GAME OVER 2012
“Vorrei ma non posso”. Per tanti anni, in tante occasioni, questo è stato il leit motiv delle scelte orientistiche che mi hanno portato in alcune tra le località più amene (ma anche no) di questa penisola. O d’Europa, in qualche caso. “Vorrei ma non posso” ha sempre assunto un particolare significato: il volantino della 4 giorni di Groenlandia, o quello della gara sprint in qualche sperduta città della Scandinavia o della Scozia, è sempre stato raccattato e custodito gelosamente nel raccoglitore a fare volume inutile fino a decorrenza delle gare stesse. Ovviamente il sottoscritto non ha la disponibilità economica di Bill Gates o il tempo di Christian Grey (il protagonista delle “50 sfumature…”) e quindi “Vorrei ma non posso” significa anche che non si può partecipare contemporaneamente alla Due giorni della Valsugana e alla Due giorni del Ticino… Mi piacerebbe essere ovunque, in qualunque bosco, in qualunque condizione, ora e sempre. Ma non posso.
L’andamento di quest’anno 2012 è stato molto diverso. Questo è stato l’anno del “Vorrei… ma non ce la faccio”. In tante occasioni, lungo tutta la stagione che per alcuni sta ancora attendendo il momento clou (Venezia), ho ceduto alla fatica ed alla poca motivazione, all’esaurimento causato dalla trasferta in Lussemburgo ed a tutto ciò che ne è seguito dopo l’estate. Quest’anno i volantini, anche quelli delle garette dietro l’angolo di casa, sono rimasti a giacere, talvolta senza neppure averci dato una scorsa rapida, sul tavolone in sala; il colpo di grazia, che ha dato una nota caratterizzante a tutta la stagione autunnale, è stata una e-mail giunta un paio di settimane fa: “Ci sei domenica, vero?”. Mia risposta: “Dove?”. “Ma al Trofeo Lombardia, al Brallo!”. Ecco… va bene non ricordarsi, o dimenticarsi, o perdere contatto con il calendario extra-regionale… ma almeno quello regionale! (detto che al Brallo per vari motivi non ci sarei andato, ma quest’anno la mia assenza non è nemmeno stata cosciente). Una annata orientistica strana, poco felice e decisamente diversa rispetto a tutte quelle che l’hanno preceduta…
Non che le prestazioni sportive, quelle fatte di clear e check, di partenze e arrivi e di lanterne nei boschi, siano state memorabili! Non avevo bisogno di una conferma specifica della mia scarsezza e della mia poca forma fisica, ma me ne sono reso conto in modo ancora più violento quando, alzata bandiera bianca e messomi di buzzo buono a scrivere questo pezzo di diario, ho cercato nel calendario le classiche dieci gare da ricordare, quelle top e quelle bottom list. Quando penso che Dario P., quello vero, sta ancora scaldando i motori per la gara di Venezia ed io sono già qui a fare l’elenco dei disastri e dei (pochi e neppure buoni) successi di quest’anno… Sapevo che avrei fatto fatica a trovare 10 gare da ricordare in senso positivo, e che avrei dovuto scremare parecchio per limitarmi alle 10 uscite da ricordare in senso negativo.
Però ho avuto una relativa sorpresa. Sarà perché l’orienteering resta comunque una attività in grado di farmi scaldare il sangue, sarà perché adoro davvero questo sport, ma trovare 10 Stegal-prestazioni da buttare completamente è stato difficile; l’annata appena conclusa mi è invece sembrata come se fosse permeata da una gran cortina di nebbia. Leggevo il calendario delle gare a cui ho partecipato, soprattutto quelle prima dell’estate, e mi chiedevo: “Davvero sono andato a fare questa gara?”. Prevale una sorta di oblio, di “non ricordo”, a conferma del fatto che quest’anno sono proprio andato per boschi solo per mettere un piede davanti all’altro (e sappiamo che nell’orienteering non sempre ogni passo che fai ti avvicina alla meta), senza scopo particolare, senza entusiasmo e senza voglia di lottare fosse anche solo per rendere una sola lanterna degna di essere percorsa. Tutto questo mi ha ricordato, in senso assai negativo, le ultime due stagioni da giocatore di basket; una china pericolosa che mi auguro di poter invertire presto, per poter continuare a godere della passione orientistica come mi è accaduto almeno fino al 2011
Una precisazione per i pochissimi che sono arrivati fin qui. Le gare “da dimenticare” non sono evidenziate come tali per lacune organizzative, o carenze nei percorsi, o mancato rispetto delle tabelle Fiso dei tempi di gara; sono da dimenticare per le sensazioni che io ho vissuto in gara. Molte volte mi è capitato di scrivere che l’orientista deve per prima cosa rispettare il bosco, il tracciato e l’essenza dello sport che sta praticando; in molte gare tra quelle che citerò, io non ho fatto orienteering. Ero lì come per sbaglio, rubando forse il posto a qualcuno che (se ne avesse avuto la possibilità) avrebbe al posto mio lottato con le unghie e con i denti persino nella eventualità di non potersi classificare meglio che ultimo.
Allo stesso modo le gare “da ricordare” non sono citate perchè fulgido esempio di organizzazioni scandinave (anche se alcune organizzazioni lo sono state davvero…) e gara perfetta dell’Impiegato Panzottello: chi vorrà arrivare fino in fondo troverà anche il Campionato Italiano a Staffetta! Sono invece le gare nelle quali sono stato in grado di spremere qualcosa in più da questo corpo in sfacelo e da questa mente in preda al delirio. Il che, portare il mio corpo sulla soglia della fatica non più innalzabile e la mia mente sul sentiero del “non esiste nulla al di fuori della prossima lanterna”, è ciò che in fondo ho sempre chiesto all’orienteering.
AN YEAR TO DISMEMBER
Meno 8: Coppa Italia a Gropada. Poiché Larry è tra le pochissime ad essere arrivata fin qui, tanto vale risparmiarle la fatica di leggere altre diecimila parole… Lasciate perdere il commento buonista alla mia gara pubblicato sul blog www.larrycette.com Si, è vero. La partenza-speaker ha sofferto di un piccolo disguido, ma nel bosco ci sono andato io, mica il disguido! E ci sono andato davvero con l’aria di quello paracadutato per caso nella giungla… una regressione allo stato di MC, ovvero “vado là e poi… poi capirò di sicuro dove diamine sono finito!”. No, cari miei. A Gropada, tra i diecimila muretti che fanno di quella carta un labirinto, questa tattica può causare solo grossi guai. Non accorgersene in partenza, dopo 18 anni di orienteering, è peccato mortale. Da ricordare e stamparsi bene nella testa per la prossima gara a Gropada by Gaja Orienteering
Meno 7: “Dervio per due”, ovvero le due gare sprint e score sulla riva del lago di Lecco. Se ci fosse stato il medico a bordo ring, l’incontro tra me e Dervio sarebbe stato interrotto a metà del primo round per manifesta superiorità dell’avversario (il percorso di gara). Raramente mi sono trascinato in modo così indolente durante una gara, raramente ho sofferto così tanto nel post gara: due giorni a letto per recuperare le forze, ed erano una sprint ed una score!
Meno 6: Gara Long al Piz Sorega, Alta Badia. Quando si ha la fortuna di gareggiare in uno dei posti più belli dell’universo, sarebbe buona prassi dare fondo alle proprie energie e rispettare lo sport, il bosco, il percorso e l’organizzazione. Sapevo di non aver messo a segno la “gara della vita”, essendo arrivato al traguardo della gara long in poco più di due ore, ma l’assoluto squallore della mia prova atletica è emerso in tutta la sua verità all’arrivo di Dennis Dalla Santa, di Dario Beltramba, di Stefano Zarfati e di Enrico Cignini (quest’ultimo “l’atleta con l’ombrello”). E’ stata la gara che ha segnato inesorabilmente il solco tra me ed il resto del gruppo. Aver gareggiato digiuno dalla sera prima non ha aiutato, ma non è un buon motivo per una prestazione così negativa.
Meno 5: Gara Sprint a Colfosco, Alta Badia. Non mi capita spesso di raccontare “à la Dariò Pedrottì” le mie gare lanterna by lanterna. Ho fatto una eccezione per la gara di Colfosco a futura memoria per le prossime generazioni di MC: tutti gli errori stupidi che si possono fare in una gara sprint, in un terreno tra l’aperto ed il centro abitato, sono stati descritti nel blog con dovizia di particolari. Evitarli vuol dire essere già pronti per una carriera decente in MB, perseverarli (come è capitato a me) è un evidente segnale di cortocircuito tra la testa e l’orienteering.
Meno 4: qualificazioni Campionato Italiano Middle a Cinte Tesino. Credo di aver fatto raramente quest’anno così tanta fatica e di aver avuto un rapporto così conflittuale con il bosco e le lanterne. Una gara middle che per me è durata quanto una long, patendo l’inenarrabile sulle ripide salite e su tutto il pezzo in costa che costituiva quasi metà gara (nonostante la fortuna di partire a fondo griglia, quindi con le tracce nel bosco già belle segnate…). Uno dei segnali evidenti della piega negativa che, agonisticamente e fisicamente, stava già prendendo la stagione
Meno 3: Coppa Italia al Lago dei Caprioli. Fatica fuori scala, lanterne trovate per caso, errori marchiani una lanterna si ed una pure. Un finale di gara risalendo la strada asfaltata in mezzo agli orientisti che si avvicinano al ritrovo e che mi superano camminando con borsoni e gazebi a spalla e che si chiedono “chi glielo fa fare a quello lì”. Non ultimo, il triplice o quadruplice attacco alla prima lanterna del loop finale sotto gli occhi esterrefatti dei trentini che avevano messo la tenda nel prato che fungeva da punto di attacco. Non ultimissime, le urla che da un lato all’altro del lago cercavano di indicarmi la posizione della terzultima lanterna… provo ancora un senso di vergogna!
Meno 2: prima tappa dell’O-Ringen. Avere un collasso durante una gara di orienteering non è una bella esperienza. Averlo all’O-Ringen durante la gara long è ancora meno bello. Il “medico di bordo ring” che avrebbe dovuto fermarmi a Dervio era presente invece all’O-Ringen, e ci ha persino provato a fermarmi. Il fatto che non ci sia riuscito non va ascritto alla voce “Stegal: che coraggio, che tempra!” ma alla voce “Di idioti è pieno il mondo ma come Stegal ce n’è pochi”. Ricorderò sempre i volti e le parole di Maria Braun, Mirta Pacher e Matteo Sandri che dopo il traguardo non sapevano come leggere le stimmate del dolore, della fatica e della rassegnazione impresse sul mio volto. Per fortuna che poi l’O-Ringen ha svoltato di brutto…
Meno 1: Trofeo Lombardia ad Alzate Brianza. Dove il bosco si è fatto oscuro...
AN YEAR TO REMEMBER
Più 8: Campionato Italiano a Staffetta. Come come come? Il Campionato Italiano a Staffetta??? Esatto. Il “mio” campionato è cominciato la sera stessa in cui sono scadute le iscrizioni (due ore prima dello stop), quando un sms di Due Amici mi ha fatto diventare alto due metri e mezzo e bello come Pierce Brosnan. Se dal 2011 porto nel baule dei ricordi la griglia di partenza di Novaggio, con Hubmann Merz e Hertner alle mie spalle, dal 2012 porto la griglia della mia staffetta, con Christine in prima frazione e Ingemar in seconda! Posso tranquillamente affermare che ad ogni passo che ho mosso nel bosco in quella mattina di inizio settembre ho sentito chiaramente Christine ed Ingemar alle mie spalle che mi giudicavano e mi incitavano. Tanto che sono ancora qui a dispiacermi, a distanza di mesi, per i 3 minuti di errore alla lanterna 6. Chiristine e Ingemar, da campioni quali sono, non me lo hanno fatto pesare… a loro svelo solo oggi che quell’sms ha anticipato la stessa richiesta (chiudere un buco in staffetta) da parte di un Campione del Mondo!
Più 7: Coppa Italia a Monte Prat. Che abisso rispetto all’atteggiamento mentale che ho avuto a Gropada! A Monte Prat ho cercato di lottare e di divertirmi, di rispettare il bosco e chi aveva organizzato la gara anche per me. Certamente ho fatto qualche errore di troppo persino durante quella gara ,ma chissà perché ricordo con un dettaglio ancora vivido le lanterne fatte bene, su un terreno che quel diavolo di Marirosa Hechich ha valorizzato al meglio per una prova di Coppa Italia.
Più 6: i centri storici della “Settimana del Sole” sul Gargano. Peccato che siano così lontani e, francamente, spesso così irraggiungibili! Carpino, Vieste e Monte Sant’Angelo sono stati davvero divertenti e labirintici da farsi venire il mal di testa, ma un mal di testa positivo! Dopo aver visto le foto e le mappe su internet, sui siti di Alessio Tenani e di Minna Kauppi, ho provato di persona e sotto i miei piedi l’ebbrezza di cimentarmi su quei percorsi: divertimento a mille, grande difficoltà nella lettura in corsa della carta e, in tutte le situazioni, la sensazione di essere alle prese con il gioco del labirinto della “Settimana enignistica”: aiuta il topolino a raggiungere il formaggio... Solo il “maze” ad Egeskov Slot potrebbe essere più divertente di quei centri storici, solo Dervio avrebbe potuto eguagliarli… ma in quest’ultimo caso io ero ormai l’ombra dello Stegal settembrino.
(ps: quella è Minna! Mica il sottoscritto...)
Più 5: Oringen ultima tappa. Non so chi lo diceva: “l’ultima tappa dell’Oringen è sempre l’ultima tappa dell’Oringen”. Ah si… lo dicevo io! Ebbene, per una volta gli ultimi concorrenti della M40 arrivano al traguardo quando la gara è ancora in pieno svolgimento, affrontano la run-in in mezzo a decine e centinaia di altri orientisti, ed in queste condizioni nessuno (e tantomeno l’impiegato panzottello) rallenta perché tanto si gareggia per un posto oltre il duecentesimo. Nessuno! E sì che di gara long si tratta, e sì che nella quinta tappa c’è la “tratta Rocco Siffredi” (non ho ancora visto cosa mi aspetta ad inizio agosto alla O-Marathon), e sì che l’O-Ringen è cominciata con un collasso durante la gara long. Nulla di tutto questo mi ferma, sotto il sole più bello che una O-Ringen svedese abbia mai visto. Per questo le ultime immagini dell’O-Ringen 2012 lasciano nella testa la sola voglia di tornare e di riprovarci!
Più 4: Coppa Italia Long-Middle-fatecomevolete a Porto Selvaggio. Qualcuno potrebbe pensare che la ricordo per il secondo posto in M40, dovuto in realtà solo alla assenza di partecipanti… io invece non dimenticherò mai gli insulti bonari dell’amico G.G. durante la mia discesa in corda doppia dalle rocce a strapiombo (là dove c’erano lo strapiombo, le rocce sopra e sotto e la discesa… ma mancava del tutto la corda); poi Denny e Whites che in stato di totale “sciallo” fanno la radiocronaca della gara nel bosco. E ancora il grido di un atlela Elite “se-gui-te-mi-con-fi-du-cia!!!” dopo che lo avevamo appena visto scomparire in un inghiottitoio sulle suddette rocce (ho in testa il viso sbiancato di Fabio Marsoner che lo aveva appena visto sparire nel nulla). Soprattutto gli occhi di Maria Novella che, per tutta l’ultima parte di gara, prima che a vincere ha badato a far sì che le altre atlete Elite ed alcuni master tra cui il sottoscritto fossero in grado di proseguire quella gara massacrante…
Più 3: Oringen terza tappa. Su internet girano foto e filmati di una gara orientistica con arrivo sulla spiaggia, sotto un sole da Versilia a fine luglio, con una folla di bagnanti da Cervia ad inizio agosto, con le dune sabbiose, le depressioni e le mille buchette di un retro-spiaggia dei Mari del Nord. Si intravedono anche alcuni tizi che corrono con tute sgargianti, alla ricerca di teli bianco-arancione. Non è un sogno, non è un fotomontaggio: è la terza, bellissima, esaltante, unica ed irripetibile tappa dell’O-Ringen 2012. La spiaggia arriva al termine di una gara middle piena di dettagli, del classico bosco bianco svedese, di mille rimbalzi tra lanterne vicinissime. Se eravate con i 17.000 che quel giorno si sono presentati al via, sapete di cosa sto parlando; viceversa, per questa volta, posso solo dire “mi dispiace tanto per voi!”.
Più 2: Campionati Italiani Long M40. Due ore meno pochissimi secondi di gara. Quello che porto a casa dalla Foresta Umbra non è una medaglia ma la sensazione, quasi unica, di un totale contatto con la carta di gara; quel giorno non ho nemmeno corso molto forte, ho cercato tutti i sentieri e tutte le tracce finché le lanterne non comparivano nel mio raggio visivo. Ma con quel tempo non si può portare a casa un risultato di alta classifica; per questo motivo il mio unico commento al traguardo è stato “ci sarà pur qualcuno, uno solo, che mi metterà più di due ore!”. Non sapevo che di lì a qualche ora avrei vissuto una delle sensazioni più strane della mia carriera orientistica…
Ma da qualche anno, ed è ormai il sesto consecutivo, c’è sempre e solo…
Più 1: O-Marathon degli Altipiani. La più lunga delle sei che ho disputato, quella con più dislivello, quella con la tratta “più Rocco Siffredi di tutte”. E’ inutile tentare di spiegare l’inspiegabile. Tutti noi possiamo pensare che nel fondo del cuore e del fisico, in qualunque situazione, ci sarà sempre la forza per muovere un altro passo, per spostare il piede qualche centimetro più avanti. Non di correre, per carità, ma talvolta solo di spostarsi. Se fosse una Maratona, lo crederei anche io. Ma questo è orienteering, lo sport nel quale “non è detto che ogni passo ti avvicini necessariamente alla meta”. Quello che ho provato sull’ultima farfalla a Costa di Folgaria va al di là della sensazione fisica e mentale che posso spiegare: nella O-Marathon Elite, un impiegato panzottello come me si trova davvero alle prese con barriere fisiche e tecniche insuperabili. Convincersi ad andare avanti, a non mollare, ha rappresentato negli ultimi 6 anni la vittoria più grande che io potessi avere nei confronti del terreno e del percorso, non “contro” il mio sport ma “all’interno” del mio sport. La O-Marathon, grazie al Gronlait e a Luigi Girardi, è diventata ormai il target della mia stagione: essere stato al via ed al traguardo anche dell’edizione 2012 è il punto più alto che io posso raggiungere come orientista. Con molta invidia verso la coppa che sta sulla mensola di Roberta B., che recita “O-Marathon 2012: Winner W35”