Stegal67 Blog

Thursday, July 29, 2010

La quarta tappa dell’Oringen è sempre la quarta tappa dell’Oringen!
Fin dalla prima edizione (a memoria del GOK, almeno) questa tappa ha avuto vari nomi: tappa-bingo è stato il più usato ed è quello con il quale ancora definiamo questo passaggio fondamentale tra le prime 3 tappe dell’Oringen e l’ultima nella quale conosceremo finalmente i volti dei nostri avversari di fondo classifica.

Nella nostra prima edizione, la tappa-bingo fu Torslanda. Il mio 99esimo posto finale rimane ancora una delle 3 gare più belle che ho fatto in vita mia, con il primo punto trovato in mezzo ai miei piedi in una spaccatura tra le rocce mentre con lo sguardo seguivo l’arrivo di Davide che era partito 20 minuti prima di me.
Nella seconda edizione, la tappa-bingo si rivelò essere quella più favorevole agli italiani perchè comparvero i primi rilievi nei dintorni di Mjolby, che con l’equidistanza a 2,5 resero quella carta una specie di rilievo alpino sul quale gli svedesi persero più terreno di quel che non si dovrebbe fare.

Oggi la quarta tappa aveva una questione fondamentale da risolvere, anzi due. La prima: il mio minuto di partenza alle ore 13.22, sette minuti prima della chiusura delle partenze. Il che voleva dire che nel giro di uno o al massimo due punti sarei rimasto l’ultimo nel bosco Oringhiano... La seconda: da 20 ore piove che Dio la manda! Talvolta una pioggerellina fine, talvolta più robusta... alle 13.20 esatte quella pioggia è diventata un diluvio incessante, una doccia totale globale da far pensare che in qualche palude avrei trovato Noé intento a far salire gli animali sull’arca! A proposito di paludi: la tappa-bingo si presenta completamente piatta o quasi, tutte paludi con una equidistanza ridotta a 2,5 metri per far risaltare i pochi cocuzzoletti scampati alla furia delle acque!

Come cavarsela? Diciamo che questa mattina non ne avevo molto bene una idea. Ho cominciato ad avere i miei timori e le mie paure. La più forte di queste era il timore di rimanere da solo nel bosco dell’Oringen e di arrivare al traguardo a sbaraccamento quasi avvenuto, magari con le spedizioni degli organizzatori già partite alla ricerca mia e dei miei compagni di squadra (che sarebbero stati abbastanza introvabili visto che il diluvio costringeva la maggior parte delle persone a stare rintanate in auto o nelle tende...).

Alla fine, preso dal panico, ho preso il blackberry e ho scritto una e-mail ad una amica orientista... il testo dell’e-mail dice: “Viene sempre un momento all’Oringen nel quale uno si chiede Perchè?. Quel momento è ora. Piove da far schifo, tira vento, la carta è tremenda e sono il terzultimo a partire tra più di un’ora. Ed è già quasi buio.”
Speravo che aver scritto queste cose a Lidia servisse ad esorcizzare un po’ le me paure.

Ed è esattamente quello che è successo!!! Ci ho messo ancora un po’, aiutato anche da Marco che partiva 20 minuti prima di me e che ha messo insieme una bellissima gara (136esimo, ma il mio 99esimo di Torslanda resta inattaccato finora...). Sono partito e mi sono diretto al primo punto... ho fatto tutto per benino in mezzo alle paludi, ho trovato un punto di attacco, ho cominciato a contare i passi con la tecnica che mi ha spiegato Roland Pin... e sono arrivato dritto sul punto quando il conto era arrivato ai fatidici 100 metri! Finalmente un primo punto decente.

Per il secondo punto ho cominciato a danzare (come una grassa libellula) sotto la linea elettrica. Ho incrociato Attilio che partiva 1 ora prima di me e che aveva scelto quell’incrocio nella lunghissima tratta 9-10, e sono arrivato al secondo punto Poi altre paludi grandi come laghi ed il terzo punto. Una botta di fortuna al quarto punto... esco dalle paludi un po’ troppo sicuro di me e mi sposto troppo a sinistra; decido di portarmi su un cocuzzolo per stabilire la mia posizione e... quarto punto: era proprio quel cocuzzolo! Quinto punto, poi la prima tirata lunga al sesto punto.

All’ottavo, un altro piccolo colpo di fortuna: mi si avvicina un torello con la tuta Hakaspojkarna e mi chiede se so dove siamo. Io sto un po’ navigando a vista... e gli indico un punto sulla mappa con una collinetta nel giallo ed un cocuzzolo a fianco. Lui ci pensa e mi dice: “No, siamo su quest’altra (a 50 metri n.d.r.)... una collina con DUE cocuzzoli”. Mi giro di 90° e li vedo chiaramente, potenza anche dell’esperienza fatta sulla carta del trail-O. Il primo pensiero è di dirgli: “Ma se sai dove siamo perchè lo chiedi a me?”. E lui risponde: “... mmmhhh... non siamo messi così male... not too bad!”.

Il ritorno dopo la ottava lanterna è semplicemente un avvicinarsi al traguardo in un bosco meraviglioso ed ancora piatto. Resta anche il tempo per concedersi una volata verso il traguardo: affrontiamo l’ultima discesa in tre, un Frolunda in testa, poi una altro Hakaspojkarna ed io. Il Frolunda cede subito, ma l’altro tizio continua a rispondere ai miei scatti (saranno 3 solo sul rettilineo finale) e mantiene mezzo metro di vantaggio. A 30 metri dal finish decido che mi va bene anche l’infarto, mi va bene anche la Signora con la Falce ma devo passare! E passo io proprio a 10 metri dal traguardo...

Domani ultima tappa. Marco parte 5 minuti avanti ed Attilio 1 minuto dietro. Ho chiesto ad Attilio se la facevamo insieme... ma penso che invece ci daremo battaglia! Come è giusto e bello che sia.

Wednesday, July 28, 2010

Terza tappa dell’Oringen e si ricomincia con le gare long: ovvero parecchi chilometri e pochissimi punti. Navigazione, navigazione e ancora navigazione. E pensare che a me viene il mal di mare già nella vasca da bagno...
Il pensiero va alle vaccate clamorose che ho fatto nella prima tappa long: non ho intenzione di ripetermi ma non sono nemmeno sicuro del fatto mio. Partirò con i “piedi di piombo”, cercando di entrare in carta almeno sul primo punto, e vediamo un po’ che succede.

La situazione meteorologica è diversissima rispetto al primo giorno. Eh si! Anche in Svezia può fare caldo, anche molto caldo. Diciamo che siamo passati dai 12 gradi ai 28 gradi; è una temperatura che sarebbe anche accettabile a Milano in luglio, con l’afa e la cappa cui purtroppo siamo abituati, ma qui sembra veramente che sia esplosa l’estate in un colpo solo... come PLab fa notare, il GOK parte all’alba quando ci sono 10 gradi e soffia vento di tramontana e parte a mezzogiorno quando il sole splende alto nel cielo a cuocere il cervello.

Ma torniamo alla prima tratta. Prendo la carta in mano, unico del mio minuto di partenza (e sembra impossibile all’Oringen), e studio la situazione: su per il sentiero fino al rifornimento, a 400 metri circa, e poi dentro a destra: collinetta, naso, ancora collinetta pelata a fare da riferimento e a sinistra c’è il mio avvallamento.
Tutto bello. Tutto giusto. Sulla carta.
In realtà funziona tutto fino a quello che “penso” essere il naso e “penso” essere la collinetta pelata. Di avvallamenti e lanterne in zona neanche l’ombra! Alla fine, in mezzo ad un mare di gente che si guarda attorno persa, mi accorgo che un H40 del Frolunda che partiva dietro di me va via in direzione della 2 come una scheggia; decido che quindi nel mio peregrinare sono finito lungo e ritorno sui suoi passi. Avvallamenti nemmeno l’ombra, ma c’è una roccia davanti a me... ecco: la parete rocciosa (non segnata) è il bordo del mio avvallamento.
Tutto bello. Tutto giusto secondo i parametri di qui. Io però ho già perso almeno 4 minuti in un punto da 5 minuti.

Il secondo punto rappresenta la prima traversata lunga di questa long distance. Poiché non c’è uno straccio di sentiero a fare da linea conduttrice (ci sarebbe, ma dovrei espatriare in Norvegia prima di rientrare in zona punto dalla 3), me ne vado via per paludi e paludine e paludone e autentici reami di fango profondo... ad un certo punto mi accorgo che da 10 minuti almeno non sento e vedo traccia di essere umano attorno a me. Sono abbastanza sicuro del fatto mio ma... come si fa in Svezia all’Oringen a non vedere nessuno per 10 minuti? Sarò mica finito fuori cartina? Eppure le paludi le ho esaminate ben bene tutte, in lungo largo e profondo... A cavarmi di impaccio sbuca fuori un ragazzo con la tuta della nazionale belga, anche lui abbastanza perplesso e felice di trovare un altro essere umano sulla stessa direttrice di marcia. Rinfrancato, ho ancora abbastanza forze e fiducia per arrivare bello pulito (nel senso di dritto sul punto) alla seconda lanterna... in compenso non basteranno 15 (dico quindici!) risciacqui alla tuta per far andare via la terra ed il fango.

Il resto della gara va via senza nemmeno tante palpitazioni. Arrivo al ristoro dopo la quarta lanterna insieme a Cristina Bez; per il quinto punto un’altra sceltona lunga a passare sotto tutto l’elettrodotto fino alla zona punto e poi le ultime lanterne sono quasi middle; alcune difficili, o perlomeno insidiose come la 8 sulla quale lascio almeno 4 minuti (errore parallelo e finisco per navigare su un naso in tutto e per tutto identico a quello dove avrei dovuto trovare il punto), alcune facili. La scena di giornata alla 9 quando decido di attaccare la collina risalendo per una specie di stretto e ripidissimo camino tra due pareti rocciose; davanti a me una tuta IK Domnarvets di una D20Elite (all’inizio pensavo fosse Agnes Vask... ma poi ho pensato che Agnes corre per l’OK Ilves) che a 5 metri dalla sommità quando ormai si vede il cielo... decide che non ne vuole più sapere e torna indietro. Solo che 50 centimetri dietro ci sono io, e se quella vuole tornare indietro devo tornare indietro anche io; ed è quindi solo a male parole (in italiano, tanto non le capiva) e con un forte push della mia manona destra sul suo culone svedese (linguaggio internazionale), che riesco a mandarla su per gli ultimi metri di roccia fino a veder le stelle...

Finale abbastanza cotto: lo sprint dice 46 secondi contro i 42 impiegati a fine middle, d’altronde i chilometri si sentono. La posizione dice 202 con Marco che ha patito tantissimo il caldo solo 5 minuti 4 posizioni davanti, ed Attilio 12 minuti e 4 posizioni dietro.

In serata, dopo un meritato riposo, andiamo a vedere i “tori” e le “tore” che corrono l’Eliteserien al parco di Orebro. Ci piazziamo in prossimità dell’ultimo punto che sta in fondo ad un ponticello realizzato appositamente sul fiume (una trentina di metri di passerella) e dietro ad una aiuola di fiori circolare. I concorrenti potrebbero passare in senso orario o antiorario senza perdere un solo secondo gli uni dagli altri, ma sono singolari le scenette di quelli che arrivano in coppia e si “guatano” l’un l’altro per capire chi dei due deve prendere l’iniziativa sul “verso” di percorrenza (ripeto... 10 metri... intanto i secondi passano). Curiose anche le scene all’arrivo con i concorrenti che pensano che ci sia il fotofinish e quindi passano via senza punzonare il “Mal”, e da Paperissima la scena del vincitore Fabian Hertner che arriva davanti all’aiuola e si ferma (anche lui!), poi riparte ma sgomma sull’erba umida e vola in terra... si rialza ma perde la cartina e torna indietro a riprenderla.
Poi vince lo stesso, ma se fosse stato un mondiale e avesse perso per un secondo... non oso pensare!

Un po’ di spazio anche per il Trail-O.
Stamattina gita a Lillam (5 km da Orebro) per provare la terza tappa dell’Oringen Elite, in un bosco da pura favola dove i locali possono arrivare in bicicletta se non facendo jogging. Da noi andrebbe bene per un Campionato Italiano Middle!!! Gara non facile, a tratti veramente impervia: Rusky realizza un e-plein che la dice lunga sulle possibilità del giovanotto di fare bene anche a livello internazionale; i metto assieme 4 errori ma mi prendo il lusso di azzeccare in belo stile i due punti a tempo (trattandosi di gara dimostrativa, il tizio al punto a tempo impiegava più tempo a spiegare le regole ai beginners... e non gli deve essere parso vero che un italiano arrivasse lì bello bello a spiattellare una “E” ed una “B” corretta in un tempo anche abbastanza limitato). Un po’ di soddisfazione anche per me, insomma, ma i nazionali hanno un altro passo e si vede!

Tuesday, July 27, 2010

Penso che sia il caso di intendersi. Innanzitutto con me stesso. Non ero probabilmente diventato un facocero dell’orienteering ieri dopo la long e non sono diventato Daniel Hubmann dopo la gara di oggi (anche perchè oggi Hubmann ha pascolato di brutto! E’ arrivato al traguardo ridendo... al quarantesimo posto, tutto il contrario di Novikov che è arrivato inca..ato di brutto e ha vinto...).

Però almeno la gara di oggi è servita a farmi capire che qualche cosa di buono, ovvero staccare la mia “ombra” (chi mi conosce sa cosa intendo), riesco ancora a farla. Poiché la gara di oggi era una middle distance, e sarà l’unica di tutta l’Oringen, posso dire che almeno le middle riesco ancora a correrle. Domani sarà una nuova long, e vedremo cosa succederà.

Il punto di svolta sta tutto in una chiacchierata con Attilio prima di mezzanotte, ieri sera. Abbiamo rivisto la nostra gara e per tutte le tratte mi sono accorto di una cosa: lui ha visto, ed ha usato, particolari che io manco ho visto, notato o pensato di utilizzare. In particolare alcuni oggetti particolari (piattaforme) che gli erano serviti per localizzarsi al meglio in zona punto. Nella long io mi ero limitato ad una tattica sola “vado là e cerco di capire dove sono” basandomi sulle rocce; Attilio le rocce le ha proprio lasciate perdere o quasi, ed i risultati si sono visti.

In ogni caso, alla partenza della gara middle l’unico motivo di conforto era che Rusky mi partiva 12 minuti dietro. Alla mala parata, sarei tornato in partenza ad aspettarlo...
Partenza, e primo problema: le due tracce di sentiero che dovrebbero portarmi in zona primo punto (circa 200 metri di rotta, mica una traversata oceanica) non le vedo nemmeno. Avanzo tra dossetti e paludine cercando di stare in bussola e... “quando sarò in zona, capirò”. Infatti non capisco proprio nulla: so di essere in zona punto, ma la lanterna potrebbe essere dietro a qualunque dei mille cespugli boschetti dossi di questo “frattale” di mappa.

Poi, una apparizione! La Madonna? No, una piattaforma. Immediatamente le parole di Attilio... cerco la “T” sulla mappa, la trovo e capisco di essere a 20 metri dal punto, che è “là” dove indico io con la mano. Vado, e trovo il punto. Dire che da lì è stata una passeggiata sarebbe troppo... il bosco è terribile anche se le paludi ci sono e sono molto nette, e anche se talvolta di inghiottono fino a sopra il ginocchio sono facilmente localizzabili. I verdi sono molto netti anche loro ma li si buca alla grande e le rocce diventano un bersaglio “secondario” di cui non tenere molto conto perchè non sono tutte cartografate. Ma soprattutto, termino subito di dirmi “vado à e capirò...”, perchè io devo capire dove sono qua, ora e subito. E non mi muovo se non ho una idea chiara della situazione! Ed ecco che le lanterne ricominciano ad apparire sulla carta, e quando alla sesta lanterna un “big” mi chiede dove siamo (ed è il secondo in poche decine di metri), il mio saldo è Stegal 2 – Svezia 0 ed io capisco in un lampo che questa volta arriverò al traguardo da solo e con le mie sole abilità.

Rusky non è un problema. Penso che sia già avanti a me, o che mi stia superando nell’unica tratta lunga ad aggirare un lago... e invece succede che mentre esco dal punto 8 dopo la tratta lunga lo vedo arrivare di gran carriera. Ecco: Rusky è uno di quelli che si capisce da come corre e dalla faccia che ha se si sta divertendo e se è bello convinto della gara! E la faccia è da “giornata giusta”. Mancano 6 punti. Lo tengo ancora dietro sulla 9 ma mi raggiunge sulla 10. Alla 11 Marco parte come un missile nel bosco ed io faccio la mia scelta, ed in uscita dal punto siamo ancora insieme. Ma in una parte molto fitta del bosco l’umidità (piove ancora, anche se meno di ieri) mi appanna completamente gli occhiali e devo rallentare; perdo contatto da Rusky ed attacco il punto 12 in solitudine, sbagliando e ricollocandomi in una ennesima zona iper-dettagliata. Poi penultimo punto: entro in un altro quadratino di carta molto dettagliato e comincio a trovare tutti i codici delle lanterne vicino alla mia... sento che sto perdendo tempo prezioso buttando al vento una gara discreta e... davanti a me una apparizione! La Madonna? No, un’altra piattaforma. Rapida identificazione... il punto è là, dove indico con il dito puntato. Poi è tutta una volata verso l’arena, e le gambe girano ancora abbastanza bene per farmi fare parecchi sorpassi (non solo ai chiardi ed alle chiarde supermaster) anche sul rettilineo di arrivo.

Dopo il traguardo cerco Marco ma non lo trovo. Purtroppo per lui il punto 13 si è rivelato parecchio ostico (errore parallelo) e la nostra condotta di gara dimostra quello che Remo Madella aveva già dimostrato: che nel bosco ci si può superare vicendevolmente più volte senza nemmeno accorgersene!

In buona sostanza, cosa ho imparato dalla gara di oggi? Direi senz’altro che devo avere più fiducia e devo capire cosa guardare in carta (e nel bosco) e cosa no. Soprattutto ho imparato ad essere contento del mio 198° posto (curiosamente, lo stesso di Rusky ieri) perchè i circa 20 concorrenti che ho lasciato alle spalle non sono lì a fare flanella: ci stiamo tutti quanti battendo ai limiti delle nostre possibilità, e non importa se non corriamo veloci come i vincitori; uno in particolare, l’amico Cristian Olivestam del Vimmerby OK, finisce dietro di me di qualche minuto e pur nell’amicizia è una bella sensazione... per una volta sono arrivato davanti io (in Tirolo l’aggancio mi era sfuggito per 40 secondi).

Domani, ginocchia (e anche tempo) permettendo, avrò la possibilità di rimettermi alla prova con una long: non intendo “vincerla”... mi accontenterei anche di un pareggio. Se non altro la carta su cui correremo sembra più umana di quella di ieri, nella quale penso che mi perderei anche al decimo tentativo! A proposito della carta di oggi: sul libretto dell’Oringen è presentata da tale Erik Rost (campione del mondo di sci-O che sta facendo vedere i sorci verdi a tutti anche nella C.O.); la foto che hanno scelto per immortalare Rost è un suo arrivo alla Jukola o Tiomila, nella quale è ricoperto di sangue in malo modo su tutta la faccia! E’ un po’ come se per propagandare il calcio facessero vedere uno a terra con tibia e perone esposti dopo che Pasquale Bruno è passato casualmente dalle sue parti... eppure qui sembra una cosa normale: sarà per questo che gli Elite e le Elite arrivano al traguardo conciati in viso, braccia, gambe e corpo come se avessero combattuto da soli le guerre puniche? Ci sono certe tute (quella di Sindre Saether per tutte) che non torneranno mai più bianche nemmeno se le buttano in un secchio di vernice. Invece, per gli amanti di Elin Skantze, la povera “pitona” è arrivata al traguardo praticamente in bikini... con il davanti della tuta OK Jarla completamente sfrangiato. In pratica la cosa che la copriva di più era il cardiofrequenzimetro! Penso che la sua foto, se esiste, potrebbe fare più proseliti della faccia di Rost...

Sunday, July 25, 2010

Oggi sarebbe la giornta giusta per affrontare qualche argomento leggero... chessò?
“Come sono previdenti questi del Lidl che tengono aperto anche la domenica pomeriggio”.
Oppure: “La torrida estate svedese: 12 gradi a mezzogiorno”. O ancora: “Mmmhhh... che buoni i biscotti all’arancia e cioccolato”.
Tutto servirebbe per svicolare l’argomento clou di questa bella domenica di tre quarti di luglio: io NON sono un orientista. Cioè... si, forse potrei definirmi un orientista se fossi sulla carta di Lissone, dove riuscirei a dire “svolto a destra, e poi la seconda a sinistra” senza dimenticarmi tra la prima e a seconda a sinistra che cosa dovevo fare, se era la seconda o la terza...
Ma trasportato improvvisamente qua, a Orebro, quello che mi sono trovato a fare è qualcosa del tipo: “Buongiorno signora, sono un povero turista italiano... mi piacerebbe tanto visitare i vostri celebri boschi. Avrebbe mica una cartina per aiutarmi?”. Questo è quel che ho fatto.

Se potessi cancellare qualcosa dalla prima tappa dell’Oringen 2010... ecco, forse cancellerei proprio la mia tappa. Una strambata dietro l’altra!!! Certo, la temperatura non ha aiutato... 10 gradi alla partenza ed un percepito vicino allo zero a causa del vento gelido, che appena si placava faceva arrivare la pioggia a scrosci! Un terreno che, come dire... diciamo che in Italia di terreni così non ce ne sono, avrei dovuto ascoltare la regina Simone Luder I che diceva al popolo orientistico che questa è forse la carta più tecnica di tutta la Svezia.
Ed io che ho pensato: “Che ci vuole? Parto, faccio tutto il semiaperto, salgo sulla cima della collina... sassi... ed ecco il cocuzzolo sullo sfondo”.
Che ci vuole? 15’55 secondi. Ecco cosa ci vuole.

Il fatto è che:
1) qui bisogna continuare a ripetersi che i sassi non sono tutti cartografati, che alcuni sono segnati come colline, altri come cocuzzoli, altri... non li segnano proprio sennò certe zone e come se dessero alla carta una rullata di nero!
2) nella maggior parte del territorio cartografato non c’è una area 30x30 cm tutta allo stesso livello. Tu metti il piede per terra e speri che sotto la zolla tenga...
3) il caldo torrido che ha fatto in Svezia fino a settimana scorsa ha prosciugato le paludi! Così non mi posso nemmeno appoggiare alle aree bagnate...
4) la mia testa non si sa bene dove sia. Dopo i 16 minuti alla 1, ne seguono 26 (ventisei) alla 2 nella quale perlustro praticamente tutto il bosco finendo invariabilmente lungo, storto, lungo e storto, stortissimo, fuorisquadra e via dicendo tutte le possibili nefandezze. Becco ancora una volta Josefine Engstroem che mi chiede dove siamo, ma questa volta non so proprio cosa dirle perchè non ne ho la più pallida idea!
5) la long è sempre la long... si finisce col tirare una bella tratta (vedasi la 6) e poi sprecare almeno 5 o 6 minuti in zona punto. Questo avviene perchè (cfr. punto successivo)
6) non ho nemmeno capito come cartografano le colline che sono segnate tutte nel bianco anche se sopra non c’è uno straccio di chioma di albero! Ma paese che vai usanza che trovi...

Finisce così che per rimettermi un po’ in sesto devo fare delle scelte assurde che ... “sei venuto in Svezia per correre sulla strada?”. Si. Dalla 2 alla 3, lanterna alla quale arriverò dopo 62 minuti di gara (tempo del vincitore 44 minuti... vincitore: chiunque tu sia, mavaffanculo!!!), decido di venire proprio fuori dal bosco, di affrontare un lungo attraversamento di verde 2 da par mio e di arrivare alla strada per aggirare il punto. Sento che sulla strada ci sono un po’ di scarpette chiodate che corrono e penso “Cool! Non sono l’unico ad aver fatto questa scelta...”. Errore marchiano! Sono i giovanotti e gli Elite che vanno alla loro partenza che è proprio lungo quella strada asfaltata! (ma come?!? Io mi smazzo 2,8 km di fango per arrivare in partenza e loro arrivano lungo la strada asfaltata?!?). Penso sinceramente di essere stato l’UNICO di tutti gli O-Ringen-isti ad aver fatto quella scelta, perchè le facce dei giudici di partenza e degli addetti al punto “croce rossa” è tutta un programma (anche quella dei tizi che mi vedono passare masarato e con la carta in mano).

Insomma tutto questo per concludere. Sono stato nel bosco 2 ore e 18 minuti. Mi sono lavato come un pulcino, rimpiango di aver lasciato a casa i pantaloni imbottiti, i mutandoni di lana, qualche altro chilo di maglie di lana, di non aver comprato un’altra tuta termica... se va avanti così, rimpiangerò persino la cappa e l’afa bestiale di Milano. Non c’è una via di mezzo per gli impiegati-panzottelli-non-orientisti???

Però io faccio la H40... non la 40Kort, non la 40Motion. E questa è l’Oringen, signore e signori! ORINGEN !!! Un posto fatato nel quale, purtroppo, bisogna guadagnarsi il paradiso lottando metro dopo metro. E poco importa se i miei metri sono stati più del doppio di quelli del vincitore (chiunque tu sia: vedi sopra!); evidentemente oggi era destino che non avrei trovato trippa per i miei gatti (mi sarebbe bastato un tempo sotto le due ore) e avrei trovato invece durissimo pane per i miei denti.
Domani ci riprovo. Sarà un’altra avventura. Ma questa volta “vado dentro” nel bosco come impiegato-panzottello: per scrivere “orientista” ci sarà tempo, forse...

E SOPRATTUTTO: se qualcuno, guardando la carta, penserà "che ci voleva? bastava andare lì, poi i sassi, la collina, girare a destra ed ecco il punto...", ecco. Che lo pensi e basta. O che venga qui a provare... Io mi metto alle sue spalle, zitto e non disturbo. E voglio vedere che succede :-)

Monday, July 05, 2010



(credit for the photos: Davide Volpi)

Tornare nella torrida Milano dal fresco della Gschnitztal non è proprio come passare dal Paradiso all’Inferno ma poco ci manca! Probabilmente le porte dell’Ade che si aprono in corrispondenza del casello di Agrate Brianza, con la scritta “Lasciate ogni frescura voi ch’entrate” rappresentano la pena del contrappasso per chi, durante la 6 giorni del Tirolo, non ha fatto altro che mangiare wurstel e wienerschnietzel e bere birra a fiumi (con qualche passaggio a “succo di lampone” detto anche lagrein...); tutto poi viene sudato e patito nei chilometri su chilometri macinati per andare in partenza!
O è la penitenza per tutte le volte che ho pensato “Questa è la multi-days più dura che io abbia mai fatto... e chi me lo ha fatto fare?”.
Oppure per tutte le volte che ho riflettuto che si vabbé Minna Kauppi è una amica... però Josefine Engstroem o Liis Johansson non sono mica da meno! (una persona piazzate moooolto in alto a livello organizzativo condivide in pieno il mio parere...).

Stavolta ho pensato che devo trovare una definizione per le tappe dalla seconda alla sesta, una specie di titolo breve per ciascuna delle sei stazioni da Via Crucis sulle quali ho zoppicato, imprecato, maledetto ed anche beatificato la mia caviglia chepur mi ha consentito persino qualche sprint decente (se non altro perchè “la soglia di sopportazione del dolore sta a livello del caterpillar...”)

Seconda tappa = “Middle coi fiocchi”.
Una middle (e sottolineo middle) by Rudi Mair nella zona più sassosa e più tecnica attorno al Lago di Carezza: una vecchia frana del pleistocene o giù di lì cui è cresciuta attorno un rognosissimo verde due, nel quale “Rudi no limits” ci scaraventa addosso un cambio di direzione dietro l’altro come ben si confà alle gare middle, una sequenza di lanterne in mezzo alle buche ed ai dossi naturali formati dal terreno roccioso sottostante... ed è un miracolo se la mia caviglia tiene ancora dopo centodue minuti di gara (middle...).
A proposito di caviglie... non ho mai visto così tante caviglie fasciate, gessi, stampelle come a questa 6 giorni! Mi sa che il reparto ortopedia di Bolzano e quello di Innsbruck hanno fatto gli straordinari (in merito a quello austriaco, gli straordinari in un caso almeno se li sono andati a cercare senza motivo... ‘sti austriaci). Ma la palma del coraggio e della tenacia va di diritto, d’ora in avanti, ad una W60 o W65 che ha affrontato il percorso con due bastoni a mo’ di stampelle e che sul muro finale (un muro di almeno 40 metri di dislivello a picco per ritornare in zona arrivo) si mette carponi e rifiutando l’aiuto di chicchessia scala quello che finisce per essere un autentico Everest.
Nella seconda tappa comincia a delinearsi il mio duello con Davide “The Fox”, che sarà anche a corto di gare ma continua a tallonarmi da vicino dopo la prima tappa nella quale ci ha diviso solo una manciata di secondi. Questa volta, su un terreno più tecnico, metto a frutto tutti i cinque sensi: che non sono dire fare baciare... ma tatto per capire se la cosa cui mi appoggio è una roccia o un cocuzzolo, olfatto perchè anche gli orientisti hanno da puzzà e quindi qualcuno lo si segue senza nemmeno vederlo, ecc.ecc. Il gusto lo tengo per il dopo gara nel quale mi sgargarozzo (io che non mangio e bevo mai per almeno 3 ore dopo la gara): 3 panini, un supersalsiccione, due magnum di birra ed il suddetto succo di lampone trattato con l'uva della piana rotaliana...

Finita la seconda tappa, nemmeno il tempo di rifiatare con la caviglia ed è già il momento di temere per la terza tappa. Il titolo è “Uno spot per l’orienteering”. Dimenticatevi il gruppetto di lupi maschili all’inseguimento di Elisa Granetto, dimenticatevi Emiliano ed Elisa che corrono su per la Predaia o il “tajon tattico” di Gianluca Salvioni su pista.
Lo spot per l’orienteering è il bosco di Nova Ponente e la long di Dario Beltramba: portare uno qualunque dei 6 miliardi di sciocchi che popolano il pianeta a correre a Nova P. il martedì della terza tappa, in quel bosco e con quel tempo, e quell’uno qualunque tornerà sicuramente alla prossima gara! Nella quale dirà... “Ma che fine ha fatto il muschio, il sole, le dolci pendenze, i punti nei posti più pittoreschi del bosco?”.
Tutto questo è made by Dario Beltramba, in una long nella quale parto tardi e quindi mi godo dal bosco la “caccia” degli Elite e delle Elite che mi incrociano, e di cui ricorderò la sceltona long che consente a noi impiegat-pasticcion-panzottelli di scegliere tra un larghissimo giro in costa ripassando in zona arrivo, con annessa scena “Mi dici dov’è l’ultima lanterna?” “Echenesoio... non sono manco a metà gara!” o la discesa ardita e risalita a fare i 300 metri di dislivello previsti dal programma.
Chiudo in bello sprint, ma con un’altra caviglia segata, in 106 minuti e aspetto di capire come va il duello Polzer-Laakso che ho finito per condizionare “Where is the 81?” “There a little marsh at my back...” con Nina che molla il treno e va a punzonare ed Ursula che fa come i francesi nella canzone di Paolo Conte... e mentre aspetto arriva Davide “The Fox”: o ha fatto un garone o è a metà gara. Giusta la prima! Becco 20 minuti dico 20 dal mio super compagno di squadra che alla vera metà gara era giusto a due minuti da Rusky, ed è già tempo di riflettere sul da farsi con le mie due caviglie martoriate.

Quarta tappa. Si va in Austria. “Inferno e paludi”.
Caro Sig, Roman Slobononmiricordopiù... Va bene... tu sei sicuramente un grande cartografo ed un grande orientista. Ma porca pupazza! Il verde 3 (fattoriale) non si usa più??? Il verdino a righine tenui sul bianco NON E’ l’inferno che abbiamo attraversato nella tratta 4-5...
Definizione di inferno. Dicesi inferno quel posto nel quale ci sono a terra circa 1 metro o più (o anche meno) di alberi secchi tagliati fini... un delirio di fatica, imprecazioni, incredulità diffusa in una tratta da fare in costa nella quale l’unico pensiero era “Finirà prima o poi ‘sto inferno..:”. Il povero Peter Braun a 3 metri da me fa un volo nella rumenta che solo lui sa come ha fatto a venirne fuori (non grazie a me, che avevo già i miei problemi e che per fare quei 3 metri ci avrei messo 3 minuti).
Chi c’era può capire. Chi non c’era vada a farsi un giro sulla carta di HochSerles e poi ne riparliamo... Il bello è che all’uscita da quel delirio le menti sono così ottenebrate che si finisce per sbagliare anche il punto più facile! Ma non è orienteering, bensì una roba da sadomasochisti.
Paludi.
La seconda parte di gara prevede di mettere i piedi in tanto di quel fango da ricordare la ritirata di Russia... nulla da dire di tutto ciò, se non fosse che tra l’attacco della 8 e la 11, con una 9-10 da fare in costa, scendiamo a picco di 51 (cinquantuno.... fiftyone...) curve di livello e nelle successive due ne riguadagniamo di botto 26.
Il mio momento di massima gloria arriva sulla 13 dove quasi svengo per la fatica ed il male al piede ma devo fare il maschione italico in quanto si avvicina di gran carriera miss Katja Peltola (ora sposata al mio amico Asgeir). E quando dico miss, intendo Miss... peccato solo che sparisca come un lampo nel bosco!
Comunque, caro Sig. Roman, all’arrivo della quarta tappa il sondaggio messo in piedi da una certa concorrente del GOK-team “Rudi Mair: impiccagione o sedia elettrica” ti vede in ampio vantaggio... Rudi ci appare ora come un simpatico burlone persino troppo blando!!!
In serata, Radio Austria segnala una alluvione di fango abbattutasi su Steinach im Tirol... le cause vanno ricercate nei tre orientisti rispondenti ai nomi di Rusky, Stegal e The Fox che sono andati a sciacquare i panni lerci nelle acque cristalline del torrente prospiciente la loro cuccia! (purtroppo o per fortuna non sono disponibili foto dell'evento...).

Quinta tappa.
La quinta tappa non ha titolo. Quello che ricordo della quinta tappa è il cambio di abito della signorina Liis dopo la gara. Che potrebbe anche farmi dimenticare una bella middle a Bellamonte! Ma non è questo il punto... Una middle non dovrebbe avere qualche cambio di direzione? Qualcosa di tecnico? Primo punto facilotto in costa dopo un sentiero. Secondo terzo e quarto punto a scendere per la linea di massima pendenza e c’è sempre un bel punto d’attacco nemmeno tanto puntiforme (un fiume, una paludona, una specie di pista da sci). Poi 5, 6, 7, 8, ecc.ecc. in costa pura... e quando vedo il settimo punto da 150 metri di distanza, capisco che insomma stavolta posso anche chiudere attorno all’ora ma non per merito mio.
La gara prevede anche 155 metri di dislivello teorico. Tutti negli ultimi 3 punti. Mi pare di averli contati, ma sono proprio quei 155 metri. Mah?!? E sarebbe anche campionato austriaco...



Così succede che alla fine del monte Calvario i miei sensi registrano nell'ordine:
- l'incitamento dei miei compagni del GOK che mi indirizzano gli stessi frizzi e lazzi che io avevo rivolto loro un paio di ore prima "dai che è solo un falsopiano!" e così via...
- l'incitamento di Nostra Principessa Bionda dei Boschi del Primiero (la definizione non è mia ma di un fan che mi insulta ogni volta che non parlo così bene di Nicole...)
- la stazione nella quale infilare la sicard
- un caccone di mucca proprio mezzo metro dopo la suddetta stazione
... e penso ...
- non devo morire adesso
- ricordati di punzonare il finish
- quando ti lasci cadere un centimetro dopo il finish, vedi di schivare il caccone!!!

Missioni compiute.

Meglio aspettare dunque il dopo-gara, nel quale una mucca fa capolino a 3 metri da noi per grattarsi sui punzoni del percorso alla corda, nel quale Wolfgang Poetsch commenta a ruota libera i gol della Germania e nel quale la signorina Liis... ma questo non posso proprio raccontarlo.
Potrei invece raccontare quanto bello è correre sotto il Serles con un tempo del genere, ma la 6 giorni del Tirolo è stata proprio baciata dal bel tempo e se la riproporranno tra qualche anno temo che bisognerà affrettarsi ad iscriversi perchè il tetto massimo arriverà presto.




E siamo arrivati alla sesta tappa.
Ultima fatica. Le gambe quasi non rispondono. I piedi si ribellano e ci sono dolori in ogni parte del corpo compresi certi punti che manco pensavo di avere. Tra me e Davide, 19 secondi. Nella quinta tappa infatti Davide salta un punto e perde tutto il suo vantaggio (mi avrebbe palato ancora di qualche minuto...). Bisogna quindi darsi da fare.
Sesta tappa. “Thomas Widmann uber alles!”.
Non so se si dice e se si può dire. Si corre all’Obernbergsee e la preoccupazione di molti, dopo 40 minuti di “agile sgambata” per arrivare in partenza, è di non riuscire nemmeno a vederlo questo benedetto e bellissimo laghetto alpino...
Primo punto. Giù in picchiata fino al lago! Con passaggio sui due ponticelli di legno che collegano le due anse nei punti di minima larghezza. Gli occhi si beano di tanto spettacolo della natura (Liis è un’altra cosa...) e chissenefrega se le gambe rognano! Il radar funziona a dovere ed i primi 9 punti nel labirinto di rocce e movimenti del terreno ad est del lago... sono praticamente la middle del giorno prima!!! In un altro posto, ma QUELLA è una middle coi fiocchi. Nella quale riesco incredibilmente a portare IO (impiegat-panzottell-pasticcione) sui punti qualcuno di quelli forti (come Asgeir...). Plauso a Thomas Widmann, ma poi è giunto il momento di soffrire, perchè dal decimo punto in poi si cominciano ad usare le pendenze della valletta formata dal lago: su da una parte per la linea di massima pendenza (la faccia paonazza di Sarah Jane Gaffney all’attacco della mia 12 è tutta un programma...), poi giù di nuovo abbomba sul lago e poi su dall’altra parte per un 500-600 metri su una costa durissima ed incredibile
Le due tratte le copio dal sito di Klaus “Sciaccaluga” che ha meritatamente vinto la 6 giorni
http://www.klausschgaguler.net/doma/show_map.php?user=sgaga&map=27
sarebbero la 20-26 e la 26-27...
Quando ormai anche il caterpillar ha raggiunto il limite massimo di sopportazione, è discesa! La 6 giorni volge al termine ed il passaggio nel torrentello di acqua cristallina e gelida è un toccasana per le articolazioni distrutte. 124 minuti il mio tempo, e ne vado fiero. Peccato per Davide, che proprio in occasione dell’ultima tappa crolla per disidratazione (i ristori in gara sono stati sacchieggtai molto presto fino all’ultima goccia...), ma lo considero vincitore morale della sfida, o almeno a pari merito con me.


Dopo i ringraziamenti di rito per l’organizzazione, che mi ha persino consentito di speakerare gli ultimi arrivi della 6 giorni provocando peraltro il panico di Nick Barrable che stava in cabina di regia e non capiva più di chi era la voce che berciava al microfono in italian-english... ora è tempo di riflettere. Vale la pena continuare a fare le multi-days in categoria, patendo l’impatibile e sudando 7elevatoallasesta camicie per un posto negli ultimi 5? O è meglio stare in una categoria più blanda, una MAshort o una MB, salvaguardando le caviglie e tenendo qualche energia per il dopo-gara?

Facciamo così. Ci penso all’Oringen. Durante la mia M40... per gli Highlands Open, infatti, c’è ancora tempo.