Stegal67 Blog

Wednesday, December 30, 2015

Il mio Tuscania Five Days - prima parte

Una delle avventure più gustose della stagione 2015 è stata rappresentata dalla prima partecipazione del gruppo GOK al Tuscania Five Days dell’organizzazione PWT. Per l’occasione il GOK è tornato alla formazione “the originals”, dopo aver avuto in passato qualche mutamento all’organico come si confà alle grandi squadre come l’Inter, i cui giocatori immagino si trovino nello spogliatoio pre-partita a capire chi in settimana è stato venduto o comprato, i Vendicatori della Marvel che vengono schierati tra i buoni o i cattivi a seconda del regista hollywoodiano di turno, o gli Inti Illimani la cui evoluzione della formazione ha costretto la Microsoft ad elaborare nuove e più potenti versioni del tool Project per sviluppare i gantt.

Tutto avviene a cavallo tra il mese di settembre e di ottobre, quindi non è che il “diario di bordo” sia proprio sulla notizia; in quel periodo il tempo per coprire gli eventi era davvero poco e le gare si susseguivano a raffica: 12 gare in 23 giorni, di cui 6 come speaker – e che gare! Campionati Italiani, Arge Alp e finali di Coppa Italia. Il mio Tuscania Five Days cade tra il 28 settembre ed il 3 ottobre, quando la coincidenza tra ferie residue, compleanni dei membri del GOK e astinenza da gare ci catapulta a Marina di Cecina per una settimana di gare-gare-gare dalle quale non sappiamo bene cosa aspettarci, ma che immaginiamo inframmezzate da qualche puntata in spiaggia, qualche buona mangiata e qualche visita culturale in una regione che, per motivi ancestrali, non ho quasi mai avuto tra le mie mete di viaggio.

Prima di buttarmi anche io sul Tuscania Five Days, però, devo smaltire la pratica Campionati Italiani Long e Relay. Così, mentre il GOK scende in auto lungo la litoranea, io risalgo i mille milioni di tornanti che portano a Rovegno, affronto i boschi ed i percorsi di Rudy e Raus all’alba o con il buio, ed infine rientro a Milano domenica sera bollito come un cotechino. Il mio viaggio verso sud del lunedì mattina, sulle buone vecchie ferrovie dello stato, sarà allietato dalla permanenza fino a Portofino, nello stesso scompartimento, di una famiglia di neozelandesi venuti in Liguria durante una pausa della Rugby World Cup. Tra Portofino e Cecina, da solo in tutto il vagone,  c’è lo spazio ed il tempo per andare a rileggere le pagine storiche degli ori-blogger italiani: uno Zonori che faceva le pulci ai cartografi ed ai tracciatori, un Rusky che metteva insieme più medaglie di Phelps ed un giovane ed inesperto Pedrotti che si allontanava dall’HC per entrare nell’inesplorato mondo dei master.

Lo sbarco a Cecina è confortato da un mega pezzo di focaccia per calmare i morsi della fame. Indi trasferimento in zona balneare a Marina di Cecina ed è quasi già arrivato il momento di calzare le scarpette, indossare i pantaloncini da corsa ed andare a piedi fino alla Pineta di Gorette per la prima gara. Un rapido passaggio dalla segreteria gara per dare una occhiata alle griglie di partenza e trovare alcuni nomi inattesi: il britannico Nick Barrable “Mr. Compass Sport” con la sua signora Sarah Jane, poi Checo e Daniela Guglielmetti con Tiziano Boiani dal Canton Ticino, infine uno sfracello di norvegesi giovani e master che approfittano della concomitanza con le festività scolastiche in Norvegia per farsi un giretto ad una latitudine alla quale il sole sorge ancora. Il tutto per più di 200 partecipanti che, ai miei occhi, rappresenta il numero giusto per evitare di soffrire di solitudine al ritrovo e per dare l’impressione di un bel gruppo di atleti senza essere troppo invadenti. Un gruppo di atleti nel quale spicca il fatto che i 4 del GOK sono gli unici 4 italiani e che il 90% dei partecipanti è norvegese; come logica conseguenza, alla partenza della prima tappa, la crew del PWT fornisce le indicazioni dell’ultimo minuto (e la chiamata degli orari di partenza…) in norvegese stretto, dialetto di Mo I Rana: una lingua che alle mie orecchie suona musicale e comprensibile appena un epsilon di più dell’ungherese! Dopo i primi minuti di totale incomprensione nei dialoghi tra la capa del team di partenza ed i pochi che non appartengono alla nazione che ha dato i natali alle medaglie d’argento della staffetta 4x10 diLillehammer, arriva anche il mio turno e con esso l’inizio ufficiale della mia 5 giorni…


La prima gara è divertente e, considerando che questo sarà il format di tutto il Tuscania Five Days, sento che ci sono ottime prospettive perché il divertimento di propaghi per tutta quanta la settimana. Ma è anche faticosa per parecchi motivi: il fondo del terreno è costituito da sabbia mista ad aghi di pino marittimo, e credo che nessuno scienziato al mondo sia ancora riuscito a trovare una superficie sulla quale incedere è più estenuante! Le partenze sono ogni minuto, ed i miei avversari master norvegesi (nella categoria M40 c’è anche Tiziano Boiani, e sarà difficile persino PER LUI emergere in classifica…) sono tutti dei maledetti lupi da corsa: alcuni hanno un filo di pancetta, non che io non ce l’abbia, ma corrono come dei dannati! Dovrei anche ammettere che, rispetto a me, corrono TUTTI come dei dannati, senza bisogno di andare a scovarli nei fiordi norvegesi, ma giusto per dare una idea dei personaggi che sostano nei dintorni, segnalo che nella mia categoria corre (no: vola!) il signor Kjetil Bjørlo: ora… per tutti coloro che si mettessero in visione e all’ascolto in questo momento (= Dario P.), segnalo la seguente voce di Wikipedia:

Kjetil Bjørlo (born 27 March 1968) is a Norwegian orienteering competitor, individual bronze medalist in the classic course at the 1997 World Orienteering Championships in Grimstad.  He received a bronze medal in the relay event in 1997, together with Håvard Tveite, Bjørnar Valstad and Petter Thoresen… and anche sticazzi vorrei dire!


Giusto sempre per dare una vaga idea, un altro dei contendenti è questo bel tipo qua:

Lasse Arnesen (born 18 January 1965) is a Norwegian alpine skier. He was born in Oslo, and represended the club IL Heming. He competed at the 1992 Winter Olympics in Albertville. From the 1. November 2014, he is the secretary general of the Norwegian Orienteering Federation, succeeding Bjornar Valstad

… che sarebbe come dire che domani mattina il presidente della Fiso è Kristian Ghedina (tra l’altro Mr. Arnesen si rivelerà una persona proprio a modo ed alla mano, addirittura mite e quasi timido nella sua estrema cortesia).

Ma torniamo alla Pineta di Gorette. I percorsi non possono ovviamente essere challenging quanto Loco di Rovegno o Pietranera; occorre per lo più di correre veloci, senza farsi venire la nebbia nel cervello con il rischio di mancare un bivio o un sentierino, e poi occorre fare il giusto azimut quando si sbarca nelle zone “bianche” della pineta alla ricerca di piccole buche e depressioni insidiosissime. Cosa ancora più importante, però, è evitare di sottovalutare la pineta e le zone verdi di macchia mediterranea che la pervadono… Quest’ultimo comandamento me lo dimentico nell’andare dalla 3 alla 4: potrei scendere a sud ed entrare nella macchia dal sentierino oppure (scelta già perdente) risalire verso nord-ovest e fare il giro del fullo per prendere lo stesso sentierino. Se fossi dotato di ghette di adamantio ed armatura da antico cavaliere medievale, potrei andare dritto per dritto nella macchia più soft… Ma io sono Stegal! E io corro nei tunnel della tangenziale di Brescia! DI conseguenza la mia scelta consiste nel correre lungo il sentiero e cercare di attraversare la parte più rognosa di rovi… tanto cosa saranno mai? 20 metri al massimo?

Purtroppo sono 20 metri di inferno, ed io sono in braghette corte. Nonostante il tentativo di “sfondare il muro” come se fossi Ma’a Nonu davanti alla difesa degli Aussies, i miei cento chili non passano il muro di spine, non vengono nemmeno respinti ma vengono letteralmente avviluppati dai rovi. Per un tempo che mi pare infinito (credo onestamente si sia trattato di un solo minuto, ma di un minuto completamente perso!), ho solo la visione degli atleti più furbi di me, o molto meno scemi, che corrono lungo il sentiero… ho solo la percezione di essere stato catturato dalle tele dell’Uomo Ragno… e sento solo il dolore dei brandelli di pelle che sto lasciando attaccati a tutte le spine della pineta. Quando, finalmente, riesco a liberarmi dando un ultimo strattone di pelle e con esso liberarmi in direzione nord verso il sentiero che avevo lasciato poco prima (nemmeno in direzione del punto!), comincio a fare il giro del fullo sommando errori su errori.

Da lì in poi, sarò molto più attento e circospetto. Commetto un ultimo errore per andare alla 20, con quei maledetti sentierini che si confondono nel macchione di rovi (e trascinando dietro di me due ragazzotti norvegesi che, non trovando il punto, escono urlando nei miei confronti qualcosa come “men faen!”) e sono pronto per arrivare al traguardo…


nuovo errore: non ho letto bene il comunicato gara! C’è infatti una seconda parte di gara da correre dentro e fuori il complesso della “Buca del gatto” che ospita i concorrenti. La carta è 1:2000 cioè “tutto quanto è segnato in mappa mi viene addosso a velocità assurda!”. Raggiungo Attilio al punto 4, provo a staccarlo alla 5 e me ne pento quando mi incasino alla 6, con il solito “verde 4”delle siepi non attraversabili che mi frega sempre fin da quel dì al Campionato Italiano Sprint al Parco delle Cascine (che sempre Toscana è!). All’arrivo a bordo piscina il colore predominante è il rosso sangue… e NON E’ NEPPURE QUELLO CHE ZAMPILLA DALLE MIE GAMBE. Due concorrenti donne ed un concorrente uomo, nella gara più amichevole dell’universo alla Pineta di Gorette, sono riusciti nell’impresa fantascientifica di aprirsi in due la testa con un taglio profondo da qui a lì (ma questa ha preso a testate un albero?), procurarsi una specie di commozione cerebrale (ma anche quest’altra ha preso a testate lo stesso albero?) e infine l’ultimo è riuscito a scarnificarsi il mento al punto da arrivare al traguardo completamente lordo di sangue come un maiale sgozzato. Ribadisco il concetto: quando sarò presidente IOF, la prima cosa che faccio è obbligare tutti a correre con gli occhialoni protettivi… ma per i norvegesi potrei spingermi ad imporre la famosa suddetta armatura (tanto Bjorlo correrebbe lo stesso più veloce di me!).

Guardandomi in giro durante la gara, avevo colto alcuni concorrenti alle prese con difficoltà orientistiche superiori alle loro possibilità. Persino nella Pineta di Gorette! Sfiga: evidentemente nessuno di questi corre nella mia categoria, oppure corrono talmente forte da potersi permettere qualsiasi sfondone orientistico ed arrivare lo stesso davanti a me. Per tutte le 5 gare, non è che riuscirò sempre a mettere il naso davanti ad un norvegese (almeno uno!): solo i PM ed i non partiti saranno dietro di me in classifica. Tuttavia, quella sera, prima che Nick Manfredi prenda posto al microfono per uno dei suoi concerti, riesco ad assicurarmi  che tutta quanta la cumpa di norvegesi abbia ben chiaro da quel momento in poi CHI SONO IO e chi sono loro (da pronunciarsi alla Marchese del Grillo, o alla Chevy Chase in una delle sue performance al Saturday Night Live); durante la cena conviviale, infatti, mentre i ticinesi cenano in un tavolo a parte ed i quattro italiani scompaiono, sommersi nella massa di norvegesi, lascio cadere inavvertitamente ma anche con una certa nonchalance sulla tavolata del ristorante tre cartine: sono, ovviamente, le due cartine dell’individuale ELITE di Loco di Rovegno e della staffetta di Pietranera.

Non esiste e non è mai esistito un (serio) orientista che si lasci sfuggire l’occasione per sbirciare una cartina nuova, nemmeno se nei dintorni in quel momento passa Uma Thurman vestita di giallo come in Kill Bill ma con la tutina abbondantemente aperta sul davanti… E’ un attimo e le cartine, che sono palesemente TROPPO DIVERSE da quelle della gara di Gorette, passano di mano in mano (anche tra quelle di Kackmarcik, che alla staffetta non aveva assistito) e tutti chiedono chi le ha portate fin lì. Non oso pensare che qualcuno si sia chiesto quale razza di super-atleta avesse potuto portare fin lì quelle cartine, ma posso pensare che una scritta su quelle cartine abbia sollevato più di altre l’interesse: perché su quelle cartine compare evidente la scritta “Men Elite”!


(… continua …)

Monday, December 14, 2015

Ultimo post dell'anno

L’ultimo post dell’anno, come tradizione vuole, dovrebbe essere dedicato ai ricordi della stagione appena trascorsa. Una tradizione, quella di rimembrare fiaschi – nel senso di sconfitte – e bottiglie di vino – che di solito rappresentano il classico premio per la vittoria in una categoria master - che è stata iniziata qualche anno fa dal massimo esponente dell’orienteering bloggato, il grande Dario P., e che ha visto accodarsi tutti gli altri blogger di minor spessore (non considerando tale chi si occupa di tabelle Fiso…) come i bambini che seguono il pifferaio di Hamelin nel tragico finale della storia. A vantaggio del giovane Dario P., la possibilità di raccontare duelli al calor bianco con i più forti orientisti Elite e Master della scena nazionale ed internazionale, l’abilità nel mostrare cartine dalle quali si evince chiaramente la dote del Nostro nell’attaccare il limite di vegetazione poco accentuato avendo come unico riferimento una curva ausiliaria a 500 metri di distanza.

Quando ci provo io, i risultati non sono altrettanto notevoli. I miei duelli nel 2015 sono stati:
  • contro il cronometro, con il concetto di “fuori tempo massimo” che è stato reintrodotto nei regolamenti al solo scopo di evitare che nella stessa classifica si possano vedere risultati tipo “1° = 41 minuti, ultimo = 119 minuti”
  • contro il buon senso, vedasi ad esempio la scellerata decisione di provare (seppure in modalità “sequenza libera”) il percorso Elite del più duro campionato italiano Long degli ultimi anni
  • contro l’incolumità personale, e come monito mi resta ben impresso il tentativo velleitario di venire a capo del bosco di Pietranera – campionato italiano a staffetta – alle prime luci dell’alba
  • contro la dignità mia e del movimento orientistico in generale, vedi alla voce “performance alla finale di Coppa Italia di Gallio”

Atterro nuovamente sulla pista del mio diario personale, direttamente sulla pagina del “meno peggio” e del “peggio di così è impossibile”, dopo aver sommato nelle ultime uscite le seguenti performances: Giussano – ritirato, Angera – non partito, Briosco – ritirato, “50 lanterne” – non partito. Questo fil-quattro di prestazione costituisce la prima pietra miliare del mio personale peggio stagionale.

La gara di Giussano, organizzata in giusta memoria dell’amico Pippo Tealdo, è ancora sub-judice se entrare come sesto episodio del racconto “Yes! I’m a world record holder in orienteering”; non ho voluto verificare le cartine degli altri concorrenti del percorso Lungo e non mi posso arrogare il diritto di avere avuto in dotazione l’unica cartina con una percezione del colore più marcata rispetto alle altre: fatto sta che, dopo essermi fatto largo fino al primo posto nella fila dei partenti – partenza senza griglia predefinita - perché a causa brutti motivi personali avevo bisogno di tornare a casa presto, quando ho preso in mano la mia cartina (la prima della pila, appunto) ho esclamato ad alta voce “Minkia! Ma è una unica area privata!”. Così facendo ho ottenuto lo scopo di avere un testimone di quanto vado dicendo, e di distrarlo pure dal fare la scelta di percorso migliore sul percorso Medio. La mia carta, spero di riuscire a trovarla ma non garantisco, è verde privato ovunque, fatte salve le strade in marrone e gli edifici in nero. Una specie di Bronx senza nemmeno lo spazio per una aiuola o un giardinetto nel quale far pascolare i cani (quando Grilli dice “si capiva che era tutto giallo e non tutto verde perché si intravedevano i pallini degli alberi”, gli rispondo che “verde su verde” non si vedeva proprio una cippa di mulo).

Caracollando con il mio passo impiegatizio, ho raggiunto le prime tre lanterne tenendomi ben bene adéso al marrone delle strade, unica strisciolina di mappa percorribile in un oceano di aree private. Al terzo punto sono stato raggiunto da Metka, la quale purtroppo ha visto le sue tattiche di gara sconvolte dall’orrido panzone che le si è dapprima parato davanti, e che poi è ripartito in una direzione che nulla c'entrava con il quarto punto… il quarto punto, ai miei occhi e sulla mia cartina, è apparso infatti un tantinello strampalato: posizionato di poco all’interno di un area privata, al termine di una strada a zig zag senza uscita e, quindi, da ripercorrere in senso contrario per andare al punto successivo. Mentre l’orrido panzone procede secondo i propri piani (piani che l’invasione degli Stati Uniti da parte del Ducato di Grand Fenwyck è un capolavoro di strategia), Metka si affianca e, nonostante gli sfuffi e gli ansimi provenienti dai miei polmoni, riesco a percepire chiaramente le sue affermazioni di disappunto e di fastidio per la mia scelta di percorso, che a me continua ad apparire come unica. 

Dopo qualche decina di metri, Metka allunga, invano inseguita dall’omino Michelin… il quale pensa di essere entrato in una dimensione parallela quando, appena girato un angolo, si accorge che Metka è scomparsa! Va bene che la velocità della atleta che rappresenta la Slovenia ai Campionati Mondiali è ben superiore a quella del Rikishi di Baravalle, ma a tutto c’è un limite! All’occhio attento del Rikishi di Baravalle, nel frattempo, non sfugge il fatto che la strada a zig zag per arrivare al punto, e unica da rifare al contrario per andare al punto successivo, è circondata non da aree private ma da prati e parchetti.

Raggiungo il punto e, pur avendo davanti a me una distesa di prati (e pur NON avendo incrociato Metka che avrebbe dovuto venirmi incontro in senso opposto), mi attengo al piano originale: strada strada strada e nelle zone verde scuro non si entra. Il punto successivo è di nuovo in centro a Giussano. Quando arrivo in zona trovo una specie di adunata sediziosa - e per nulla silenziosa - che comprende a prima vista tutti i concorrenti del percorso Lungo che sono partiti nei 10 minuti successivi al mio, e che sembrano fare una specie di danza dentro e fuori dai cortili che si affacciano sulla piazzetta di Giussano. Quello che succede negli istanti successivi è molto caotico, e comprende la visione extracorporea del sottoscritto che
  • entra ed esce anche lui (io!) dai porticati
  • rientra per la seconda\terza\quarta volta in uno dei suddetti cortili per andare a vedere proprio fino in fondo se per caso la lanterna è nascosta dietro ad una catasta di macerie
  • si prende (giustamente) su da uno degli abitanti delle abitazioni che si affacciano sul cortile, che urla e chiede perché siamo lì a fare tutto quel casino

 Infine, al culmine del non-mi-ci-raccapezzo-più, una voce urla “èquiiiiiiiiiii!!!” e tutti si precipitano in un terzo “cortile” (in realtà l’unico segnato effettivamente come accessibile in mappa, e sulla corrispondenza della cui forma con la mappa non giurerei, ma io sono solo un avventizio e non un tecnico). La lanterna è lì in bella mostra per tutti. Diciamo che a questo punto le mie residue motivazioni a proseguire la corsa sono un po’ venute meno ed il primo effetto è che, con il calo di concentrazione, prendo una scavigliata che riporta il mio pensiero della situazione che ho lasciato a casa; non è il caso di andare a cercare altri guai, è evidente che sono in una giornata storta (ah!ah!ah! il gioco di parole…) e, quindi, abbandono (poco rapidamente) la scena. RITIRO NUMERO 1.

Sulla gara di Angera, poco da dire. Mi dispiace non esserci stato, non mi devo certo scusare per la mia assenza con chi nei giorni successivi  mi ha scritto che “peccato che fai le polemiche sulla collocazione delle gare vicine e lontane, poi però quando ci sono le gare vicine non vieni”… purtroppo nel momento in cui stava partendo la gara di Angera (dove spero di poter gareggiare in futuro), io stavo firmando un foglio che autorizzava i chirurghi a fare un tentativo abbastanza estremo per salvare la vita di mio padre. Il fatto che il papà sia ancora tra noi è il più bel successo del 2015. NON PARTITO NUMERO 1

Avrei voluto rifarmi a Briosco, carta sulla quale non avevo di certo brillato nella prima edizione del Trofeo Lombardia corso lì due anni fa. Essendo gara middle, ed essendo l’ultima della stagione (ed io un po’ in astinenza da lanterne), mi sono iscritto in M21 tanto arrivo ultimo lo stesso in qualunque altra categoria. Il comunicato gara parla di un bosco meraviglioso da far girare la testa, la quale tuttavia è sempre altrove coinvolta in più neri pensieri… il risultato è che, raggiunto in qualche modo il primo punto, mi scontro violentemente con il primo rovo del percorso e rovino a terra (avvenimento registrato anche dai sismografi dell’Istituto Geofisico e quindi probabilmente anche da una delle 51 slides presentate in Consulta – da un noto geofisico! - sullo stato del movimento orientistico lombardo): ne risente la spalla, già dolorante, ma soprattutto prendo una gran capocciata che mi rintrona.

Non potendo rischiare di farmi male, aggravando una situazione che a casa ci vede già entrare ed uscire dagli ospedali con una certa continuità, proseguo camminando e tenendomi la spalla in stile Franz Beckenbauer durante Italia Germania 4-3, al solo scopo di arrivare al traguardo del percorso “top dell’anno”. Purtroppo nei primi punti non trovo traccia del bosco scorrevolissimo e da favola descritto nel comunicato (ci sarà stato, ma io non ci sono arrivato); quello che sento distintamente, invece, sono le bestemmie che arrivano dal mio campo sinistro di visuale… apparentemente c’è qualcuno nel bosco che non è troppo contento di quello che sta succedendo. Cacciatori distratti dal passaggio dei concorrenti? Contadini che si trovano il campo vieppiù arato dai tacchetti dei più arditi? Le voci che si rincorrono sembrano scandire frasi smozzicate tipo “ma no!... è qui ti dico!... ma non c’è!... ma neanche quella di prima c’era!...”. Tutte cose che non posso capire perché, arrivato credo al mio settimo punto, la testa fa troppo male per proseguire e le energie mentali residue sono sufficienti solo ad attraversare il campo gara per la via più diretta ed arrivare al traguardo. RITIRO NUMERO 2.

Su internet la gara di Briosco viene indicata come gara al top, ma alcune scene viste nel dopo gara mi consentiranno di vergare la frase di apertura del pezzo sul bollettino annuale dell’Unione Lombarda:
(“Legge di Eastwood”): Quando l’uomo con la pistola incontra l’uomo col fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto.
(“Corollario”): Quando l’uomo con la pistola e l’uomo col fucile incontrano Adele, che si è appena ritirata dopo aver vagato un’ora tra i rovi in cerca di due lanterne mai posate, l’uomo con la pistola e l’uomo col fucile se la danno a gambe prima di essere disintegrati dal solo sguardo!

Dopo tali strambate, restava solo la “50 lanterne”, da affrontare senza alcuna velleità agonistica e al solo scopo di lasciare la stagione 2015 con un ricordo quantomeno positivo. Devo anzi ammettere che, da circa un mesetto, avevo ricominciato con le uscite di allenamento da 10-12 km (due o tre volte alla settimana) che mi portano ad attraversare il Parco del Ticinello, la zona delle Terrazze, fino a spingermi attorno al Ronchetto delle Rane e talvolta fino ai confini di Milano città. Ho persino trovato un “dente” dietro la zona delle Terrazze (nulla di eclatante, saranno 15\20 metri di dislivello!) sul quale fare le ripetute in salita! 

Ma alla fine tutti i dentro e fuori dagli ospedali, agli orari più assurdi, hanno avuto come risultato il fatto che sabato sera, proprio mentre era in svolgimento la festa di fine anno dell’Unione Lombarda, io ero a letto con la febbre… niente “50 lanterne” per me, e come unica panacea il fatto che il carbogel che avevo tenuto da parte come riserva di energia per la seconda parte della gara di fine stagione brianzola è diventato l’unico tipo di cibo che sono stato in grado di assumere mentre stavo a letto a smaltire le linee di febbre in più. NON PARTITO NUMERO 2

Occorre spendere altre parole sulla stagione 2015? Let bygones be bygones, o per dirla in modo comprensibile a tutti “Scurdammoce o’ passato”, perché quello recente avrei proprio voglia di lasciarmelo presto alle spalle.