Stegal67 Blog

Monday, July 28, 2014

Appunti a un'ori-lover

Mentre mi godevo le meritate ferie sulle carte dell'O-Ringen, è apparso su un rotocalco online troppo glamour per noi orientisti (RunLovers.itun cialtronesco articolo di una nostra conoscenza, che disprezza apertamente l'orienteering.

In questo maldestro tentativo di nascondere il suo spiccato debole per gli orientisti, l'autrice ne descrive i tratti distintivi con i medesimi pressapochismo e faciloneria con cui pratica l'orientamento, ottenendo un risultato altrettanto inconcludente (anche se non privo di qualche verità, imputabile al caso), in linea con l'estraneità della povera signora allo sport dei boschi.

Dato che insegnarle l'orienteering è una causa persa, provo almeno a spiegarle meglio gli orientisti.


Primo assunto: l'orientista è solito indossare tenute bizzarre.

Gli occhi del bosco dicono:

Esistono, ad onor del vero, fior di tute ipertecnologiche che sono anche in grado di mostrare che sotto il suddetto indumento si nasconde un fisico di tutto rispetto (considerazione valida sia per i maschietti che per le femminucce). Tuttavia, se parliamo della massa di orientisti della domenica, vale quanto detto al punto 1.

Ci sono, però, sensati motivi per giustificare anche gli orientisti della domenica che, in gara, vestono divise societarie con non meno di 6 colori male abbinati sparsi dalle spalle alle caviglie:
a) L’orienteering nasce, si diffonde, e proviene dalla Scandinavia, regione che senz’altro ha dato i natali a fior di architetti moderni, ma che quanto a “fashion” deve ancora mangiare bistecche! Basta vedere come sono conciati alcuni manichini nelle vetrine delle città svedesi, finlandesi e norvegesi… E questo lo dice uno che, al mattino prima di andare in ufficio, sembra che prenda la camicia ed i pantaloni al buio rovistando a caso in un cassetto: assicuro che pure io sembro un figurino quando passeggio in alcune città del Nord Europa
b) Farsi vedere da lontano, nel bosco, ha più vantaggi che svantaggi. Non fosse altro che per evitare di essere scambiati per selvaggina pregiata dai cacciatori con cui, in alcune fasi dell’anno, gli orientisti condividono il territorio.

Deve essere considerata anche la variante “staffetta”: sia nell’Estremo Nord che alle nostre latitudini, l’orienteering si disputa anche nella tradizionale formula della staffetta. Mentre in pista, tuttavia, il numero dei concorrenti è limitato ed è facile scorgere se il proprio compagno di squadra sta arrivando, nell’orienteering i concorrenti arrivano alla “zona cambio” da ogni dove, con tempi di gara tra i più imprevedibili; i tracciatori dei percorsi di orienteering, riconoscibili per lo sguardo sempre altéro e sdegnato con cui si aggirano nel “paddock”, dovrebbero premurarsi di inserire lungo i percorsi il cosiddetto “spectator control”, ovvero un punto di passaggio per i concorrenti dal quale gli spettatori (ovvero gli altri orientisti) sono in grado di scorgere il compagno di squadra che si sta approssimando al traguardo in un tempo un po’ più definito; spesso però le “zone cambio” sono tra le meno interessanti per lo sviluppo di un percorso di orienteering… il risultato è che lo “spectator control” talvolta è posizionato a 300-400 metri dalla zona in cui sostano gli atleti che attendono di ricevere il cambio.
Le tute sgargianti servono egregiamente allo scopo di mostrare in modo chiaro chi sta arrivando.



Secondo assunto: l'orientista appare privo di olfatto, data la nonchalance con cui tollera il reciproco afrore.

Il naso del bosco dice: 

“L’orientista ha da puzzà!”. Non può che essere così. Gli organizzatori di molte gare di orienteering non si fanno problemi a mettere il ritrovo di una gara a chilometri e chilometri di distanza dalla doccia più vicina, dallo spogliatoio più vicino, dalla palestra più vicina, se queste “facilities” cozzano contro la possibilità di dare ai concorrenti una gara più tecnica e più avvincente: vale il concetto che “palestra-spogliatoio-eccetera” significa “urbanizzazione”, e urbanizzazione non fa quasi mai rima con “bosco”. Inoltre i percorsi prevedono talvolta attraversamenti di paludi maleodoranti, di zone disboscate infestate da qualunque tipo di vegetazione putrescente, di ampie praterie fangose… tutte aree facilmente aggirabili, al prezzo però di percorrere qualche centinaio di metri in più (che l’orientista della domenica “non ha nelle gambe”) e di dover sentire gli sfottò degli amici per non aver affrontato di punta la “parte più tecnica” del percorso. Solo gli svizzeri fanno il ritrovo della gara in una zona con palestra, spogliatoi e docce, e poi ti dicono “per arrivare in partenza ci sono 30 minuti di bus-navetta e 45 minuti a piedi, per tornare dall’arrivo 70 minuti a piedi”.

Terzo assunto: l'orientista non bada più di tanto alla propria alimentazione

Il palato del bosco dice: 

Quanto al mangiare, vale sempre il paragone con gli inventori dell’orienteering: le cose che mangiano gli orientisti scandinavi, a qualunque ora del giorno, fanno impallidire “Hell’s kitchen”. Ragazzotti e ragazzotte che divorano panini moscissimi ripieni di salse multicolori, che svuotano alle 10 del mattino contenitori dalla chiusura a pressione (ma assai poco sigillati) con dentro insieme pasta di colore indefinibile, carne di bestia non identificata e dolci dalla glassa più colorata di un cartone animato della Pixar. Tutto insieme. L’orientista italiano, al paragone, è un fine gourmet innaffiato di Chanel n. 5.

Quarto assunto: l'orientista ha sviluppato un socioletto che usa anche al di fuori delle occasioni sportive

L’accademico della Crusca del bosco dice: 

Una volta alla fermata della metro di Cordusio ho sentito due tizi che più o meno discutevano così: “Ma se tu hai rannato pre-flop da bottone dopo che l’u-ti-gi aveva limpato…”. Quindi il problema non deve essere tanto il lessico, quanto la fermata della metropolitana di Cordusio (a due passi da Piazza Affari, fate voi i conti di che genere di persone può girare da quelle parti…).
Scherzi a parte, gli orientisti costituiscono un gruppo molto chiuso, che d’estate impiega le ferie per partecipare alle “multi-days” all’estero e d’inverno si ritrova per una pizza a parlare di gare passate e propositi futuri: il neofita o il non facente parte del gruppo è tagliato fuori irrimediabilmente dalle discussioni, dai giochi, da tutto. Comunque uno che vi parlasse come nell’esempio citato, è da considerare come “malato” anche per gli stessi orientisti fanatici: per arrivare in Galleria Vittorio Emanuele da Cordusio, infatti, c’è un solo punto di attacco e tutti gli altri sono dei diversivi con i quali si sta cercando di camuffare una scelta di percorso poco felice, con perdita di tempo valutabile tra i 10 secondi ed i due minuti. In ogni caso non si vede come non si possa considerare la facciata del Duomo come “linea di arresto”, ed in definitiva il vostro nuovo amico non si perderebbe troppo in ciance e direbbe semplicemente “a nord ovest per 250 metri”.


Quinto assunto: l'orientista disprezza l'asfalto

Il Dr. Scholl del bosco dice: 

Asfalto significa “gara in città”. E gara in città significa “Corri, Mona!”. Fatti salvi alcuni esempi come Venezia, Trieste e Roma, che abbinano difficoltà di orientamento a quelle altimetriche (non fosse altro per i ponti sui canali) per anni si è gareggiato nel cosiddetti “centri storici, che finché si tratta di zone dalla effettiva mappa storica come Bergamo, Genova, Milano in parte, passi…Poi ci sono i paesini del Gargano e della Lucania abbarbicati sulle montagne, Matera, Subiaco e tanti altri borghi medioevali di cui il nostro patrimonio culturale è ricco, e va ancora benone. Ma da un po’ di tempo in qua agli orientisti vengono spacciate come “gare in centro storico” quelle che si disputano tra i capannoni e i centri commerciali della Brianza, o in posti nei quali bastano tre incroci non esattamente ad angolo retto perché qualcuno li addìti come “labirintici”. E questo all’orientista della domenica non va sempre bene; anche perché queste garette spesso sono molto corte e l’orientista della domenica ci mette tre secondi netti a fare il calcolo “euro per chilometro di gara”. Quindi, sempre di più: “asfalto = male”. E poi i nostri antenati hanno passato secoli a camminare e correre sullo sterrato e sull’erba, e mica avevano tutti la tendinite!


Sesto assunto: l'orientista non ama che una stupida macchina gli dica dove deve andare

Il Ferdinando Magellano del bosco dice: 

Non mi sembra il caso di fare di tutta l’erba un fascio solo perché sul sedile posteriore della mia Ford Fusion c’è l’atlante “Nord Italia” del TCI stampato l’anno del terremoto in Friuli! E comunque, con quello, sono sempre andato a fare tutte le gare e sono sempre arrivato tranquillo senza troppi commenti di sottofondi del tipo “alla rotonda… svoltare… a destra…”. So ben io come si arriva alle gare!
È vero, nel 1997 siamo andati a fare una gara in Svizzera tutta per stradine di campagna, perché su quell’atlante l’autostrada del Laghi finiva a Sesto Calende, ma in fondo si è trattato di una sola volta in 22 anni di orienteering.

L’uso del navigatore può indurre in errore. Ecco due casi emblematici:
a) Gara nel posto X, nota o meno nota località di montagna sotto la cui egida politica e gestionale ricade un’area molto ampia. Spesso va a finire che il navigatore ci porta a centro paese quando il ritrovo era stato pensato al limitare del bosco, un limitare che può trovarsi qualche chilometro più lontano (vedi punto 2) ma anche dalla parte opposta della montagna che abbiamo di fronte (è successo…).

b) Gara alle coordinate Y-Z da inserire in Google Maps.
Se l’organizzatore ha messo le coordinate del limitare del bosco, Google Maps vi farà vedere un punto in mezzo al nulla, con la strada più vicina (una mulattiera etrusca non ancora asfaltata) a parecchi chilometri di distanza. Quando non c’erano i navigatori satellitari, gli organizzatori si premuravano di mettere agli incroci ed ai bivi delle principali vie di avvicinamento dei cartelli ben identificabili con una freccia a mostrare la direzione da prendere fino alla svolta successiva. Quindi le informazioni si diffondevano simili a “uscite dall’autostrada ad Arsago Seprio, da lì seguire le indicazioni”. Avvantaggiate le auto con 5 orientisti a bordo, quattro dei quali intenti a vivisezionare la strada centimetro per centimetro per dare al quinto (quello al volante) le indicazioni sulla strada da prendere. Questa modalità è sempre più in disuso, da quando ogni disciplina sportiva, festa di paese, matrimonio ha capito che i pali che reggono i cartelli segnaletici sono lì per essere usati, e da quando i cartelli orientistici (sempre quelli per 15 anni, stessi colori e stesse forme) sono stati sostituiti da altri più belli per chi li fa al computer ma più anonimi per gli orientisti stessi che non li distinguono più dal “matrimonio di Sara e Patrick” o dal “festival della birra”. Da quando Sara e Patrick hanno visto arrivare al pranzo di nozze torme di orientisti, e da quando la birra è stata esaurita alle 11 del mattino dalla stessa torma, sono tutti molto più attenti a come si usano i segnali. In definitiva, navigatore o cartelli che siano, la gara di orienteering comincia nel momento stesso in cui si esce di casa!

Settimo assunto: l'orientista prova un'attrazione viscerale per le cartine

Il Collezionista di cartine del bosco dice: 

Nelle gare c’è quello che arriva Uno, e tutti gli altri rimangono a bocca asciutta. Sì, ok, talvolta c’è anche il premio per il secondo ed il terzo, e ci sono tante categorie (talvolta più degli orientisti stessi) divise per genere e per età. Ci sono quelli che non sono contenti se non tornano a casa con il salame o con il vasetto di marmellata, anche a costo di fermarsi in autogrill a comprarli (sennò poi chi la sente la moglie?), ma per la maggior parte degli orientisti il premio-ricordo della gara è proprio la carta. Che viene catalogata per anno o per provenienza geografica o in ordine alfabetico. Coloro che hanno una intera parete ricoperta da docks multicolori pieni di cartine potrebbero farne omaggio all’Istituto Geografico De Agostini per un libro “come è cambiato il territorio negli ultimi 10 anni”. Si tratta, comunque, di qualcosa su cui abbiamo corso, gareggiato, sudato, imprecato, tirato giù santi dal Paradiso e per fortuna ne fanno tanti nuovi ogni anno, ci siamo graffiati, lerciati, persi, siamo stati sbeffeggiati dai nostri compagni di squadra per non aver visto “quel cambio di vegetazione che con un attacco in bussola fino al cocuzzolo ti portava dritto al punto!”… Se la maggior parte delle persone che conosco può permettersi di avere sul muro i poster della Bellucci, e sullo screen saver le foto di Scarlett Johansson, senza nemmeno averle mai viste dal vivo, io che una volta ho mostrato cartina, bussola ed un percorso di orienteering a Naomi Campbell potrò ben avere attaccate al muro e ben collezionate le mie cartine!

Wednesday, July 09, 2014

WOC - pensieri (Per)plessi - 3

Come sta andando? Un po’ meglio? Direi di si. Lo speaker professionista e l’impiegato panzottello stanno cominciando a trovare le giuste lunghezze d’onda per comunicare. Oppure è qualcosa al contorno che assume dei connotati talvolta così surreali che, diciamocelo, chissenefrega se qualche volta la voce italiana zompa sopra al boss (con la “b” minuscola sennò Larrycette si arrabbia) o finisce lungo o anticipa quello che sempre-lui-il-boss vorrebbe dire dopo.

Ieri sera, dopo il team meeting dedicato alla long, la crew di contro-informazione dei WOC (Leonardo S., Caterina P. ed il sottoscritto) avrebbe voluto dedicare alcuni sonetti d’amore all’allenatore della nazionale danese, per motivi che saranno più chiari sotto; ma dopo la cerimonia di premiazione di stasera, mi tocca riscrivere tutto daccapo! Ma andiamo con ordine.

And the winner is…

Premio “Uno sconosciuto all’improvviso” al tizio che oggi, mentre Lundanes passava al punto radio in seconda posizione, si è sporto nella postazione speaker per chiedere a Forsberg dove erano i parcheggi…

Premio “Uno conosciuto, imprevisto” al vestito di Roberto Sartori alla premiazione di stasera: una tenuta fluorescente con gli stemmi di tutte le possibili squadre della Bundesliga (ditemi che c’è in giro una foto!).


Premio “Una bandiera all’improvviso” alla Francia intera, visto che la bandiera bianca-rossa-blu non si è trovata e, dopo vari minuti di panico, è stata fornita da un tifoso (non è che la vittoria di Thierry fosse data 1 a 1000…)

Premio “Un inno all’improvviso” a Cristian B. che è riuscito a recuperare in extremis sul cellulare l’inno nazionale russo per l’alzabandiera di Svetlana Mironova (non è che la vittoria di una russa fosse data 1 a 10000), solo che sul cellulare è arrivata una telefonata improvvisa e l’inno si è interrotto a metà… (grazie comunque sempre, Coach!)

Premio “Uno, conosciuto, all’improvviso” a Edoardo Cortellazzi che è arrivato con i nomi dei premianti quando non erano ancora finite le gare… che probabilmente quei nomi se li potrebbe essere anche inventati lui… e che ha fatto solo bene perché sennò siamo ancora là a cercare di stabilire chi deve dare i fiori a chi! Continua così, Edo!

Premio “Buttiamola in simpatia” a Stefano Ravelli, che stasera non ha potuto fare altro che cercare di impietosire Per Forsberg per tenerlo calmo e tranquillo…

Premio “Auguri da parte mia” a chi dovrà integrare le linee guida IOF con le nuove raccomandazioni al capitolo “protocollo delle premiazioni”…

Premio “Finalmente hai capito come funziona” a Per Forsberg, che stasera non sapeva più se ridere, piangere, incaxxarsi, rimanere sdegnato, e alla fine ha mandato tutto “a sciallo” pure lui!

Premio “Klaus Dibiasi” a Maria Silvia Viti che, in mancanza di altri spunti di cronaca, ha rischiato di ammazzarsi precipitando dal podio fradicio di pioggia, sotto gli occhi di un sempre più Per(plesso) Forsberg

Premio “Sorriso” a Thierry Gueorgiou che è stato il primo a presentarsi alle premiazioni, l’ultimo ad andarsene, e che ha guardato quella bandiera che saliva come un bambino che entra per la prima volta a Disneyland

Premio “Simpatica canaglia” al contadino di Folgaria che durante la Open Race di ieri ha preso a bastonate la mia compagna di squadra Anna B. perché non passasse su un prato che, purtroppo per lui, se non è segnato come vietato noi orientisti cosa ne sappiamo?

Premio “Simpatica e basta” alla signora che ha spostato il punto 50 durante la Open race di Folgaria, consentendomi anche alle 4 del pomeriggio di cercare la strisciolina di carta, consentendomi di far vedere a tutti la strisciolina di carta con su scritto “50” e che si è giustificata dicendo che togliendo il punto, la gente avrebbe smesso di passare nel suo boschetto privato (senza capire che, in assenza del punto, c’erano 20 orientisti che quel boschetto lo stavano arando…)

Premio “Se ce lo dicevi… prima” a Per Forsberg che con uno spostamento della postazione speaker dell’ultimo minuto ha rischiato di impallare lo streaming audio per un’ora e mezza

Premio “Thierry Gueorgiou” a Thierry Gueorgiou, che ormai non sappiamo più cosa fare per non farlo vincere… che tanto i mondiali li corre sotto i 4 al chilometro e alla fine ti dice pure che il percorso era facile

Premio “Clint Eastwood mi fa un baffo” all’allenatore danese che, con un cazzotto dietro l’altro all’IOF, ha costretto i megaboss a cambiare le griglie di partenza della long affinché fossero fatte secondo le regole note a tutti

Premio “Bluff dell’anno” ai megaboss dell’IOF che, incalzati dal danese, hanno bollato le sue domande come irrilevanti finché il danese non li ha inchiodati alle loro responsabilità con una sola frase “Come sarebbe a dire che ci farete sapere le nuove regole quando fa comodo a voi? Dopodomani c’è la middle!!!”


Già. Dopodomani c’è la middle. Non so se Forsberg è un esperto di gestualità italiana, ma ormai ha capito anche lui cosa voglio dire quando gli mostro indice e medio incrociati… in entrambe le mani!

Sunday, July 06, 2014

WOC - pensieri esausti - 2

messaggio: dal francese message, derivante dal francese antico meis, che deriva a sua volta dal latino missus ovvero messo, inviato. Quindi, alla fine, tutto parte ancora da noi.

In questi giorni ne stanno arrivando tanti, parlo di messaggi ovviamente; subliminali, chiari, relativi al linguaggio del corpo o della voce, scritti su un pezzo di carta volante o su una pergamena, orali e quindi destinati ad essere fraintesi, equivocati, trasformati, cambiati, resi vani.

Vorrei sceglierne uno a caso. Ma potrebbe andarmi male e potrei finire per parlare dei messaggi di "bassa professionalità" riferiti a questa o quella situazione... Potrebbe andarmi ancora peggio e, a sorte, potrebbe uscire la classica frase (da non pronunciare necessariamente in italiano!) "se queste cose succedessero in ..., ne vedremmo di tutti i colori!" (dove ovviamente "di tutti i colori" è la mia interpretazione del messaggio stesso): sostituire poi i puntini di sospensione con nazioni varie a caso, o non del tutto a caso.

Oppure potrei cascare bene e pescare, ancora a caso, il messaggio di un forte atleta master (straniero) che oggi nel bosco del Turcio ho portato su un punto e, una volta che ci siamo arrivati, si è messo a ridere forte esclamando "10 minuti di errore non li facevo da tanti anni, ma farli in questo bosco è sempre divertente!" (se so tradurre ancora dall'inglese).

Potrebbe andarmi ancora meglio: il messaggio potrebbe essere quello della mia amica Metka che sfila al Campionato del Mondo portando la bandiera slovena, indossando la divisa della nazionale slovena e risultando, nella sprint di Burano, la migliore della sua nazione... e poi dicono che non è vero che tutto può accadere (basta lavorare sodo e meritarselo).

Ma sono stanco. Non ce la faccio più a scrivere ancora stasera. Il messaggio quindi lo scelgo io. Ed è questo:


Non credo che ci voglia una scienza per capirlo, anche se la buona Carlotta non aveva ancora finito di completarlo... e chi non lo capisce è un politico, o uno di cui il genere umano può fare tranquillamente a meno (talvolta entrambe le cose si riuniscono in una sola persona).

THANKS NADIYA VOLYNSKA !

WOC - pensieri stanchi - 1

Si dice che Richard Feynman, abituato a presentarsi in modo informale ai congressi di fisica vestito in modo molto informale, dopo aver ricevuto il Premio Nobel abbia presenziato l’ennesimo congresso al CERN di Ginevra in giacca e cravatta. Venne fischiato e si dovette strappare di dosso il frac. Parto da qui per spiegare che, spero, cercherò di non essere cambiato da questa esperienza ai WOC come “speaker locale”, che è un modo furbo e politico per dire “quello che ogni tanto fa respirare Per Forsberg”, che di respirare non ne avrebbe alcun bisogno perché può andare avanti per ore in crescendo…


Non cambio idea, non l’avevo scritto per denigrare Per Forsberg ma per descrivere in modo diverso la particolare giornata della Penicina. Ma non cambio idea perché Per Forsberg è proprio così: se ad un certo punto entrasse in scena il Papa, farebbe meno effetto! Credo che la sua presenza, da sola, sarebbe in grado di dare un punto fermo ad una organizzazione; gli scandinavi e gli orientisti di tutto il mondo in generale (non c’è nazione che non abbia già incontrato, di cui imparato a memoria vita morte e miracoli…) quando ce l’hanno di fronte si sentono rassicurati e protetti: “c’è Forsberg, tutto andrà bene”.

Ieri mi sono sentito come il ciarlatano di paese alle prese con il primario di un ospedale. Il bluff è un po’ venuto a galla… d’altra parte lui fa questo mestiere da 25 anni, forse di più, ed io di mestiere ne faccio un altro. E’ stato difficile cercare di stare al suo passo per la giornata della finale sprint, e mi rendo conto che pur avendocela messa tutta, fino allo sfinimento, non sono stato in grado nemmeno di stargli in scia (e, tra l'altro, per abitudine mia di non interrompere una frase ad effetto, gli ho "rubato" l'arrivo di Soren Bobach, cosa che ha fatto arrabbiare un po' tutti... televisioni comprese - si è notato che da quel momento in poi i miei interventi si sono limitati alla mera citazione di un tempo o di una posizione? (avevo dietro la guardia del corpo ceca pronta a sedarmi) - ma che ne sapevo io che il tappo danese avrebbe sbaragliato la concorrenza e che Hubmann si sarebbe "suicidato", orientisticamente parlando, tra la 18 e la 19?) 

Per le prossime gare cambierò tattica e mi metterò in un ruolo fin da subito più subordinato: le staffette saranno il regno di Forsberg ed io mi limiterò a fargli da spalla nei momenti di pausa. Sicuramente da quella posizione potrò imparare molto, perché non c’è in campo mondiale una persona con la sua esperienza, le sue capacità, la sua preparazione ed la sua passione per l’orienteering.

Che grande orientista che sarebbe stato!


Quanto a me, non chiedetemi di cambiare il modo in cui io reciterò il mio ruolo nelle gare post-WOC. Non ho alcuna intenzione di "indossare il frac" di Forsberg fin dal prossimo JTT, quando mi metterò dietro al microfono; se anche lo facessi, inconsciamente, sono pronto a strapparmelo di dosso!