Forse il commento migliore è quello di ieri sera della mamma, quando sono passato a salutarla:
“Non sembri nemmeno stanco!”.
Stanco? Io??? E come potrei?
Giovedì 1° maggio: gara long per il campionato dell’Alto Adige a Vols am Schlern.
Sabato 3 maggio: gara long per la Due giorni della Val di Non a Cavareno
Domenica 4 maggio: gara long per la Due giorni della Val di Non in Predaia
Come potrei sentirmi stanco? Non mi sento così bene da moooooolto tempo a questa parte! E, soprattutto, non mi sento da altrettanto tempo così “orientista”: forse dalle gare di Barricata dell’anno scorso.
Ma andiamo con ordine.
Mercoledì 30 aprile sono due le macchine-GOK che salgono verso l’Alto Adige: sulla prima 3 del 4 “GOK-the-originals” (PLab è costretto alla defezione per problemi fisici), sulla seconda c’è “GOK-new-generation”, ovvero Maria Adele e il Bellini. A Vols troveremo “GOK-second-wave”, ovvero Marco e Mary.
C’era già stata nella mia vita una Vols ed un 1° maggio: era il 2003, ed io e Roberta eravamo saliti ai laghetti senza sapere bene cosa avremmo trovato… un vero Paradiso! In una giornata di sole perfetto, avevamo scorrazzato sui percorsi di Rudi Mair nella over-35, circondati dalle montagne dello Schlern, nel verde smeraldo dei boschi e tra i laghetti. Un vero e proprio paradiso. Troppo bello per non tornare a correrci.
Per questo, ad inizio stagione, avevo messo il trittico sopra citato tra gli appuntamenti impedibili. Considero una boutade la proposta di Mario Ruggiero di andare a correre a Graz l’Alpe Adria: secondo me era un modo per agganciare il già campione italiano Marco Giovannini, che avevo già convinto a correre il trittico! I miei risultati fino a quel momento non rendevano proprio possibile un interesse da parte di chicchessia alla mia partecipazione (magari dopo questa 3 giorni… ma quanti lombardi guardano le classifiche delle gare di fuori regione?).
Purtroppo il 2008 ci ha portato a Vols proprio mentre in zona passava un’ultima propaggine di inverno: giovedì mattina troviamo sotto lo Schlern 4 gradi di temperatura, pioggia a tratti anche copiosa, una nuvola clamorosamente fitta che sbarra la strada agli orientisti che cercano la partenza (e Stefan Kofler che ci informa “giù per di là!” indicando un prato nel quale la visibilità è a 10 metri). Ma è l’unico neo della giornata e non imputabile alla perfetta organizzazione TOL.
Gara long. Tracciata da Rudi Mair. In un bosco dove non sono solo le gambe a fare la differenza, ma la tecnica. E piove. Ce ne sarebbe abbastanza per mettermi pensieri funesti nella testa. Ma per qualche motivo io non temo questa gara: affronterò i boschi che prediligo, con visibilità ampia (nuvole a parte…), senza ostacoli a livello dei piedi. Saremo solo io, il bosco e la cartina, senza trucchi e senza inganni. Non posso nemmeno sapere che la mia partenza è salutata dai GOK con un “oggi Galletti è nel suo ambiente”… primo punto: 600 metri ad azimut. Me ne frego dei sentieri e vado via in bussola. Sasso, buca…. Sasso! E primo punto raggiunto per la via più diretta.
I tempi:
Tempo Parz.: 00:05:02 1
Progressivo: 00:05:02 2 00:08:46 2 00:10:29 2 00:11:48 2 00:13:56 2
(come si spiega che col primo parziale di gara sono già secondo? Corradini è partito in ritardo…)
Certo, il passo è quello stanco di questo periodo di scarso se non nullo allenamento. Ma a Vols non ho avuto un solo momento di indecisione, un solo istante di dubbio. Basti per tutti il punto 21: un altro azimut tirato alla perfezione per direzione e distanza, a cercare un sasso insignificante nel verde (verde… rami bassi ovunque, mica i rovi del nord ovest): quando mi arresto e penso “devo essere arrivato”, il sasso ed il punto sono a 3 metri da me, dietro un albero. Ho corso discretamente per tutta la gara, spingendo dove potevo e camminando sulle salite: 300 metri di dislivello che sono passati senza apparente sforzo, ed un tempo al kmsf che si avvicina pericolosamente agli 8 minuti, cosa impensabile per me. Corradini mi prende sulla salita per andare alla 12, Marco tra la 12 e la 13 ormai sulla riva del laghetto che per qualche insondabile motivo percorriamo io in senso antiorario e lui in senso orario… in zona 16 e 17, dove incrocio Heike Torggler, l’unica cosa che manca sono i caprioli ed i coniglietti in uno scorcio di bosco da cartolina come tutto quanto il resto del paesaggio attorno a me.
Il pensiero finale della giornata è: perché non possiamo correre ogni settimana qui? La risposta, molto pragmatica, è di Bibi: “perché rovineremmo la magia di un posto come questo”. E ha ragione.
Quanto alla classifica, prendo 5 minuti da Enrico Isma e 10 da Andrei Prouss. Su una gara long che per me arriva quasi a 90 minuti… non sono loro ad essere andati piano: sono io che a Vols posso permettermi di perdere molto meno terreno da loro!
Il 2 maggio splende il sole. Torniamo quindi ai laghetti di Vols per una passeggiata con cartina, per vedere e far vedere il posto inondato dal sole a chi non c’era mai stato. Ancora emozioni. Ma arriva presto l’ora di andare a sud, verso Coredo. Eh si: Stegal sta tornando a casa! Ed infatti nel pomeriggio ci spingiamo fino al lago di Coredo per una passeggiata prima della cena a base di tortello di patate da Romano, a Sfruz. Il 3 mattina ancora una passeggiata attorno ai laghetti di Coredo e Tavon, con gli amici che probabilmente mi sentono ripetere per la cinquantamilionesima volta le mie storie di quando ero bambino a Tavon… e forse questa passeggiata mi ha tonificato: adesso bisogna andare a Cavareno.
Cavareno. 1992. Prima gara di Stegal.
Buttato nel bosco senza sapere che cosa fosse una cartina, una bussola, cosa fosse l’orienteering. 2 ore e mezza, forse tre, per un percorso esordienti. Il celebre “quarto punto: canaletta. Cosa essere canaletta” che ormai è entrato nell’immaginario collettivo. Il bambino Paolino Dorigati che si ricorda la mia “resta” a base di teroldego (credevo fosse coca cola), la mia promessa “Ho chiuso con questo sport!”… e chissà la mia vita cosa sarebbe ora (e non solo la mia).
Cavareno. Ormai mi sono riconciliato con questa carta che mi ha lasciato incubi terribili. Ho già fatto in passato un secondo posto in HB e una bella H35. Non mi fa più paura ma… non è una carta che so possa prendere alla leggera. Per fortuna è una gara middle, ho abbandonato la M35 per portarmi in MA a sfidare i fratelli Sandri…
Middle??? 13,5 chilometri sforzo??? Qualcuno deve essersi sbagliato. Sicuramente gli organizzatori, ma a questo punto anche il sottoscritto. Ci pensa Enrico Casagrande a darmi il colpo di grazia: “Te vegno a ciapàr nel bosco stasera”. Approfittando della defiance di PLab, il GOK shifta di una categoria: Atty da M35 in MB, io da MA ad M35 nonostante Eddy e MatPaz giustamente si oppongano. E forse avevano ragione loro…
Partenza alle 15.12: la M35 non è così più corta della MA. Fa caldo e quindi corro con la sola maglietta, ma i primi 5 punti sono assai faticosi e mi scopro a grondare sudore come una fontana. Poiché il punto 6 prevede la traversata della carta da sud a nord, me la prendo veramente comoda ma anziché fare una scelta pusillanime (vero, o concorrente dell’Elite femminile che non nomino?) vado sotto la linea rossa, leggendo il terreno e le curve di livello: non so quanto tempo passa, ma in zona punto mi dico “se ho fatto tutto bene, quassopra ci sono due buche: una è la mia”. Scollino e ci sono due buche… ho trattenuto un urlo di gioia solo per rispetto della gara! Ma il mio pensiero è stato “Si: qui io sono un orientista”. Ed il bosco: stupendo, un tappeto di muschio con i dislivelli costanti ma mai proibitivi, una lettura continua e puntuale della carta con i suoi cambi di vegetazione, le sue forme grossolane ed i dettagli da vedere bene solo in zona punto. Ancora una bella tirata da 8 a 9 (centrato in pieno!) e da 9 a 10, e su quest’ultima tratta la sensazione che Andrea C. faccia la sua scelta indipendente ma si “appoggi” alla mia posizione nel bosco per arrivare al punto. E sul punto arriviamo da due direzioni diverse e lui dice “Stefano, questa la punzoni prima tu”. Ancora un paio di tratte brevi ed un'altra tirata lunga e… un altro centro perfetto! Commetto forse l’unico errore della gara quando, in trance agonistica, dalla 17 vado alla 19, ma riesco ad accorgermi dell’errore in tempo perdendo in tutto un paio di minuti. Sono talmente a mio agio da azzardare un posizionamento errato, ma ininfluente, della 20 (poi condiviso con altri concorrenti). Proprio alla 20 arriva alle spalle il dominatore della gara, ovvero Enrico: e io non voglio farmi sorpassare, anche se mi ha preso mezz’ora di vantaggio. Accelero e alla 21 è dietro di 10 metri. Mancano due lanterne e una è un angolo di edificio; vedo una torre di pietra sbucare dal bosco e mi sovviene come in un flash il modo in cui un altro grande orientista (grande in tutti i sensi), Stefano Bettelini, aggredisce le discese: mi butto a tutta velocità nel bosco (tanto è solo muschio e aghi di pino… no rocce, no rovi) e punzono ancora davanti, mantenendo il vantaggio anche alla 23 e sul lungo slalom finale fino al finish. Enrico mi gratificherà con un “me parevi un missile!”, che detto da lui è un signor complimento.
Ancora 1 ora e 28 minuti di gara, come a Vols, ancora poco sopra gli 8 minuti al kmsf.
Mi aspettavo di pagare questo sforzo in Predaia. Carta tecnica, carta difficile. Anche se si corre nei pratoni verso il Sores, c’è modo per i tracciatori di piazzare qualche punto tra i verdini ed i giallini semi aperti del bosco: uno solo di questi punti può costare dei veri quarti d’ora.
Alla partenza le sensazioni non sono delle migliori: come al solito non faccio riscaldamento e la temperatura è freschina. Decido di affrontare con calma il percorso di Lorenzo Cavini: il primo punto voglio farlo veramente piano per prendere confidenza con il bosco, leggendo le radure ed i verdi ed i semiaperti… ehi: eccolo! Secondo punto: nel bianco dettagliato. Vado via in bussola e mi accorgo che leggo tutti i dettagli: se non ho preso cantonate il punto dovrebbe essere... ehi: eccolo ancora! E così il terzo ed il quarto. Mi sento esageratamente orgoglioso di me stesso, anche se l’andatura non è quella di un purosangue, soprattutto perché attorno a me infuriano le battaglie nelle altre categorie ed è un proliferare di richieste di aiuto, di “mi dici dove siamo?”, “Mi dici che punto è quello?” segno evidente che più di qualcuno è in difficoltà.
La salita porta ai punti nei pratoni dove cerco, soprattutto sul piano, di far andare le gambe mentre in salita mi limito a spostarmi al passo perché so che devo tornare nel bosco bianco per gli ultimi 6 punti e non voglio trovarmi a secco di energie. Alla 7 vedo alle mie spalle un amico con fascia frontale: è Andrea Segatta che mi ha ripreso quasi 6 minuti. Speravo di vederlo più tardi, ma non demordo anche se so che mi piomberà addosso nei prossimi punti sui pratoni. Per la 8 rimetto in azione il bulldozer, e scavo un solco nel verde 2 che qui è fatto di abeti fittissimi e rametti che formano un muro, ma non sono rovi ed io mi apro la strada come ho sempre fatto in questi boschi senza paura di farmi male. Andrea non si vede… forse mi ha già superato di gran carriera? Procedo e rientro nel bosco: continuo a leggere i dettagli ed il bosco è sempre un amico fidato. Il muschio sembra spingermi avanti e riesco ad accelerare su alcuni pezzi di bosco bianco persino in salita (se mi vedesse il GOK mi direbbe “altro che fermo!”). Continuo a leggere e continuo a sorprendermi perché le lanterne sembrano cascarmi incontro una dopo l’altra. La mia bussola che in altre occasione sembrava tirare sempre a sinistra qui indica la via con una precisione sensazionale: non lanterne che compaiono a destra o a sinistra, ma proprio di fronte a me e proprio dove me le aspetto! Alla 14 ricompare Andrea a poche decine di metri da me… devo fare una scelta decisiva per trovare un giallino nel bosco bianco: e ci finisco sopra esattamente come volevo fare, attaccando un avvallamento inesistente non di traverso, ma dalla punta alta (commento di Andrea: “Ma chi sei… Batman?”). Mi permetto persino di perdere un paio di minuti alla terzultima lanterna: sono talmente sicuro di me che mi metto a contare le radure nel verde ma, mannaggia, confondo un semiaperto con la prima radura; appena capisco la situazione trovo il punto con buona sicurezza, prima del finale ancora nei pratoni in discesa verso la 100.
Finisco la gara in 1 ora e 8 minuti, appena sotto gli 8 minuti al kmsf. Marco ammazza la gara con una prestazione stile campionati italiani a Passo Coe (anzi, forse ancora più convincente) ma nonostante i 19 minuti di ritardo sono contento tanto e quanto lui.
E, per dirla tutta, non sono nemmeno un po’ stanco. Qualche tempo fa ho scritto un commento su qualche blog: esiste un orienteering lombardo, uno ligure, uno trentino, uno svedese e tanti altri ancora. Ecco: sull’orienteering in Trentino Alto Adige mi sento di poter dire la mia, mi sento di poter fare bene. Ci saranno ancora gare tra Trento e Bolzano, ed occasioni per smentire questa frase. Ma se devo dar retta alle sensazioni, un trittico di gare come quelle fatte dal 1° al 4 maggio credo di non averle mai fatte, sia come cartine visitate sia come sensazioni provate fisicamente ed orientisticamente.