Stegal67 Blog

Tuesday, January 29, 2013

La signora Colette

Un post dello Speaker sul blog di Larrycette?
Come dire: un intervento di Rino Gattuso in un saggio di Umberto Eco...
Ma la signora Colette avrebbe detto "Rien c'est impossible"!

http://www.larrycette.com/nothing-is-impossible-a-speakers-guestpost/

Wednesday, January 02, 2013

ADDIO AL 2012, L’ANNO DEL DRAGO

<<Ci spieghi esattamente cosa è la Forestale?>> (Gianluca Vialli – telecronista Sky Sport – 2 agosto 2012)


Ai miei occhi di sportivo, o meglio ancora di “sportivo da trasmissione televisiva”, il 2012 verrà ricordato come “l’anno del drago”. E non perdo nemmeno tempo a controllare quale sia, secondo il calendario cinese, la denominazione corretta dell’anno appena trascorso: non sono cinese e mi posso basare su un calendario tutto mio. Quindi il 2012 è l’anno del drago.

Cominciamo ad annodare i fili del discorso: il drago compare sugli schermi televisivi del mondo intero in una data che per me è molto facile da ricordare: 1° agosto 2012. Si tratta di un drago molto particolare, dotato di un corpaccione affusolato in probabile fibra di carbonio color rosso acceso, di ali sottili che terminano in due protuberanze con i colori rosso-bianco-verde; e, cosa immediata a vedersi, le ali sono azionate dalle braccia più smisurate, più orgogliose e più pronte alla battaglia che io abbia visto di recente! Ma la cosa del drago che mi fa più paura è il suo viso, determinato oltre ogni immaginazione, cattivo e risoluto come quello di un gladiatore che sta per fare il suo ingresso nell’arena. L’arena che si accinge ad ospitare il gladiatore è la Lee Valley. E’ il 1° agosto 2012: è il giorno del mio compleanno. Ma soprattutto è il giorno del compleanno del Drago, è il giorno del compleanno di Daniele Molmenti.


(credit for photo: Corriere.it)
Un altro filo, un altro discorso da annodare al precedente. Nell’estate del 1984, in Val di Sole si svolge l’annuale concorso internazionale di gare di discesa fluviale e slalom: si tratta di una disciplina che, dopo la parentesi di Monaco ’72 caldeggiata dai tedeschi dell’ovest che fecero manbassa, non trova posto nel panorama olimpico (cosa mi ricorda questo “non far parte del panorama olimpico”?...). Per tutta la settimana delle gare solandre, la mia routine giornaliera seguirà un ritmo frenetico: al mattino presto prendo la corriera che da Coredo mi porta a Dermulo; poi salgo sulla “vacca nonesa” (ferrovia Trento-Malé) fino al capolinea e da lì in pullman fino a Pellizzano o Dimaro, a seconda di dove si svolgono le gare. Quando calano le ombre della sera, se non a notte fonda, seguo il percorso inverso (ma in autostop da Dermulo a Coredo) e rientro a casa.

Passo la giornata in riva al torrente Noce curiosando attorno alla zona atleti e, facendo finta di essere lì con qualche scopo per preciso e previsto, cerco di rendermi utile (anche se non faccio parte dell’organizzazione e sono solo un ragazzo); oppure gironzolo attorno alla postazione dello speaker, Attilio Monetti, che fa i servizi televisivi per la RAI. Per la maggior parte dei giorni di gara non ci sono spettatori né lungo il percorso né all’arrivo; talvolta ci siamo solo io, i tecnici Rai e Monetti. Il quale ad un certo punto deve credere che io faccia parte dell’organizzazione e mi procura una sedia per mettermi al suo fianco a sbirciare sul foglio delle partenze i nomi dei concorrenti ed i tempi; gli organizzatori, a loro volta, vedendo che parlo con Monetti cominciano a pensare che io sia lì con lui ed a quel punto, come per osmosi, sono ingaggiato ufficialmente nel team!

Non conosco una sola parola di inglese o di tedesco ma, poiché c’è anche tutta la nazionale francese al completo, qualcuno mi chiede di accompagnare in giro una ragazzona che di nome e cognome fa Myriam Jerusalmi, e che io non sapevo nemmeno essere la campionessa del mondo in carica di Merano 1983! Il mio compito, durante le gare di discesa, è assicurarmi che alla pizzeria del campeggio le tengano un tavolo libero e le diano da mangiare all’ora che vuole. Myriam è sempre accompagnata da un energumeno inglese (quindi, per me, ciò che dice costui è incomprensibile) con un torace largo come una botte ed i capelli tagliati corti alla marine. Mi dicono che quel ragazzo è il fidanzato di Myriam, e si chiama Richard. Scoprirò presto che, all’anagrafe, il suo nome completo è Riccardo Volpe... ovvero Richard Fox.

Durante quelle competizioni è facile “affezionarsi” di più agli slalomisti che ai discesisti. Questi ultimi sono costretti a risalire in pulmino il torrente Noce per parecchi chilometri fino a trovare la partenza delle loro gare, e li si vede meno spesso al centro gare. Gli slalomisti (che si parli di canoa o kayak) sono gli acrobati del circuito, aspettano l’ultimo giorno di gare per dare spettacolo, ed alcuni di loro sono veramente dei gran gigioni… se escludiamo i cecoslovacchi e gli atleti dell’est che stanno per i fatti loro e non rivolgono una sola parola a nessuno! C’è Jon Lugbill, che all’epoca aveva già vinto 6 titoli mondiali ma era praticamente irraggiungibile perché sempre circondato da una folla osannante (credo sia stato il primo a scendere in canoa tutto il Noce dalla zona del Tonale fino al Santa Giustina); poi ci sono i fratelli Haller, Fritz e Lecky, che sono anche loro campioni del mondo e gareggiano in doppio ed hanno due genitori che non smettono un solo secondo di fare un tifo sfegatato “IU-ES-EI! IU-ES-EI!”: fuori dalla tenda nella quale sono accampati hanno appesa la bandiera a stelle e strisce e fanno l’alzabandiera ogni mattina! E poi c’è “la mia” Myriam Jerusalmi, che ovviamente è in grado di cavarsela da sola in ogni cosa e ne fa tranquillamente a meno del suo accompagnatore (io) per passare il tempo con il suo Richard.

Durante le gare di sabato, ovvero in occasione della telecronaca della finale della discesa, resto a fianco di Monetti il quale (sentendomi borbottare a voce sempre più comprensibile numeri e tempi) rimane positivamente molto stupito dalla mia velocità nel calcolare la differenza tra i tempi intermedi dei vari passaggi lungo il Noce, e nel collocare il concorrente nella corretta posizione in classifica; quando ancora oggi mi capita, ed ovviamente non si tratta di gare di discesa fluviale!, di dover calcolare a mente tempi e posizione in classifica senza poter disporre di un cronometro ufficiale… qualche volta ci azzecco e qualche volta prendo delle cantonate, ma quando a Gropada avevo annunciato un sostanziale ex-aequo tra Christine e Michela… ero parecchio sicuro del fatto mio! E mi ritorna in mente il pomeriggio passato con Monetti, che era famosissimo per essere la spalla tecnica e aneddotica di Paolo Rosi.

La telecronaca della domenica va in onda in diretta Rai, quindi attorno a Monetti c’è parecchia gente “più ufficiale di me” ed il mio compito diventa quello di mettermi a bordo torrente in cima ad un’ansa situata dopo il traguardo dell’arena dello slalom, in un punto del terrapieno parecchio scosceso dal quale dovrebbero risalire i canoisti. In realtà ce ne saranno veramente pochi che avranno bisogno del mio aiuto, nonostante il terrapieno fangoso e pieno di rovi, i piedi nudi e la canoa da trasportare in alto. Ad un certo momento, nella mia area di competenza compaiono Marco Previde Massara (campione del mondo di discesa fluviale) ed altri nazionali di discesa; attendono un giovane di belle speranze, tale PierPaolo Ferrazzi, che quel giorno però non fece una gara eccellente. Ricordo questo atleta italiano sdraiato in cima al prato dopo la gara, con la canoa buttata da una parte, fermo a fissare le nuvole; potei percepire la sua delusione e soprattutto mi accorsi subito che era meglio lasciarlo “sbollire” senza rivolgergli una sola parola! D’altra parte la stessa cosa succedeva con gli atleti dell’est, soprattutto con gli jugoslavi: se facevano una bella gara accennavano almeno ad un sorriso, ma se si trovavano indietro in classifica era meglio stare loro alla larga perché non ci mettevano né uno né due a lanciarti la canoa sui piedi! Poi, quando le discese erano ormai alla fine, sentii la voce di Moretti al microfono dell’arena: “Attenzione! Miglior tempo intermedio fino ad ora…! Sta arrivando il favorito! Il sei volte campione del mondo… Richard… FOX!!!”. Mi sono girato in un lampo verso l’altro ragazzo che era con me sul terrapieno: “Ma era LUI il fidanzato della tizia???”. Da qualche parte, nel baule dei ricordi, conservo ancora il volantino delle gare in Val di Sole con i saluti ed il ringraziamento di Richard Fox!

(come sembrano strani poi i fatti della vita: a distanza di quasi 30 anni, sono ancora qui a cimentarmi con i calcoli a mente di distacchi e posizioni in classifica! Forse, se dopo quel giorno con Monetti fossi stato un po’ più intraprendente e se mi fossi buttato in una carriera diversa… ma parlarne dopo 30 anni non ha senso! E poi, forse, non avrei scoperto l’orienteering!!! Come massima perversione, avrebbe potuto toccare a me commentare per la RAI da studio i JWOC del Primiero… tanto un telecronista che non conosce l’orienteering vale l’altro!).

Breve finale dell’interludio: anni dopo, nel 1990, feci una vacanza in campeggio tra Francia e Spagna. Di tutti i posti dove potevo capitare, andai a La Seu d’Urguell, vicinissimo ad Andorra, dove stavano finendo di preparare quella che sarebbe stato il terreno di gara della prima competizione olimpica di discesa fluviale, in occasione dell’edizione di Barcellona 1992 che vide il ritorno alle competizioni della discesa fluviale (lo slalom). Non so perché finii in quel posto (o forse si: in fondo colleziono visite agli stadi olimpici) e non so perché mi misi a riflettere su due nomi: erano quelli di Richard Fox e PierPaolo Ferrazzi. Il primo, ero sicuro per aver seguito le cronache anno dopo anno, sarebbe senz’altro stato uno dei favoriti della gara; l’altro, l’italiano, mi chiedevo come se la sarebbe cavata… un posto nei primi 10, forse?… ma non prevedevo nulla di eclatante per lui. Poi la storia avrebbe raccontato come Fox andò veramente vicino a vincere e come Ferrazzi, nei primi 10… beh! Lui nei primi 10 ci arrivò davvero!!!

Ma è ora di tornare al 1° agosto 2012 e di chiudere il cerchio del tempo. Quando il ceco Hradilek ed il tedesco Aigner hanno già disputato la loro finale, ed i loro tempi sono di assoluto livello per oro e argento, il mondo ed io assistiamo alla partenza del Drago. Fin dai primi colpi le sue ali entrano ed escono dall’acqua sprigionando una forza che sembra smisurata, mentre il corpo in fibra di carbonio balla sulla cresta delle onde della Lee Valle e sembra volerle disintegrare; al passaggio della terza porta, il Drago scaraventa una tale potenza nell’acqua che la canoa di impenna per un metro almeno fuori dall’onda come in una gara di motocross degli X Games! Poi è una danza feroce, da una parte all’altra della corrente: 3 decimi di ritardo al primo intermedio, una serie di passaggi sul pelo dell’acqua nei quali la potenza e la violenza che si sprigionano dal corpo del Drago fendono la schiuma bianca come un coltello caldo nel burro. 9 decimi di vantaggio! Dalla 12 alla 13 in risalita è arte, dalla porta 16 alla porta 17 è poesia; le ali scoppiano di dolore e di fatica, ma il Drago si butta tra le onde con tutti i muscoli del corpo, con tutti i muscoli del viso: non c’è niente di più “cattivo” e di più determinato sulle acque della Lee Valley degli occhi del Drago, quando per l’ultima volta la canoa si impenna centrando in pieno lo spazio vuoto tra le paline della porta 18 e poi quando aggredisce ancora in risalita la porta 19 che spalanca la giornata sulla medaglia d’oro olimpica.

Il “Drago” Daniele Molmenti è il mio momento sportivo del 2012. Per la sua storia passata prima della conquista di quel magico momento olimpico, per la soddisfazione di tutti i ragazzi e ragazze che possono contare su un solo momento olimpico ogni 4 anni, per la domanda assurda di Gianluca Vialli su Sky Sport, un po’ anche per i miei ricordi di ragazzo. Ma soprattutto per gli occhi del drago che Daniele Molmenti ha sfoderato durante tutta la sua magica discesa: arrivo quasi a non invidiargli la medaglia d’oro… ma gli occhi del drago, quelli si!