Sono ripassato dietro alla cascina che aveva già fatto da punto di riferimento nella prima tappa. E sono ritornato su quei valloni aperti attraversati nella prima tappa, enormi, pratosi... OPPRIMENTI!
Ho capito una cosa.
La mente, la mia mente, nel bosco ragiona su una distanza “visuale” di pochi metri. Da QUI io vedo fino a LA’, e LA’ non è così distante da farmi pensare ad altro. Devo stare concentrato sulla carta. Quando poi LA’ è diventato QUI, il gioco ricomincia.
Non così sulla carta della Lessinia. Mentre andavo alla 2 mi sono visto aggirare un grosso dosso, e quando si è aperto davanti a me il mega-pascolo il mio pensiero è stato “facile... adesso sono QUI e devo arrivare LA’”. Solo che LA’ è rimasto LA’ per ancora parecchio tempo... LA’ era sempre LA’ IN FONDO, mentre io con il mio passo ancora più lumacoso che in partenza mi spostavo da QUI a QUI più qualche metro, poi a LI’, poi a LI’ un po’ più lontano... ma LA’ continuava a rimanere distante.
Finché mi sono stufato e ho preso la direttissima in salita che mi portava nel bosco: dislivello inutile, passaggi tra le rocce ad arrampicarmi, ma almeno avevo ricostruito la mia stabilità mentale. Il mio limitato orizzonte visuale e la mia attitudine a ragionare per piccoli (lenti) passi successivi.
Così anche per andare alla 3, quando anziché scendere sul facile sentiero a bordo pascolo sono rimasto in quota nel bosco (bianco ma anche un po’ verde) e scosceso. Facendomi superare (e salutare con la manina) da tutti coloro che nel frattempo avevano preso l’autostrada, e che alla fine non faranno poi così tanto dislivello in più del sottoscritto.

Perdite di trebisonda.
Potrà mai mancare? E’ quello che ho fatto per andare alla penultima lanterna. Una MB, per lunga che sia, si aggirerà sempre attorno all’ora di gara. La mia testa può reggere la fatica mentale e dopo 20 minuti di percorso (tra la 2 e la 3) avevo capito di essere quasi a metà gara... e quindi di lì a poco a due terzi di gara, a tre quarti di gara.... all’arrivo!
Peccato che ho staccato la testa prima di arrivarci, a quell’arrivo.
Esco dal terz’ultimo punto e vedo davanti a me ancora una scelta ovvia: scendo nel prato, lo percorro tutto a bordo bosco, imbocco il sentiero e alla curva sono proprio sotto alla lanterna. Troppo facile. Anni di M35 mi hanno fatto diventare sospettoso. “Sicuramente i tracciatori hanno previsto una scelta meno ovvia ma mooooolto più redditizia... ‘spetta ‘mo che la trovo!”.
La mia “redditizia” scelta ha previsto un passaggio in costa ripida a scavalcare pure un albero fulminato, una ascesa tra le rocce che nemmeno in ragni della Grigna (in alcuni passaggi sembravo Edlinger...) e quando alla fine mi sono ritrovato mio malgrado su un pascolo, con casetta a vista, ho guardato in fondo (ad almeno mezzo km di distanza) e ho visto il ritrovo.
E ho pensato: dove sono finito? E soprattutto, mi staranno vedendo anche loro???
Beh! La mia scelta “redditizia” mi ha portato sul pascolo alto. Dislivello e fatica a profusione, ed intanto la mia mente vedeva sull’invisibile pascolo basso i miei compagni di squadra che passavano (e mi salutavano ancora con la manina)...

Insomma. Devo tarare un po’ la mia prospettiva:
1) le MB non sono così facile come il primo punto di una gara potrebbe fare pensare
2) devo imparare a non amare il bosco così tanto da lasciar perdere una scelta facile
Ma soprattutto
3) se vedi una scelta facile... PRENDILA !!!!

Saturday, May 01, 2010

Vinto. Participio passato. Coniugazione attiva o passiva? Ho vinto o sono vinto? In pochi giorni ho scoperto come si possa arrivare ultimi e dire “ho vinto” e come, non essendo proprio arrivati al traguardo, si possa tranquillamente affermare “sono vinto”.

Userò la coniugazione attiva “ho vinto” per quel di Brinzio, due giorni nella zona sopra Varese che associa il Campionato Regionale a staffetta (una delle gare più snobbate di sempre di tutto il circuito) ad un Trofeo Lombardia long. Attenzione... “ho vinto” non tanto per la gara di sabato nella quale un inspiegabile quarto posto finale dovrebbe aver dato a me ed al mio compagno di staffetta un argento regionale (l’unica medaglia che mancava dopo il bronzo di Pianfei con Attilio e l’oro del Parco della Pellerina con Rusky). In questo caso, infatti, dovrei tranquillamente dire “ha vinto”, perchè il mio socio impegnato in seconda e quarta frazione avrebbe portato a casa quel risultato anche in coppia con un paracarro... Sono stato contento nel vedere Marco rispolverare una frazione di staffetta davvero tonante; performante a tal punto che quando Mary ha incitato il suo passaggio al punto spettacolo io ero quasi convinto che avesse deciso di saltare via qualche punto in segno di disapprovazione della mia terza frazione deficitaria, al termine della quale lo stenditoio delle cartine riportava una sola cartina (quella che dovevo passare io... e me la stavo pure dimenticando) mentre l’improvviso ma niente affatto improvvisato speaker Antonio Cancelli annunciava, con il mio, la conclusione degli arrivi dei primi\terzi frazionisti nelle categorie MA e M35.

“Ho vinto” lo dico in merito al mio ultimo posto della domenica riportato sulla parte (parte o parete?) nord della carta: un giretto di oltre 13 kmsf disegnato da Alessandra Gariboldi che ho deciso di affrontare in totale nonchalance e surplace al solo scopo di poter dire: “ho finito la gara entro il tempo massimo”. Brinzio, con i valloni ed dislivelli, non è sicuramente la carta che più mi si addice... anche se dovrei dire che in questi giorni\settimane\mesi di fatiche fisiche e soprattutto mentali NON ci sono più carte che mi si addicono. Dopo aver visto, con un certo grado di perplessità misto a incredulità, che in Lombardia prima si accorpa la M35 con la M40... e poi si accorpa la M35-44 con la MALong anche nelle gare Long (!!!), avevo deciso di iscrivermi in MA collezionando così un sicuro ultimo posto per i soli seguenti scopi: 1) dormire un po’ più a lungo la domenica mattina, visto che la MA partiva dopo la M35; 2) vedermi passare davanti tutti i ragazzi del gruppo per poter vedere un po’ come vanno i miei corregionali. Il tracciato, tortuoso con continui loops soprattutto nella parte centrale, mi ha aiutato soprattutto per il punto 2: ho continuato a veder passare avanti e indietro lungo zone percorse almeno tre volte i vari Grilli, Rusconi, Iozzi, Todeschini, Anuchkin-piccolo, Manzoni... tanto che mi sono convinto che almeno al primo incrocio forse (forse) ero ancora davanti a loro di qualche metro, non nella prestazione cronometrica ma nello sviluppo della sequenza di lanterne. Purtroppo non ho invece visto passare, ma chissà se lo avrei visto, l’irreale-incommensurabile-immarcescibile-incredibile-irreale (l’ho già detto) Stefano Maddalena, che ha concluso in 61 minuti facendo segnare una P.M. su un punto da due minuti... poi non ci credete quando io vado raccontando che si tratta del più forte orientista che abbia messo piede dalle nostre parti (ma adesso mi sono accorto che i neofiti cominciano a credermi...).
2 ore e 11 minuti di gara per me. Ne avevo messe in preventivo 2 ore e 10 (13 kmsf abbondanti) e sono molto contento così.

“Sono vinto” si sposa benissimo invece con la gara di oggi nella prima tappa della Due giorni della Lessinia, a Bosco Chiesanuova. Il format della carta di Zamberlini è il medesimo da qualche edizione: prove long, a muoversi lungo i rilievi ed i pascoli della zona delimitati dai lunghissimi muretti che fanno quasi da sentiero. Una gara da affrontare sempre con un occhio alle curve di livello, che sono da aggirare ed accompagnare nelle scelte di percorso pena il crollo fisico. Che è avvenuto in questa prima tappa.
Non so... sarà stata sicuramente una somma di concause. Una gara storta capita a tutti, una ennesima settima lavorativa con tante giornate nelle quali ho staccato il cervello a mezzanotte, la partenza alle 6 del mattino da casa, il poco allenamento... magari (ma non gliene voglio fare una colpa) questa volta Valerio Leso è stato un po’ più cattivello del solito visto che l’aggiramento di alcuni importanti dislivelli mi avrebbe visto partire in curva di livello in direzione opposta alla linea rossa. Forse... Ma sicuramente posso dire che:
start –1: dovevo andare in costa e scendere e invece sono risalito
1 – 2: dovevo andare a sinistra dopo il tumulo di sassi e sono andato a destra
2 – 3: dovevo andare dritto e sono andato a destra
3 – 4: dovevo scendere a sinistra e sono sceso a destra, e poi dopo una gara traversata della carta, giunto al punto di attacco, sono andato a 90° dalla direzione giusta. E ho trovato il punto 53. Io cercavo il 106 (e ho pensato “se lo punzono due volte, me la danno buona?”).
4 – 5: dovevo andare a destra e sono andato a sinistra
E via così. Alla settima lanterna, dopo 1 ora e 10 minuti di gara, con ancora 8 punti da fare, mi sono sentito nauseato dal modo in cui stavo affrontando il bosco. Se l’orienteering è, a suo modo di vedere, uno sporto di combattimento nel quale bisogna entrare in gara con un piglio deciso... io stavo fuggendo sul ring come un autentico coniglio. Non pensavo di ritirarmi, ma non avevo più alcuna energia fisica e soprattutto mentale per andare avanti.
Sono arrivato alla 10 camminando (e sbagliando ancora, completamente ciucco di pensieri lavorativi, tensione e frustrazione), e quando sono stato di fronte alla tratta per certi versi micidiale 10-11 ed alla visione delle ultime lanterne ho deciso che non potevo più andare avanti.
Mi sono letteralmente fatto schifo da solo. Ho raggiunto il primo sentiero utile e, lemme lemme, me ne sono andato verso il traguardo (avendo la fortuna di incontrare e scambiare quattro chiacchiere con Zonori prima di un mestissimo e per me inutile finish).

Vinto. Sono vinto. Completamente vinto.
A tal punto che per domani ho chiesto di passare in MB.