Stegal67 Blog

Monday, November 28, 2011

VI PRESENTO "IL MADDA"

Avvenimenti dell’anno 1992

  • Gennaio: iniziano le trasmissioni dei telegiornali delle reti Fininvest
  • Febbraio: Alberto Tomba vince la sua terza medaglia d’oro olimpica alle olimpiadi di Albertville
  • Aprile: cessa l’assedio alla città di Sarajevo
  • Maggio: a Milano inizia “Mani pulite”
  • Maggio e Luglio: vengono assassinati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
  • Agosto: Stefano Galletti disputa la sua prima gara di orienteering a Cavareno
  • Ottobre. La Chiesa riabilita Galileo Galilei
  • Novembre: Stefano Maddalena vince il TMO in categoria Assoluta.

Due di queste notizie sicuramente non le trovate su WikiPedia anche se, in termini di importanza assoluta una delle due è decisamente più rilevante dell’altra.

Ebbene si: nell’anno di grazia 1992, il sottoscritto faceva finalmente la conoscenza con l’orienteering (e viceversa… ma l’orienteering se ne sta ancora pentendo!) e “il Madda” vinceva un nuovo titolo del Trofeo Miglior Orientista ticinese nella categoria assoluta. Ne aveva già vinti altri, e quello del 1992 arrivava dopo una operazione che aveva dato, se la memoria non mi inganna, una sistematina al suo ginocchio.

Cosa ha di strano la vittoria del 1992? Che a quella ne sono seguite altre 18 (diciotto… eighteen!) consecutive fino al 2010 compreso. Una striscia che ha valicato gli anni di Bjornar Valstad, di Janne Salmi, di Thomas Buehrer e Marie Luce Romanens, il XXI° secolo, l’ingresso possibile tra i master, l’epopea di Simone Luder e di Thierry Gueorgiou e di Daniel Hubmann… Si è interrotta solo quest’anno, il 2011, che ha visto la vittoria sofferta ma meritata di Alessandro “Dro” Santini pochi punti davanti al vecchio “Madda”.

Questa notizia mi ha dato da pensare. Nonostante l’adagio di Andreotti reciti che “il primato logora chi non ce l’ha”, credo sia difficile per chiunque, e per qualunque sportivo in particolare, passare indenne attraverso anni di successi (siano essi a livello locale, regionale, nazionale o trans-nazionale) senza suscitare rispetto e ma anche un po’ di invidia, sostegno ma anche qualche antipatia. Si finisce per diventare punti di riferimento, magari si finisce con l’influenzare volenti o nolenti qualche scelta o qualche indirizzo del proprio sport, ma anche per diventare sia l’asticella da valicare che il “tetto” da sfondare per poter alzare ancora di più il livello globale.

Penso spesso ai grandi campioni di altri sport, e mi viene in mente una frase tratta da un film che ho già citato: “Any Given Sunday”. Ovviamente è Al Pacino che parla alla propria squadra di football e dice “Sapete… con il tempo, con l'età, tante cose ci vengono tolte, ma questo fa parte della vita. Però tu lo impari solo quando quelle cose le cominci a perdere…”.

Penso ad un campione come Henri Leconte, uno sul quale persino i granitici e sciovinisti francesi si sono dovuti ricredere (e si sono messi a fare il tifo per lui dopo averlo odiato) quando hanno capito che presto avrebbero perso la possibilità di tifare per un talento straordinario, uno capace di accarezzare la palla come pochi prima e dopo di lui. Penso nello stesso sport a Jimmy Connors, l’”antipatico” per eccellenza, alla sua incredibile corsa del 1991 fino alla semifinale conquistata a 39 anni attraverso una serie di partite nelle quali era battuto in partenza (forse solo Aaron Krickstein e David Littlefield hanno cercato negli anni di dimenticare la Connors-run…).

Con questo non voglio dire che Stefano Maddalena sia apparso negli anni antipatico a chicchessia. Non l’ho mai conosciuto come una persona sopra le righe, ed anzi ha sempre mostrato molta pazienza verso il sottoscritto sia quando vesto i panni di improbabile atleta sia quando vesto quelli ancora più improbabili di speaker. Una pazienza che si palesa ogni volta che mi sente raccontare al microfono il vecchio adagio “il più forte atleta straniero che abbia mai calcato i campi di gara italiani” (adesso ci ha fatto il callo, ma in passato era diventata una frase un po’ invadente), espressione che è stata ripresa anche in una intervista radiofonica fattagli da Alberto Grilli.

Mi preme però ricordare come tutti noi dovremmo sempre mostrare la stessa pazienza e rispetto verso quei campioni che con la loro passione sportiva indicano la strada ed i traguardi per le future generazioni; una passione di cui ci accorgiamo solo quando vediamo con i nostri occhi che i campioni che abbiamo seguito per tanti anni stanno per cedere il posto ai giovani.

Maddalena mi ha regalato una grossa soddisfazione, negli anni in cui sono stato speaker alle varie edizioni dei Campionati Italiani (di cui credo ne abbia corso un numero probabilmente superiore a quelli corso dal sottoscritto). Nel 2008 eravamo a Passo Radici, sull’Appennino Bolognese; il sottoscritto cominciava ad essere una presenza costante dietro il microfono dei campionati italiani e, complice una maggior sicurezza (anche riguardo alle cavolate che dico!), avevo cominciato a raccontare di questo atleta ticinese di 40 anni che nel mio pronostico minacciava di inserirsi molto in alto nella classifica finale Elite. Vennero da me alcuni forti Elite nostrani a dirmi “Dai! Questo Maddalena di cui parli sempre… non può essere così forte! Lo consideri forte tu, perché ci gareggi contro in Ticino…”.

Risultato finale: 1° Schgaguler, 2° Tenani, 3° Tavernaro, poi Seppi e Rass e Simion. http://www.fiso.it/03_gare/gara_risultati.asp?anno=2008&gara=153&categoria=ME

Dove sta Maddalena? Un momento… sul sito Fiso c’è un link: “risultati non inseribili”. Sono quelli degli atleti non tesserati per la Fiso. In ME ce n’è uno. Stefano Maddalena. Andate a guardare il suo tempo: lo piazza in seconda posizione generale, dietro al solo Klaus. Credo che quella cronaca diretta sia diventata famosa per il continuo ripetere che non c’era verso alcuno di far sloggiare il vecchio Madda dalla prima posizione, fino all’arrivo di Schgaguler.

Dopo la gara si forma un capannello attorno a me. “Dai! Questo Maddalena di cui parli sempre… non può essere così forte!” (e fin qui è identico a prima) “Tu che lo conosci bene… come fa?!? Come si allena?!? Come ci riesce?!?”.

“Si allena per battere me!” fu una delle risposte che mi vennero in mente quel giorno.

Oggi che la classifica finale del TMO lo vede in seconda posizione, vorrei scrivergli che non rimpiangerò mai e non rinnegherò mai quella frase che lo accompagna nelle mie cronache “il più forte atleta straniero che abbia mai calcato i campi di gara italiani”. L’ho usata persino nella diretta di Novaggio, in Canton Ticino, sotto gli sguardi allibiti di tutti gli altri ticinesi che lo aspettavano al traguardo.

Auguro a me stesso di avere tante altre occasioni per commentare i suoi risultati, e auguro a “Madda” di continuare a divertirsi e a fare da punto di riferimento nella categoria assoluta ticinese finché una delle sue due bambine, o entrambe, prenderanno il suo posto nella assoluta femminile (perché buon sangue non mente!).

Tra i miei tanti sogni di orientista, oltre a quello di vincere l’O-Ringen nella H100 per due volte consecutive, c’è anche quello di poter correre ancora una volta insieme a lui una tratta difficile sul terreno terribile di Mala Lazna, una carta le cui caratteristiche (il terreno infido e il miliardo di rocce e roccette) mettono in evidenza il suo stile unico.

E spero che Alessandro “Dro” Santini, se mai leggerà questo blog, non se ne abbia a male e pensi che tra 19 anni potrei scrivere la stessa cosa di lui. In bocca al lupo, Alessandro, perché se sarà Stefano a leggere questo blog, temo che il suo primo pensiero sarà quello di rivincere il titolo l’anno prossimo e farmi rimangiare tutto quanto!!!

Thursday, November 24, 2011

SISTEMO LA SVIZZERA E TORNO

L’ultima volta che ho scritto per il sito ASTi, ho concluso una serie di pezzi che avevano per tema “Come diventare orientisti ticinesi in 10 lezioni”: cronache un po’ surreali delle gare del TMO, viste con gli occhi del viandante che arriva da sud di Brogeda; occhi che da parecchi anni seguivano già le scorribande ticinesi in terra lombarda, da dove i furgoni ripartivano verso la Svizzera carichi dei premi conquistati in ogni categoria. Articoli scanzonati… questi si, nei quali me la prendevo una volta con le ripide pendenze del Canton Ticino che avrebbero obbligato ad introdurre le categorie “per peso” e non per età; un’altra volta ancora alludevo a caratteristiche genetiche particolari che aiutavano la corsa in costa; un’altra volta ancora ho introdotto nel lessico degli orientisti ticinesi la “Sindrome da primo punto”…

Ogni volta ho sperato che i lettori non se la sarebbero presa troppo per questa visione un po’ annacquata o troppo goliardica del Canton Ticino. Ed ogni volta ho ricevuto mail da chi avrebbe sostenuto una mia candidatura all’IOF in cambio dell’introduzione delle categorie per peso, da chi condivideva con me quella particolare sindrome che ti prende appena arrivato al triangolo color magenta, da chi confermava di non disdegnare di fermarsi qualche secondo a guardare un affresco meraviglioso del Lago di Lugano con la complicità di una lanterna messa strategicamente nel punto più panoramico, e così via…

Contemporaneamente, quei pezzi ottenevano un secondo risultato: quello di accreditarmi come profondo conoscitore delle ori-faccende ticinesi! Cosa che si concretizza puntualmente ad ogni edizione del campionato italiano, quando gli atleti azzurri vengono da me a fare la conta di chi sono i favoriti stranieri (dovrebbero esservi familiari i nomi di Stefano Maddalena e di Sebastian Inderst…). Ma non mi sarei aspettato di ritrovarmi io stesso, proprio io, proprio il più scarso degli orientisti che risalgono da Brogeda verso le valli ticinesi, al centro dell’attenzione di mezzo mondo orientistico italiano! Sono state sufficienti una sola gara, tre iscrizioni, ed una griglia di partenza… questa:

Francesco Guglielmetti non sa (non lo sa davvero e glielo dico io adesso) che, nel momento stesso in cui è comparsa questa griglia, ha rischiato che lo speaker della gara di Novaggio venisse colto da una forma molto politica e molto strategica di totale perdita della voce! Troppo ghiotta l’occasione, per colui che in Italia descrive le competizioni con lo pseudonimo di “impiegato panzottello”, di vedersi sfilare sotto gli occhi nella stessa tratta di gara Sven Puentener e Stefano Brambilla… Ma che dico!!! Se tanto mi da tanto, del giovanissimo Sven (14 anni???) avrò modo di riparlare nei prossimi anni; l’amico Stefano lo conosco dal 1986 (compagni di università e di lavoro)! No, sto proprio parlando di quei tre iscritti, di LORO tre, dei tre marziani, dei tre fenomeni, dei tre… ditemi voi le parole: Daniel Hubmann, Matthias Merz e Fabian Hertner. Già solo per citarli in un articolo, bisogna stabilire in anticipo quale ordine usare! (io ho scelto l’ordine di arrivo della gara di sabato…).

E’ bastata la LORO presenza (e quella griglia) per far diventare ME l’orientista più invidiato del reame! Sono stato ricoperto di mail di amici che volevano autografi, dichiarazioni, foto, risposte a domande più o meno impertinenti… ho ricevuto consigli per riuscire a star loro dietro almeno una tratta (eh certo! Sono lì ad aspettare me!), per “allargare i gomiti” strategicamente in qualche passaggio stretto (con il risultato di arrivare al traguardo monco di ambedue le braccia, penso…). La tentazione di diventare improvvisamente afono, capirete benissimo, era davvero forte.

Anche perché mi immaginavo scene del tipo: campioni che si cambiano in una motorhome dedicata (mica in mezzo al popolino), arrivano alla partenza in navetta e con un orario di partenza che non li mescola ad Open e Vacanti che potrebbero intralciarne l’azione, fanno la loro gara e spariscono subito dopo per evitare troppo contatti. Quest’ultima visione suggeritami forse dalla quotidiana visione dei calciatori… io li chiamo “pedatori”… nostrani, sempre innanzati su un piedistallo o messi in una teca di cristallo anche da quei giornalisti che anche nel giornale radio di domenica mattina (l’ultimo sentito prima di infilarmi nella galleria di Monte Olimpino) dedicavano la notizia più importante della giornata ai risultati delle partite del sabato sera. Capirete… l’Italia è messa talmente bene che possiamo benissimo concentrarci sui rigori dati o non dati!

Quando mai avrei potuto rivederli, Hubmann, Merz e Hertner? Poi la mia etica professionale ha avuto il sopravvento: niente afonia, ho fatto il mio giro MAL alle 12.07 e giuro solennemente che in tante occasioni la mia immaginazione mi ha fatto vedere benissimo i campioni che si muovevano attorno a me (penso che Hubmann mi avrebbe preso nella salita tra la 5 e la 6… e lì si che avrebbe avuto difficoltà a passarmi! O forse sarei stato io ad arrivare al traguardo con l’impronta dei tacchetti sul coppìno…). E quindi? Niente campioni per me? Niente autografi, dichiarazioni, foto?

Calma.

Ci arrivo.

Ho solo dovuto aspettare il dopo gara. Quello nel quale mi aspettavo di vederli sparire in un battibaleno, ed invece erano lì ad aggirarsi nel parterre, circondati da uno sciame di ragazzini in estasi. Troppo ghiotta l’occasione. Ho deciso: qualcuno deve andare a rompere le scatole a questi "alieni" così ben inseriti nel contesto di una giornata di autentica festa! Uhmmm… ho usato la parola “alieni”? Uhmmm… questo mi ricorda qualcosa… Novaggio – stesso posto! - nel 2008, alla Due giorni dell’Aget Lugano, con Jarkko Huovila, Minna Kauppi, Mats Haldin, Tero Fohr, Heli Jukkola… si vede che a Novaggio c’è davvero una base aliena!

Calma! Concentrazione! Adesso ci pensa l’ori-giornalista italiano a mettervi in difficoltà! Ecco... ho deciso: parto da Matthias Merz con una bella domanda cattiva, una di quelle che non possono non fargli scaldare il sangue... uhmmm... ma solo io mi sono accorto che Merz ha "gli occhi più blu di Paul Newman", come recitava una sigla della televisione italiana degli anni '80? Lasciamo perdere gli occhi! Via con la domanda cattiva! "Matthias... ho notato che sul tuo sito web non c'è traccia della medaglia d'oro ai Mondiali 2009 in Ungheria..."

(la staffetta Svizzera vinse in ultima frazione un oro ritenuto ormai irraggiungibile; ciò avvenne in quanto Francia – Thierry Gueorgiou –, Repubblica Ceca – Michael Smola – e Norvegia – Anders Nordberg – si fermarono a soccorrere lo svedese Martin Johansson, che era in fuga da solo, rimasto vittima di un grave infortunio che fece temere per qualche istante per la sua incolumità; Matthias Merz, terzo frazionista elvetico, passò sul posto dopo che gli atleti sopra citati avevano già spostato Johansson verso i mezzi di soccorso ed ebbe qualche barlume di conoscenza di ciò che stava accadendo solo durante il loop finale)

"Certo" risponde lui, calmissimo, gli occhi ancora più blu. "Penso che tu sappia cosa è successo quel giorno, ma penso che in pochi hanno capito realmente cosa abbiamo pensato noi che eravamo in gara... e cosa abbiamo pensato dopo la gara". Colpo mancato. Cerco di provocarlo ancora: “Pensi che nel 2012 a Losanna la squadra elvetica sarà composta da voi tre?”. “Non lo so. Siamo fortunati a gareggiare in una squadra che può mettere insieme tanti atleti molto forti, e penso che anche Kyburz e Rollier ed altri ancora potrebbero benissimo stare in quella squadra; chi sarà chiamato a gareggiare avrà già raggiunto un risultato importante per se stesso, prima ancora di gareggiare al Mondiale…”

Poi ho come una impressione; quegli occhi si spostano da me (ma solo io ho notato che sono più blu si... ma l'ho già scritto!), sembra quasi che guardino lontano; e non nello spazio, ma nel tempo! Ho come la netta impressione che vadano indietro a riavvolgere il nastro del tempo di poco più di due anni "Si. Forse adesso è giunto il momento di aggiornare i risultati della staffetta svizzera, di togliere quel vuoto. In effetti anche questo è un buon motivo per provare a portare a casa quell'oro nel 2012".

Niente spocchia nelle parole di Merz. Niente proclami. Solo una grande calma, molta modestia e tanta determinazione. Colpo a vuoto. Me ne vado con l’impressione netta che il giorno in cui Merz vincerà l’oro a staffetta , penserà ancora a Miskolc e ai tanti che gli hanno fatto i complimenti per quella omissione sul suo sito internet.

Tutto sommato, però, un colpo a vuoto per il giornalista a caccia di scoop. Vabbé... Merz è uno "scafàto", un esperto. Provo con il più giovane: e occhio alla domanda! "Fabian, è un piacere rivederti in Ticino. Il dosso di Taverne dove hai vinto un mondiale junior non è lontano da qui. Il tuo avversario di quei giorni, Olav Lundanes, ha già conquistato un oro ai mondiali assoluti: pensi che nel 2012 pareggerai i conti con lui?”. Mi aspetto una occhiataccia. Invece Fabian abbassa gli occhi... "Eh!... Lundanes è forte. E' veramente forte. Pensavo che avrebbe potuto vincere subito un Mondiale, e l’ha fatto. Io… devo aspettare. Mi piacerebbe, ovviamente, ma la concorrenza è fortissima; mi chiedo se un giorno ce la farò”.

Faccio persino fatica a sentire il sussurro della voce di Hertner: mondiale juniores ed argento a livello assoluto, e sembra quasi che sia qui a fare autocritica. Mentre cerco di decifrare la sua risposta “… sarò concentrato sulla sprint e sulla long…” e per un istante penso che Gueorgiou vince facile le middle perché tutti si concentrano sulle altre distanze (!), la voce di Fabian sale di tono “Ma tu non eri con me alla mikro-sprint di Miskolc? Quella volta che ci siamo divertiti come pazzi?”.

“Si Fabian, ero proprio io… ma scusa, sono io che faccio le domande o sei tu?”. Risata del vicecampione del mondo: “Quella si che è stata una gara veramente divertente! Te la ricordi anche tu, vero?”. Si Fabian, e ho capito che ormai ho perso tutto il grip. Non solo non ti ho messo in difficoltà, ma sei tu che hai rovesciato i ruoli! Mi resta solo l’ultima cartuccia. Con LUI! Daniel Hubmann. L’”assassino” (questa definizione non è mia…).

Tirarlo fuori dallo sciame di giovani fans in adorazione non è facile, ma un paio di minuti riesco a scroccarglieli. “Daniel, una domanda dagli orientisti italiani: chi è l’atleta del decennio? Tu o Thierry Gueorgiou?”. Capite che ci vuole del coraggio, ed anche una bella faccia tosta! (mi chiedo se la prossima volta che passerò da Brogeda sarò rimandato indietro?). Daniel incassa da gran signore: si, in effetti sono stati lui e Tero a vincere parecchie medaglie negli ultimi anni, ma dopo il Mondiale di La Feclaz probabilmente è Gueorgiou a potersi fregiare di un ipotetico titolo di “il più forte”. Ma… l’ultima parola è del Campione del Mondo sprint: “Ho ancora qualche anno davanti per pareggiare i conti, ho un Mondiale in Svizzera quest’anno, ho il sostegno di tutti questi giovani che fanno il tifo per noi. Rifammi la stessa domanda l’anno prossimo, potrei darti una risposta diversa”. Sorride, l’”assassino”, e mai come questa volta colgo nei suoi occhi una vena che lo avvicina davvero a quel soprannome. Ma vedo anche lontano un miglio che gli sto facendo perdere tempo… che il suo desiderio è quello di tornare in mezzo ai ragazzi: anche Daniel deve essere stato giovane, e solo qualche anno fa!, magari un po’ più forte dei coetanei; ed anche lui si sarà fermato in un dopo-gara ad incitare il suo campione preferito come sabato e domenica scorsa lo hanno fatto tanti giovanissimi ticinesi.

Me ne vado da Novaggio, dopo la premiazione, convinto che questi ragazzi e le loro colleghe di nazionale Sara Luescher e Ines “Ingrid” Brodmann non facciano parte di quel genere di sportivi traviati o intontiti dal successo e dalle vittorie. Ne sarò ancora più convinto, il giorno dopo, quando vedrò cambiarsi negli spogliatoi a pochi metri da me e da tutti quanti gli altri, quando sarò con Hertner e Merz in cima alla zona di partenza ad indicare il dosso di Taverne che vide la vittoria mondiale 2005 del più giovane dei due, quando li vedrò aspettare pazientemente il loro turno per entrare nei cancelli di partenza insieme agli Open ed agli Esordienti; infine quando dopo la gara chiederò ad Hubmann se il tempo che compare nella classifica esposta è il parziale dopo due delle tre tappe e, alla risposta “… veramente è il mio tempo finale…” l’infame sorriderà sentendo il mio italianissimo “mavaff…!”.

Vedrò la loro genuina felicità, e le quasi-lacrime delle ragazze commosse, quando Paolo Beltraminelli alle premiazioni non riuscirà nemmeno ad elencare i loro nomi perché il boato e gli applausi erano già partiti a ricoprire qualunque annuncio. Genuine premiazioni fatte da loro, per tutte le categorie, e grande aplomb di Matthias Merz (ma attenzione a quegli occhi blu cobalto che guardano già alla staffetta dei WOC 2012!) all’annuncio del risultato della MAL che lo vede preceduto in classifica da Pietro Ferretti e “Dro” Santini.

Mentre, dopo l’ultimo applauso, mi giro per raccattare il mio borsone e prendere la strada di casa di Milano, sento un rumore alle mie spalle: è Hubmann che, ridendo come un bambino, sta guidando la òla dei ragazzini e delle ragazzine ancora vestiti con le tutte dei colori delle società ticinesi! Non una, non due ma tre volte. Questo è troppo, mi dico; questo è decisamente troppo J

Forse, da abitante del sotto-Brogeda, mi merito davvero solo le isterie dei “pedatori” e le cronache dei rigori dati o non dati. E’ ora di tornare a casa, di respirare un po’ di aria malsana. Purtroppo.

(credits per le immagini:
foto n. 1 by Remo Madella: il sottoscritto con il microfono Radio Svizzera Italiana, quello di Arnaldo Cremonesi, di Libàno Zanolari, Ezio Guidi, Tiziano Colotti e Jecky Marti
foto n. 2 by Remo Madella: con Elena Guglielmetti, mamma e tra poco bi-mamma, meravigliosa tracciatrice della sprint di Novaggio
le mappe sono prese da sito www.danielhubmann.ch: la sprint del sabato e le tre tappe sprint, di cui l'ultima in sole curve di livello, di domenica)

Wednesday, November 16, 2011



Griglia interessante...


Griglia di moderni cavalieri...

Griglia... CHE DIRE ??? :-)


Tuesday, November 08, 2011

I 10 passi che sconvolsero il Mondo.

Devo il titolo di questo post a tre persone: il primo è John Reed con il suo libro "Ten Days that Shook the World", il secondo è Rusky a.k.a. Marco Giovannini che con me è stato testimone dell'evento che vado a descrivere, il terzo è Thierry Gueorgiou… e non serve spiegare chi è.

La miccia dei miei pensieri è stata accesa dalla redazione di Azimut che mi ha mandato (immagino non solo a me) in quanto noto ori-blogger una preview, una anteprima del numero 6 di Azimut che uscirà in occasione del Meeting di Venezia.

Non ho qualifiche per invitare i lettori di Azimut a leggere con maggiore attenzione questo o quel pezzo di Azimut (l'ultimo numero era tutto molto interessante... persino il pezzo del Presidentissimo!), anche se la mia indole mi indurrebbe a segnalare di trascurare le pagine n. 9 e 15, scritte evidentemente da tale Stefano Galletti sotto l'influsso di roba pesantemente alcoolica (solo se ti chiami Gianni Brera puoi essere la dimostrazione che non è necessario essere sobri per scrivere divinamente).

No... quando ho ricevuto la preview ho avuto come un sussulto nel vedere una certa foto riportata a pagina 19. Una foto che propongo nella versione scattata dal mio quasi coetaneo Eddie Bergeron (sono stato più volte al suo fianco lungo il corridoio di La Feclaz) e disponibile su internet all’indirizzo

http://www.catchingfeatures.com/eddie/woc11/relay/IMG_5816_medium.jpg

So che Rusky se la ricorda questa foto, vero…? Questa è l'immagine dei "10 passi che sconvolsero il mondo". Ma torniamo per un istante a La Feclaz...

La Feclaz. Agosto. Sabato di fine WOC 2011. Una giornata calda, a tratti torrida. Una arena naturale che aspetta la conclusione della seconda staffetta mondiale, quella maschile, dopo che la staffetta femminile ha vissuto un paio di ore prima la terza frazione più isterica, irriverente, irrazionale e incredibile che io possa ricordare. La giornata ha già raccontato una storia tutta italiana, quella dei due atleti privi di GPS che seminano il panico nelle fila dei francesi (le api, Martin Johansson, un errore da principiante… ed ora gli italiani?) e nella testa di Per Forsberg che non sa che pesci pigliare visto che ha in fuga una squadra che il computer non può segnalargli.

Parte la terza frazione, quella decisiva, quella che deve dimostrare che “Roi Thierry” non può perdere ancora una volta la staffetta, nella sua terra, in mezzo alla sua gente, sotto all’elicottero della sua Gendarmerie che (volteggiando quasi rasoterra) ne celebrerà la conquista dell’ennesimo oro. Ed il Re, che ha già trovato in carriera tre modi incredibile per perdere quella staffetta, avrebbe anche cento modi diversi per vincerla…

Tra tutti, sceglie quello forse più inatteso per chi lo vede come il più grande esponente della corsa tecnica, la middle distance, nella storia dell’orienteering: sceglie di vincere DI FORZA! Primi 3 passi: Mamleev è alle spalle, davanti ora c’è solo lo svedese… Altri due passi, sul ponticello a 50 metri dalla partenza: sembra di veder correre fianco a fianco un quattrocentista olimpico ed un tapascione delle corse domenicali… Misha e lo svedese si scuotono all’improvviso, si devono ingobbire di fatica ancora prima di uscire dallo stadio di La Feclaz! Prima ancora di raccogliere la carta di gara, prima ancora di raggiungere quel triangolo color magenta che (di fatto) accoglierà un Gueorgiou in fuga solitaria. Ancora 3 passi, i primi che affrontano la ripida salita che porta fuori dall’arena: il Re è inarrestabile, l’azione fluida ha lasciato lo spazio ad un arrembaggio improvviso, un autentico assalto all’arma bianca atletico prima ancora che orientistico; Gueorgiou ha intenzione di far fuori gli avversari prima ancora di aver soltanto pianificato la prima tratta del percorso!

Gli ultimi due passi lo portano fuori dall’arena: per quanto ci si sforzi di immaginarlo, la telecamera fissa che inquadra gli atleti sul pascolo che porta lontano verso lo stenditoio delle mappe inquadra di fatto UN SOLO corridore. Gli altri, No Shit!, sembrano già staccati… non è una questione di prospettiva o di ripresa televisiva. No Shit! Gueorgiou è GIA’ SOLO! Si, i metri di vantaggio sono ancora solo 3 o 4… ma è già SOLO, è nel suo mondo fatto di Golden Routes che comprende solo lui, fatto di allenamenti tirati al limite umano che si rivelano più duri e complicati del percorso mondiale, e soprattutto di 3 anni di sconfitte in quella benedetta e maledetta staffetta mondiale: 3 anni di sconfitte che gli faranno dire una frase bellissima nella prima intervista post-vittoria “Non dimenticatevi di Damien Renard: è come se ci fosse stato anche lui sul podio con noi”.

Per chi vi ha assistito, vero Rusky?, una scena di inaudita potenza e incredibile controllo, quasi VIOLENTA per gli standard sportivi cui sono abituati gli orientisti.

Tra i miei ricordi ce ne sono alcuni legati ad atleti che hanno dovuto svestirsi dei panni di fini esteti dello sport per mettere quelli del guerriero, dell’audacia, del “o la va o la spacca” (o meglio, in terra gallica, dello “Spacco tutto, per Toutatis!”). Ho ancora negli occhi le immagini di Franz Klammer sul muro finale della Patscherkofel, quando dovette giocarsi il tutto per tutto (carriera, prestigio, futuro, forse la vita… Hermann Maier è solo un imitatore successivo) in una sola curva finale per portare via il secondo oro a Bernard Russi e guadagnarsi lui la gloria olimpica. Ho in mente Thierry Gueorgiou ed i suoi 10 passi, e sono convinto di aver rivisto in diretta la stessa rabbia e lo stesso ardore.

E sono convinto che nemmeno “Le Roi” saprebbe in grado di ripetere quei 10 passi.

Buona lettura di Azimut a tutti, e lasciate perdere tutto ciò che è firmato da me…

Sunday, November 06, 2011




Domanda. State correndo la gara promozionale a Casaglia “Prova l’orienteering” e vi trovate a percorrere la tratta 9-10. Cosa fate?

Niente, perché se non vale per la lista base non mi vedono nemmeno dipinto sul muro

Niente, perché sono un AGONISTA (… estiqaatsi…) e non faccio gare promozionali… vedi a)

Niente, perché se non c’è il delegato tecnico, il supervisore, l’omologatore… vedi a) e b)

Vedi cosa succede a far tracciare a chi non ha il patentino Fiso (Fantastic Incredible Stupid Orienteering)… ecco perché non c’ero! … vedi a) b) e c)

Potrei andare avanti così per un bel po’… e lle frasi sono tutte tratte da conversazioni avute nel recente passato. Il fatto è che io c’ero a Casaglia. C’ero e con me un bel gruppo di amici che hanno approfittato dell’ultima gara di “Prova L’Orienteering” per non farsi mancare un fine settimana con cartina e bussola, anche se magari la carta non è tecnica come ai Mondiali di La Feclaz, non ci sono punti in lista base in palio (anche se a giudicare dal campo dei partenti una MA non sarebbe valsa meno di 90 punti…), l’organizzazione è spartana ma assolutamente efficace, e l’attenzione non è dedicata per forza al 100% agli “AGONISTI” ma a tutti coloro che nonostante il tempo inclemente sono venuti a provare un sport che (vista appunto la partecipazione in una giornata con tempo da tregenda) probabilmente li ha già belli che catturati, e se va avanti così la Polisportiva Besanese resterà irraggiungibile per molti moltissimi anni a venire…

Tratta 9-10, dunque, ed alla 9 bisogna pur arrivarci… Partenza assolutamente non intuitiva, che butta subito in salita verso sinistra laddove tutti partono belli rilassati e deconcentrati aspettandosi una prima galoppata verso i prati che digradano verso il basso. E tirate lunghe tra i campi ed i boschetti che circondano il Palazzo dello Sport di Via De Gasperi che tante volte ci ha ospitato per le gare di Trofeo Lombardia. Luigi Giuliani mi passa sulle orecchie nella salita che porta verso la 6, dove incontro Francesco e Simone Magenes (e rammento al popolo che il giorno in cui il primo dei due passerà in categoria assoluta io mi ritirerò definitivamente tra i master, perché in vita mia mi sono bastate le mazzate che ho preso dal loro papà!). La pioggia rende simile ad una pista da bob il morbido sentiero nel bosco bianco che porta verso la 7; la 8 la si trova salendo fino in cima alla collinetta ed il verdone non è poi così incombente… e quando si arriva alla 9 è il momento di pianificare la traversata proposta da Carlo Nessi.

La prima idea è di ritornare sul sentiero “pista da bob” e rifarlo in salita, ma il ricordo è ancora troppo fresco e poi per la prima parte dovrei muovermi in direzione della 8 senza guadagnare terreno… Decido allora di puntare dritto ad ovest, raggiungere la strada, scendere verso sud-ovest passando dalla 13 (una occhiata non guasta mai) e percorrere tutto il sentiero fino a sbirciare la 11 (non guasta mai…) ed arrivare alla 10 da nord.

Poi, ovviamente, devo ripercorrere il sentiero per la 11, scendere e risalire faticosamente verso la 12, tornare finalmente alla 13 tagliando il tagliabile ed è già ora di buttarsi verso la 15 lungo un sentiero celeberrimo per le imprese dei mountain-O-bikers in una edizione bagnata (e scivolosissima) di Coppa Italia di parecchi anni fa sulla stessa carta. Arrivo al traguardo dopo aver perso il cartellino raccattatomi da un concorrente che avevo appena superato, cosa che non mi succedeva ormai dai tempi del lontano XX° secolo… ma era più o meno dagli stessi anni che non indossavo in gara le fantastiche Silva VM verdi coi lacci arancioni che avevo comprato alla 6 giorni di Thun per 60 franchi svizzeri, chiedendomi se non stavo facendo un investimento arrischiato per una passione ancora non così definitiva!

In definitiva, cosa ha di speciale quella tratta 9-10 di una gara promozionale con meno di cento partenti, non valida per la lista base, senza classifica ufficiale, disputata nell’unica ora e mezza senza pioggia di un fine settimana veramente difficile? Ha questo: che tutti quelli (ovvero quasi tutti i concorrenti) che l’hanno percorsa, hanno visto benissimo che si passava dalla 13, hanno visto benissimo che con una minima deviazione di percorso si poteva fare 13-14 prima di scendere verso il terzetto 10-11-12, hanno visto benissimo che così facendo si sarebbe risparmiata strada, tempo e fatica.

E tutti quanti, se ne sono ben guardati! Perché tagliare la tratta 13-14 sulla carta di Casaglia per terminare la gara con un tempo vicino a quello di Giaime Origgi, di Paolo Mario grassi, di Mery Crippa o di Federica Maggioni (…e qualcuno avrebbe forse creduto al mio tempo?) non ha avuto senso per nessuno. Oggi eravamo tutti i gara solo per noi stessi, l’unica giuria di gara riunita era quella costituita da ciascuno di noi, ed evidentemente ciò è bastato per restituire ad una giornata di sport una dimensione nella quale il risultato conseguito è da giudicare solo ed esclusivamente coni nostri occhi.

Se solo imparassimo ad applicarlo tutti i giorni anche nella vita quotidiana…