Buio a mezzogiorno: epic-O orienteering a Marzio
Gli oroscopi. Mai una volta che ci azzecchino! Nel gennaio scorso
la fattucchiera di Brera che ad ogni inizio anno mi legge le carte (cuori
quadri picche fiori, mica Brughiera Sud, Dosso di Taverne e Bosco del Cansiglio!)
se ne era uscita con la seguente previsione: “A metà giugno affronterai un
percorso lungo e difficile, sarai al buio e al freddo e nel fango fino alle
orecchie, vestendo i colori di una squadra esotica”.
Ok. Che la fattucchiera ci azzecchi poco, dovrei sempre
tenerlo in considerazione da quella volta che mi disse che un giorno mi avrebbero incoronato Duca di Parma… Però questa faccenda del buio, del freddo,
del percorso lungo e difficile e della squadra straniera continuava a ronzarmi
nella testa; finché ad un certo momento tutto è diventato chiaro: Jukola!
Sicuro, non poteva che essere così: qualcuno mi avrebbe chiamato per correre la
Jukola! Un Kalevan Rasti, un Halden SK… magari un Lillomarka visto che ho già
la maglia! Magari nel regolamento della Jukola c’è scritto che se una squadra
si trova all’ultimissimo momento senza un corridore, può ricorrere allo
speaker.
Certo, chi avesse scritto ‘sta cosa, avrebbe sicuramente
pensato a Per Forsberg! Ma io già mi vedevo la scena “Excusez-moi monsieur
Sgiorsgiù! Do you pensez
vraiment que je vous laisse gagner? Mais emportez moi pour tous les seize… dixsept…
quelles que voulez chilomètres! Je fè la volat… le volaton… le vol au
vent avec vous!!!”. Quindi Jukola! Oh che bello oh che bello oh che… ma un momento!
Perché quando mancava solo una settimana alla Jukola, nessuno mi aveva ancora
chiamato? Possibile che non ci sia stata uno straccio, una parvenza, uno
squallore di squadra della Jukola che non aveva bisogno dei servigi di un
impiegato panzottello nemmeno per la frazione più corta, quella che si corre
attorno al prato dove stanno le tende delle squadre?
Solo che io ormai avevo fatto la borsa per la Jukola. Ci
avevo messo dentro 4 top e 4 pantaloni, due paia di scarpe, magliette mutande e
calze come se dovessi andare al Polo Nord a piedi, lo smanicato dell’OK Bovec,
il training dell’AGET, avevo caricato l’IPOD con tutte le canzoni che mi danno
la carica… e quindi qualcosa dovevo fare! Rapida consultazione del calendario,
ed il dito cade sulla gara di Marzio del 15 giugno: un TMOTL, che non è
Paperoga che cerca di sputare il nocciolino andato di traverso, ma una gara del
TMO ticinese valida anche per la classifica del Trofeo Lombardia. Marzio sta in
Italia, in fondo alla Val Ganna varesotta prima del valico di Ponte Tresa,
quindi ci si può arrivare senza dover comprare il bollino autostradale e senza
nemmeno svegliarsi all’alba. Non ci sarebbe stato il buio ed il freddo e
nemmeno la maglia della squadra esotica, e nemmeno Thierry da prendere per i
fondelli, ma tant’è… almeno avrei avuto la mia razione di bussola e bricchetto
sotto la terribile caldazza estiva, vestito con i consueti colori dell’AGET o dell’UL, e avrei
condiviso le fatiche con il mio amico Sbrambi.
Che poi tutto il male non viene per nuocere: ancora una
volta avrei incrociato i miei passi con il percorso di Guido Macconi, che l’anno
scorso tanto mi era piaciuto a Cunardo. E Cunardo non è poi così lontana da
Marzio (sta sull’altro lato del versante, rispetto alla Val Ganna), quindi il
bosco sarebbe stato praticabile e non il solito terrificante costone made in
Canton Ticino! Quindi, si dai!, ma chissenefrega della Jukola, della fattucchiera di Brera,
del buio, del freddo, del fango e della squadra esotica. Mi iscrivo addirittura
in HAL (che sarebbe sempre l’Elite ticinese), tanto sarà una middle e
chissenefrega-2-la-vendetta se sull’unico blog ormai rimasto in Italia mi
pigliano tutti in giro perché con il mio peso, la mia velocità e la mia età
dovrei fare la H45 e non la HAL. Ovviamente c’era un OTTIMO motivo per non fare
la H45: dato che la gara è un “TMOTL”, l’abbinamento della H45 lombarda con la
pari categoria ticinese dava come risultato “H50”! Ed io già mi vedevo quel
simpaticone di Marco Giovannini prendermi per il sedere dicendomi che
finalmente ero andato in fuga e che ormai potevo solo gareggiare lì… con i vari
Guglielmetti, Anuchkin e Tettamanti (peraltro)!!!
Piccolo inciso. Nel corso della settimana lavorativa appena
trascorsa, ho dovuto prendere delle decisioni un po’ drastiche nei confronti di
alcune controparti con cui mi relaziono quotidianamente... Al solito scopo,
quindi, di fare un po’ la pace almeno con una di queste, ho deciso di correre
la mia HAL sotto la caldazza con la maglia turchese (lo stesso colore dell’AGET,
ma appena più scuro) sponsorizzata dagli sloveni di Banka Koper. Così, ho
pensato, faccio una bella foto con la maglia del mio cliente, gliela mando e
faccio vedere che la indosso… anzi: faccio anche la foto con una atleta della
nazionale slovena ai prossimi mondiali! Così sono contenti, capiscono che se
tiro loro una sòla non lo faccio perché li odio ma solo perché business is
business… e torniamo ad essere amici come prima:
(io, la maglia di Banka Koper e la nazionale slovena)
Nel frattempo è ora di andare in partenza. Sulla zona di
Marzio cominciano ad addensarsi alcune nubi temporalesche, ma io sono invero
più preoccupato per il fatto che la gara non è per un “cavolo” middle, come
speravo, ma è una bella distanza classica ticinese da 6,7+340… che io nelle mie
condizioni come li faccio 6,7+340??? Solo Guido Macconi mi può salvare! Piccolo
particolare: non è Guido che traccia! Quest’anno funge da controllore (che in
Svizzera vuol dire farsi il doppio o il triplo del fondello che si fa il
tracciatore: in Svizzera è il controllore che deve controllare tutto!), e
quindi io sono praticamente rovinato. Da quel momento in poi, e sono le 10.36 e
sto partendo per la mia avventura, succedono una serie di cose che ancora
adesso non riesco a capire bene:
Tratta 1-4: già alla partenza non capisco bene dove andare,
e mi tocca orientare la bussola per capire quale dei sentieri è quello che
porta a nord del punto 1, da dove voglio attaccare il punto; così intanto vedo anche
dove mi dovrò buttare giù per la 2 e da dove vorrò risalire per andare alla 4. Tutto ok, ma il problema, andando alla 4, è che il bosco è fitto e le chiome degli alberi
coprono tutto, e quelle nubi sono talmente gonfie d’acqua e di temporale che
tutto attorno a me sta diventando scuro come il culo della marmotta! Giuro: un buio
così non lo vedevo (e non si vede una autentica cippa!) dai tempi della mia partenza “speaker-time” all’Arge Alp di
Pietralba-Weissenstein. Solo che quella volta era l’alba di una mattina di fine
ottobre, e qui invece sono quasi a mezzogiorno del 14 giugno!!! Con il buio che
c’è, faccio una fatica del diavolo a capire che la roccia ai piedi della quale
c’è il punto 4 NON E’ il naturale proseguimento del sentiero, il cui tratteggio
nero (bastardo!) passa proprio sotto il cerchietto magenta.
Tratta 5-8: più che buio, hanno veramente spento la luce in
sala ma si sono dimenticati di far partire il film. Oppure stamattina mi sono
dimenticato di togliermi la fascia sugli occhi con la quale dormo da 25 anni!
Lungo il sentiero che mi avvicina alla 5 vengo superato da Caia Maddalena, che
poi ritrovo proprio sul punto in compagnia di Irene Pozzebon; nel frattempo,
lungo il sentiero ed anche dopo, “cani e porci” cominciano a chiedermi dove
siamo e se ho visto la lanterna tal dei tali… il che fornisce una idea del fatto che
siamo veramente in condizioni di visibilità da sospensione del match, altro che
i riflettori di Milan-OL Marsiglia! Per andare alla 6, il piano di battaglia è
del tipo “sono mica scemo!”: costa fino al sentiero, destra poi nord, si
attacca il verdone dal mega-sasso lungo il giallino e poi in bussola ci cade
addosso al punto. Almeno… Thierry avrebbe fatto così! (no, col cavolo: Thierry
sarebbe andato dritto). Il fatto che al “mega-sasso” ci sia un FORTISSIMO
atleta ticinese che mi chiede dove siamo e, alla mia risposta, prosegue lungo
il sentiero per attaccare la 6 da nord non mi fa desistere dal mio piano.
Infatti finisco per razzolare a caso nel verdone. Vengo raggiunto da Kristian
con il quale razzolo ancora per un po’, finché uno di noi due (quello più
impiegatizio) finisce per scorgere nel buio totale quella che sembra una
lanterna: credo che nessuno di noi si soffermi più di tanto a controllare il
codice, perché se qualcuno è stato talmente sadico da piazzare DUE lanterne in
questo inferno… Kristian scompare a tutta velocità, ma ci rivediamo poi attorno
alla 7 (e poi all’arrivo). La 8 la attacco dalla traccia: si, quella sbagliata!
Non quella che va in direzione nord-sud e che poi diventa canaletta, bensì quella di fianco; me
ne accorgo nel buio pesto perché mi sembra di andare verso sud-ovest e
raddrizzo il mio orienteering prima di ritrovarmi ancora al “mega-sasso” di cui
sopra!
Nel frattempo, ladies and gentleman, ha cominciato a
piovere. Ma non una cosa tipo “I’m singing in the rain” o “Le gocce cadono ma
che fa…”. No. Viene proprio giù un monsone equinoziale! Gli occhiali già da 4
lanterne stanno in mano, sotto la cartina, tanto sono inservibili. Dalla 8 alla
9 il calcolo delle curve di livello che si elevano davanti a me è il risultato
di una serie numerica divergente, ma come spesso capita in Ticino (per fortuna)
e come spessissimo capita quando organizza l’Unitas Malcantone, la squadra del
mio amicone Stefano Bettelini, c’è il trucco: si torna verso il sentiero del “mega-sasso”,
si scende verso la 5, si gira tutto il costone fino alla strada asfaltata e da
lì per arrivare alla 9 bisogna solo salire quelle 8 curve di livello nel buio
più orrendo che ci sia, che faccio persino fatica a vedere i miei piedi! I
sentieri, è vero, sono diventati un tantinello fangosi… Alla 10 ci si arriva
praticamente dritti. Dritti con l’orientamento e dritti con i capelli sulla
testa ed i peli sulle braccia, perché Giove Pluvio sta tirando sulle nostre zucche
(malate!) tutto il repertorio di tuoni, fulmini, saette, lampi e ogni possibile
cosa che si sente fare ZZZZINNNNGGG! con un lampo che rischiara per qualche
attimo il bosco e poi, a distanza di uno-due secondi al massimo, un fragoroso
BOOOOOMMMM!!!
Non so se è la fifa o la discesa, ma per arrivare alla 11
corro a rotta di collo persino io! Intanto Giove sta aggiustando la mira… La 12
la attacco da sotto, cioè da est. Quando sono a 50 metri dal punto, il
monsone diventa una roba da piegare le schiene più dritte! E’ come cercare di
andare avanti con qualcuno dietro che ti ammolla dei colpi sulla schiena con un
asciugamano fradicio. Solo perché sono Mr. Speaker riesco a percepire dal modo
in cui corre che l’atleta che sta tre metri alla mia destra è Francesco
Magenes, il neo-convocato nella nazionale italiana per gli EYOC
(congratulazioni Franz!!!), ma non arrivo nemmeno a scorgere i lineamenti della
sagoma che sta altri tre metri più in là. Rimpiango di non essermi portato la
frontale (che non ho), l’antipioggia, uno scafandro! Ogni goccia d’acqua che
cade sembra pesare mezzo chilo, ma la 13 è abbordabile, la 14 ancora di più in
un tratto di bosco meraviglioso, la 15 è difficile solo perché il bosco è nero
più nero della pece e solo i lampi riescono a rischiarare la zona.
Quando trovo la 15, penso che la mia gara sia finita. Invece
dovrei sapere, io che ho vinto un TMO a Monte San Giorgio tra la 100, quando ero quarto!, e l’arrivo
perché la tratta non era fettucciata e tre miei avversari di sono persi in quei
400 metri di bosco per arrivare al traguardo, che la gara è finita solo quando
stazione di finish dice Bip! (da pronunciare alla Vujadin Boskov). La 16 me la
aspetto nel bosco bianco PRIMA della discesa negli inferi ed invece (complice
il buio, la fatica e la sgaggia di tutti i fulmini che cadono attorno a me) il
sasso è appena nascosto dalle prime propaggini di bosco fitto e devo attaccare
il punto 3 volte prima di trovarlo (5 minuti persi). Per la 17, dovrei sapere
che nelle mie condizioni è meglio salire al sentiero ed attaccare dai sassi:
invece cerco di andare dritto e finisco lungo fino alla carbonaia sopra il fiume
(altri 5 minuti persi). Riesco a dare le ultime indicazioni di giornata in prossimità della carbonaia, con annessa lanterna, che sta sulla linea verso la 18 ma pago subito
il mio gesto caritatevole cadendo rovinosamente nel fango del sentiero. Però
arrivo al traguardo festante: trovo Guido Macconi e non mi pare vero di aver completato
il percorso in un tempo che non è nemmeno di tanti minuti superiore ai
penultimi della classifica. Ho fatto tutto da solo, mi sono divertito un sacco,
ho giocato con l’acqua ed il fango come quando ero bambino e posso fare tante
pernacchie a Giove Pluvio ed al suo temporale.
(foto by Mariano Maistrello,
sempre per la faccenda "spero che Banka Koper mi voglia ancora bene")
Solo di una cosa, però, mi sono reso conto lungo la strada
che da Marzio mi riportava a Milano: buio pesto, freddo, fango, un percorso ai
limiti delle mie possibilità, una maglia di una squadra esotica... Possibile, mi chiedo, che le parole della
fattucchiera di Brera non avessero mai voluto significare “Jukola”? Sono quasi
tentato di crederci… ma per averne la certezza dovrà aspettare ancora due mesi.
Perché la fattucchiera ha fatto un’altra predizione, ed io dovrò mettercela
davvero tutta per rispettare il suo pronostico!