Stegal67 Blog

Monday, August 30, 2010

Highlands Open 2010 – 1st part

Comincio a mettere sul mio diario il racconto delle prime tre gare: sudate, sofferte, patite, combattute, datemi un altro sinonimo che sono rimasto a secco...!
JTT a Serrada di Folgaria, come ideale prologo degli Highlands Open. Poi prima tappa middle (o midlong) degli HOP al Laghetto Spillek di Roana, e per il momento si chiude con la seconda tappa long degli HOP nel bel bosco di Cesuna.

Ritornare a Serrada di Folgaria per l’ottava edizione del JTT è stato come ritornare, a poche settimane di distanza, sul luogo di uno dei confronti più duri e più epici degli ultimi tempi: la terza edizione della O-Marathon degli Altipiani. Non saprei bene come definirli, qui mi mancano davvero le parole, ma gli sguardi di tutti coloro che erano presenti sotto il sole al campo sportivo di Serrada appartenevano a due schieramenti ben diversi: gli occhi di “quelli che l’avevano fatta”, e che sapevano benissimo cosa avevano passato per due, tre, quattro o cinque ore sui boschi dell’Altopiano. E gli occhi di “quelli che non l’avevano fatta”, meno attenti ai dettagli del tipo “qui c’era lo striscione d’arrivo, lì mi sono lasciato cadere”, meno orgogliosi forse, meno partecipi di una avventura che tale rimarrà nei cuori di chi era al via quel giorno a Passo Coe.

E’ stata una bella edizione del JTT. Mi è piaciuto il tracciato di Carlo Cristellon. In M35 al via ci sono io, un ceco che sono andato a cercare su Google e che viaggiava per il mondo con Jorgen Martensson, e sette tizi che sono stati tutti quanti almeno una volta sul podio di un campionato italiano (tutti tranne uno, forse, ma il 12 settembre si colma anche quel vuoto...). Inutile dire che punto all’ultimo posto: faccio la gara solo con me stesso e contro me stesso, e quindi posso prendermela abbastanza comoda sulla ripida costa iniziale (4 punti) che mi porta al bel boschetto dettagliatissimo già attraversato nella O-Marathon. Il buon cuore di Carlo fa sì che solo un punto sia gettato nel mezzo dell’inferno verde di muretti sul quale ho così patito qualche settimana or sono, ed è una gioia scoprire che il cervello reagisce ai passaggi tra le rocce a metà gara dove per l’appunto ero già passato durante il mio mezzo calvario di metà giugno.

Primo passaggio dall’arrivo e loop finale sulla montagnozza di fronte, un bosco molto “bianco” sul quale leggere esclusivamente le curve di livello: vado un po’ in crisi dopo aver scollinato un bel mucchio delle suddette curve e mi ritrovo fermo a cercare di scoprire dove sono; a breve distanza da me anche Andrea “The Cip” e Lorenzo “Fritz” sembrano abbastanza perplessi, mentre due curve più sotto quel pazzo di Michele Ausermuller (uno che se solo avesse voluto sarebbe diventato uno dei più forti orientisti italiani di sempre) batte palmo a palmo le curve di livello incurante del dislivello, come da sempre gli ho visto fare ogni volta che lo incrocio in gara. Alla fine un piccolo consulto ed ognuno va per la sua direzione, che vuol dire per me fare un passo in più verso l’arrivo dove arrivo... buon ultimo? Non esattamente, ma in queste gare le PM non contano come “scalpi” quindi... si, sono arrivato ultimo. E con ciò? Mi sono divertito!

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Trasferimento ad Asiago e lunedì mattina siamo pronti per la prima tappa al Laghetto Spillek; una carta che mi piace molto nonostante i puristi dell’Er-Team la definiscano talvolta in termini un po’ diversi.
Il GOK, sottogruppo quasi anarchico facente parte dell’Unione Lombarda, è schierato agli HOP senza nemmeno un convocato come ben si confà a noi che appaiamo quasi invisibili sulle classifiche finali agli occhi dei selezionatori: la punta è Rusky in M40 (uno che ormai intrattiene rapporti epistolari con Thierry Gueorgiou), poi Bibi in W35, Adele in W40, PLab e Atty in MAK; “il Bellini” è anche lui in M40, scendendo così di un paio di categorie almeno rispetto al suo anno di nascita. Il selezionatore-GOK, il “tatticone” che ha conquistato un titolo a staffetta M35 a Passo Rdici coi suoi maghetti, il Russell Coutts della nave, l’ammiraglio Nelson di Trafalgar, il generale Rommel di El Alamein... insomma quel cialtrone di Stegal è piazzato anche lui in M40.

Il colpo da maestro è stato l’acquisizione per il solo Trofeo delle Regioni di Marco Colombo per una staffetta mista Rusky-Dove (il secondo va letto in inglese) che potrebbe fare sfracelli: i due infatti sono una specie di Tom e Jerry della categoria master, amici e avversari da sempre, ed il tatticone sa che nessuno dei due vorrà fare con l’altro la figura dello scarso... potrebbero anche vincere! E Stegal ha comprato apposta la bandiera da far sventolare sul podio!

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La prima tappa allo Spillek va via abbastanza liscia. Fa caldo, io parto attorno alle 13; armato di borraccia, non ho altre ambizioni se non quella di fare una gara tranquilla: la classifica è per gli altri. Parto 4 minuti dietro al Bellini e al primo punto siamo insieme; nel frattempo mi ha preso Michele Candotti che parte due minuti dietro a me, ma dopo la 2 lo vedo che ritorna indietro di gran carriera ed alla 10 saremo ancora insieme a cercare un avvallamento. Dove siano Michele e Bellini tra questi pochi momenti catturati durante la gara non è dato sapere... senz’altro non sono coinvolti nei numerosi forum di discussione multilingua che si sviluppano tra le roccette della carta, protagonisti tanti orientisti forse poco avvezzi ad una carta così dettagliata.

Finita la prima costa, “traversone” del paese sotto la caldazza micidiale per andare ad affrontare “la Norvegia dell’Altopiano”, un tratto di carta impestatissimo sul quale è praticamente impossibile non lasciarci le penne... 5 punti ho in quella zona di carta: preciso sui primi 3, da “rutto libero” sugli ultimi due nei quali perdo minuti a valanga. Sul rettilineo finale ho dietro “il Bellini” che ha messo insieme un “traversone” da urlo ed applausi ed una sequenze di lanterne norvegesi molto precise. Le buone notizie arrivano dalle classifiche: Bibi terza in W35, Adele terza in W40 e prima delle italiane, Rusky quarto in M40 nella gara vinta da Lorenzo Frizzera; qui si consuma purtroppo il piccolo dramma dell’amico Oscar, convocato per il CRL in M45 (convocazione meritata perchè l’impegno costante ed anche la vittoria in Coppa Italia a Sassofortino sono lì a dimostrare che Oscar è assai meno invisibile di tanti altri) che sta correndo in condizioni fisiche veramente difficili e che arriva dietro a me e Bellini, ma la classifica in questo caso nulla conta. Applausi per Oscar.

***

Per la seconda tappa a Cesuna si aspetta un cambiamento di tempo: minaccia temporale e comunque un calo delle temperature. Maledetto Bernacca! Mai una volta che ci azzeccasse... la giornata si rivela calda oltre misura e soprattutto umida oltre il sopportabile (da me). Intanto si comincia anche a consumare il balletto delle staffette che ho iscritto agli HOP: c’è chi (non facente parte del GOK) viene segnalato come “convocato dell’ultimo secondo” o come rimpiazzo per una assenza in extremis; i componenti delle staffette cominciano a muoversi da una all’altra per cercare di quadrare il cerchio tenendo presente che lo speaker potrebbe anche correre da solo per farsi unicamente una sgambata nel bosco... In ogni caso la gestione del casus-belli-staffetta non è stata proprio limpidissima, ma non ho voglia di cominciare qui ed ora a contestare criteri di selezione o gestione del gruppo.

Solo per la cronaca, dopo comincerà il racconto della mia seconda tappa, Bibi continua a macinare terzi posti in W35 ed Adele altrettanti terzi posti in W40.

In ogni caso, dopo aver dissipato la maggior parte delle mie energie mentali già nel pre-gara, mi reco parecchio immusonito ed ingrugnato alla partenza. Cedo a Rusky, che parte una dozzina di minuti prima di me, la mia borraccia perchè io già non sono certo di riuscire a finire la gara, e senz’altro potrà dare più aiuto a lui che non a me.
I primi metri dopo il via, infatti, mi vedono incedere in salita come se l’umidità circostante fosse una specie di melassa vischiosa che mi toglie tutte le energie. Trovo il primo punto guidato solo dai colpi di tosse di Oscar (partito 2 minuti prima di me) che continua a gareggiare in condizioni nelle quali altri starebbero a riposo, Oscar che farà un gran garone anche oggi e che si merita la prima razione di applausi di tappa (altri seguiranno a breve).
Sul secondo punto trovo un gran numero di concorrenti di varie categorie che stanno cercando un punto veramente infrattato tra le rocce. Sono sorpreso di vedere anche Rusky, sul quale l’umidità del bosco sta facendo un effetto peggiore che a me e che probabilmente è quasi sulla via del ritiro. E’ lui ad indicarmi il punto, e da lì decidiamo di proseguire la gara in parallelo; il mio ritmo non è tale da mandarlo “fuori soglia”, anzi sono io che devo rallentare ulteriormente il passo almeno fino alla sesta lanterna perchè non riesco quasi a respirare da tanto che sto soffrendo le condizioni climatiche.

Dal settimo punto rientro più o meno in bolla, anche perchè sono finite le zone di salita sui pratoni ed il tracciato si sviluppa perlopiù nel bosco, un bosco più aperto e più fresco di quello lasciato alle spalle. Rusky ed io cominciamo a dividerci sempre più spesso nelle scelte per andare al punto ma bene o male proseguiamo in parallelo, anche perchè lui non deve forzare ed io sento qualche energia in più nelle gambe, ma soprattutto perchè il ritorno verso l’arrivo passa da una serie di zone di bosco nel quale mi sono già cimentato altre volte in passato, conoscendone quindi le difficoltà (lanterna 14, non scendere troppo!) ed i modi per affrontare i punti. Concludo qualche secondo sotto i 90 minuti, ma il mio tempo reale avrebbe potuto essere tranquillamente sopra le due ore... In realtà vedo che tutti quanti hanno fatto una bella gara a cominciare da Fritz, da Candotti, da Andrea Segatta e dallo stesso Oscar. La mia posizione in classifica non è dissimile da quella della prima tappa.

Ma gli applausi personali vanno a due concorrenti della M40 che voglio qui citare. Il primo è Stefano Bellini, mio compagno di stanza qui ad Asiago, che fa la gara veramente da solo (mi incrocia mentre ansimo tra la 2 e la 3 ma piuttosto che chiedermi dove sta la 2 preferirà cercarla per oltre 25 minuti) e conclude senza mai sentirsi veramente preoccupato in qualche secondo meno delle 3 ore.
Il secondo è Enrico Cignini, del Cai XXX Ottobre, un ragazzo veramente a modo che ho già visto alla 6 giorni del Tirolo. Anche lui, ancora alle prime esperienze orientistiche ma senza problemi e tutto da solo, concluderà la sua M40 pochi minuti sopra le 3 ore.
Oggi ho visto tanti orientisti in gara, e molti di loro storceranno il naso davanti a tempi simili. Ma nel bosco oggi sono andati anche gli “sportivi”: la mia palma di sportivi della seconda tappa degli HOP va a Stefano Bellini ed Enrico Cignini, augurando loro di battermi presto a partire già dall’indomani a Campomulo.

Thursday, August 19, 2010

Fabian did it again! (with admiration and devotion by the writer-speaker)

Quando si frequentano così tanti orientisti, quando le conversazioni in viaggio o davanti una pizza scivolano così spesso sull’orienteering, quando (soprattutto) il livello medio dei conversanti non è quello degli Elite che partecipano ai Campionati del Mondo ma quelli degli appassionati che dedicano qualche fine settimana o un paio di periodi di vacanza alla bussola ed alle lanterne... capita di imbattersi in storie che sembrano talmente irreali da risultare il parto della fantasia di qualche buontempone.

E che poi risultano talmente vere da chiedersi a chi diavolo può essere venuto in mente per la prima volta di utilizzare certi strumenti per prepararsi ad una gara, o da domandarsi fino a che punto gli atleti di primissima fascia possono arrivare per preparare una gara importante.

Insomma, io sapevo che in occasione dei Campionati Italiani Sprint in due manches disputati a Parma qualcuno si era praticamente rimappato il Parco Ducale ipotizzando che sarebbe stato usato per la prova (parlo dei primi anni 2000... roba della preistoria).
Sapevo che in occasione dei JWOC in Primiero molti ragazzi stranieri avevano tenuto a portata di mano (qualcuno per circa un annetto) la gigantografia della mappa stradale di Mezzano, per abituarsi al terreno di gara, per “assorbire” angoli e vicoli e direzioni privilegiate.

Sapevo anche che uno juniores svizzero, diventato poi famoso, aveva preso visione di alcune carte sulle quali si erano disputate prove del TMO in anni precedenti ai Mondiali Giovanili che si sarebbero disputati in Canton Ticino... ed osservando i tracciati di alcune categorie si era fatto l’idea che, in una certa tratta in costa, il ripetuto passaggio di tanti concorrenti aveva senz’altro lasciato una scia alla quale si sarebbe potuto “appoggiare” (anche a distanza di più di un anno) nel caso in cui il percorso dei JWOC avesse riproposto una simile tratta. Una scia che probabilmente non sarebbe nemmeno stata cartografata ma della cui esistenza lo junior elvetico era praticamente certo...

Ai JWOC ticinesi, puntualmente, si verificò proprio quanto ipotizzato dal protagonista di questa storia: nonostante la presenza di Olav-Lundanes-pigliatutto (proprio lui, il neo campione del mondo long distance) sulla terrificante-almeno-per-me costa di Taverne quella traccia ipotizzata ed effettivamente scovata contribuì, sicuramente in maniera non determinante ma almeno come ulteriore supporto, al successo di Fabian Hertner sulla middle distance. Non c’è che dire: una preparazione a secco minuziosa e certosina, una pianificazione fino a livelli di dettaglio impensabili per l’impiegato-panzottello che spesso dimentica persino di dare una occhiata alle vecchie carte sulle quali ha già corso... una storia che ho talvolta raccontato agli amici (soprattutto da quando Fabian Hertner è diventato un Elite con medaglie mondiali al collo ed una foto sul sito Fiso che ci immortala insieme dopo la qualificazione al cosiddetto “mondiale mikrosprint” di Miskolc).
Ricevendo spesso, al termine della storia, occhiate perplesse...

Ma su internet ora quella storia ha aggiunto un nuovo capitolo, se possibile ancora più incredibile...
http://www.olvbl-elite.ch/index.php?option=com_content&task=view&id=143&Itemid=1
http://www.olvbl-elite.ch/images/stories/karten/fabian/100818_woc_sprint_final.jpg

In sintesi, per chi non conosce l’inglese o non ha voglia di tradurre... Dal momento che la finale sprint dei mondiali di Trondheim si sarebbe disputata in città, essendo noto il dislivello e la lunghezza e la zona di arrivo e nell’ipotesi che partenza ed arrivo sarebbero state molto vicine, inoltre disponendo di Google Earth, Street View e di alcune “map clips” pubblicate sul bollettino dei Mondiali, Fabian Hertner a casa sua ha “rimappato” la carta di Trondheim senza essersi nemmeno avvicinato alla Norvegia.
Inoltre ha “tracciato” il suo percorso mondiale ipotizzando a secco dove avrebbero potuto trovarsi le lanterne, quali avrebbero potuto essere le difficoltà ed i trabocchetti delle tratte e quali strategie potevano utilizzare per affrontare il percorso. Un lavoro incredibile (per me) che diventa addirittura una prova di autentica magia quando si va a verificare la differenza tra la mappa dei WOC e la mappa “homemade by Hertner”, e soprattutto la differenza tra il percorso immaginato dal giovane campione elvetico e quello effettivamente proposto dal tracciatore.

Se fossimo nel calcio, qualcuno arriverebbe ad ipotizzare la presenza di un Lucianone Moggi dell’orienteering (essendo che, anche secondo la canzone di Checco Zalone, “grande Luciano Moggi \ dacci tanti orologgi agli arbitri...” e quanto ad orologi la Svizzera non scherza un tubo!). Ma questo è orienteering, e quello che è riuscito a fare il buon Fabian non solo non è misterioso ma probabilmente non è nemmeno stato l’unico atleta (e la Svizzera l’unica squadra) a cercare di disegnarsi il suo mondiale virtuale.

Quindi, organizzatori dei Mondiali 2014 ovunque voi siate, mi raccomando! Occhio a Google Maps e Street View ed a tutte le altre diavolerie... altrimenti correte il rischio che le finali sprint vengano corse ad occhi bendati da atleti che si sono installati il terreno di gara persino sulla playstation :-)

Monday, August 16, 2010

Waiting for 2014 (1)



(... continua ...)

Friday, August 13, 2010

Ho visto solo questa sera che il mio post precedente intitolato "The Big IOF vs. ecc.ecc." ha ricevuto alcuni commenti.
L'ultimo in particolare, il numero 8, riporta alcune affermazioni che ho giudicato un po' troppo forti.
In particolare si fa riferimento in questo commento:
- al ruolo della Federazione nell'ambito dell'assegnazione all'Italia dei Campionati Mondiali 2014
- alla "vacanza" (cit.) della squadra di trail-O in Norvegia
- ai risultati degli "atleti professionisti a carico dei cittadini" (cit.) nei WOC 2010

Francamente penso che ognuno abbia il diritto di avanzare il proprio parere.
Questa volta penso che si sia attraversata una sottile linea di confine tra ciò che si può dire in modo costruttivo anche se incisivo, contrapponendosi allo status quo e inimicandosi le persone ma cercando di portare avanti le idee di ciascuno.

Ma soprattutto mi ha dato fastidio (eh!... sto diventando vecchio...) che per la seconda volta il commento in questione sia arrivato da un utente firmatosi come "anonimo". Un utente o una utente che sicuramente hanno sufficiente competenza del settore orientistico italiano per mettere il dito in alcune situazioni davvero spinose ma che evidentemente
- per timore di ripercussioni?
- per sfiducia nel buon senso degli orientisti?
- per ignoranza delle regole di internet?
- per vigliaccheria? (... io non ho mai conosciuto un orientista vigliacco...)
hanno ritenuto opportuno non firmarsi.

Non credo che un blog orientistico che è il diario delle mie avventure, un blog che non smuove una cippa di nulla a livello di conduzione delle cose federali, possa mettermi nei guai con la Federazione (ne ho già di mio, grazie, senza ulteriori aiuti). Non è assolutamente questo che mi da problemi...

Ma questo blog è il mio diario, e non è una pistola fumante nelle mani di nessuno (altro) e neppure una lavagna sulla quale sfogare frustrazioni federali.
Se qualcuno vuole fare commenti come il n. 8 del post precedente che ho provveduto a cancellare (riportandone comunque il testo originale qua sotto), lo invito a farsi un suo blog (è gratis!) dal titolo orimagagne.blogspot.com

Sono convinto che avrà un grande successo.

Poiché i miei amici sanno che sono l'ultimo al mondo in fatto di tecnologia internettiana, sto cercando di mettere la "moderazione" ai prossimi pezzi del mio diario... ma non garantisco il successo. In ogni caso non sarei in grado, e neppure so se si può fare, si risalire all'autore del messaggio che mi ha disturbato.

Mi piacerebbe conoscerne l'autore, ma solo per fare quattro chiacchiere con lui\lei dietro ad un bel bicchiere di birra; perchè ci sono poche cose più belle di uno scambio di idee anche veementi da parte di persone che mostrano di credere nello sprto che praticano, anche se lo vedono su due barricate contrapposte.

Ma temo che questo piacere non potrò averlo mai.

Ciao a tutti, buona visione delle finali middle e relay per chi potrà vederle in diretta su internet.
Stefano

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Saturday, August 07, 2010

“The big IOF vs. Italy Showdown in Trondheim”

Dopo il rientro dall’Oringen, una immediata e prolungata trasferta di lavoro ha fatto sì che solo questa mattina sono riuscito a dedicarmi ad un primo importantissimo compito fondamentale per il prosieguo della mia carriera orientistica: il lavaggio delle scarpe Falcon dal fango delle paludi della quinta tappa, lavaggio che presupporrà una successiva fase di “aggiustaggio” di un paio di scarpe (praticamente l’ultimo) la cui suola si sta letteralmente disintegrando dopo soli 6 (sei!!!) utilizzi... l’ultima tappa della 6 giorni del Tirolo e le 5 tappe dell’Oringen.

In pratica si sta avvicinando a grandi passi (scalzi, alla Bikila) il momento nel quale dovrò smettere di fare orienteering per mancanza di un adeguato mezzo di supporto. O potrò gareggiare solo scegliendo i terreni piatti... (le Pozze di Sant’Osvaldo sono dunque immediatamente escluse).

La mia petizione al mondo orientistico per trovare un venditore che possa reggere il mio numero si sta rivelando abbastanza fallimentare: Inov-8, La Sportiva, Jalas, IceBug, Falcon... sono tutte accomunate da un glorioso destino, quello di non riuscire ad arrivare ad una taglia decente per le mie “piote”.

Ringrazio (anche le case costruttrici che non si sono nemmeno degnate di rispondere ad una mail), e spero che un giorno o l’altro l’Amministratore Delegato dell’Universo chiami i produttori di scarpe al suo capezzale e faccia loro scontare una pena detentiva in Purgatorio nella quale passeranno il tempo a ricevere poderosi calcioni nel didietro da parte di tutti coloro che calzano dal 49 in su...

La seconda cosa che ho fatto in questa mattinata è stato aprire il fascicolo di Compass Sport (Britain’s National Orienteering Magazine)... e fare subito un salto sulla sedia. In terza pagina, nell’editoriale di Nick Barrable, ho trovato una notizia che non conoscevo e di cui non ho sentito affatto parlare nei nostri ritrovi all’interno dello Stivale. Il fatto però che ne parli diffusamente un magazine straniero mi da un po’ da pensare, e penso di non fare una cosa sbagliata segnalando su questo blog (“letto dai meno”, come diceva il chiosatore Fortebraccio) il contenuto del pezzo.

In soldoni, e questa è la parte che ricordo io...
Nel 2009 a Miskolc l’Italia si presenta con la richiesta per l’organizzazione del Mondiale WOC 2013 e per il Mondiale Master WMOC 2012. La prima va alla Finlandia (e molti di noi hanno saputo della richiesta a posteriori, dopo che la stessa non era stata accolta, secondo quanto ricordo); la seconda rimane in ballottaggio per qualche mese con la Germania... cui alla fine vengono affidati i WMOC 2012 mentre all’Italia vengono dati quelli del 2013.

La zona di gara sembra (sembra...) essere quella della Puglia che ne aveva effettivamente fatto richiesta (per l’anno prima). Il fatto però è che nel 2013 si svolgono in Italia, a Torino, anche i quadriennali World Masters Games, le “olimpiadi dei chiardi” come vengono chiamate da alcuni esponenti del GOK: si tratta di quelle gare che richiamano ex-atleti, neo-giovincelli che scoprono di avere ancora verve atletica ad una anche veneranda età. E che, nonostante magari la presenza di alcuni ancora-atleti come l’amico Dario Rappo che gira il mondo facendo gare e tempi pazzeschi nel mezzofondo, poi vengono immortalate sui giornali (immagino estivi, quindi in cerca di notizie di qualunque tipo esse siano) o sui magazine televisivi tipo “Watts” quando la centenaria signora inglese, e complimenti a lei!, nuota i 25 metri stile ... stile “senza affogare”... in due minuti (e, ripeto, complimenti a lei!) o il signore ultra-centenario lancia il peso a tre metri di distanza (e, sottolineo, complimenti a tutti e due!) conquistando una medaglia d’oro.

Negli anni del WMG, i WMOC vengono associati all’organizzazione dei World Masters Games per tutta una serie di motivi che sicuramente qualcuno difenderà ed altri invece contesteranno... A mio modesto parere, si tratta di una associazione che potrebbe portare a situazioni infelici: non è detto infatti che i WMG si disputino in una zona orientisticamente interessante, o climaticamente adeguata, o anche semplicemente in un’area in grado di attirare le migliaia di ori-non-più-giovincelli-entisti che approfittano dell’occasione anche per fare vacanza al mare o in montagna... la mia esperienza ai WMOC portoghesi era fatta proprio di una associazione boschi+mare che hanno portato a Marinha Grande, e nelle casse della FPO, tanti bei soldoni.

E se i WMG si disputassero in una zona orientisticamente poco sfruttabile? Avrebbe senso dover cercare cartine attraenti a tanti chilometri dall’epicentro dei World Masters Games, soddisfacendo i palati dei concorrenti ma perdendo così anche quel minimo di “effetto traino” di queste simil-Olimpiadi? In ogni caso, pare di capire che la IOF ha dato i WMOC all’Italia, ma ha “imposto” (?) la zona di Torino per il loro svolgimento. L’obiettivo, secondo l’editoriale di Barrable che a sua volta scrive tra virgolette citando quindi una qualche delibera IOF, è quello di garantire “presenza, credibilità e riconoscimento sul palcoscenico dello sport mondiale, nell’obiettivo di portare all’inclusione dell’orienteering nei Giochi Olimpici invernali o estivi”.

Tutto questo non implica necessariamente che ai WMG debbano essere associati i WMOC... potrebbero essere gare distinti, ma tant’è: nonostante il parere contrario della commissione Foot-O dell’IOF stessa (che diventa quindi immediatamente da me ridenonimata “Commissione me-ne-fott-O”), il Consiglio IOF ha indicato Torino per l’organizzazione dei WMOC 2013 nonostante la Fiso supportata dal CONI (almeno così credo di capire da un certo passo del pezzo) avesse indicato, per i WMOC 2012, la Puglia.

E qui arriva il bello dell’editoriale di Barrable. “Non sorprende che gli italiani siano sconvolti (traduco da “upset”, ma forse sarebbe meglio dire “scombussolati” o “frastornati”) poiché i loro grandi piani ed il supporto per la Puglia devono essere abbandonati a favore di un WMOC nel nord Italia ed in connessione con i WMG”.E poi Barrable prosegue (cito non letteralmente...)“Ai WOC di Trondheim, in agosto, l’Assemblea Generale IOF discuterà e voterà una proposta dell’Italia volta a scindere l’organizzazione dei WMOC da quella dei WMG. Sebbene la FISO non respinga il principio secondo il quale i WMOC possono (may) essere organizzati insieme ai WMG, questo legame non può (may not be) essere imposta dall’IOF ad una federazione nazionale senza il consenso della federazione nazionale stessa”

Nelle mie considerazioni personali a margine sono un po’ confuso: vedo la FISO “tirare fuori gli attributi” (e questo mi piace) e spero che tutto si risolva per il meglio, anche se una decisione definitiva potrebbe arrivare oltre il tempo ormai utile per garantire (a chi poi avrà l’onere di organizzare) tutto il supporto necessario per una ulteriore grande edizione dei WMOC italiani.

Mi chiedo anche cosa mi abbia spinto a scrivere queste cose, e penso che il motivo risieda nel fatto che se le conoscono gli orientisti britannici (ed in generale tutti coloro che nel mondo leggono Compass Sport) non vedo perchè non sia il caso di portarle all’attenzione anche del pubblico italiano... anche perchè io ho fatto un paio di figure di m. non da poco proprio con Barrable (dopo la 6 giorni del Tirolo) e con un britannico all’Oringen a questo proposito... non ne sapevo nulla! :-)

Ma soprattutto sono curioso di sapere cosa succederà se una votazione dovesse dare parere negativo all’Italia... cosa ci aspetta sul panorama internazionale? Ostracismo? Vendette trasversali? O forse è la volta che riusciamo a mettere un po’ di sale in zucca a certi nordici tetragoni e avulsi da quello che succede al di sotto del parallelo di Malmoe?

Wednesday, August 04, 2010

C’è sempre qualcosa di strano nell’ultima tappa dell’Oringen.
E’ un evento così grosso, per gli standard orientistici cui siamo abituati, che sembra impossibile che improvvisamente si respiri una aria come di “sbaraccamento”...
E’ una manifestazione così imponente, così grandiosa, così piena di colori e di festa che diventa quasi malinconico e persino negativo pensare che di lì a pochissime ore il campeggio O-Town si svuoterà di botto, che tutti i capannoni promozionali della O-Town stessa saranno smantellati.
Anche il padiglione di accoglienza dove abbiamo ritirato le iscrizioni, preso i volantini delle più importanti gare del mondo e visto i campioni del mondo andare a firmare gli autografi ai bambini è stato svuotato di luci e ci sono solo gli operai al lavoro.

L’aria di smobilitazione, di “tutti a casa” si registra già all’hotel. Gli svedesi, che sono il 90% se non di più dei concorrenti in gara, rientreranno nelle loro città già nel pomeriggio: la fila al check-out parla da sola nella mattina dell’ultima tappa; da domani lo Scandic di Orebro-Vast accoglierà i bridgisti impegnati nel torneo di Orebro (il pannello luminoso lungo l’autostrada E18 che dava il benvenuto ai partecipanti all’Oringen, già il giorno prima aveva sostituito la notizia della nostra gara con quella del torneo di bridge) e le solite comitive di turisti giapponesi che se fossero arrivati il giorno prima avrebbero sgomitato per la colazione in mezzo alle più variopinte tute Trimtex...

L’ultima tappa dell’Oringen, per chi come me occupa all’incirca la posizione 190 in classifica, non significa nulla di speciale se non la possibilità di vedere con i miei occhi chi sono i concorrenti che hanno battagliato con me per 4 tappe per ottenere un cotanto risultato globale! Fuori dalla caccia, infatti, i concorrenti partono ogni 15 secondi l’uno dall’altro; così Marco, che sta 20 posizioni davanti a me, parte 5 minuti prima, mentre Attilio parte esattamente 60 secondi dietro a me.

L’H40, purtroppo, ha anche un’altra caratteristica che avevo già provato sulla mia pelle nel 2007 a Mjolby: è una delle categorie a più alto numero di partecipanti, ed è anche una delle categorie la cui caccia parte più tardi. Il che vuol dire una cosa che aggiunge ancora più malinconia a tutto: al mio arrivo, non ci sarà praticamente più nessuno sul campo di gara.
Immaginate cosa vuol dire arrivare al traguardo, anche in 190° posizione, quando gli Xmila presenti sono tutti ancora ai bordi dell’arena, o nel bosco... puoi essere il decimo o il millesimo in classifica e ti trovi in mezzo ad una marea di concorrenti che vengono letteralmente catapultati a mucchi fuori dal bosco; le immagini che le telecamere fisse a circa un chilometro dal traguardo proiettano sul maxischermo mentre cercano i leader delle classifiche parlano da sole: non sembra l’arrivo di una gara di orienteering ma di una Stramilano. Ci sono bambini, ci sono Elite e supermaster. Ci sono quelli con i pettorali della caccia che si danno battaglia e ci sono quelli con i pettorali normali (la loro caccia sarà partita alle 9 del mattino) che arrivano insieme ai primi e possono sentire e respirare l’adrenalina...
La mia caccia parte alle 11.20. Io parto alle 13.05. Se anche sono bravo e ci metto poco più di un’ora, non sono al traguardo fino a dopo le 14... in pieno sbaraccamento, appunto.

Il bosco ed il tempo ci mettono del loro.
Pochi minuti prima della partenza incontro il mio amico Cristian Olivestam del Vimmerby OK: mi dice che il bosco dell’ultima tappa è il peggiore ed il più brutto della 5 giorni. Tutte paludi, solo fango ed acqua. Considerato il fatto che passerò dove sono già passati migliaia di piedi, le paludi saranno ancora più enormi e profonde...
Il tempo? Alle 12.55, semplicemente, comincia a diluviare. E’ un fuggi fuggi di concorrenti a ripararsi sotto le piante che circondano l’arena di partenza... l’unico felice è Marco che apprezza sempre le condizioni “fresche” e che farà proprio nell’ultima tappa un garone tale da mettere in pericolo il mio famoso record della 99° posizione di tappa nel 2004.

Attilio, che nel frattempo ha fatto amicizia con turco Aydun, ed io abbiamo già deciso che faremo insieme la prima parte di gara e poi vedremo il da farsi man mano. Il mio minuto di vantaggio lo passo così alla lanterna svedese, dove sotto il diluvio cerco di infilare la cartina nella busta di plastica già zuppa di acqua (nei giorni precedenti l’imbustamento avveniva sotto le tende della partenza, con gli addetti che ti aiutavano... oggi lo faccio da solo, nel fango, sotto l’acqua e cercando di non stare tra i piedi degli altri concorrenti!). Sarà questo, quasi, il momento più complicato della prova...

Con Attilio al controllo ed una buona collaborazione in zona punto non è un problema venire a capo dei primi punti. Le paludi sono effettivamente enormi e, dopo le prime due tratte passate a cercare di non infilarsi nel fango fino alla vita, Attilio da dietro mi segnala che prima o poi non potremo più evitare il peggio e quindi tanto vale infilarsi dritto per dritto negli oceani di fango e melma che si estendono davanti a noi... e c’è un bel po’ da sguazzare!

Sbaglio il sesto punto, o meglio sbaglio il trasferimento verso il sesto punto finendo lunghissimo ma mi rimetto in carreggiata attaccando molto bene quello stesso punto (un cocuzzolo invisibile in mezzo al verde); al settimo punto, che sta in mezzo ad una lunghissima fase di trasferimento di quasi un chilometro, Attilio mi invita ad allungare.

Lo saluto dicendo “ci vediamo su uno dei prossimi punti” e sarò buon profeta (e cattivo orientista)!!! Faccio bene infatti il punto 8, ma sul 9 finisco corto e storto e vago a lungo in zona punto; tornando indietro, incrocio proprio Attilio il quale cerca invano di convincermi che siamo corti, ma io proseguo all’indietro (allontanandomi quindi ancora di più dal punto) per cercare di rilocalizzarmi.

Quando ci riesco, capisco che Attilio è parecchio avanti a me... trovo ora facilmente il punto 9 e poi arrivo alla 10 qualche secondo dopo il mio compagno di staffetta. Ma è l’ultimo punto tecnico. Ora ci aspetta solo un altro lungo trasferimento sul quel sentiero che avevamo visto sul maxischermo percorso da centinaia di concorrenti, solo che ora praticamente ci siamo solo noi due... ci diamo il ritmo a vicenda ed arriviamo quasi insieme sulla 500 che prelude all’ultimo rettilineo finale, l’ultimo di questa mia terza Oringen.

Come prevedibile, in zona traguardo non c’è quasi più nessuno. Le voce degli speaker hanno lasciato il posto al silenzio, metà delle stazioni del finish sono state già ritirate e i ragazzi encomiabili dello scarico sicard stanno solo aspettando l’arrivo degli ultimi panzoni. Anche in zona ristoro sono rimaste solo tre rastrelliere con qualche bicchiere colmo d’acqua riempito dagli ultimi irriducibili ed instancabili volontari...

Sono gli ultimi fotogrammi della mia Oringen, purtroppo sono un po’ malinconici. Forse questo è dovuto al fatto che mi dispiace porre fine ad una così bella avventura... Una avventura che adesso lascia lo spazio ai commenti ed ai ricordi che ci scambieremo nelle lunghe serate invernali; a cominciare dal consueto “Lunedì, piuttosto che essere al lavoro, preferirei affrontare ancora le paludi!”. Garantisco che è proprio così: sono bastati tre giorni in ufficio, in trasferta per di più, e posso garantire che nella ma testa quelle paludi mi mancano già...