Mercoledì 31 maggio 2006, pausa pranzo
Sega di Ala
Se da qualche parte devo cominciare, allora comincio dall’ultimo episodio della serie “Perchè non me ne sono stato a casa?”.
Sega di Ala, posto sperduto tra Trentino e Veneto in cima alla montagna (strada con pendenza 20%). Presupposti non proprio rosei: nel parcheggio mi viene addosso (a me, non alla macchina) il furgoncino della squadra del P., facendo una curva troppo stretta.
Parto 6 minuti dopo il jinetero AA, e le gambe subito in uscita dal punto K dimostrano che non è giornata: faccio una fatica boia a raggiungere la strada e l’attacco al punto 1. Andrea, ma sei sicuro di questo punto? Mi sembra di essere alla famosa 9 di Passo Coe: arrivo sul sasso più in alto, non dovrei avere niente a sinistra (niente c’è) ma manca il punto. Me lo segnala Gertrud Unterhofer in uscita dallo stesso: è ad ore 4 rispetto a me, ma non mi torna tanto con la carta (doveva essere sul sasso più in alto, invece no). Punti 2 e 3 senza un attacco sicuro, con la collina poco accentuata a destra e poi alle spalle, ma nel dedalo di rocce e roccette lascio un paio di minuti almeno. Cioè quanti ne lascio al punto 4, nel solito dedalo pietroso (sono salito troppo alto). 5 e 6 facili e all’attacco della 6 vedo uscire Attilio su una scelta diversa, lo vedo anche in uscita dalla 7, alla 8 sono a 5 metri da lui e mi chiedo come faccia a non sentirmi. Alla 10 è ad una ventina di metri, ma poi mi lascia lì. Perchè succede che alla 11 faccio un volo a planare oltre il sentiero e finisco dritto sul filo spinato, da cui mi libero solo a prezzo di graffi sulla schiena e lasciando lì un capo di abbigliamento (ne devo uscire per liberarmi dal filo spinato).
Da lì è delirio, fatica, un po’ di sangue sulla schiena, ripensamenti sulle scelte di percorso, EC che mi vede corricchiare conciato così e chiede se sto andando dritto all’arrivo... lanterna 15, dove sei? Attacco preciso dal rudere, alla velocità che le gambe consentono (ormai 3 km all’ora) ma la lanterna non si trova. La vede MS tuffando il viso nel folto di un muro di rovi e arbusti. Lì dentro? Stenta a crederlo anche RK... Per fare gli ultimi due metri che mi separano dalla stazione devo farne 5 attorno ai rovi. A questo punto perchè non segnalare in descrizione punti che il palo sta nel verdume pesante? Ultimi tre punti da fermo: su e giù e su e su e su e poco giù a macinare tonnellate di curve di livello non aggirabili (incrocio il papà di AR in auto che mi chiede persino se sono ancora in gara o ritirato...).
Finisco in 1 ora e 38 circa, lentissimo e stravolto, mezzo nudo ed in pessimo stato. 16 secondi davanti ad Atty che mi recupera quasi tutto il tempo nella seconda parte. La durezza del percorso è testimoniata anche dal fatto che esplode in volo anche AS, terzo a metà gara e poi crollato per la caldazza.
Morale:
1) le gambe non vanno, il fisico mai così a terra da quando faccio l’H35 (devo lavorare di meno)
2) mai credere alle lunghezze, considerare sempre il dislivello
3) se traccia AR (tracciati comunque belli), pensare di scendere di categoria ... in HB magari
4) allenati!
Punti positivi:
1) le gambe non vanno, ecc. ecc. ma ho finito comunque la gara in queste condizioni (cfr. anche l’impatto col filo spinato)
2) e 3) se ho deciso di fare l’H35, difendo la scelta. Se volevo fare l’HB, andavo a Paullo
4) devo veramente allenarmi un po’, non posso ridurmi in questo stato. Dopo il week-end di Andalo mi metto di buzzo buono.
E poi devo imparare a mettere i jpg delle cartine col mio percorso su questo diario...