Stegal67 Blog

Friday, July 25, 2025

Geiuocc 2025: Giorno 0 - Il Prologo della Follia

Ore 7:00 – Sveglia.

Ore 7:01 – Mi chiedo, ancora una volta, perché l’ho fatto?

Ore 7:03 – Realizzo che non posso più tirarmi indietro.

Ore 7:04 – Crisi esistenziale. Ma è troppo tardi.

Il primo giorno dei JWOC è iniziato come tutti i film catastrofici che si rispettino: aria pulita, cielo azzurro, uccellini felici e becchettanti… e poi KABOOM!: “Manca la scaletta dell’inaugurazione!!!”. Inizia così, con lo stesso mood di una serie Netflix intitolata “Apocalisse: la vendetta dei delegati IOF”.

In teoria dovevo solo “dare il benvenuto ai team”. Un “ciao raga!”, due sorrisi e via, stile influencer alle prese con la prima diretta. In pratica: mi mettono un microfono in mano, mi fanno l’occhiolino, e mi lanciano nella fossa dei leoni con un grintoso “Vai tu, bomber!”. Io, attrazione da zoo parlante, in mezzo a trecento giovanissimi orientisti e millemila spettatori arrivati da tutto il mondo.

Ma avevo un asso nella manica. Anzi, due.

Con una tenacia contrattuale degna di un piazzista durante il Black Friday, avevo convinto Andrea Rinaldi ad accettare l’arrivo in speaker box di Nicole. La scoperta del secolo: conosce tutti e tutte, parla l’orientese fluentemente e, soprattutto, ha un livello di vergogna = 0% e self-confidence = 100%. In una giornata di pioggia, qualche anno fa, ha letteralmente dominato il microfono sotto la grandine del Grosté. Il suo motto non scritto è: “Datemi un microfono, e vi sollevo il morale. E pure la giornata.”

Poi, siccome fidarsi è bene ma mettere un avvocato è meglio, Andrea ha aggiunto Alexander al trio. Avete presente Alan Shore di Boston Legal? Ecco, più elegante. Vi ricordate Atticus Finch ne Il buio oltre la siepe? Ecco, con più lingue in faretra (tipo otto, nove... ho perso il conto). Ha una voce rassicurante, la capacità di far sentire a proprio agio chiunque, e un aplomb che resisterebbe anche a un attacco dei Visigoti. Ed è pure Campione Italiano Middle M45

E così eccoci qui:

       una atleta carismatica

       un avvocato europeo stile Harvey Specter,

       il sottoscritto, il solo che non sa né correre, né parlare decentemente inglese, né... niente

Ore 8:30. Mi avvio verso il centro gare, convinto di trovarmi davanti a una scena tipo Game of Thrones: volontari che difendono le mura con pentoloni di pece, barbari che urlano in danese, draghi che sputano fiamme. Invece? Parcheggio davanti al centro gare: ci sono pure posti liberi. Entro. C’è il silenzio di una domenica mattina di inizio agosto in un quartiere di periferia. Si sentono volare anche le farfalle.

Andrea è al telefono e dalla faccia sembra che stia ascoltando una segreteria telefonica che dice “sei il centordicesimo utente in attesa”. Alessandro sposta di tre millimetri la pila dei pass con la precisione di un orologiaio svizzero. Luigi è online ma il suo sguardo mi dice che sta monitorando il suo portafoglio azionario. Sul lato IT, Edoardo e Alessio sembrano pianificare una pizzata, Chiara e Maddalena definiscono il menu. E io? Io mi invento del lavoro, a pura giustificazione del fatto che ho disboscato mezza Amazzonia. Spalanco il faldone con l’elenco atleti, formato Enciclopedia Treccani + bonus FBI, pronto a imparare le pronunce come se dovessi annunciare l’Eurovision.

E il primo test è subito uno dei più temibili: la Polonia.

Mi avvicino al gruppo dei polacchi appena entrati e, nel mio inglese da commedia all’italiana, chiedo all’allenatore aiuto per la pronuncia. Risultato? Nessuno mi prende a sberle. Il coach mi dice che apprezza molto la professionalità e che questo riguardo nei confronti della pronuncia fa onore all’organizzazione… i ragazzi e le ragazze mi circondano e mi dicono di prendere nota che “per lui scrivi una esse, poi metti una g, poi pronuncia una i…” (e intanto io noto che nel cognome del suddetto non ci sono né esse né gi né i). Arrivati ad un certo punto mi dicono “no, lui non provare nemmeno a scriverlo, non puoi pronunciarlo, nessuno che non sia polacco può pronunciare quel nome… ma tanto non ti servirà, non vincerà”. Sinceri, almeno.

Poi arrivano gli ucraini. Sei ragazzi, sei ragazze, una bandiera che già da sola ti commuove. I maschi provano le magliette-regalo in stile pit-stop Formula 1, le ragazze... un po’ meno. Molto meno!!! Io provo a imparare i nomi, ma dal gruppo dei ragazzi interviene Faddei, capo claque, provocatore nato, faccia di quello che un giorno diventerà Presidente della Repubblica, che mi fa ripetere le pronunce finché non le dico giuste, e poi li storpia  lui davanti a tutti. Ridono. Io invito i suoi compagni di squadra a buttarlo nel lago. Le ragazze annuiscono vigorosamente. Andrea mi guarda e mi dice: “Hai appena fatto partire una settimana di safeguarding

Ed ecco il momento tanto atteso. Arriva LUI. Il delegato IOF. L’autorità. L’uomo che potrebbe chiudere tutto con un solo sguardo. Mi faccio avanti con la scaletta della cerimonia di inaugurazione in mano, pronto alla lotta. L’ho detto a me stesso per giorni: Stegal bumayé! Stegal bumayé!.

Lui la prende. La legge. La rilegge. Fa un cenno. Dice: “Va benissimo” Come sarebbe “Va benissimo”? Ma hai letto bene? Anche l’idea di far leggere il giuramento a due a caso? “Ottima idea, la dovremmo includere nella scaletta dei prossimi JWOC” Anche che a dichiarare aperti i JWOC sarà una ragazzina colombiana di 13 anni a cui non abbiamo ancora detto nulla? “Idea fantastica. Includente, moderna, bellissima” Mi gira la testa. Mi serve una birra! Non c'è più l'IOF di una volta!

Kataliina, la tredicenne in questione, prende il testo. Il genitore approva. Lei lo legge una volta, lo rilegge con più enfasi, spinge sul gran finale. Il padre sorride orgoglioso. Lei strappa applausi. L’IOF annuisce. Alessandro ed io... ci guardiamo. Ce l’abbiamo fatta.

Mentre Alexander si prende carico del prologo e della relativa premiazione (sotto un sole che scioglierebbe l’asfalto), io guardo Mr. IOF tornare in scena sul podio della cerimonia di apertura: elegante, fresco, neanche una goccia di sudore. I JWOC sono ufficialmente aperti.

E io, al microfono, dichiaro a tutti che da domani si fa sul serio. “Godetevi la cena, godetevi lo spritz… perché da domani non ci sono più margini di errore.”

Lo dico con solennità. Ma so che lo sto dicendo a me stesso.

Domani toccherà improvvisare.

Come sempre.

Con il piede a mezz’aria.

Senza sapere dove atterrare.

0 Comments:

Post a Comment

<< Home