Stegal67 Blog

Tuesday, January 24, 2012

LA VITA COME METAFORA DELL’ORIENTEERING

Ogni tanto penso che l’orienteering sia uno sport crudele. Voglio dire: tutti coloro che fanno sport, invecchiando, non riescono più a performare nello stesso modo e con gli stessi risultati assoluti di quando erano più giovani. I corridori vanno più piano. I saltatori si fermano qualche centimetro o decimetro prima, o più in basso. I lanciatori ottengono misure più modeste.

Una costante degli sport di squadra, però, è che l’anello è sempre a 3 metri e 5 centimetri di altezza, la rete è sempre alla stessa altezza (come nel tennis), la porta ha sempre la stessa larghezza e altezza. Magari non si è più in grado di fare certi movimenti con la stessa scioltezza, con lo stesso grado di dinamismo, ma questo fa parte della vita. La vita, intesa come metafora dello sport, ti insegna ad imparare dal passato anche se quel passato non può più tornare. E imparando si smorzano i toni accesi della gioventù, le immagini di una tenzone agonistica vissuta più come battaglia vera e propria che come momento nel quale due o più persone giocano insieme perché insieme hanno coltivato questa o quella passione…

Non dimenticherò mai le parole di Adolfo Consolini, che a fine carriera raccontava di come fosse cambiato il suo rapporto con il lancio del disco, la disciplina che lo vide campione olimpico a Londra ’48: “Una volta lanciavo il disco e gli gridavo dietro tutta la mia rabbia e la mia tensione affinché volasse più lontano. Oggi mi limito a lasciarlo andare con amore, e ad augurargli buon viaggio e buona fortuna”.

Ma l’orienteering assume tratti a volte decisamente crudeli. Mi è capitato, ancora nel secolo scorso, di parlare con atleti fortissimi che di punto in bianco avevano lasciato; io che non ero in grado di mettere assieme due lanterne decenti di fila, sentivo la mia voce trasformarsi in un lamento quando accennavo al fatto che questi ragazzi stessero sprecando il loro talento sull’altare di uno stato di forma poco meno che perfetto, di una impercettibile stanchezza fisica che non li metteva più in grado di gareggiare sotto quella tal soglia di minuti al chilometro. E poco effetto sortivano le mie provocazioni sulla bellezza e la soddisfazione di “azzeccare” questa o quella tratta particolarmente tecnica, quando mi trovavo di fronte ad atleti che ormai erano in grado di dominare qualunque difficoltà orientistica, fosse anche una lanterna infilata nel posto più impossibile.

Non avevo ancora capito che invecchiare come orientisti (o, almeno, questo capita agli orientisti forti… mica a me!) significa aver immagazzinato un tale bagaglio di esperienza e di conoscenza che farebbe la fortuna di tanti atleti ed atlete che vanno ai Campionati Mondiali, ma al tempo stesso (a meno di avere il fisico di Carlo Rigoni) trovarsi alle prese con cartine e percorsi che non sono più in grado di offrire la stessa sfida e la stessa soddisfazione. Si… la soddisfazione può arrivare guardando la classifica: magari, invecchiando, si scopre di essere rimasti più freschi e più in forma dei rivali di un tempo. Magari, invecchiando, si trova il proprio nome in classifica davanti a quello dell’amico-rivale che ci ha sempre bastonato. ECCHECCAVOLO!!! Capiterà anche a me di arrivare una volta nella vita davanti Stefano Maddalena o Carlo Rigoni, no? (quando ho dichiarato che il mio obiettivo è vincere due volte l’Oringen in H100, il Madda mi ha risposto che una volta anche posso vincere ma che poi arriva anche lui in categoria…). Però la classifica è solo una parte della soddisfazione, una PICCOLA parte della soddisfazione.

Perché l’asticella, il limite, il problema da risolvere… diventano più facili: il campo di gara rimane sempre quello, ma il percorso diventa più facile. L’M40 magari è ancora abbinata alla WElite, ma l’M50 no (a meno che non si vada all’Oringen… ho portato a casa delle cartine della W70 con certi percorsi che… insomma… si, magari uno le lanterne le trova, ma forse!!!), l’M60 nelle gare regionali è talvolta abbinata alla W14, ed i tracciatori tendono necessariamente a salvaguardare le ragazzine inesperte rispetto ai marpioni con 30 anni di esperienza nei boschi. Anche in una gara (che non si farà) di cui (non) ero tracciatore, il percorso M60 era abbinato alla W16… e sicuramente i vari Federico Cancelli, Carlo Nessi, Cesare Spacca non si sarebbero divertiti molto.

Già… Federico Cancelli. Pensare ad uno come lui, che l’ultima gara di Trofeo Lombardia la gareggia ancora in MA perché ormai la classifica generale della M60 è consolidata, mi da ancora una gran carica; lui come quell’altro matto di Dieter Wolf che continua imperterrito a correre in Elite anche se ormai gli anni sono più di 60: una volta gli abbiamo chiesto chi glielo facesse fare, e lui ha risposto che finché era in grado di terminare il percorso entro il tempo massimo avrebbe sempre gareggiato in Elite. A proposito: mi pare che da un paio di anni Wolf abbia a che fare con gli allenamenti della nazionale New Zealand… ecco, lasciando perdere quel pazzo di Chris Forne, quando a La Feclaz vediamo i risultati del team All Blacks forse potremmo vederci dietro il tocco magico del vecchio lupo. “A proposito bis”: in occasione di non so più quale gara di non so più quanti anni fa ero andato a cercare con Google i risultati degli Elite stranieri per vedere se qualcuno avesse esperienze mondiali; arrivato a Wolf avevo trovato un omonimo che si divertiva a fare podio negli anni ’70… un omonimo, appunto! (per fortuna Andrea “the magician” Rinaldi venne a salvarmi dalla brutta figura di livello imperiale).

E allora io, che sono da MOLTO meno sia di Dieter Wolf che di Federico Cancelli quanto a prestanza atletica e tecnica orientistica ma che sono MOLTO più matto di tutti loro due messi insieme (e quanto a follia sul piatto opposto della bilancia possono salire anche tante altre persone) ho deciso che anche quest’anno

  • nonostante il regolamento reciti che la classe di ferro 1967 è passata in M45…
  • nonostante le scarpette numero 50 da orienteering o da corsa abbiano visto il mio piedone puzzone per l’ultima volta ad inizio dicembre…
  • nonostante il corpo dia evidenti segni di sfacelo (tra poco si entra in bacino di carenaggio per qualche giorno)…
  • nonostante ciò possa evidentemente nuocere al mio futuro di tesserato ASTi Ticino (la tuta turchese dell’AGET è sempre bene adésa al giro-vita)…
  • nonostante la personale vergogna, nonostante i pareri contrari del medico, degli amici, dei parenti, dei conoscenti, dei compagni di lavoro, dei capi, del ministro Passera (ex collega di lavoro), della Protezione Civile, del Comandante Schettino, di Er-Team, di Dario Pedrotti, di Larry e della nazionale di trail-orienteering…

sarei andato a Casorate Sempione all’allenamento della squadra nazionale e, al momento di iscriversi, ho dichiarato forte e chiaro “percorso lungo, grazie!”.

(immagine tratta dal sito di AlesTenar: www.alessiotenani.it . A me mancano sempre una rotella in testa e uno scanner in ufficio...)

Se ci fosse stata una classifica, l’ultimo posto a grande distanza dal penultimo non me lo avrebbe tolto nessuno (1h33m con cedimento “da svacco” nel finale – lanterne 19-20-21 – dove si poteva solo correre dritto); ma volevo vedere l’effetto che fa… volevo vedere se da qualche parte sotto strati e strati adiposi balùgina ancora (il verbo è complicato, lo so, ma oggi ho stupito il cliente con “tautologico” e so che posso fare di meglio…) una fiammella, un guizzo, una voglia sopìta di entusiasmo che vuole essere più forte della fatica, del dolore (e che letto di dolore, nel pomeriggio di domenica!) e della vocina del cervello che continua a ripetere inperterrita “chi te lo ha fatto fare! Chi te lo ha fatto fare!”. Ma perché dovrei risparmiarmi anche ad un solo metro? Per arrivare (forse) a metà classifica in M45? Perché dovrei rinunciare a vedermi superare a gran velocità nel bosco da Riccardo Scalet (a breve sarà al Mondiale, quello importante!), da Elisa Lucian (a breve sarà al Mondiale, quello importante!... ma quanto sono cresciuti in altezza ‘sti due ragazzi durante l’inverno???,), da Gian, AlesTenar, Marco ed Emi? E giuro che mi sono smazzato le 21 lanterne senza nemmeno azzardare un taglio, perché una cosa come questa non avrebbe avuto alcun senso e non è tagliando un paio di centinaia di metri (come ha fatto qualcuno… e l’ho beccato!) che mi sarei guadagnato la strada del Paradiso.

Una strada sulla quale qualcuno ha inciso le parole, che ogni tanto mi fermo a rileggere, che lo scrittore statunitense Charley Rosen scrisse alla fine di un bellissimo capitolo in “More than a Game”: “Tornai a giocare per parecchi anni, a malapena in grado di rotolare da una linea di tiro libero all’altra, ma questa volta pronto più a ricordare che a dimenticare. Giocatori più giovani e più forti mi spingevano qua e là come se fossi stato di paglia (…). Avevo le ginocchia che pulsavano, l’anca sinistra che faceva male, ma mi divertivo a giocare. Passare mi dava più soddisfazione che segnare. Piazzare un bel blocco sul lato debole significava buoni tiri per i miei compagni. (…) Invece di giocare menando e sgomitando, arrivai a danzare di partita in partita meglio che potevo. Ammiravo e lodavo le giocate spettacolari di entrambe le squadre; felice tanto di vincere quanto di perdere, ero eccitato per il solo fatto di giocare. Diventato troppo vulnerabile per giocare con odio, dopo così tanto tempo arrivai finalmente a capire”.

Tuesday, January 10, 2012

PLAGIC MOMENTS

Gli orientisti sono dei gran buffoni. Più sono forti, più diventa fantasiosa la risposta alla classica domanda (domanda classica = domanda da giornalista cresciuto alla scuola di partito… mica le domande che fa l’impiegato panzottello!): “Questa vittoria ai WOC \ World Cup \ Tiomila \ fatevoi… è stata la tua gara perfetta?”. Ovviamente non lo è MAI! Caspita… hai vinto i Campionati Mondiali con 7 minuti di vantaggio sul secondo, ma ovviamente non è la gara perfetta perché hai fatto un metro di dislivello in più perdendo ben due secondi! E gli altri che han corso contro di te? Sono tutti dei pirla? Bah!

Poiché io la mia gara perfetta l’ho già corsa più volte, mi sembrava corretto nei confronti della stagione 2011 raccontare anche le migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista) boiate o perversioni orientistiche che mi sono capitate in 83 gare. Il fatto che il grande Dario P. abbia già pubblicato sul suo blog http://dopolavori.blogspot.com un bellissimo pezzo “Tragic moments” non può che darmi lo spunto per chiamare il mio “Plagic moments”, visto che potrei essere accusato di scopiazzatura…

Con una piccola differenza. Il grande Dario P. racconta i suoi “momenti” dal punto di vista di un Master che affronta tutte le gare per vincere, dalle promozionali ai Campionati Italiani; quindi alcuni momenti da dimenticare sono legati al Campionato Italiano su questa o quella distanza. L’impiegato panzottello… vabbé, diciamo che la gamma o lo spettro di gare è uno zinzinello più affievolito. Per questo non c’è classifica o countdown (“Non c’è count-down!” cit.): sono i 10 moments del 2011 da ricordare per un motivo opposto rispetto a quelli Magic.


Orientaconil – Conil de la Frontera (sprint). Ok Stefano. Tutto ok. Ci sono gli amici che ti guardano. C’è l’Halden SK che ti guarda. C’è Liis Johansson che ti guarda! Partenza secca, sparata. Vai dritto verso l’Oceano Atlantico… l’Oceano! Hai capito? Non puoi mancare l’oceano… Perfetto. Prendi la carta e via! Su IN SALITA! In salita? Quando mai si è visto che l’oceano sta più in alto del centro del paese??? Tra le rovine di Atlandide forse!!! 50 metri di corsa in salita, dietrofront e rapido ma non invisibile passaggio davanti alla platea in delirio…

Torcegno – notturna di Coppa Italia. Tutto perfetto: arrivo in Valsugana in ampio anticipo rispetto alla gara, esemplare nutrizione, vestizione con calma, relax e stretching e riscaldamento. E, al momento della partenza di massa, scoprire che le gambe non hanno nemmeno l’intenzione di spostarsi di un metro. Mentre tutti intorno a me si scapicollano qua e là in cerca dei primi punti, mi accodo come ultimo vagoncino al treno dei ritardatari per restare ben presto da solo in ultima, e poi ultimissima, posizione. Se almeno avessi fatto PM, avrei potuto dire che avevo rischiato per stare coi primi… Invece così è stato difficile persino salvare quel poco di dignità…

Passo San Boldo – Coppa Italia. Quando si sbaglia la prima lanterna, a meno di non essere a fondo griglia c’è sempre la possibilità di essere “ripescato” da chi ci parte dietro. Ma quando si parte ad orario speaker (circa le 7.30 del mattino) ci sono solo i posatori ai quali ci si può appoggiare. E’ quello che succede a me a Passo San Boldo; il posatore è Roland Pin, che mi vede armeggiare per un paio di minuti a 20 metri dalla lanterna e dopo aver immortalato il tutto con la sua fotografia decide, pietosamente, di indicarmi il punto con la mano sennò lo speaker non sarebbe arrivato nemmeno per le premiazioni…

OriNiclin – promozionale al Parco di Nichelino. Ogni tanto ho la sensazione che qualcuno “mi stia facendo su”, che le lanterne siano state portate via da un fantasmino. Impossibile mancare una lanterna in un parco? No, quello si può fare. Impossibile e da fuoriclasse è mancarla SEI VOLTE e trovarla solo al settimo passaggio. Nemmeno l’elettrodomestico RRRRUMBA! che fa le pulizie da solo avrebbe coperto efficacemente quell’area come me. Lanterna da 1 minuto e mezzo… per me segnare sette minuti grazie!

Kastav – Alpe Adria. Alle elementari si studiavano le Alpi con la filastrocca “Macongranpenalerecagiù”. All’università gli ammassi globulari erano del tipo stellare “Oh Be A Fine Girl Kiss Me Right Now!”. Di passaggio dalle medie, c’era “Ha 6 repubbliche, 5 popolazioni, 4 lingue, 3 religioni, 2 alfabeti”… Oggi in Yugoslavia non ci si va nemmeno più a prendere mazzate nel basket. E allora perché io sono finito in Croazia in quel di Kastav? Il racconto della gara middle lo trovate leggendo le mie avventure del mese di giugno: …

Folgaria – gara sprint. Altra partenza di notevole spessore da parte dell’impiegato panzottello, che decide come prima cosa di risalire una tonnata di curve di livello fino al punto 10! E poi mi chiedono perché sono stato io a scrivere sul sito ASTi svizzero della “Sindrome da primo punto”

6 giorni di Francia – sesta tappa. Beh… sulla Montagna Lachat ci ha lasciato la pelle persino Mamleev, e con lui tutte le donzelle della terza ed ultima frazione della staffetta mondiale. Ma non mi consola nemmeno un filo, pensando alla mia sciagurata prima lanterna. Per fortuna che Attilio era dietro di me solo di qualche minuto e che è arrivato lui sul punto ad indicarmi in quale cavolo di avvallamento si trovava.

Corvara – gara sprint. Nessun problema stavolta sulla prima lanterna, che è proprio appena fuori dalla zona di partenza. La sindrome si scatena quindi al secondo punto dove l’impiegato panzottello si trasforma nel terrore dei panni stesi ad asciugare dalle madri ladine… In tutto il mio dentro e fuori da qualunque cortile o anfratto del centro di Corvara riesco a trascinare nella mia follia anche il povero Fabio Hueller che partiva dietro di me e che (pur dubbioso) mi ha seguito per un pezzo non potendo immaginare che quello sciagurato (io) potessi sbagliare in un posto così facile. Da quel giorno Fabio non mi segue più nemmeno nella fila per avere i canederli gratis.

Trail-O al Parco Miraflores di Nichelino. Per essere uno che non voleva nemmeno fare una gara di trail-O nel 2011, il mio inizio è stato un po’ all’insegna del disimpegno. Talmente rilassato da saltare in pieno una lanterna ed accorgersene solo in vista del traguardo, quando già manca pochissimo tempo allo scadere del limite. Tornare indietro o non tornare indietro? E’ la lanterna più lontana… sforare il tempo massimo vuol dire sommare penalità all’errore inevitabile. Nonostante tutto, sotto la canicola torinese mi lancio (vestito di tuta, pile e giaccone) in una corsa pazza verso il punto; lo raggiungo, punzono praticamente a caso e rifaccio all’indietro tutta la strada correndo a perdifiato come l’omino Michelin. Al traguardo sono paonazzo, ho 85 di pressione massima, vomito pure il panettone di Natale e sono sudato come se avessi corso la O-Marathon con 99,9% di umidità per lo sconcerto ed il voltastomaco dei presenti. Ovviamente il punto l’ho cannato! Ah… dimenticavo: il fatto che il sottoscritto sia in testa alla lista base nazionale di fine anno 2011 del trail-O è cosa che non risulta spiegabile da nessuna legge fisica razionale…

Campionati Italiani di Trail-O a Cavalese – seconda tappa sotto la caldazza. Gareggio a fondo griglia nelle ore più calde della giornata, il percorso è improbo per le mie possibilità ed arrivo al traguardo cotto, sfinito e con “un mal di testa fotonico” (cit.). Restano i punti a tempo. Sul primo il giudice è Owe Fredholm, gran marshall dei mondiali di trail-O. Mi siedo. “There are five flags… Alpha… Bravo…”. Un momento, un momento! Non ne vedo nemmeno una! Dove sono le lanterne? Fredholm ricomincia “There are five flags… Alpha… Bravo…”. Un momento! Un momento!!! Non le vedo, non le vedo proprio! Ok, dice l’omino del cervello: sto proprio facendo la figura di merd… del baro e del furfante che cerca di avvantaggiarsi. Fredholm mi gira intorno, mi guarda, prende la mia testa tra le mani e delicatamente la gira di 45 gradi: “There are five flags… Alpha… Bravo…”… poi la risposta l’ho cannata lo stesso. Fredholm però si è ricordato di me ai Mondiali, quando lui era il super-mega-marshall ed io cercavo di intrufolarmi sul percorso come addetto stampa per fare qualche foto. Si è ricordato di me e mi ha lasciato girare indisturbato.


Una collezione niente male per uno che ancora gareggia tra gli esordienti, no? E pensare che tra poco, forse quasi pochissimo, saranno MILLE GARE!!!

Saturday, January 07, 2012

The Park side of the moon

Approfittando delle prime “ore d’aria” del 2012, ho completato ieri i percorsi della seconda e terza tappa di Milano nei parchi 2012. La maggior parte del tempo l’ho trascorsa al Parco Lambro, sulla carta di gara realizzata da Remo Madella: la tappa del 18 febbraio è abbastanza lontana dalle prime gare del Trofeo Lombardia, e questa volta penso di esserci andato giù un po’ più pesante rispetto ad altri tracciati fatti anche nel recente passato… se non altro dal punto di vista atletico.

Ho cercato di sfruttare in modo “orientistico” l’ostacolo naturale costituito dal fiume, e anche nel 2012 ci sarà il “punto Renate Fauner”, dedicato alla pluri campionessa italiana con la quale un giorno mi trovai a punzonare la lanterna 13 del Meeting Internazionale di Venezia, con la 14 a vista non più distante di 50 metri… ma come ovviamente possono immaginare i patiti del Meeting veneziano, quei 50 metri si rivelarono in realtà molto più lunghi! In quell’occasione Renate tirò giù una parolaccia in tedesco ben comprensibile anche da me, ed io mi misi a ridere… Certo, potrei anche chiamarla “tratta Eduard Shutkovsky” e non ci sarebbe niente da ridìre o da rìdere, se non fosse per il modo in cui il grande russo risolse la questione (al Parco di Monza?) durante una promozionale invernale di qualche anno fa.

Aggirandomi per il Parco Lambro con la cartina in mano, colonna sonora di Francesco Salvi “E questa lanterna qua devi metterla làaaaaa…” ho pensato spesso che le cartine dei parchi cittadini (non solo quelli di Milano) potrebbero essere sfruttate meglio, non solo per gare promozionali come ad esempio la “Milano nei parchi” che da sette anni è ad iscrizione gratuita (i soldi per coprire le spese, ovvero stampe di gara, lanterne, paletti, testimoni cartacei ce li mette la mia società e quindi in buona sostanza i tesserati) ma anche per qualche evento più importante o più ufficiale: e non parlo del solito vecchio trail-O che al Parco Lambro ed al Parco Forlanini ha già visto una edizione della Coppa Italia… perché se ci si mette nelle mani di due tracciatori competenti come Remo e come Marco Giovannini, beh!, sarebbero capaci di tirare fuori qualcosa di eccezionale anche da una aiuola spartitraffico.

Parlo invece magari di un Trofeo Lombardia, di un Campionato Regionale Sprint, di qualcosa di più concreto (dal punto di vista agonistico) del solito rivedibile percorso che l’impiegato panzottello butta giù in un paio o tre di uscite sul campo, con un occhio rivolto esclusivamente al divertimento per i pochi agonisti che decidono di dedicare un sabato mattina ad una corsa nel parco con una cartina in mano anziché ad un allenamento atletico.

E’ vero che le ragazze ed i ragazzi della squadra lombarda non diventeranno più bravi e non miglioreranno la loro posizione nelle classifiche nazionali gareggiando al Parco Lambro o al Parco Nord (dove comunque con lo sport ident si potrebbe tracciare una O-Marathon, se non per dislivello e difficoltà tecniche almeno per lunghezza); mi sembra però che nell’ottica della “semplificazione” richiesta dal Comitato Regionale Lombardo e della promozione richiesta dalla FISO (è un caso che sul sito Fiso da quest’anno ci sia una sezione a parte dedicata al calendario delle gare promozionali?) dovremmo essere tutti quanti mentalmente più pronti ad accettare che in calendario ci sia qualche gara più “ruspante”, magari su una carta che non è omologata come se ci dovessi correre un mondiale, magari tracciata da chi non ha fatto il corso di tracciatore, magari una middle su carta al 5000 o al 7500 anche se i soloni scandinavi (che non hanno il problema di far conoscere il loro sport alla gente, perché da quelle parti l’orienteering va in prima serata) non sono d’accordo.

In Svizzera fanno tracciare i ragazzi di 16 anni, e poi certo i più esperti danno una occhiata e danno qualche utile suggerimento, e non si fanno problemi a correre il Campionato Ticinese su una carta 1:4000 se quello è il formato più consono a garantire la leggibilità del campo di gara! O a decidere il Trofeo Miglior Orientista in una gara fatta di tre tappe sprint corse una dopo l’altra, l’ultima delle quali con la mappa “curve di livello”, che riscuote anche l’apprezzamento dei campioni… ma in fondo cosa vuoi che ne capiscano di regolamenti gente come Hubmann, Merz e Hertner?

Non faccio fatica a comprendere che nella testa degli orientisti, o perlomeno di parecchi di loro, la stessa gara, lo stesso percorso, la stessa organizzazione, risultano poco efficaci come evento ufficiale se non vengono rispettati completamente fino all’ultima virgola i regolamenti e soprattutto se c’è il rischio che non vengano assegnati i MALEDETTI PUNTI DELLA MALEDETTISSIMA LISTA BASE, ed invece tutto torna ad essere divertente se l’evento è assolutamente promozionale, ad iscrizione libera, vado-partoquandovoglio-laclassificameladiconotregiornidopo…

L’anno 2012 dovrebbe essere quello della semplificazione, che è un ottimo concetto condiviso da tutti coloro che vestono una componente dirigenziale; purtroppo non tutte le rivoluzioni copernicane si confezionano nel breve volgere di una stagione sola, e gli orientisti (non tutti, ma la maggior parte ancora si) vestono i panni dell’atleta per gareggiare in competizioni che danno i bei punti in lista base, vittorie ufficiali di cui parlare o scrivere, occasioni per mostrare di essere più forti dei rispettivi avversari, ecc.ecc.; secondo me anche da cartine come quelle del Parco Lambro (o del Parco Nord, o del Parco delle Cave) potrebbero uscire classifiche che rispecchiano i veri valori in campo anche se la scala di gara non è di impronta IOF (il Parco Lambro è in una scala 1:5.500, cosa che può fregare sono nel trail-O), anche se magari un percorso potrebbe risultare più lungo (se sprint) o più corto (se middle) di quanto prevedono le tabelle, anche se l’omologazione è po’ zoppicante (se ci sono delle zone dubbie, è compito del tracciatore non mettere lì i punti o non farci passare i percorsi).

Così si potrebbe dare nuova dignità al Parco Lambro o al Parco delle Cave o al Parco Nord, senza nemmeno trascurare alcune zone come il quartiere Terrazze a sud di Milano, o il quartiere Adriano con i suoi parchi nella zona nord-est (queste ultime sono cartine che, se non cambiano le cose, nonostante tutta la buona volontà potrebbero non vedere mai la luce perché i tempi ed i denari da dedicare all’orienteering sono sempre meno…). Quando ho cominciato a fare orienteering, si gareggiava tre volte all’anno al Parco di Monza: una volta era una gara di Trofeo Lombardia, una volta era una staffetta, una volta era il “Trofeo del Parco”: quest’ultima era una gara nella quale tanti orientisti che sono ancora o sono stati Elite si sono SCANNATI per vincerla… altro che il Campionato Italiano che comunque lo vincevano sempre le Fiamme Gialle!!! Quest’anno dal 18 febbraio all’11 marzo si prova a tornare nei parchi: Parco Lambro e Parco Forlanini per la Milano nei Parchi, e Parco di Monza (11 marzo) per il Trofeo Lombardia (e qui per fortuna degli orientisti i percorsi ce li mette – credo – Paolo Mario Grassi).

Sicuramente i miei tracciati non sono del tipo “una volta che hai corto su un tracciato dell’impiegato panzottello, la carta del mondiale middle alla Montagna di Lachat ti fa un baffo!”. Ed è probabile che su un percorso di parco cittadino potrebbero emergere dei vincitori che non sono coloro che ti tirano un azimut di un chilometro sbagliando di un metro o che sanno trovare la strada a colpo sicuro nei Rock Paradise o nelle foreste scandinave. Ma se ogni tanto vince il più veloce e non il più tecnico, se ogni tanto corriamo una sprint o una middle un po’ troppo lunga o un po’ troppo corta o troppo poco aderente al concetto di sprint\middle, o su una carta già usata…

Oltre alla maledetta lista base, nell’elenco dei regali che ho chiesto a Babbo Natale c’era di toglierci dalla testa la maledetta FREGOLA PER LA CARTA NUOVA: di mappe “Taino-Monte della Croce” (giusto per dire un posto dove mi ci hanno portato pure per un evento aziendale outdoor) o di “Valli Pegorino e Cantalupo” ne ho un pacco così a casa. Ma per chi conosce l’orienteering nell’anno di grazia 2012, sono carte nuove! E magari più appetibili (come distanze da casa, come impegno per partecipare ad una gara da esordiente, per farsi portare da un genitore…) del posto nuovissimo, bellissimo, fighissimo, con le curve di livello talmente incasinate che se non hai corso almeno tre Oringen ti mandano in crisi… e ovviamente trattasi di posto in culo ai lupi (scusate il francesismo) perché altrimenti sarebbe già stato scoperto 20 o 30 anni fa.

Se, a fronte di queste “penalizzazioni” che suonano atroci alle orecchie dei puristi, riusciamo a tornare a proporre un calendario continuativo, qualche gara in più facilmente raggiungibile e che consenta ai padri e madri di famiglia di tornare a casa in tempi certi ed orari decenti senza dover investire una intera giornata per una gara regionale… Se riusciamo a FARCI VEDERE un po’ di più dai neofiti e dai potenziali orientisti del prossimo decennio senza andare a ficcare ritrovi ed arrivi di gare regionali e soprattutto nazionali in posti assurdi dove nemmeno il sindaco del paesino viene a vedere che cosa cavolo stanno combinando quei tizi che hanno chiesto il permesso di mettere giù tre gazebi… se riusciamo a trovare la quadratura del cerchio tra le gare di altissimo spessore, che capiscono solo i fini gourmet, e le occasioni meno ghiotte ma più adatte a palati meno raffinati, siamo proprio sicuri che andremo a rimetterci? “Semplificazione” è un concetto che non dovrebbe limitarsi all’aspetto organizzativo, ma dovrebbe diventare qualcosa che è dentro le nostre teste, nella nostra mentalità, che ci fa accettare qualche compromesso. Forse, così facendo, un giorno avverrà che l’MELite che oggi non è ancora nemmeno nato guarderà a chi starà correndo l’M80 o giù di lì dicendo “Questi sì che hanno inventato uno sport con controfiocchi”, come noi oggi pensiamo di chi 30 anni fa ha avuto il coraggio di proporre lo sport che pratichiamo. 30 anni fa i primi orientisti sono partiti dalle cose semplici, dalle basi: perché non ho mai visto costruire (o ricostruire) un edificio dal tetto, dalla punta, dalla cima della classifica.

Semplificazione per me vuol dire partire, o ripartire, dalle basi ed accettarne anche le ovvie conseguenze. Altrimenti si corre il rischio che rimanga uno sterile esercizio di dialettica.