Stegal67 Blog

Monday, October 28, 2013

Brescia da dentro il tunnel-el-el-el…

La prossima volta giuro che mi ricorderò di puntare la sveglia all’ora giusta. Perché ogni volta, ogni anno, è sempre la stessa storia: quando c’è una gara il giorno dopo il cambio dell’ora da legale a solare, e viceversa, è sempre un casino! Per questo motivo la prossima volta me ne starò a letto… Una volta mi bastava puntare la sveglia, quella grande come uno zainetto con un ticchettio da bomba ad orologeria, un’ora prima o un’ora dopo, e poi passare la giornata regolando di volta in volta i vari orologi di casa (sapendo che ogni tanto qualche orologio lo trovi starato lo stesso e magari ti perdi l’orario di inizio della partita o del telefilm, ma tanto lo stomaco non ha orologio e anche se non è l’ora giusta si mangia lo stesso quando si ha fame).

Ma adesso c’è il blackberry. La domanda cruciale comincia a serpeggiare un paio di settimane prima. “Si regolerà da solo?”. A che ora metto la sveglia? Alle 6.30 con il rischio di svegliarmi alle 7.30 o alle 5.30, con il rischio di essere in piedi all’alba e perdere un’ora di sonno? L’orario indicato non è peregrino: per andare alla gara di Brescia in tempo per fare il giro-dello-speaker ed essere pronto per cominciare a parlare alle 9.45, devo prendere il treno delle 7.05. Quindi punto la sveglia, la radiosveglia, alle 5.40: 20 minuti per la colazione, 15 minuti per raggiungere a piedi la metropolitana (treno delle 6.21), 25 minuti per arrivare in Centrale e acquistare il biglietto e salire sul treno con calma. Tutto programmato con la radiosveglia: e che il blackberry si attacchi e faccia quello che vuole!

Sfiga. Durante la sera di sabato va via la luce. Mezzo rimbambito e imbesuito di sonno, ripristino l’orario sulla radiosveglia ma sbaglio e metto l’orario corrente, senza ricordarmi che cambierà alle 3 del mattino. Il risultato è che nel bel mezzo della notte la radiosveglia parte al ritmo di “Whatever you want” (sempre santi subito gli Status Quo) ed io mi sveglio di soprassalto urlando (me lo ricordo benissimo) “Minkiazza cavallina!”, chiedendomi subito dopo come può essermi venuto in mente una esclamazione simile.

Fuori dalla finestra c’è il buio più pesto. Troppo buio. E’ vero che c’è il discorso dell’ora legale e che sarebbero comunque le 5.40 ma… non avrebbe invece dovuto esserci più chiaro? Vado in bagno e, dalla finestra, vedo due piani più sotto in strada un tizio che sta pascolando il cane… è vero che può sembrare una follia, ma se ho sbagliato l’ora della sveglia la giornata va tutta a ramengo! “Scusi… pssst… scusi…!”. Il tizio con il cane alza lo sguardo verso la mia finestra. “Scusi… ma sono le 5.40 o le 4.40?”. “Sono le 4.40, è cambiata l’ora… ma il cane non porta l’orologio e deve uscire quando vuole lui”. Forse, tra tutti e tre, il cane è il più sano di mente.

Stabilito che mi sono svegliato un’ora prima, messa una nuova sveglia alle 5.30, torno a letto vestito da orientista, mi alzo alle 5.30 reali ed alle 5.55 esco per andare a prendere la metropolitana. Botta di culo: passa un tram! Da lì riesco a saltare al volo sulla metropolitana delle 6.00 (sfracellandomi le corna sulle porticine che si stanno chiudendo), in stazione mi faccio largo alle macchinette automatiche per acquistare il biglietto ed incredibilmente, sempre al volo, sono sul treno per Brescia delle 6.25.

DI solito sui treni c’è sempre qualcuno che, per sicurezza, chiede “E’ questo il treno per …?”. Stavolta è un po’ difficile: il vagone è deserto, viaggerò da solo fino a Brescia (senza nemmeno vedere il controllore). Per evitare botte di sonno impreviste, accendo il tablet su Youtube e mi sparo un filmato di una quarantina di minuti sulla staffetta Tiomila del 2011; vedendo passare le immagini e le interviste di Magne Daehli, di Jonas Leandersson, la fuga di Fabian Hertner in nona frazione e la corsa solitaria di Thierry Gueorgiou in ultima frazione, penso solo una cosa: “Magne, Jonas, Fabian e TG… a Brescia aiutatemi voi!”. La mia mente è già focalizzata sulla grande difficoltà delle gare a Brescia: il castello! Un autentico labirinto che avrei voluto preparare in anticipo, esaminando le carte della gara del 2011 la cui finale si era disputata proprio nel castello.

Bi-sfiga. Di quella gara mi sono rimaste due carte, ma tutte e due della qualificazione che non era passata intra-moenia… Mi tocca andare all’interrogazione impreparato, a secco di informazioni. Vabbé…

Arrivo a Brescia puntuale, metrobus gratuito offerto dagli organizzatori e alle 7.58 di domenica 27 ottobre (8.58 secondo l’orario del giorno prima, ma 7.58 per il resto del mondo) prendo il via dal lato sud di Piazza della Loggia. La gara di gara che riporto qui è quella presa dal sito di Alessio Tenani, con il suo percorso; da un primo veloce esame, le uniche tratte che abbiamo fatto sulla stessa linea sono quelle non più lunghe di 50 metri! 


A lui piace tagliare gli angoli usando le piazzette ed ogni piccola apertura diversa da un incrocio, a me invece piacciono gli angoli spigolosi… d’altra parte più di venti anni fa giocavo a basket e non correvo di sicuro per più di 10 metri nella stessa direzione, e sempre d’altra parte il campione di orienteering è lui. 

Comunque, tra un fiatone e l’altro, riesco ad arrivare alla 10 abbastanza in bello stile con un parziale di 19’20”, anche se praticamente già ho speso gran parte delle mie energie. Ho deciso, però, che userò le tratte che portano a nord 10-11 e 11-12 per studiare l’attacco al castello, l’ingresso nel labirinto di Brescia. Mentalmente mi sintonizzo con i Big Four che ho salutato nel filmato su Youtube, mostro loro telepaticamente la mia posizione sulla carta (sto arrivando lentamente alla 12) e li faccio entrare in azione.

Purtroppo loro parlano quattro lingue diverse, e le parlano tutte insieme nella mia testa! Così quello che segue è un gran casino. Uscendo dalla 12, infatti, decido di andare verso nord ed il mio sguardo viene catturato dalla “V” che compare poco a nord-ovest del punto 13 (perché sulla carta di Teno quella “V” appare nera e sottile, mentre sulla mia carta è rossa e cicciotta?); mi chiedo dove potrebbe mai portare quel sottopassaggio, e per qualche arcano motivo decido che deve portare ad un’altra “V” rossa e cicciotta che sta poco sotto il cerchietto del punto 13 (sulla carta di Teno è un po’ coperta), dentro il castello! Stabilisco quindi, lì per lì, che quello sia un passaggio sotto le mura che porta dritto in zona punto… una scelta di percorso vincente rispetto a quella che faranno i meno attenti, impegnati nel girare tutto attorno al castello per arrivare fino al ponte levatoio.

Poco importa che sia un passaggio segreto praticamente “in piedi”, che taglia dritto una decine di curve di livello in poche decine di metri… mi immagino un cunicolo buio fatto apposta per sfuggire all’assedio dei cattivi ai tempi del Medioevo e che ora arriva bello bello a far gioco a me che sto cercando di risparmiare le forze per terminare la gara in condizioni appena più che pietose. Magne ,Jonas, Fabian e TG intanto continuano a fare casino nella mia testa: estraendo a caso qualche parola dal loro norve-svede-svizze-cese mi convinco che la scelta dalla 12 alla 13 che sto facendo è quella giusta.

Arrivato in cima alla salita che porta dritta ad est verso le mura, al di là delle quali c’è la 13, quella strada ai cui lati ci sono le due zone gialle di prato, infilo le scale verso nord a scendere di un livello (scelta controintuitiva! Giusta, deve essere quella giusta! Si "scende" per poi "risalire", no?) e penso di trovarmi davanti al passaggio segreto. Errore: mi trovo davanti una fermata dell’autobus, con due tizie abbastanza frastornate che mi guardano. Cerco il cunicolo (lo cerco anche dietro il gabbiotto della fermata del bus), ma non trovo niente. Guardo dall'altra parte della strada: solida roccia e mura a strapiombo! Però c’è un’ampia galleria che si apre verso sud… Magne, Jonas, Fabian e TG continuano imperterriti a gridare nella mia testa, ed io decido immantinenti che il passaggio per il castello deve essere appena dentro la galleria, che infilo correndo sotto lo sguardo sempre più perplesso delle due tizie che avranno qualcosa da raccontare a casa.

Trattasi, purtroppo e come noto a tutti i bresciani, della galleria di scorrimento veloce che passa sotto il castello. Due corsie per ciascun senso di marcia, priva di marciapiedi ma ricca di fumi di gas di scarico! Sembra la galleria dove Mauser manda Mahoney a scontare le punizioni in “Scuola di Polizia”… Di passaggi segreti, di cunicoli, ovviamente nemmeno l’ombra (si vede che il “dado da 20” del Dungeon mi ha dato sempre il numero sbagliato). Però di tornare indietro non ne ho voglia: dovrei ripassare davanti alle tizie se il bus non è ancora arrivato, rifare le scale all’incontrario e mi troverei ancora al punto di prima; decido dunque di continuare imperterrito fin dall’altra parte del tunnel, anche se questa è la scelta più sbagliata, più sbagliatissima, più incomprensibile della storia dell’umanità orientistica planetaria. 

All’uscita dalla galleria (notare dove si trova la “V” nera puntata verso nord sulla carta di Teno) ho probabilmente il viso nero di tubi di scappamento e gas di scarico, sono pronto per vomitare i polmoni ed ho collezionato una serie da antologia di facce sbalordite di guidatori (anche di autobus) come non ne vedevo dalla volta che durante la gara Elite al Monte Tablat sotto la tormenta di neve avevo incrociato lo spazzaneve al bivio per Slaghenaufi.

Quando esco dalla galleria, il più è fatto: basta riguadagnare, con le mie gambe di legno ed il morale sotto i tacchi (oltre ai polmoni sputati) quegli ottanta metri di dislivello che portano al ponte levatoio del castello che è l’UNICO INGRESSO CHE PORTA OLTRE LE MURA (questo per ricordarmelo meglio alla prossima occasione), venire a capo del labirinto del castello che è sempre molto bello ma lo è ancora di più se lo corri alla velocità dei migliori (anche a costo di sbagliare) e non a quella di una lumaca asfittica, e poi scendere per l’ultimo giro attorno alla Piazza della Loggia. Arrivo qui in 66 minuti abbondanti, atteso praticamente da nessuno (credo di essere stato dato per disperso). 

Nella testa posso sentire distintamente le risate di Magne, Jonas, Fabian e TG, ma le ho fatte tacere con un urlaccio: "La prossima volta faccio da solo!"

Ps: vale percorrere, in gara, una strada che non è segnata in carta? No, perché qualcuno ha sollevato questo dubbio: dato che la strada nella galleria non era nemmeno tratteggiata...

Saturday, October 26, 2013

Tobia, ne hai fatta di strada!

Da febbraio 2011...


"Il lungo trasferimento verso la 8 si conclude in compagnia di Tobia Pezzati, campioncino ticinese, che dà appena una occhiata alla mappa e cambia marcia in prossimità del punto lasciandomi in-de-per-mi (alone in the forest) alla punzonatura".

... a venerdì sera:


D'ora in avanti mai mettersi tra Tobia e la sua lanterna!


L'articolo preciso ed efficace di Lidia Nembrini sul Corriere del Ticino.


Complimenti Tobia!
E complimenti anche a Riccardo, ovviamente!

Non so perché, ma la giraffa GIFU sul cruscotto della mia auto sembra sorridere più del solito!

(firmato: il tuo MANAGER!!!)

Monday, October 21, 2013

In memoria di Silvio Vicari, orientista ed amico

"insomma c'è stato spazio anche per un bicchiere di vino :))
Un abbraccio e a presto.
Silvio".

L'ultimo scambio di email con Silvio, le ultime parole prima di quello che avrebbe dovuto essere un nuovo appuntamento. Una prima pianificazione dei sogni, degli appuntamenti del 2014 con la Swiss O Week ed i Mondiali. I complimenti per la vittoria dei suoi ragazzi all'Arge Alp.

Silvio Vicari. Come è potuto succedere a lui? Un ragazzo che dall'alto della sua abilità, della sua bravura, della sua velocità, dei suoi risultati avrebbe potuto passare vicino a me alle gare senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Quante volte invece ci siamo messi a confrontare scelte di percorso, a scambiarci informazioni sulle gare e sulle località dove trovare un alloggio.

E poi sempre la stessa gag, da almeno un anno: "Adesso che ho imparato a pronunciare il tuo nome correttamente, con l'accento sulla à, continua a vincere come hai sempre fatto. Ho imparato, devo ammortizzare l'apprendimento!". Silvio non se la è mai presa per quella storpiatura del nome. A tal punto che fu un'altra persona, dopo tanti anni di "Vìcari", a suggerirmi la dizione corretta...

Penso all'amico Silvio e penso all'amica Michela, nell'anno in cui ha vinto il Campionato del Mondo Master che Silvio ha continuato ad accarezzare anche in Piemonte. Penso al momento in cui ho ricevuto la notizia ed ho scorso l'elenco degli amici che correvano a Lodano, ed egoisticamente ho pensato "fai che non sia nessuno di loro"... come se John Donne non avesse mai scritto "Nessun uomo è un'Isola" e che, chiunque fosse quel ragazzo di cui parlava il titolo, non avesse avuto anche lui amici, parenti, una famiglia.

Poi ho letto il nome di Silvio e non ho potuto credere ai miei occhi.

Un ultimo bicchiere di vino per te, Silvio, come quello che abbiamo finito insieme al tavolo al Lavarone pochi giorni fa.

"Ogni morte d'uomo mi diminusce,
perchè io partecipo all'Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te"
(John Donne)

In memoria di Silvio Vicari, orientista ed amico.

http://www.flickr.com/photos/orienteeringimst/10345500095/in/set-72157636687740944

(Silvio sul primo gradino del podio dell'Arge Alp, in qualità di capitano della squadra del Canton Ticino vincitrice dell'edizione 2013)

Monday, October 07, 2013

Fallimento totale

Sono troppo vecchio per queste cose.
Sono troppo stanco per queste cose.
Sono troppo impreparato per queste cose.

Forse sono anche troppo stupido per QUESTA cosa in particolare. Anzi, devo correggere, forse sono abbastanza stupido per QUESTA cosa. Perché se non sei preparato, se non sei allenato, se non hai l'età per QUESTA cosa, allora rimane solo la stupidità a giustificazione di QUESTA cosa.
Ma non è una bella situazione.

L'età avanza, non ci posso fare nulla.
Sull'allenamento si potrebbe fare qualcosa di più', magari pensandolo in prospettiva a QUESTA cosa, magari ponendosi come obiettivo QUESTA cosa che capita una sola volta all'anno e non arriva all'improvviso che puoi dire "eh! Ma non ero ancora preparato!".
Invece da 5 anni penso: "Ma l'anno prossimo arriverò allenato..."; solo un folle può pensare che le ultime 6 gare corse in 10 giorni (le 3 in Val Badia e le 3 a Lavarone) possano rappresentare un allenamento: dovrei sommare le lunghezze di tutte e 6 per arrivare a QUESTA cosa.

La preparazione logistica è quella che è, e mica da oggi: da sempre, ovvero nulla! Quante volte ho pensato "ok... L'anno prossimo arrivo con le barrette, il carbogel, la banana, gli integratori, gli aminoacidi ramificati, la bomba, il doping, la coca..."; quando ho preparato la borsa, l’altra sera, ho scoperto di non avere in casa nemmeno un sacchetto di Vicentini...
"E poi l'anno prossimo con le scarpe tecniche, le calze resistenti, le pomate da spalmare sui piedi e nelle parti intime, i cerotti per i capezzoli...!"; penso alla borsa che ho portato in metropolitana, prima tappa della trasferta: è già tanto se ho preso la termica con le maniche! Per le gambe ci sarà la solita protezione, quasi nulla, della tutina Trimtex...

Sono troppo vecchio per queste cose.
Sono troppo stanco per queste cose.
Sono troppo impreparato per queste cose. E poi basta con il forse: sono troppo stupido per QUESTA cosa. Ecco perché la faccio? Perché sono stupido... Ed è una prima risposta. La faccio perché ci provo da 5 anni, da quel giorno in cui per scommessa Marco ed io la provammo per la prima volta; ci riuscimmo, e da allora non abbiamo (e poi, una volta rimasto solo, non ho) più' smesso di tentare. QUESTA cosa é sempre lei. E' il muro contro cui vanno a sbattere gli stupidi, quelli che non sono abbastanza intelligenti o modesti da capire che non é cosa per loro. E' lei. La O-Marathon degli Altipiani, categoria Elite.

***

E’ la mia sesta edizione. Per quanto io non sia sempre risultato classificato, ho sempre cercato di onorare al meglio la gara. Nella classifica della terza edizione risulto PM: mi ero malamente infortunato al tendine d’Achille due giorni prima e, dopo essermi trascinato per una ventina di lanterne lungo l’altopiano zoppicando, mi risparmiai l’ascesa al gran premio della montagna sulla “carta bianca” per poter fare almeno gli ultimi 12 punti di orienteering. L’anno scorso la PM più clamorosa, dopo 20 km e 1000 metri di dislivello: io ed altri saltammo un punto, il ventesimo mi pare, al ristoro dopo aver soccorso Julia, aver dato una mano con il trasporto dei rifornimenti idrici e aver fatto una foto attorno al punto che non venne punzonato; l’unica PM certificata con tanto di foto! La gara del 2012 non è mai stata PM nella mia mente.
Quest’anno il menu ha proposto un allungamento dei chilometri: 24 con quasi 900 metri di dislivello, tutti sulla terribile carta di Passo Coe con 3 cambi cartina ed il “cancello” delle 4 ore e mezza per arrivare all’ultimo cambio. Il tempo, previsto brutto, ha tenuto almeno per buona parte della mattinata. E le cartine dei primi giri, previste terribili, si sono mostrate più abbordabili del previsto.

Sono andato via tranquillo, con il mio passo. Sempre in coda al gruppo ma per il primo giro sempre a contatto visivo con gli ultimi vagoncini. Qualche incrocio fugace alle “farfalle” con chi stava già concludendo quella parte di percorso ed era 3 o 6 lanterne davanti a me. Nel secondo giro devo affrontare la prima ascesa alla cima della cartina delle Coe;  è una tratta davvero lunga di puro orientamento, ed una volta in zona punto bisogna rallentare e cominciare a cercare. Perdo circa 6\7 minuti trovandomi spostato di circa 200 metri in una zona di rocce, ma riesco a raccapezzarmi ed a trovare il punto 10. Da lì un’altra tratta più breve, anch’ essa tecnica, per il punto 11. Arrivo sul punto insieme ad una coppia di fungaioli ed improvvisamente si materializzano intorno altri orientisti: Guasina, Ponteri, Dal Follo, Zanon ed un altro ancora. Guardo “Klaus” e con una certa invidia gli chiedo come sta andando il terzo giro, e lui mi risponde che tutti loro sono ancora al secondo giro, come me! Da lì in poi, per un paio di ore di gara almeno, sarà un tira e molla con i ragazzi, qualche volta avanti loro e qualche volta avanti io. Il terzo giro è abbordabile anche se nel finale restiamo solo in tre perché Ponteri e Zanon allungano il passo.  Al cancello dell’ultimo cambio ci arrivo in circa 4 ore, in anticipo di mezz’ora sullo stop previsto dall’organizzazione.

Adesso però cominciano i problemi, quelli seri. Uno di questi è che la schiena fa sempre più male: sono volato sulle pietre un paio di volte e devo aver irrigidito i muscoli dorsali (nonostante l’ampio strato adiposo, da qualche parte in profondità ci devono ancora essere dei muscoli), cosicché sono stato costretto a correre un po’ più rigido e adesso fa male anche la zona addominale. E’ venuto giù il freddo, e la maglietta è congelata sulla pelle: la termica non basta più a proteggermi e le nuvole basse, la pioggia gelata ed il vento cominciano a fare danni sul mio scarso fisico.

Ed infine la cartina con l’ultimo giro è la più terribile di tutte: più di 9 km, quasi 400 metri di dislivello, ed un percorso di livello tecnico Elite che spara più volte da una parte all’altra della carta. Senza linee conduttrici (almeno per me), senza punti d’arresto evidenti (almeno per me), senza una sola speranza di concludere un giro come quello in meno di 3 ore, neppure se la mia gara partisse in questo momento. E’ uno shock. Arrivo pochissimo fiducioso al primo punto: mi fermo a 3 metri dal punto, una buca dietro un mucchio di sassi, e me lo deve indicare Aaron. Il secondo punto è lontano ma facilissimo, eppure capisco che la testa è in cortocircuito perché faccio fatica a trovare pure quello: devo perlustrare con lo sguardo tutto il rudere prima di vedere la lanterna che occhieggia a pochi metri da me. Per andare al terzo punto, che comunque troverò mettetendoci circa 35 minuti (solo perché devo rifare la strada percorsa in precedenza per andare alla 10 del secondo giro), che Kristian - eroico - troverà dopo un’ora di ricerca e che tanti altri non troveranno mai, incrocio altri ritirati: il segnale che arriva dalla testa è che tra freddo (che aumenterà), fatica e terreno devo davvero mettere nel mirino altre 3 ore di gara. Inutile proseguire.

Sono troppo vecchio per queste cose.
Sono troppo stanco per queste cose.
Sono troppo impreparato per queste cose.

Ma ho dovuto faticare invano per quattro ore e mezzo per scoprirlo. Perché sono troppo stupido per capirlo da solo.
Negli ultimi 5 anni, come nei 15 anni precedenti, il mio piedone numero 50 non ha lasciato una grande impronta sull’orienteering italiano. Non sono uno che vince le gare, più spesso sono uno di quelli che le classifiche le guida a partire dal fondo. Però negli ultimi 5 anni avevo sempre concluso la stagione agonistica con la soddisfazione di aver tagliato il traguardo in una gara che è sempre stata al limite, oltre il limite, delle mie possibilità. Forse per 5 edizioni sono stato solo fortunato, avrei potuto sbattere la testa su questo muro in ciascuna delle prime 5 edizioni.

Quello che so, è che quest’anno non avrò nemmeno la soddisfazione di raccontare di aver terminato la O-Marathon. La borsa con le cose dell’orienteering è sul balcone, con tutte le cose sporche e sudate che ho portato a casa da Passo Coe. Prenderò qualcosa solo per andare al Rome Orienteering Meeting, dove sarò speaker, e poi vedremo…

Sono troppo vecchio per queste cose.
Sono troppo stanco per queste cose.
Sono troppo impreparato per queste cose.
Adesso lo so.