Stegal67 Blog

Monday, August 06, 2012

O-Marathon 2012 ("... delle dimensioni di Rocco Siffredi..."? No! Di più!!!)

“…non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai
di giocatori che non hanno vinto mai..."

Ogni anno arriva il giorno, QUEL giorno, nel quale si scontano in una sola volta tutti i peccati, tutte le nequizie, tutte le manchevolezze e le colpe dei mesi passati. La fetta di panettone di troppo (o l'intero panettone di troppo) a Natale, i bagordi, le serate passate in panciolle a scrivere il blog anziché ad allenarsi, gli allenamenti tecnici che "dopo 18 anni di orienteering cosa mi alleno tecnicamente a fare? Così sono e così resto". E poi il peso incontrollato, la voglia di faticare e di sudare che scivola sotto i tacchi mentre tutti gli altri sono fuori ad allenarsi come bestie! Ogni anno arriva il giorno in cui tutto questo lo si paga. Tutto in una volta, tutta la lista di nefandezze. Il Good Lord con le Inov-8 dorate (perchè La Sportiva non ha trovato il numero nemmeno a LUI) ed il chip numero 0000001 punta il dito verso di te e dice "Tu farai la O-Marathon degli Altipiani! Questa sarà la pena per la tua ignavia e la tua indolenza!".

Ora... io sono sempre molto titubante di fronte a questi giudizi sommari; finisce sempre che rimane fuori quel peccatuccio veniale che non è stato considerato e che poi viene ingigantito a dismisura... come quando porti fuori la morosa a cena per farti perdonare di esserti dimenticato il mese-versario di quando ci si è conosciuti, paghi tutto persino i fiori dell'ambulante e poi tornando a casa quando pensi di aver messo il conta-cazzate a zero lei salta fuori con un "certo che stasera potevi anche metterti la maglietta che ti ho comprato al baracchino della spiaggia...". Ecco, io se c'è da scontare i peccati voglio il "condono tombale". Per questo motivo a 41 anni, poi 42, poi 43, poi 44 e infine quest'anno a 45 anni la mia scelta è sempre stata la stessa: "O-Marathon? Elite grazie!".

O-Marathon in Elite. Se faccio bene i conti, ad averle fatte tutte e cinque (non a finirle correttamente, intendo; solo "arrivare al traguardo") siamo rimasti Michele Franco, Roberto Dallavalle ed io. Ovviamente con due obiettivi decisamente diversi! Il loro obiettivo: vincere, arrivare sul podio, stare ampiamente sotto le 3 ore, lottare finco a fianco lungo il percorso, sulle farfalle, i crinali, i trasferimenti micidiali in carta bianca fino al traguardo. Il mio: sopravvivere, sopravvivere, sopravvivere. Sopravvivere alla partenza quando davanti ai piedi si stende un percorso che NON posso umanamente completare, sopravvivere in gara quando sono sempre l'ultimo a passare dai ristori (già in crisi di forze nella prima ora di gara), sopravvivere quando i muscoli cominciano a bruciare, i piedi non vogliono saperne, la testa manda segnali di tipo allucinogeno, lo stomaco si rovescia, l'orienteering diventa completamente istintivo e tutte le paure sono lì a portata di mano.

Tutto questo per un sogno: quello di Luigi Girardi, Carlo Cristellon e del Gronlait (siano ringraziati sempre) che ebbero l'idea della "avventura lunga un giorno". Ecco: se la frase cardine di Luigi fosse stata diversa, allora anche la O-Marathon sarebbe diversa. Luigi ha avuto proprio questa intuizione: non una gara più lunga, ma una avventura lunga un giorno. E allora, se di avventura si tratta, me la voglio godere fino in fondo: Elite!

Se c'è una cosa che la O-Marathon mi ha lasciato in questi anni è che non ho mai dimenticato un solo istante, una sola tratta di tutti i percorsi. E' uno sforzo troppo intenso per l'Impiegato Panzottello, perchè il corpo ma soprattutto il cervello non restino indelebilmente segnati dall'esperienza; sembra una cosa mistica, me ne rendo conto, ma quando ti guardi dentro e scopri che alla voce "allenamenti" hai messo insieme uno zero spaccato in tutto l'anno (i peccatucci veniali di cui sopra), anche il solo fatto di presentarsi alla partenza in qualunque categoria è una affermazione di vittoria (quest'ultima frase fa molto "epica sportiva", ma quando senti Claudio Valer che chiama gli ultimi 20 secondi prima della partenza capisci che è una grandissima cavolata!).

O-Marathon 2012. Il gruppo GOK perde l'ammiraglio PLab rimasto a Milano per problemi di lavoro, e decide di presentarsi al via solo sabato pomeriggio. Lo schieramento prevede Roberta e Paola in WMaster, Attilio e MMaster e l'Impiegato Panzottello in MElite. Quest'ultima categoria parte, as usual, 30 minuti dopo le altre il che mi mette sempre il primo tarlo nella testa: "per quanto mi dovranno aspettare gli amici al traguardo?". Il secondo tarlo è sempre per l'organizzazione che più volte ha dovuto aspettare, ai ristori ed al traguardo, il sottoscritto: i punti vanno raccolti, i ristori vanno smontati, le persone vorrebbero magari anche tornare a casa dai propri cari e a vedere le volate di Usain Bolt... e si ritrovano sempre il sottoscritto in giro fino ad orari pomeridiani, in nome di non si sa bene quale follia.

Follia: quella che mi prende subito dopo aver congedato i Master... quando vado a leggere le caratteristiche del percorso 2012. 19,5 chilometri + 950 metri di dislivello. Coccolone immediato! Pregooooo???? Rileggo bene: 19,5+950. Rileggo ancora: 19,5+950. Cerco di mettere a fuoco la linea delle caratteristiche del percorso con quella della mia categoria, ma non c'è niente da fare: quelle due putt... collimano alla perfezione! Sullo sfondo, qulcuno afferma che Carlo Cristellon ha avuto difficoltà persino a trovare i punti da posare... andiamo benone!!! Mi appare subito chiaro che non ce la posso fare; passano davanti agli occhi in una sequenza rapidissima le immagini del sottoscritto che scende sulla prima provinciale (una qualunqeu) e fa autostop, che torna alla partenza a Forte Cherle, che viene ritrovato ammuffito nel bosco stile uomo di Similaun... Ingemar Neuhauser (per me sempre numero 2... perchè la numero 1 è Christine!) prova a darmi una mano: "Stefano, vuoi fare il cambio con me? Io prendo la tua MElite e tu fai la mia MMaster". Risposta: "Ingemar, non ci provare. La mia iscrizione in MElite me la tengo stretta!".

 Al via il gruppo dei folli si divide nettamente in due categorie. Da una parte il Truffa, MikiFranco e Claudio "le svedesi me le farei tutte" (cit.) Zanon. Dall'altra io e due compagni di avventura mai incontrati prima, uno dell'OK Arces ed uno del Trent-O. In mezzo, equidistante, Zarfo che a furia di sentirsi ripetere da me la solita solfa del "una volta nella vita devi provare l'O-Marathon in Elite" si è fidato... le tre ragazze sono Christine, Julia e Pamela. Pronti partenza via sotto gli insulti dell'affittuario del prato della partenza "mi g'ho pagato l'affitto per il prato e le mucche i g'ha da bever e voialtri cosa che state qui a rompere i cog...!". La O-Marathon è cominciata.


I primi punti per fortuna non sono così complicati. La carta di Forte Cherle ormai la conosco abbastanza bene, ed il segreto della O-Marathon (il meno segreto del mondo) è che non bisogna sbagliare per evitare di aggiungere fatica alla fatica. Infatti canno di brutto il punto 2... cominciamo bene! Ma tanto non ce la farò mai a compleatre il percorso, di che mi preoccupo? I sentieri che portano verso la prima farfalla sono come il mio salotto di casa da tanto che me li ricordo, un salotto dove passa anche la Gibo-Simoni-Marathon, a dire il vero. Ma bene o male arrivo in capo di un'oretta circa di gara alla prima farfalla che si sviluppa su un terreno sostanzialmente pieneggiante, così che altri 10 punti possono volare via senza troppi intoppi; comincio a maledire un po' Luigi sul chilometro che mi porta al punto 17, ma il Gronlait ha pensato a tutto e così lungo la tratta raggiungo Pamela che mi fa da pacemaker per arrivare ancora con un po' di lucidità sul "rimbalzo" 17-18 che rimanda verso la seconda farfalla.

Arrivare lì, però, non è altrettanto agevole: tra me ed il punto 20 vedo solo muri di rocce da scalare, curve di livello labirintiche che non riesco ad interpretare, non vedo una parvenza di punto di appoggio per arrivare al ristoro... e credo che la sensazione di incertezza sia condivisa anche da Pamela, visto che ogni tanto vado avanti io, ogni tanto va avanti lei ma della linea che percorriamo tutto si può dire tranne che sia retta! Mi viene in soccorso (non so dire la stessa cosa per Pamela, quindi confesso solo per me) un concorrente che ci incrocia in discesa a 90° con in mano un bicchere di plastica colmo di acqua! Poiché ancora tali oggetti non crescono sugli alberi, ne deduco che nno possa che arrivare dal ristoro che infatti si trova poco più in là.

Su questa farfalla i ricordi si fanno leggermente più confusi: al primo passaggio trovo Attilio ed insieme affrontiamo (io in puro orienteering istintivo... ma pare funzionare! O forse è il mio angelo custode che veglia ancora e fa gli straordinari) il mio punto 20 e 21. Sul ritorno verso il centro incrociamo una Julia in difficoltà (vesciche), prima che io mi acconga in solitaria ad andare in caccia dei punti 24 e 25; è sempre basic-istinct-orienteering, cosa che dovrebbe lanciarmi un nuovo campanello d'allarme in testa (ma ormai la mia testa risuona come il megozio di un orologiaio nel quale abbiano fissato tutte le sveglie alla stessa ora).

Il centro della farfalla, per l'ultima volta, lo raggiungo seguendo le tracce di chi è passato prima di me; al punto 25 trovo acqua (grazie Luigi!), foto (grazie Luigi!) ma dimentico di punzonare la lanterna pur essendomi fermato a sederci a fianco per qualche minuto...

Capitolo PM: no punzonatura no party. PM = "Per Me"... chissenefrega! Chiuso il capitolo.


La tratta che segue non rientra nemmeno nella categoria "delle dimensioni di Rocco Siffredi". Non ci siamo proprio. Siamo sulla carta di Forte Cherle, sotto la Malga del vattelapesca (punto 25) ed il punto 26 si trova al Rifugio Stella d'Italia. La tratta magenta che congiunge i due punti (su mappa specifica!) misura 45 sentimetri circa. Quarantacinque centimetri. Il mio percorso prevede una risalita penosa fino alla malga del vattelapesca, poi sentiero periglioso (dapprima) e poi dolce fino a Passo Coe dove se proprio stessi tirando le ultime potrei sempre confidare in un passaggio fino al traguardo (non sia mai! Frase numero due dell'O-Marathon: non ci si può ritirare e non si può pensare che ci si può ritirare). A Passo Coe mi condedo una discreta sboronata con una allegra famigliola di gitanti petulanti... scena: io sbuco dall'ultimo collinozzo e scendo verso il parcheggio incrociando due gruppi che stanno facendo il picnic sull'erba. Uno dei bimbi, dotato di regolamentare pallone-tipo-Nivea dice al papà "guarda, c'è uno che corre, ha anche il numero davanti". Il papà, forse osservando la mia tuta termica (sono le 12.40 circa e siamo sui 30 gradi) risponde "sembra un matto..." e mi chiede "è una gara? da dove siete partiti?", ed io (il matto) rispondo "Monte Vezzena!". Così gli lascio qualcosa su cui riflettere... altro che matto!


Da Passo Coe raggiungo su una salita dolce il rifugio Camini, e poi da lì è tutto il piano fino al Rifugio Stella d'Italia dove c'è il cambio carta ed il ristoro. Penso di essere l'ultimo a passare, con grande distacco dal penultimo, ed invece le informazioni che ancora sono in grado di raccogliere sono molteplici: 1) c'è tutto uno stenditoio di cartine e sicard che ancora aspetta i legittimi proprietari; 2) Attilio non è ancora passato; 3) anche Pamela non è ancora passata. Mi rifocillo ben bene, forse troppo, ed è il momento di affrontare la discesa verso Costa di Folgaria tallonato da vicino da un altro "senatore" Renato Pelessoni. I primi punti in discesa non sono difficili, ma lo è di più trovare il centro della maledetta ultima farfalla della carta di Costa.

In effetti ci arrivo seguendo i passi stanchi del DiPa, che sta concludendo la sua fatica, e di Zarfo che a inizio gara naviga un'ala di farfalla davanti a me. Una volta raggiungo il centro (punto 28) commetto l'errore di non farmi una foto mentale della zona: la prima ala di farfalla non è complicata ma lo è di più ritornare al centro (punto 31) in salita e debito di forze. Di fatto vago per qualche minuto in mezzo a campi di ortiche nel bosco ed è solo con un raro guizzo di lucidità orientistica che capisco di essermi spostato troppo ad ovest. Raggiunto il centro, faccio quella foto mentale della zona (l'albero caduto, il sasso, quella zona di ortiche con una traccia di calpestìo che taglia verso il basso) ed affronto ancora l'ultima ala. E' una sfida anche mentale: il traguardo in linea d'aria non è lontano, ma il percorso Elite dopo l'ultima farfalla si allontanerà da esso per 3 lanterne, ultima fatica ed ultimi peccati da scontare, prima di poter finalmente toccare casa-base.

L'ultimo rientro al centro della farfalla è salutato dall'incrocio con Claudio Valer...

Capitolo Valer: c'è qualcuno che ringrazia ogni volta Claudio per tutto quello che fa per noi orientisti? E' semplicemente ovunque! Lo trovo ad organizzare tutte le partenze, tutti gli arrivi, sempre una buona parola di conforto per tutti, sempre una parentesi di quiete e di saggezza mentre tutto attorno infuria la battaglia o mentre la tua testa è invasa dalle tossine. Claudio è salito al centro della farfalla per verificare la situazione degli ultimi arrivi ed assicurarsi che tutti stiano bene. Il suo consiglio per me è: "Vai tranquillo, adesso è quasi finita. Non c'è più salita e per il prossimo punto vai al sentiero ed attacca dalla canaletta". Si, Claudio. Farò come dici tu... in parte: perchè io la canaletta me la sono andata a cercare proprio dalla testa, dal suo inizio, prima ancora di arrivare al sentiero. Ed il fatto di trovare l'inizio della canaletta al primo colpo mi conforta del fatto che il mio Angelo Custode non ha ancora timbrato il cartellino di fine giornata. In ogni caso GRAZIE CLAUDIO!!!


Punto 35, canaletta (la madre di tutte le canalette): no problem. Punto 36: avvallamento di buone dimensioni, poco distante, e c'è anche Renato Pelessoni che cerca lo stesso punto e ci diamo una mano. Punto 37: depressione in fondo ad un avvallamento enorme non sbagliabile nemmeno dopo 5 ore e 20 minuti di gara (ah! l'Angelo custode ne sa di orienteeering!). Punto 38 a risalite tutto il sentiero e tutta la zona della Coppa Italia di trail-O a Costa di Folgaria... la tecnica si è fatta banale, le forze sono davvero al lumicino e per 10 metri di corsetta a passo strascicato ne devo fare 20 al passo (passo sostenuto ma è pur sempre una marcia). Comincio a passare tra i campi da golf in quello che di fatto è un percorso fettucciato per arrivare alla lanterna 40. Punzono e vedo in lontananza il punto 41, e poco più in là il salsiccione dell'arrivo. E' persino in discesa!

Mi prendo il lusso di fare una corsetta fino al traguardo e mentre bacio la stazione del finish mi viene in mente per un solo istante il fotogramma della partenza a Forte Cherle: 5 ore e 45 minuti prima ero "là", con i miei pensieri, le mie preoccupazioni, la mia scelta folle ed i miei peccati da scontare. 5 ore e 45 minuti dopo sono "qua". Sono al traguardo con i miei amici. Non ho un solo muscolo che non mi faccia male e non sono nemmeno tanto lucido mentalmente, ma non ci sono più né pensieri, né preoccupazioni. I miei amici che si sono preoccupati per me tirano un sospiro di sollievo e, anche se continuano a giudicarmi un folle, posso essere fiero dei complimenti che mi fanno per essere arrivato al traguardo anche questa volta.

I miei peccati orientistici sono rimasti lungo il percorso, sulle farfalle o sulla tratta di 45 centimetri che diventa immediatamente la mia "tratta Guinness dei primati" della carriera orientistica. Stamattina, a distanza di poche ore dall'arrivo, comincio a rendermi conto di una cosa: devo aprire una nuova sacca dei "peccati orientistici"! Perchè, nel 2013, ne avrò ancora tanti da scontare di nuovo e se il Good Lord me ne darà la possibilità, ci sarà ancora un solo modo per scontarli tutti!

Con un ringraziamento al GOK, al Gronlait, a Luigi per il sogno che ci regala tutti gli anni, a Carlo per aver accolto le mie richieste, a Matteo per il tifo. A Pamela per i chilometri fatti insieme sulla prima carta, a Rosella per i ristori, a Christine e Ingemar per il tifo, a Zarfo per essersi fidato e a MikiFranco per essere sempre un grande amico! E infine all'O-Ringen che questa volta è stata proprio il miglior allenamento che potevo fare per una la O-Marathon 2012!



Thursday, August 02, 2012

Un M45 all'Oringen (in M40...)


C’è sempre qualcosa di strano nelle ultime due tappe dell’Oringen dopo la giornata di riposo. La buona creanza nei confronti della “Mecca dell’orienteering” vorrebbe che l’Impiegato Panzottello si astenesse del tutto dal contaminare coi suoi piedi simili terreni, o che in mancanza d’altro riuscisse a descrivere l’ambiente con pagine di epica prosa. Sul primo punto, nulla da dire: l’I.P. non ha vergogna di nulla (per info: http://www.gronlait.it/orientamento/details/2-o-marathon-2012.html ) e quindi “largo a lui!” anche sui sacri terreni svedesi. Per quanto riguarda il secondo punto non c’è spazio per l’epica dopo che l’I.P. ha letto l’ultima produzione del “Bardo” Dario Stefani (per info: http://www.erebusvicenza.it/%5Cpublic/VE3537_Trans%20d%27Havet%202012%20-%20Bardo.pdf).


Innanzitutto l’Impiegato Panzottello si chiede come diavolo riuscirà a correre le ultime due tappe long con i piedi in condizioni di sfacelo e le gambe elastiche come un palo della luce. E le ultime due tappe sono proprio long distance, nella zona militare del poligono vicino Halmstad… i francobolli di cartina visibili sulla brochure mostrano un misto di salite e di zone dettagliate; queste ultime non mi fanno paura, non sono mica venuto in Svezia per correre al Parco delle Cascine, ma le salite un po’ si! Il sole sopra la testa è blu come nemmeno nelle canzoni di Pupo e di Rino Gaetano, e facilmente si toccheranno i 28 gradi svedesi, cosa che potrebbe rendere la questione decisamente spinosa visto che l’ultima long che ho corso qua si è chiusa con un bel collasso.

Zona di arrivo e l’I.P. per prima cosa cerca il maledetto ponticello per capire dove dovrà versare le ultime energie, e non lo trova. Bravi svedesi! Per una volta hanno capito che non serve sempre mettersi a costruire ponti di Messina nel bosco per fare dell’Oringen una vera Oringen… errore: il ponticello ci sarà, sarà a circa 500 metri dalla linea del traguardo invisibile dalla zona dell’arena. Ma per qualche motivo stavolta il ponticello non sarà più un problema ma contribuirà a fare anche lui parte di una bella gara.

Già. Perché la mia quarta tappa la faccio davvero benino (sempre per i miei standard!) e nonostante paludi, caldo, zone impestate e tratte di lunghezza media superiore ai 500 metri arrivo al traguardo in circa un’ora e 45 minuti, ben al di sotto delle mie aspettative sempre lugubri, e soprattutto divertendomi parecchio nelle prime zone più tecniche, sopravvivendo il giusto nella tratta lunga 6-7 e godendomi il bosco da favola che nelle ultime 4 tratte (2 km) riporta verso l’arena dove trovo già Bibi che ha concluso la sua fatica e di cui sento distintamente l’incitamento da 100 metri di distanza mentre mi sto accingendo al prendere la rincorsa per domare il maledetto ponticello.

E poi rimane solo l’ultima tappa. Che ha sempre qualcosa di strano. Il problema dell’ultima tappa dell’Oringen è che gli Impiegati Panzottelli di tutte le latitudini partono a fondo griglia a 15 secondi di distanza gli uni dagli altri, e se ti capita di correre nelle categorie più frequentate (l H40 lo è) e se la tua categoria ha una prima partenza molto tardi (la H40 di solito la ha), ecco che allora i poveri I.P. restano da soli in zona partenza ed arrivano al traguardo ancora più in solitaria, che per una gara con 18.000 partenti ti da l’idea che sei veramente uno scarso!

La sorpresa di quest’anno è che la H40 invece vede la prima partenza alle 8.40 del mattino. Io parto alle 10.22.15 (il tempo sarà fondamentale, soprattutto nel finale) e quindi penso che qualche compagno di avventura nel finale riuscirò ancora a trovarlo… almeno sarò con Attilio, che parte dietro di me (tra noi due il Wolfgang Gindu-Ferrari di Innsbruck) di 1 solo minuto e quindi la nostra storia prevede che io lo aspetto alla svedese e che poi si faccia la gara insieme da buoni compagni di staffetta. Nulla va come previsto. Nonostante 18 anni di orienteering alle spalle, la mia condotta di gara nel bosco è abbastanza grossolana e Attilio è assai più preciso di me. Invece nonostante i miei piedi in sfacelo riesco ad essere più aggressivo di Attilio nella corsa. Così tra la 1 e la 2 decidiamo d’accordo di separarci e di fare ognuno la propria gara e che ognuno si diverta sul suo terreno.

Parto deciso, ed ovviamente sbaglio! In una zona nella quale è davvero difficile ricollocarsi, trovo un punto che sembra il mio (descrizione punto = cocuzzolo), si trova come il mio in un avvallamento, ha vicino come il mio un sasso… ma non è il mio. Mi guardo attorno per capirci qualcosa e sento un rumore di corsa alle mie spalle: qualcuno che sta andando a punzonare la lanterna che è a due metri da me. Potrei appollaiarmi sulla lanterna per sbirciare il cerchietto e quindi mi giro… E RISCHIO IL FRONTALE CON OLAV LUNDANES che è arrivato giù dalla collina a punzonare il “mio” punto ad una velocità assurda: E’ ancora più assurda la velocità con la quale infila il chip nella stazione al primo colpo ma soprattutto è assurdo il fatto che un frontale con l’I.P. l’avrebbe steso per parecchi minuti (godo del vantaggio della stazza…), favorendo forse la vittoria di Gustav Bergman e la mia ascesa al trono svedese per meriti sportivi!

Ritrovata la 2 con più culo che anima, pesco la 3 al volo (capirai… avevo battuto la zona palmo a palmo…) e procedo spedito verso la tratta che deciderà il mio destino di oggi: la 7-8, “delle dimensioni di Rocco Siffredi” (siamo sui 24 centimetri in linea d’aria). Tratte così sono un po’ una palla pazzesca… i migliori sicuramente tirano dritti sulle paludi e si giocano la gara su questo genere di punti; io che non mi gioco nulla se non il mio divertimento sulle tratte successive, tiro un po’ il freno a mano (finendo per andare quasi in retromarcia) e mi sparo 26 minuti di corsetta sotto il solleone soprattutto sui sentieri. Il che è proprio quello che mi ci vuole: dalla 9 fino al traguardo non farò più un metro di sentiero ma andrò avanti e indietro per avvallamenti e avvallamentini e zone di bosco quasi piatte e molto dettagliate, che ricordano davvero quello che mi aveva detto Nausica Paris alla partenza “sembra quasi Nova Ponente”.

E quando giungo all’arena dalla parte opposta rispetto al giorno precedente ho ancora la possibilità di tirare (e stavolta lo faccio davvero) e 500 metri finali con tutti quanti gli altri protagonisti della loro personale giornata. E quando dico “tutti quanti gli altri”, per una volta su 4 Oringe riesco anche io ad arrivare al traguardo dell’ultima tappa nel gruppone, con qualche panzottello come me, qualche bambino delle categorie super-junior, qualche concorrente che indossa fieramente il pettorale personalizzato da top-15-runner (e chissenefrega se magari la sua categoria è una K: quei pettorali sono sempre indossati con orgoglio…) e soprattutto il polverone che accompagna la mia sporca cinquantina circa di compagni di volata.

Ah si! Il tempo… volevo proprio concludere l’ultima long sotto le due ore di gara, e la battaglia finale è stata contro l’orologio. Ricordavo di avere quei 15 secondi di “bonus” in partenza… ore 10.qualcheminuto.15 secondi. Si ma… quale minuto? Ora ricordo: 20. E giù come un matto a tirare gli ultimi 500 metri fino a rischiare la sincope! Al traguardo arrivo quando nella mia testa mancano ancora 30 secondi allo scoccare delle due ore di gara, peccato che il mio minuto di partenza non fosse il 20 ma il 22!!! A saperlo… qualcuno dice che avrei potuto prendermela più comoda? Non sia mai: evidentemente non conosce il fascino di arrivare nelle arene dell’Oringen, dove ognuno dei 18.000 partecipanti è il re del suo personalissimo land per una settimana. Quinto giorno compreso!

(La foto di copertina, dono di Stefano Bellini, rappresenta l’ammasso aperto M45, detto anche “Le Pleiadi”). Un chiaro riferimento alla possibilità un giorno di cimentarmi su percorsi un po’ diversi da quelli terreni… o almeno io l’ho capita così! Avrà mica voluto alludere alla mia età???)