L’esame comincia sotto la doccia.
Il livido che ha già tutti i colori dell’iride, sulla coscia sinistra... deve essere stato il ramo che ho incocciato di punta tra la 13 e la 14 durante la notturna.
Lo sbrego lungo 14 centimetri (misurati) sul polpaccio sinistro... deve essere stato quel rovo micidiale nella discesa di oggi verso la 10.
Il livido bluastro che mi gonfia il ginocchio... ah! Non ci sono dubbi: il volo a planare di ieri sera tra la 11 e la 12, quando ormai davo per persa ogni speranza di poter tornare a casa.
Tito Livio nella sua Storia di Roma descriveva il legionari romani che valutavano la rispettiva “veteranità” dal numero di cicatrici riportate in battaglia. A me però vengono in mente i due protagonisti della serie “Scuola di Polizia” (Tackleberry e la sua capa bionda) che si mostravano reciprocamente le cicatrici riportate in servizio, finché lei rimane praticamente con poco o niente addosso...
Io so solo una cosa. Domani ho io una riunione con la mia capa... devo presentarmi con un lupetto a collo alto e polsini ben spinti verso il palmo della mano, sennò come spiego il mio polso destro completamente spatassato dai rovi? (ci sono la bellezza di 10 tagli, il più lungo è di 13 centimetri, misurato col righello).
Esordio della Coppa Italia 2010. Sassofortino, provincia di Grosseto. La macchina-GOK che parte da Gratosoglio alle ore 6.30 del mattino di sabato (ho chiuso la giornata lavorativa di venersì alle 21.50) non si è mai spinta così a sud. Questa è in effetti la gara alla latitudine più a sud che ho fatto, perlomeno arrivandoci in macchina: me ne accorgo con PLab quando superiamo il cartello di Livorno e ci aggingiamo a scendere ancora prima di affrontare le salite che portano nell’entroterra di Roccastrada. Il menu prevede di esordire con la quarta prova di Coppa Italia di trail-O, alla quale mi presento “forte” della vittoria nella terza prova, poi sarà il turno della notturna che costituisce per gli Elite la prima prova di Coppa Italia (io sono iscritto in MA, ovvero alla gara di contorno... in fondo dovrebbe essere una corsetta, magari con qualche punto in paese, giusto per fare compagnia ai più forti) e domenica mattina Coppa Italia ancora in MA.
Questa trasferta, causa problemi di lavoro che mi hanno portato fuori sede negli ultimi giorni, non è che l’abbia preparata proprio bene... Non so esattamente dove si svolge la gara di trail-O, non conosco esattamente le griglie delle due gare nel bosco... non so nemmeno con esattezza dove dormiamo. Ma il solo fatto di allontanarmi dalla scrivania mi mette di buon umore (anche se le telefonate dall’ufficio si faranno sentire per tutto il pomeriggio di sabato...). Il risultato è che la macchina del GOK-the-originals sbarca a Sassofortino proprio mentre Massimo Bianchi sta gestendo la macchina organizzativa... scendiamo dalla macchina in tempo per ammirare un bosco rocciosissimo e dettagliatissimo che mi fa subito pensare alla gara di Trail-O di Soderkulla, quando “Whites” ci annuncia “Avete sbagliato posto, il trail-O è a Roccastrada”. Dietro front e rapida ricollocazione sul punto esatto per la prima gara.
Il percorso di Giuliano Michelotti, alla fine, si rivelerà molto diverso da quello che si sarebbe sviluppato a Sassofortino (ne scriverò per il sito di Rusky
http://www.trailo.it/). E’ un percorso “di paese” che sfrutta le possibilità offerte dalle zone naturali con rocce e avvallamenti a vista, un percorso basato (mi pare di poter rilevare a posteriori) sulla conoscenza di alcune regole base del trail-O. Gli unici punti sui quali capisco subito di avere difficoltà sono il 4 (una valutazione delle distanze lunghe da osservare in direzione obliqua rispetto all’oggetto interessato) ed il 14. Infatti li sbaglio entrambi (a Parma, con il fattore “C” che ho messo in moto quel giorno, le avrei centrate senza problemi). Resto perplesso sul punto 10 (un “punto intermedio” tra un oggetto ed una strada... peccato che l’oggetto particolare non ci sia più!), e so che sui 5 punti a tempo con i quali è cominciata la gara... per la serie “via il dente via il dolore”... almeno un errore l’ho fatto. Totale massimo si errori messi in preventivo: 4. Risultato finale: 4 errori. Su un percorso del genere la classifica non può che essere molto corta, ed infatti i miei 4 default mi posizionano al nono rango finale, ma sono ugualmente contento di essere rimasto nella top ten. Nel dopo gara, i miei sforzi vanno tutti in una unica direzione: convincere Rusky a partecipare con me alla gara in notturna in MA... non che ci sia voluto molto per convincerlo! :-)
Dopo un impegno istituzionale ad argomento trail-o-istico che si è protratto per tutto il pomeriggio, la macchina con a bordo il sottoscritto e Rusky sale di nuovo a Sassofortino per la gara in notturna. Il tempo di salutare mille amici, che rivedo per la prima volta dalle ultime gare 2009 ed è già ora di preparare le luminarie per la gara: per me una frontale Peltz a led ed una torcia da tenere in mano... tanto non è che gareggio per le prime posizioni: l’obiettivo è quello di divertirsi, portare a casa la pelle e quindi avere una buona visibilità attorno...
Questo è il “Galletti-pensiero” prima della partenza. Il pensiero di altri è rivolto al tipo di gara: ci sono prati attorno a noi, c’è un paesino scosceso e abbastanza labirintico ai nostri piedi. Non ci dovrebbero essere sorprese spiacevoli, magari qualche punto nel bosco su sentiero... in fondo, mi ripeto per l'ennesima volta, dovrebbe essere una gara di contorno.
Le sorprese, purtroppo, non mancano e per me vanno tutte nella direzione sbagliata. Innanzitutto il clima meteorologico volge decisamene al peggio: le nuvole basse ad effetto nebbia in Val Padana tolgono se possibile ancora di più la visibilità. La frontale si rivela addirittura dannosa, perchè la luce si riflette sulle lenti degli occhiali rendendomi praticamente cieco. Assisto alla suggestiva partenza degli Elite, raccontata dalla voce di Andrea Rinaldi, facendo il tifo per Anna Chiandetti che guida il gruppetto delle ragazze: non riesco a vedere se nel gruppo c’è anche Francesca Pelizzola, ma istintivamente mando un “in bocca al lupo” a due amiche che per me rappresentano al meglio il bello ed il buono della passione per l’orienteering. Adesso tocca a me presentarmi al via “mass start”; ed il via è uno shock bello e buono: altro che lanterne in paese, altro che prati e sentieri! La carta, che mi ricorda molto (ma con un sacco di verde 1 e 2 in più) lo “spruzzo di una stilografica” inaugurato nella cronaca dei Laghi di Fusine, è un dedalo di punti che si trovano praticamente tutti nel bosco, tra milioni di rocce e roccette: il percorso mi appare subito quanto mai incasinato, e non ci metto molto a capire che il livello della competizione è quasi una Elite diurna! Ed io sono lì in mezzo alla nebbia ed alle tenebre con una Peltz inutilizzabile ed una pila-torcia in mano!!! Altro che i percorsi di Fragori in Ticino... Lidia, non ti azzardare mai a mettere in piedi una Fragori come quella di Sassofortino (ti prego!).
(questo è il percorso di Rusky... come si evincerà da quel che scrivo sotto, non mi sono nemmeno reso conto che la seconda ala di farfalla era una 5-6-7!)
Sarei lì lì per ritirarmi subito. Ma dopo aver convinto Rusky ad abbandonare la sua metà per salire con me a Sassofortino, mi sembrerebbe quasi di pugnalarlo alle spalle se rinunciassi subito alla gara... farò così: andrò dove andrà lui (tanto abbiamo già deciso di farla insieme, in Segreteria ho fatto cambiare l'iscrizione di PLab con quella di Marco) e fino al momento in cui lui avrà intenzione di andare avanti.
Già prima di arrivare al primo punto siamo entrambi ruzzolati ben bene per terra in mezzo ai rovi... Il primo punto, se il Signore vuole, lo trova Rusky dopo una scelta di percorso azzardata; il secondo punto non è lontano, ma sta imboscato in un verde2 che sarebbe rognoso affrontare di giorno... figuriamoci nelle condizioni di gara di sabato sera. Ma Rusky non è stato due volte campione italiano per niente, e trova pure quello dopo una battaglia selvaggia tra i rovi in mezzo alle rocce. Poi il terzo punto, a risalire una parete in mezzo al solito inferno. Il quarto punto è ancora il numero 1, il centro della farfalla: il mio contributo consiste nell’aver memorizzato il punto d’attacco precedente... in modo da ripassare dalle stesse balze tra i sassi. Sorvolo sui punti 5 e 6: la solfa è la stessa, il morale è sempre più a terra, le mie ginocchia e le mie mani picchiano contro il terreno e le rocce quasi ad ogni passo. Marco continua ad andare avanti come un caterpillar e finalmente si torna a riveder le stelle sul prato verso la lanterna già nota come 1 e 4... solo che questa volta decidiamo per sovrapprezzo di attraversare un pezzo di pascolo di 50 metri tutto innevato (seguono altre cadute).
Dopo la 7, ci sono le prime 3 lanterne che mi fanno respirare: in discesa, sui prati... basta prestare un po' di attenzione per evitare di finire per le terre. Incrocio la sagoma inconfondibile di Andrea Cipriani che viene su dalla salita come una locomotiva, tutti gli altri hanno in testa dei riflettori stile “luci a San Siro” che mi accecano rendendo impossibile riconoscere di chi si tratti. Risalendo dalla 10 verso il traguardo (punto spettacolo) capisco subito che “non ne ho più”; intravedo la prossima tratta 11-12 che, oltre ad essere lunghissima, non si appoggia a nulla che assomigli ad un sentiero, ad una strada, ad un prato aperto: bisogna andare su tra le rocce per alcuni centimetri della mappa che mi sembrano eterni. Non ce la posso fare; se solo Rusky pensasse di ritirarsi, potrei quasi accogliere con entusiasmo la proposta di lasciare la gara a metà. Ma lui non ci pensa nemmeno, anzi... la tratta 11-12 è proprio quella giusta per un orientista come lui; ci metto del mio suggerendo un attacco dal basso “strada-sentiero-prato-sentiero” e lui fa il resto arrivando sul punto per la via più diretta (sono curioso di vedere gli split!). La 13 non è difficile, ma il misfatto si compie sulla 14: Rusky indovina subito il punto per scendere dalla strada verso il bosco, mentre io rimango avviluppato in un intrico di rovi che mi si attorcigliano alle caviglie! Non riesco fisicamente più a muovere i piedi... cerco di sollevarli sfruttando tutto il mio peso e l’unico risultato che ottengo è quello di perdere una scarpa! Perdo l’equilibrio un paio di volte ma solo la forza della disperazione mi impedisce di cadere: ho gli occhiali in mano, sotto la carta, e se li perdo sono rovinato o morto; e nessuno mi troverebbe ancora più annegato nei rovi. Riesco dopo un minuto buono a sottrarmi a cotanta natura ed arrivo alla 14 dove Marco mi sta aspettando... ma la sua è una attesa vana: l’ultima pena da scontare di questa gara di contorno che si sta rivelando un inferno in terra è che i loop delle farfalle finali sono diverse. Lui punta a nord-est, io a sud-ovest.
Adesso sono proprio da solo, adesso devo fare tutto da solo. Attacco il punto 15 per tre volte prima di trovare il varco buono nel verde fitto, ma non capisco di quanto mi sono spostato rispetto alla linea ideale.
Attorno a me nessuno, Solo nebbia e tenebre. Il bosco è oppressivo, la luce fioca mi manda fotogrammi di mille dettagli che non riesco a vedere sulla carta. Dovrei cercare una buca, ma è più facile trovare un ago in un pagliaio... A questo punto, dopo essere rimasto 30 secondi fermo sul posto a riflettere, prendo la mia decisione: ho fatto quel che potevo fare (cioè poco o nulla) ma devo rientrare alla base. Lascio girare ancora una volta la torcia attorno a me, nel caso in cui scorgessi la lanterna, ma senza risultato. Ok. Mi ritiro. Muovo qualche passo nella direzione da cui sono venuto, per l’esattezza tre passi. Poi un pensiero... “dai! Non potevo essere così lontano! Torna indietro, almeno di qualche metro...”. Torno indietro. Tre passi, poi altri due. Davanti a me compare il punto 15. Da lì in poi sarà una PASSEGGIATA, anche se precipiterò da una alta roccia rischiando di sfracellarmi sul fondo, anche se sceglierò di andare alla 21 sfruttando la provinciale e risalendo poi tutto un pascolo da fondo a cima. Ma non riesco a tornare abbastanza lucido sul traguardo per evitare di inveire contro tutta quanta l’organizzazione della gara... “E questa sarebbe una gara di contorno?!?!?!?” cui seguono tutta una serie di vaffa e di improperi e di suggerimenti abbastanza espliciti... Dopo aver visto i percorsi di Rosta 2008 e Moriago 2009, il mio parere personalissimo e di poco valore è che a Sassofortino 2010 qualcuno abbia un po’ esagerato la “gara di contorno”... e a nulla vale la parola rassicurante di Bepi Simoni “in fondo Widmann ci ha messo 40 minuti...”. Infatti: Widmann è un Elite, e di minuti ce ne ha messi 51 o 52...!
E’ uno Stegal quindi molto ma molto teso ed arrabbiato e sconsolato quello che viene portato a cuccia alle 21.30 circa del sabato sera, ma per fortuna la cena è ottima e abbondante, la conversazione a tavola (con il GOK e con Laura Carluccio in nuova fiammante tuta Pol. Masi) è piacevole e rilassante ed i bollori si stemperano. Riesco persino a dormire un sonno profondo (pur interrotto da un momento di mal di testa allucinante) senza sogni orientistici.
Il mattino di domenica è storia di poche ore fa. Si torna a Sassofortino. Fa freddo ma sono vestito a cipolla: maglia di lana, mutande e mutandoni di lana, termica sopra, tuta sopra della mia seconda maratona di Milano, pantaloni termici, tuta da ori sopra e sotto. C’è nebbia, minaccia pioggia, la carta è quella di ieri se non peggio, si dice. Massimo Bianchi mi si fa vicino alla partenza e mi dice “Vedrai oggi...” alludendo ad un bosco ancora più infernale. La mia risposta è “No, Massimo. Oggi VEDRO’”. Si, il mattino di domenica è diverso da qualunque gara in notturna io abbia potuto fare. Il bosco è terribile, è vero, ma io posso fare le mie scelte in tranquillità sul percorso MA. Faccio la mia scelta per la 1 e la lanterna compare davanti a me come se stessi facendo un giro al Parco di Trenno. Per la 2, lunghissima, posso girare attorno a mezza montagna o salire tra le rocce per la direttissima; scelgo questa seconda soluzione: se si tratta di soffrire, soffrirò come un cane fino alla salita e poi mi lascerò andare verso il basso. Dalla 3 in poi la gara si trasforma in una vera middle come piace a me, con i punti corti, con un percorso lento ed una mia personale andatura ancora più lenta. Ma sono lì a sforzarmi di leggere la mappa, a trovare conforto nei verdini, nelle rocce, nelle carbonaie e nelle piccole buche d’acqua del bosco. Le lanterne arrivano una dopo l’altra e scopro con siddisfazione di essere già oltre la metà gara.
Vedo passare un folle che corre in discesa come un capriolo, e mi accorgo solo dopo qualche secondo che è Massimo Balboni. Arrivo su un punto con Matteo Crippa e Oleg Anuchkin che poi vanno in direzione opposta. Risalgo sulla montagna per attaccare il nono punto, una risalita che è una specie di Golgota, ma un volta giunto in cima ho ancora la lucidità per vedere una roccia che è meglio ancora di freccia luminosa che indica la lanterna. Incrocio Bibi, uscita malissimo da un punto, e riesco persino a darle conforto confermandole la posizione in cui si trova. Poi è solo discesa, in un bosco che a tratti mi sembra persino diventato bianco! Con le ultime lanterne 10-14 nelle quali si rimbalza da un punto all’altro e mi sembra quasi che l’impiegato panzottello che si muove alla velocità di un bradipo riesca a cavarsela meglio di alcuni giovani baldanzosi con tute importanti che non riescono più a ricollocarsi dopo un errore.
E quando compare davanti a me, proprio dove sapevo che si trovava, il punto 14 e l’ampia zona che conduce al sentiero che porta verso la 100, io SO finalmente che la mia gara è finita. Posso prendere fiato e guardarmi attorno una ultima volta senza rischiare di perdere una posizione importante, perchè tanto io corro in MA e punto solo all'ultimissimo posto. Io SO finalmente, dopo un’ora e dodici minuti di gara, che questa volta il bosco non mi ha vinto. SO che questa volta hanno tirato fuori da me tutto quello che potevo dare, fisicamente, mentalmente, tecnicamente. Non importa se il vincitore ci ha messo la metà del mio tempo. Sono arrivato alla 100 e poi al traguardo sapendo che qualcuno mi aveva messo nelle condizioni di dare il meglio di me, e che io ci avevo provato e alla fine l’avevo pure fatto: scarso, pesante, lento ma l'ho fatto. Il sorriso stampato sul viso quando ho attraversato il traguardo ed ho salutato Giuseppe Bezzi e Giaime Origgi credo parlasse per me.
Oggi io mi sono divertito!