Stegal67 Blog

Friday, April 13, 2012


Stegal Luxembourg Sprint Champion!!!

E' stata dura ma ce l'ho fatta. Ho battuto tutti. Ho battuto gli avversari, il tempo, i semafori... forse ho battuto persino Peo Bengtsson. Chissà se il mitico Peo ha già fatto correre i suoi amici giramondo sulla mappa di Luxembourg Town? In ogni caso, sarò io a passare alla storia come il primo campione sprint del Granducato di Lussemburgo!

Ingredienti. Innanzitutto ci vuole una federazione locale... e per questo non c'è problema: basta scendere nella hall del Victor Hugo Best Western Hotel in maglietta e calzoncini e organizzare una riunione alla quale partecipano senza saperlo anche la receptionist ed il suo boyfriend al bancone del bar. All'unanimità Helena viene nominata presidente della Federazione (di orienteering, e non di bocce... anche se sembra molto più portata per questo secondo sport e non per la precisione di bocciata!). Lei ovviamente finge di non capire che quando le dico "Mi sa che adesso vado a correre..." la sua risposta "bonne course" per me vuol dire "è indetto, organizzato e dato inizio al primo campionato lussemburghese sprint"!

Lo statuto della neonata federazione lussemburghese prevede che il primo concorrente al via disegni il percorso per tutti gli altri. Quindi il percorso me lo disegno io! D'altra parte mi fanno partire davanti anche qua... e spero che nessuno si aspetti di farmi fare lo speaker al traguardo.

Partenza in fondo alla ronde Schuman, così evitiamo tutti i semafori, e sono subito nel parco (il regolamento prevede di non calpestare l'erba, quindi me ne sto bello tranquillo sui vialetti a schivare pedoni, skaters, ciclisti di ogni genere numero e taglia...). Supero la Reuter e la Monterey di traverso sperando di non essere fermato dalla police locale, mando un accidente al cliente quando passo davanti alla sua sede lungo la tratta 3-4... ed è il momento di affrontare la voragine della Petrusse! Quale cacchio di volontà superiore mi costringe a sciropparmi quintali di dislivello anche qui? Discesa a picco sulla 6 e risalita "abbomba" (cioè camminando penosamente ed emettendo rantoli pazzeschi) verso la 7.

Dalla Place di Metz via lungo la Petrusse, si passa davanti al ristorante italiano e si crossa sulla 8 proprio davanti alla mia sede di lavoro (tanto anche qui sono stato l'ultimo ad uscire... nessun pericolo di essere visto dai nuovi colleghi!). Nuova picchiata dalla Place de Metz senza attraversare l'Avenue de la Liberté (il traffico è scarso ma l'unico accesso alla Petrusse è da dove ne sono uscito prima). Via sotto l'arco del Pont Adolphe e poi risalita sui gradini che portano alla Place de la Costitution, dove vedo la Madonna... e la vedo davvero perchè è la statua in cima al monumento alla vittoria davanti al quale mi addormentai nel 2008, nella mia prima sera lussemburghese of my life.

Il centro va via abbastanza liscio (lento ma liscio, un liscio lento insomma tipo "una rotonda sul mare") schivando dealers, brokers, uomini e donne d'affari che si valutano l'un l'altro sulla base del profitto del 2011. La 13 è un esplicito ringraziamento al Pizza Hut di Place Guillaume, dove quasi tutte le sere vado a rifocillarmi con la combo "potage du jour + pain à l'ail super supreme (deux tranches) + pizza pan épaisse mille gusti o una più salutare insalatona mista + una meno salutare ma efficacissima Bofferding da 0,50 cl...) ed arrivano le ultime lanterne del centro, mentre sulla città calano le prime ombre della sera e comincio a sentire freddo anche perchè il ritmo si è un po' abbassato nell'attraversare Place Guillaume dove è più lo spazio occupato da sedie e tavolini all'aperto che dal piazzale stesso.

Su verso nord passando di fianco all'ambasciata svizzera (onore a Simone Luder) e a quella danese (onore ad Anne Olesen) e l'ultima volata è nel'ingresso al Parco des Trois Glandes... giuro che si chiama così... dal quale esco verso il mio traguardo un po' di traverso, un po' in versione "bavoso" e un po' in versione "mais regardez-le... il aura une crise cardiaque!".

Lunghezza stimata (la fede-lux non si abbassa a calcolare lunghezze e dislivelli... se è sprint, è sprint!): 2,350 + 65. Tempo: 19'45". E sono primo. Primo! E resto primo anche dopo l'arrivo di tuuuuuuutti gli altri concorrenti (ovvero tutti quelli che sono passati di li'... anche se uno che correva davvero mi ha superato di brutto sulla 16-17 ma ha tirato dritto, cioè è andato lungo, in direzione della Porte Neuve).

Primo, e quindi Campione del Lussemburgo. Già perchè lo statuto della fede-lux prevede che anche gli stranieri possano correre per i titoli nazionali! Certo... mica tutti... lo statuto è preciso: uno straniero che vuole correre per un titolo nazionale deve pesare più di 90 chili, essere alto più di 1e90 e portare gli occhiali.

L'ho sempre detto io che un giorno avrei trovato una federazione che organizza le categorie per peso e non per età. Adesso vediamo se l'IOF ci copia... di sicuro una presidentessa come Helena l'IOF non ce l'ha!!!

Wednesday, April 04, 2012

OMBRE, SORRISI E... GLI OCCHI DEGLI AMICI

La pentola ricolma di monete d’oro non è mai nascosta alla fine dell’arcobaleno. Ed il sorriso perduto non lo si ritrova in fondo ad un canyon del Colorado (questa è per gli amanti di Billy Crystal…). Talvolta però la luce in fondo al tunnel compare, ed anche se il primo pensiero è quello che potrebbe trattarsi di una locomotiva in arrivo in senso opposto, si tratta pur sempre della fiammella della speranza e della fiducia che si riaccende.

Il sorriso perduto non stava questa volta nel canyon del Colorado, e forse non stava nemmeno a Lignano o Monte Prat, dove in fin dei conti mi sembra di averlo ritrovato (almeno fino ad oggi). Stava, e probabilmente ci è sempre stato anche se non lo vedevo, negli occhi di tutti gli amici con i quali ho condiviso gli ultimi mesi di passione nervosa. Questo è il grande messaggio forte e chiaro che dovrei tenere nel taschino, altro che i messaggi subliminali che dovrebbero incutermi coraggio e fiducia e che ultimamente ho trovato stantii e privi di un senso reale. Gli occhi delle persone che ci sono vicine quando affondiamo nel pantano, che ci tendono una mano quando stiamo per affogare, sono i messaggi che dovrebbero servire a tenere viva l’ultima fiammella di orgoglio, di speranza e di vitalità quando tutto il resto della testa sembra aver perso la strada come una qualunque ultima staffettista donna agli ultimi mondiali francesi… (chi c’era o ha seguito il live ha capito, per gli altri mi dispiace).

Mi chiedo se la lezione che ho imparato e che sto cercando di tenere a mente sia la seguente: non avevo nessun bisogno di andare fino a Monte Prat per ritrovare la capacità di leggere negli occhi delle persone che mi stanno accanto! Però tutti i combustibili hanno bisogno di una miccia per accendersi; e se il combustibile di una ritrovata parvenza di orgoglio pare aver preso fuoco, allora la miccia può essere stata davvero la trasferta a Monte Prat.

Trasferta che ad un certo punto non avrei nemmeno voluto (non “potuto”, “voluto”) fare. C’è stato bisogno di una certa casualità (disponibilità dei voli), una certa buona sorte (ho avuto negli ultimi due mesi degli “operativo voli” che al confronto l’aereo di “Delta Force” con Lee Marvin e Chuck Norris è arrivato dritto a destinazione…), la disponibilità di Marco e Mary a caricarmi a bordo e la tenacia di Attilio nel continuare a ricordare l’appuntamento con il Monte Prat. Senza tutto questo sarei probabilmente rimasto tutto il fine settimana a guardare il soffitto (ormai ne conosco a memoria ogni piccola increspatura), piangendo sull’occasione perduta ma in fondo senza trovare il coraggio di voler cambiare un certo stato di animo (non c’è mica un altro blogger che in questi giorni parla di “mood”?).

E quindi alla fine sono rimasti gli occhi degli amici a fare da pentagramma per il racconto di un fine settimana che è passato esattamente come lo volevo io, e come (persino) lo avevo descritto in un pezzo che per fortuna non ho pubblicato sennò venivano veramente a prendermi con il càmice e l’ambulanza…

Se dovessi cominciare a raccontare le mie tre gare… beh! Prima o poi ricomincerò a farlo, ricomincerò a spiegare al colto e all’inclita per filo e per segno in una prosa interessante come nemmeno i gialli di Ellery Queen il modo in cui quel panzone che pratica l’orienteering da 19 anni si è perso in un prato. Penso che ogni orientista che si rispetta non aspetti altro che il mio racconto… di come mi sono perso in un prato, intendo! Caspita… c’è Gueorgiou sul primo canale blog che ti racconta la riga che ha tirato tra mille paludine e roccette in un terreno scandinavo che al confronto la luna è pavimentata in marmo di Carrara, c’è Pedro “dopolavori” sul secondo canale blog che fa la disamina della gara con tempi e statistiche da far impallidire i cacciatori di neutrini del Gran Sasso (che impallidiscono già per conto loro dopo le fesserie che hanno tirato... ma dà l’idea), c’è Oribea su Disney Channel blog (l’età in fondo è quella di chi forse ha appena finito di guardare i cartoni) che ci fa vedere come esistono ancora tanti ragazzi e ragazze entusiasti di andare a scartavetrarsi nel bosco sulle roccette e nei verdini… ma vuoi mettere il pezzo dell’impiegato panzottello atteso come il fondo di Alberoni sul Corriere della Sera del lunedì? (o era Repubblica?), quel pezzo che racconta come perdersi in un bicchere d’acqua (o era una pozza ad un bivio sentieri?) rendendo felici tutti gli altri dispersi dell’ennesima avventura orientistica?

Invece ancora per questa volta (forse), il racconto delle mie gare è molto scarno.

Temp-O a Lignano, prima volta in vita mia che mi cimento nel Temp-O con la risposta “Z”: ho capìto quasi niente sul primo grappolo, ho capìto niente sull’ultimo grappolo, ho capìto qualcosa di più in giro per il Parco Unicef; mi sono ri-disfatto una caviglia da fermo mentre aspettavo che la piazzola dove stava Donatella Vecchies si liberasse (unico al mondo a disfarsi una caviglia, peraltro già malmessa di suo, nel trail-O… e non una volta ma questa è la seconda!). Alla fine il risultato è assai lusinghiero, sono appena a ridosso dei ragazzi della squadra nazionale e degli “osservati” e dei migliori sloveni (tra cui quel transfuga di Marco G.) ma che mi venga un accidente se ho capìto come sono riuscito ad ottenere quel risultato… insomma, per il futuro non prevedo una gran costanza di rendimento in questa specialità!

Gara in solitaria in M40 a Monte Prat. Scelgo la M40 perché già non so se riuscirò a partire, figurarsi ad arrivare se mi riprendono certi svarioni… in realtà la testa subisce i rovesci di tanti pensieri molesti fino al punto 4, dove faccio un piccolo errore parallelo nel punto più facile della gara (7 minuti… ok, non era il punto più facile della gara… ma 7 MINUTI!!! La faccia di Zarfo, che di minuti ne ha persi solo 2, è tutto un programma: dove caspita sarà andato in giro ‘sto fesso per perdere 7 minuti??? ) ed alla 5 dove mi perdo in un prato. Poiché il tempo passa e sarebbe ora di tornare alla base per dare un aiuto alla grande speaker-guerriera Alessia (togliersi il cappello, grazie, davanti ad una ragazza che rappresenta il miglior futuro della Fiso), decido che quella cosa che ho in mano… toh! Una cartina… ed al dito… toh! Una bussola… potrebbero essermi di aiuto per trovare i punti successivi. La testa si libera per incanto dai pensieri molesti, il Lussemburgo scompare dalla carta geografica (cosa che… non lo dico perché sono qua e potrebbero anche arrestarmi), ed i punti vengono via uno dopo l’altro come le perle di una collana. Sul traguardo, pur avendo per lo più camminato, arrivo stravolto; una foto di Mauro Nardi mi rappresenta come una gran controfigura deli zombie in Thriller di Michael Jackson senza nemmeno essere passato dai truccatori… ma gli zombie sono molto più veloci di me!

Seguono ore di Alessia ed il sottoscritto in piena azione cronistica, Alessia sempre posata e precisa e tempestiva ed il sottoscritto… boh?!?... chi se lo ricorda quali fesserie potrei aver detto? Tutto questo fino alle 13.25, quando lascio la postazione microfonica perché alle 13.30 c’è la mass start della Coppa Italia di Trail-O ed io, perbacco!, sono talmente in forma e concentrato che la prima cosa che chiedo è se si può portare la bussola e la seconda che chiedo è se il nord è indicato dalla lancetta rossa o da quella bianca. Vedo anche Pedro in zona partenza, e mi convinco che vuole rinverdire i fasti del podio al Lago dei Caprioli, e quando arrivo alla mass start vedo anche gli occhi di Fulvio Lenarduzzi appannarsi un po’ (probabilmente si chiede con quale criterio mi presenti al via dopo essermi sbattuto qua e là dalle 5 ore e mezzo a questa parte). Il risultato è immediatamente visibile ai primi due punti: siamo solo in due, su un lotto di concorrenti che sfiora la sessantina, a sbagliarli entrambi; io, personalmente, non ci capisco niente e ancora dopo 10 minuti sono lì a chiedermi come si orienta una cartina…

A questo punto decido che l’unica tattica di gara che posso mettere insieme è “KISS”. Che non vuol dire bacio e non sono i Kiss di “I was made for love in you”, ma sarebbe Keep It Simple, Stupid! Ovvero, fai le cose semplici e non star lì a menare il can per l’aia… ma anche Kaos Is (at) Shoulder, Stegal! Il fatto che le successive 21 (17 + 4 a tempo) lanterne le abbia azzeccate tutte in un tempo che per me è ridicolmente basso è secondo me solo un sintomo di gran botta di fortuna unito ad un minimo di retroterra trail-orientistico… oh! Il bello della faccenda è che solo in auto, nel viaggio di ritorno con Marco e Mary, scoprirò più o meno all’altezza di Brescia Est di aver fatto solo due errori; cosa che mi lascia abbastanza interdetto visto che, con tutto il casino che avevo in testa…

Ma di questo risultato (ancora una volta sono a ridosso dei ragazzi della nazionale di trail-O, ed anche la M40 di C.O. non è andata malissimo, ora che ci penso!) posso ringraziare soltanto gli occhi degli amici che hanno accompagnato ogni minuto della trasferta di Monte Prat, e molti di loro sono anche gli amici che stanno accompagnando tanti minuti di questi ultimi mesi… in ordine di apparizione Attilio, Marco, Mary, Piero, Roberta, la famiglia Michelotti, i trail-orientisti, Metka, Kristian, la famiglia di Alessia, Alessia, Mauro, Paolo, Giovanna e tutta la Semiperdo e tutte le ragazze ed i ragazzi del Friuli Venezia Giulia che mi hanno voluto con loro dopo gli EMG, Marirosa, Alessio, Mary9, Ivana, l’Er-Team, Matteo e tanti altri ancora.

Se c’è una lezione che ora comincio, lentamente, ad imparare e sto cercando di tenerla avvinghiata a me in questa camera di hotel in Lussemburgo, è questa: bisogna imparare a leggere gli occhi degli amici e delle persone care. E’ l’unica lezione da cui potrò stabilire nelle prossime settimane se “l’ombra di Stegal” sta tornando a lasciare il posto a “Stegal e la sua ombra”.





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