Stegal67 Blog

Friday, August 09, 2013

30 anni dopo... io ricordo.

Sono passati 30 anni. 
Eppure sembra ieri perché, ogni volta che serve una scossa di adrenalina, c'è quel film che passa nella mente: Paolo Rosi, e l'ultimo giro di Helsinki 1983.
Dopo 30 anni, è giunto per me il momento di raccontare anche quella storia: 
(se penso alla fatica che ha fatto Larry per trovare tutti i link delle 8 puntate...)

Ora si volta pagina: è il momento di pensare a qualcosa di nuovo dopo aver concluso una storia che era iniziata il 17 maggio 2012. Ma non sarà mai il momento di smettere di sognare!

Thursday, August 01, 2013

OOCup 2013... don't stop hope!

Mi piace la Slovenia. Mi piace correre in Slovenia. Mi piacciono i boschi sloveni. Mi piacciono le sfide che gli organizzatori sloveni offrono. Che si chiami Cerkno Cup, o Magnus Cup, o più recentemente OOCup, mi piace tornare in Slovenia attraversando il confine a Fernetti o a Villach, o anche attraversandolo a Zgonek durante una gara! Si, ok… nel corso degli anni sono diventato più vecchio (problema mio), sono diventato più grasso (colpa mia), non so più cosa voglia dire la parola “allenamento” (sempre colpa mia). Tuttavia ho la sensazione che, ogni volta che prendo il mano una cartina slovena, la sfida che mi viene sottoposta dai percorsi mi richieda sempre qualcosa di più della timbratura quotidiana del cartellino… inteso come “giornata di routine in ufficio” e non in senso puramente orientistico.

So, lo so sempre meglio ogni anno che passa, che i miei tempi per completare le gare in M40 saranno sempre più alti; so, altrimenti fingerei di non sapere, che per cercare il mio nome nella classifica dovrò scendere ogni anno sempre più in basso fino a raschiare la lista di chi si è ritirato o non ha completato correttamente le punzonature. Soprattutto so, altrimenti non mi iscriverei né in M40 né andrei a gareggiare in Slovenia, che di quest’ultimo aspetto non può fregarmene di meno. Perché so che, quando andrò a rivedere le cartine di gara, il primo pensiero sarà spesso “Ma come diavolo sono venuto a capo di questo percorso?!?”. In modo particolare rivedendo la cartina che in bella mostra sul tavolo della cucina: Stonah, la celebre Stonah! Ed il suo percorso con 510 metri di dislivello sulla linea del tracciatore!!!


Don’t stop hope. Ho corso per 5 giorni, tutte e cinque le tappe, con la stessa maglietta che compare nella foto. E’ dell’Associazione “Correre per la Speranza”, ho pensato che avrebbe potuto portarne un po’ anche a me. E’ una maglietta che ora chiede un po’ di pietà ma che potrebbe tornare utile nelle prossime gare, visto che potrei persino adottarla come divisa ufficiale della mia panza. Più che una maglietta, un messaggio. Rivolto a me e, a chiunque altro fosse importato, rivolto ai concorrenti che avessero avuto la ventura di incrociarmi. Sono sicuro che dei 1500 presenti alla OOCup 2013, più di qualcuno ha dovuto aggrapparsi alla speranza di arrivare fino al traguardo, dando fondo ogni giorno a tutte le proprie energie fisiche e mentali; purtroppo, o per fortuna altrimenti saremmo tutti primi in classifica, io sono uno di questi. E se è vero, come mi ha appena detto Marco Ongaro, che sono arrivato 46esimo in classifica generale in occasione del mio 46esimo compleanno, allora ciò è solo di conforto perché per l’anno prossimo punto dritto al 47esimo posto… all’Oringen però!!!

Don’t stop hope, quindi.

(Le carte di gara ora sono disponibili, ma chi vuole vedere alcuni percorsi ancora più tosti può fare un salto qui http://orienteering.usprimiero.com/tre-primierotti-in-slovenia-oocup-2013/  e leggere il bel pezzo a firma Andrea Orler).

Il primo giorno si parte a Movze, con una gara middle come piace a me, con tanti punti come piacciono a me, e con 215 metri di dislivello su uno sviluppo lineare di 3,7 km, come NON piace a me… La partenza della mia OOCup 2013, proprio il primo punto, è abbastanza emblematico: devo trovare una buca a 200 metri dalla partenza in una zona con un sacco di dettagli, una buca che stando al comunicato gara è parzialmente coperta da un albero. La mia mente va un po’ in confusione: su che cosa mi conviene focalizzare il segnale? Sulle buche o sugli alberi caduti? E’ ovvio che con questa concentrazione potrò trovare il punto solo con una certa botta di culo… che non ho. Arrivo infatti dritto ad una buca che ha sopra di traverso un “albero” spesso quanto il mio braccio. Con una lanterna! E’ la mia? Io cerco la 54… la lanterna è la 72. Andiamo benone! Per fortuna dal mio campo visivo di destra compare il geometra Cignini. Segue uno scambio di battute abbastanza assurdo nel quale io gli indico la 72, lui capisce “82” (che sta cercando!) e mi indica il punto sul quale pensa di trovarsi. Io riparto da lì e lo sento dire “Ma questa è la 82, non la 72!”, e riparte in direzione opposta. Il bello della faccenda è che, partendo da un punto a caso che non ci azzecca niente, io finisco dritto sulla mia 54 e lui dritto sulla sua 82! Seguono i soliti “rimbalzi” da un punto all’altro delle classiche gare middle slovene, un paio di ascese sulla linea di massima pendenza per non poche curve di livello ed un passaggio “non è un paese per chi soffre di vertigini!” sul quale ritrovo Enrico che ha scelto anche lui di dimostrare che siamo stati punti dal ragno radioattivo come Peter Parker! Nel finale, una lanterna 11 trovata più per caso che per amore della tecnica “Andiamo a vedere il codice… si sa mai che passa qualcuno che me la chiede, così gli indico dov’è e nel frattempo mi faccio dire dove siamo… ah! Ma è la mia!! E questo sarebbe un avvallamento?!? E quel muro di sassi contro cui è appoggiata che c’entra?!?!?”, e poi una zona conclusiva più filante su un percorso molto simile a quello delle W35, così che io e l’olandese Olga ci facciamo compagnia fino al traguardo dove arrivo in poco meno di un’ora e mezza.


Il secondo giorno si corre a Gladka Dolina, un’altra middle da 6 km + 200 metri di dislivello e 24 puntidi controllo come piacciono a me. In effetti, dopo aver trovato la prima lanterna in modo un po’ tremebondo (memore del giorno prima…), i successivi 9 punti sono tutti accatastati uno sull’altro nella zona con tutte le buche, i sassi e le rocce affioranti, ed è un gran bel divertimento usare il punto di controllo appena trovato come punto d’attacco per quello successivo. Anche dalla 10 alla 15 le tratte sono appena più lunghe ma ci si trasferisce in una zona della carta con un bosco molto meno ripido e con i movimenti del terreno assai più fluidi e dolci (sarà il terreno di gara del trail-o del pomeriggio). Purtroppo per me, dopo essere passato alla 15 in quasi 58 minuti di gara ed aver messo nel mirino l’ora e mezza, la 16 prevede una discesa di quasi 15 curve di livello che devono essere riguadagnate prima con l’attraversamento di un verdino feroce che mi manda l’ago della benzina in zona rossa, e poi co la solita risalita per la linea di massima pendenza. Quello che torna alla 20 (uguale alla 15, trattandosi di loop) è uno Stegal in versione zombie che ha ben poco da dare ancora e che fino al traguardo metterà insieme parecchi svarioni fino a concludere in totale debito di energie in 1 ora e 50 minuti…


Nel pomeriggio, prima gara della tre giorni di trail-o. Prima però c’è tempo per 45 minuti buoni di Camel Trophy sloveno per riportare la macchina dalla zona del parcheggio alla strada carrabile, facendo il giro in senso unico di tutte le montagne circostanti su strade sterrate che metteranno a durissima prova sospensioni, trasmissioni e soprattutto pneumatici dei concorrenti. Poiché non ho la voglia n éla forza di mangiare dopo quasi 2 ore di gara + 45 minuti di rally, prendo il mio trail-o un po’ alla leggera finendo per commettere più errori del dovuto, soprattutto nella seconda parte di gara nella quale non ho più lo spirito e l’adrenalina per aggredire le piazzole ma lascio che le risposte (qualunque esse siano) vengano a me… e non sempre (ovviamente) arrivano!

Terza tappa a Vrsan Vhr, ed è abbastanza temuta (sa me) perché cominciano ad essere 6.5 km + 235 metri di dislivello per 17 punti di controllo. Il che fa presagire quelle belle tirate lunghe “stile Rocco Siffredi” che non piacciono a me. Ed in effetti la prima parola che pronuncio allo start delle 10.01 dopo aver guardato la cartina è “Minkia!”: sei lanterne in un fazzoletto e poi una tirata di 1300 metri lineari. Poi altre 4 lanterne in un fazzoletto ed altre 4 tirate lunghe fino al traguardo. Taro la testa sui 120 minuti di gara e mi metto il cuore in pace quando, dopo la 6, devo attraversare tutta la cartina in senso longitudinale; il fatto è che ci metto, è vero, 20 minuti, ma quando arrivo alla settima lanterna mi convinco quasi che anche le tirate lunghe non fanno più paura. Mentalmente, però, non “cambio ritmo” e sbaglio di brutto la 8 che sta a nemmeno 100 metri, restando corto perché non capisco che devo tornare a fare orientamento fine. Cerco di rimettere la testa sulla carta e per la 9 addirittura esco di cartina senza vedere un sentier(ino) che fa da margine alla zona cartografata, trovandomi peraltro in discreta compagnia con altri colleghi e colleghe di sventura (una di queste, una slovacca coi capelli rossi, credo si stia ancora pentendo di avermi seguito con fiducia). Riesco a rientrare un po’ in sintonia con la carta sulla 10 ed 11 che sono ancora corte, e poi mi accompagno verso il traguardo al ritmo dei piedi che ormai fanno “stump stump tonf tonf” e non il “tràppete tràppete”. Dalla 15 alla 16 (penultimo punto appena sopra la zona arrivo) è un altro chilometro buono di bosco nel quale l’unica cosa sensata sarebbe seguire i rumori che giungono dall’arena di arrivo e appoggiarsi al sentier(one) che fa da margine alla carta e che porta all’arrivo… ed invece mi fermo solo quando arrivo alla strada e trovo il parcheggio con le macchine! Insomma: per la seconda volta nella stessa gara sono finito fuori cartina! Cosa che mi sarà successa solo un paio di volte prima d’ora, ed io vado a rifarlo due volte nello stesso giorno. Piuttosto che cercare il punto rientrando in carta, preferisco abbandonare la dignità e scendere al traguardo lungo la strada e, da qui, risalire penosamente fino alla 16 del misfatto e poi scendere di nuovo al traguardo… spero che tutti i concorrenti che ho incontrato nella zona parcheggio abbiano pensato che stavo facendo defaticamento! Segue un curioso siparietto con il capoccia dell’organizzazione… IO: “L’ultimo giorno ho la partenza alle 12.45. Non è che si avete un buco in griglia per anticiparmela?” LUI: “Credimi. Sono venuti in tanti a chiedermi la stessa cosa” IO: “Ok, capisco. Mi spiace perché credo che dovrete aspettarmi parecchio al traguardo” LUI: “Quanto tempo hai impiegato oggi?” IO: “Due ore e dodici minuti. E sono uscito due volte di cartina!” LUI (rassegnato, si vede già ad attendermi al tramonto): “Ok, vedrò quello che posso fare…”.


Il pomeriggio prevede la seconda tappa del trail-o, quella tracciata da Marco Giovannini. Tengo molto a questa gara, pur sapendo di avere poche possibilità di ben figurare, perché è tracciata da Marco di cui sono stato controllore ad una Coppa Italia. Purtroppo, soprattutto nella prima metà di gara, la maggior parte delle mie valutazioni (distanze, curve di livello, angoli) si rivelano errate; la seconda parte di gara è un calvario di fatica dovuta a calo di zuccheri ed energie. Finisco la gara vedendo buio a macchie davanti a me e facendo fatica a mettere i piedi uno davanti all’altro, come un pugile suonato…

… e preoccupato. Perché il quarto giorno si va a Stonah! E’ “la carta”, quella che anni addietro aveva mandato in crisi tanti Elite. E’ “il percorso”, quello con 6,5 km + 520 metri di dislivello. E’ “il tracciato”, perché Stonah non perdona(h) con le sue zone dettagliatissime e le pendenze improvvise e le ampie zone rocciose sulle quali è impossibile procedere diritti. L’impiegato panzottello mette nel mirino le tre ore di gara, e credetemi che bisogna farsi un training autogeno grande così perché quando la prima ora di gara se ne è andata, vuol dire che non si è nemmeno a metà gara, e quando si arriva vicini alle due ore di gara e le energie sono al lumicino bisogna tenerne ancora di riserva per gli ultimi 60 minuti di fatica, mica 10-15 minuti che vanno via facili! Parto lentamente sui primi punti che sono molto vicini tra loro, e non pago nemmeno tanto il fatto che dalla 1 vado verso la 5 anziché la 2 (sono qui per arrivare al traguardo, non per vincere la gara). Punto dopo punto, fatica dopo fatica, indecisione dopo indecisione (ma nemmeno tante!) supero l’ora di gara quando sono al decimo punto, arrivo al ristoro-benedetto-ristoro in un’ora e quindici minuti, sbaglio ancora parecchio (in buona compagnia) alla 15 ed alla 16 ma a quel punto è giunta l’ora di riprendere la via per il traguardo, con gli ultimi punti che sono sì tirate lunghe ma portano dritti all’arrivo. Mi immagino addirittura di poter chiudere sotto le due ore e mezza che, se io fossi partito per ultimo, rappresenterebbero il tempo limite di gara, e lotto veramente con tutte le forze che ho ancora per cercare di raggiungere almeno questo obiettivo. Due ore e dieci, due e venti, due e venticinque… arrivo al penultimo punto in 2.28.37 e trovo le forze per tuffare il cuore (e la panza) oltre l’ultimo ostacolo di verdone, dritto verso la 100. Sprinto sul traguardo e per una volta forse i piedi fanno veramente “tràppete tràppete” e non “tonf tonf stump”: due ore, ventinove minuti e 55 secondi. Forse ce ne vuole davvero di coraggio da parte mia per dire Obiettivo Raggiunto, ma “non è da questi particolari che si giudica un giocatore”… mentre scrivo queste parole, la carta di Stonah è davanti a me sulla scrivania ed ancora, nonostante siano passati pochissimi giorni, sono qui a chiedermi come sia stato possibile non solo concludere il percorso, ma anche riuscirci in un tempo tutto sommato ragionevole. Chi volesse smentire, non ha che da andare a Storika Planina (Slovenia) e provarci…


Il fatto di essere rimasto sotto alle due ore e mezza mi dà anche un certo morale per l’ultima tappa del trail-o, sul quale stavolta riesco a rimanere concentrato (onestamente il percorso è un po’ più facile rispetto a quello dei giorni precedenti): il risultato mi vedrà al traguardo con due soli errori, forse sui due punti  più opinabili, e qualche posizione guadagnata in classifica generale.

L’ultima tappa si svolge a Dravh, sempre nella zona di Storiska Planina ma sul versante della montagna dov si sono le piste da sci. Gli organizzatori si dannano l’anima per farci tre regali: la tappa è davvero corta, si corre sulla carta 1:7.500 e si può arrivare in partenza in seggiovia anziché smazzarsi 180 metri di dislivello. Sulla zona tira un vento freddo che annulla gli effetti del sole caldo: in area partenza, sul pascolo, ci sdraiamo nell’erba tra felci ed ortiche per lasciare che il vento passi sopra il livello dell’erba senza congelarci. La partenza, al di là di un piccolo bosco, si sviluppa su una zona di pascolo davvero scoscesa, con erba alta, fondo irregolare e soprattutto bagnato; impossibile per i miei quasi-due-metri stare in piedi! L’andatura diventa quindi un continuo procedere come se fossi in salita, nonostante la direzione che percorro sia nettamente in curva di livello. Dopo 5 punti a continuo rimbalzo da una parte all’altra di un grosso avvallamento, la tratta 5-6 mette a dura prova il mio equilibrio, e non solo fisico: occorre infatti scendere di traverso tra le rocce per una quindicina di curve di livello. La situazione che mi si para davanti sembra quella di un videogame, il primo livello del vecchio “Troll” nel quale bisogna evitare le pietre che il passaggio dei concorrenti più in alto fa cadere copiosamente a valle; si aggiungano un paio di passaggi nei quali impiegare veramente i poteri di SpiderMan, altre situazioni nelle quali il mio sguardo si posa un paio di metri davanti a me in linea orizzontale ma un paio di decine in verticale… e quando finalmente e sospirando di sollievo arrivo alla sesta lanterna le mie energie mentali sono belle che andate! Quasi altre 15 curve a scendere di nuovo tra le rocce per arrivare alla 7, e sono nel francobollo di carta iperdettagliatissimo 7-12 ma le energie e soprattutto l’adrenalina non ci sono più: metto insieme parecchi svarioni (non sarò il solo) ed una serie di punti trovati a modo di “vado là e guardo dietro a tutti i sassi ed in tutte le buche” ed è con un certo sollievo che dalla 12 prendo la strada della 13 e dell’arrivo… in salita!!! Termino la gara in un’ora e 8 minuti, ma il ritmo è quello dei giorni precedenti e questa era veramente corta, e devo dire che stavolta dopo 8 gare e tante pietre e buche e rocce e Stonah sono quasi contento che il giorno dopo non ci sia da tornare a mettere la maglietta “Don’t stop hope”.


Come proseguiranno le avventure? Non lo so, però l’ultimo volantino che ho trovato sul parabrezza dell’auto dice: 8-12 marzo 2014 Lipica Open, 15-20 luglio 2014 Cerkno Cup, 24-28 luglio 2014 Bubo Cup, 1-5 agosto 2014 OOCup. Ho predetto che la Slovenia sarà la prossima nazione a sorpassarci nel ranking mondiale. Sarà che hanno boschi come questi proprio sull’uscio di casa, ma se il livello delle organizzazioni rimane quello di quest’ultima OOCup, una capatina ad uno degli appuntamenti qui sopra indicati occorrerà proprio che io vada a farla.



(la cascata di Slap Savica: bellissima!)