Stegal67 Blog

Sunday, May 13, 2012

C'era una volta una mutanda...

Sto decisamente invecchiando, ed anche la gestione del blog non perde occasione per ricordarmelo. Poiché infatti ogni ori-blog ha le sue peculiarità, ogni blogger non perde occasione per offrire la sua personale risposta alle domande fondamentali dell’orienteering.


Ad esempio: volete sapere come si conduce nel modo più spettacolare una gara di testa del Campionato Italiano Middle? Se è così, il sito di Dario Pedrotti è quello che fa per voi; basta leggere cosa è riuscito a scrivere, per due volte (e quante volte è riuscito a mandarmi a quel paese…) dopo la gara di domenica scorsa a Cinte Tesino! Persino alla promozionale di Mezzago, dico Mezzago!, ho trovato un concorrente svizzero, dico Svizzero!, che non ha perso occasione per decantare e declamare le lodi del Pedro nazionale…

Oppure siete più legati alle performances degli atleti di punta? Di quei corridori che ormai sono alle soglie della perfezione, dei 4 minuti al kmsf, coloro cui non basterebbe (come al sottoscritto…) diminuire la dimensione di qualche piatto di pastasciutta per scendere al netto di un minuto al chilometro? Allora bisogna andare a leggere il blog di Michael Baggio, giunto ormai alle soglie dell’eccellenza, per scoprire quali fatiche, quali sforzi e quali pensieri restino …

Per ultima, dopo aver citato un giovane Master ed un giovane Elite, si può sempre andare a pescare la gioventù e la freschezza e l’entusiasmo di Ori-Bea, probabilmente già fin d’ora vincitrice del premio per “volto nuovo” della stagione 2012 (precedenti vittorie dal passato a ieri: Viola Zagonel, Anna Caglio e Eleonora Donadini): i suoi racconti mostrano come la passione e la buona scrittura possano coniugarsi al meglio anche nelle giovani generazioni…

A me, che sono ormai uno dei più vecchi ori-blogger in circolazione, non resta che rispondere alla domanda fondamentale che ha accompagnato le mie ultime settimane di trasferta: avrò abbastanza mutande per completare una cinquina “Lussemburgo – Puglia – Lussemburgo – Valsugana – Lussemburgo”? Per i soli finali di gara, ho scoperto di avere a disposizione nei miei cassetti 25 paia di mutande (si! La soluzione del problema della vasca… citazione per i soli master di origine trentina – quindi anche per Pedro - … è anche il numero di mutande che sono riuscito a ripescare dai miei cassetti).

Certo, non tutte quelle mutande hanno goduto di istanti gloriosi e celebrati come il paio che ho indossato durante la gara di sabato a Pieve Tesino (semifinale Campionato Italiano Middle) ed immortalate nella ormai celeberrima frase (sempre by Pedro “Stegal la fa di culo nel senso vero del termine”… alcune infatti si sono limitate ad essere sballottate nell’aeroporto di Zutigo-Kloten, posto ameno che ormai “domino” con sapienza corridoio per corridoio (mi trovate di solito al gate A54, da dove vengono imbarcati i voli più sfigati…). A proposito, perché si dice “il paio di mutande” se il paio è un pezzo solo?

Guarda un po’ come mi sono ridotto. Solo qualche anno fa avrei parlato del Campionato Middle come di una occasione per sfidare la cabala (e la mia insipienza orientistica) nel tentativo di qualificarmi almeno una volta nella vita per la Finale (fatto! All’Argentario). Oppure per affrontare avversari ed amici di categoria in una gara che una volta all’anno ha qualche valore in più della n-esima prova di Coppa Italia o di Campionato Regionale. E adesso mi riduco a parlare di mutande! D’altronde, non sarebbe meglio glissare sulle mie meravigliose performances valsuganotte sull’Altopiano del Tesino?

Vediamo, da dove cominciare? Arrivo alla partenza portato dalla macchina dello sloveno Marco Giovannini, proveniendo direttamente da Lussemburgo in un ennesima sfida alle combinazioni ed alle coincidenze aviatorie nei cieli europei. La concentrazione non è proprio al massimo, anzi è proprio al minimo sindacale, e quando supero la lanterna svedese sono già PERSO! La carta mi si propone con un numero di curve di livello improponibile per il mio peso e per le mie caviglie (soprattutto quella di destra, che sarà visitata da Eduard S. dopo la gara e riceverà occhiate perplesse… dove voglio andare con una caviglia così?). Decido lì per lì senza alcun raziocinio di buttarmi a sinistra e dopo un paio di passaggi nel buio del bosco sono già perso, in compagnia di Claudio Valer (ora che ci penso, essendo Pedro e Claudio parenti… non è che il buon Claudio è stato mandato sulle mie tracce per depistarmi? Guarda te a cosa arriva la perfidia di certi master!). Per fortuna capisco che il primo punto è uno si quelli alla Sali-Sali-Sali finché non sei in cima a tutto, e sbanfando ed arrancando e fermandomi di tanto in tanto facendo mostra di studiare la cartina a tutti coloro che mi sorpassano, arrivo al punto 1 già domandandomi se in M45 non avrei fatto meno fatica.

Arrivo al centro della prima farfalla perché bene o male ci si stanno indirizzando cento altri concorrenti, e male o bene vengo a capo delle due ali di farfalla perché ci sono un po’ di autostrade nel bosco, e perché Silvia Simoni ed io cerchiamo lo stesso punto e ci separiamo in zona punto, così quando io non lo trovo so che è stata lei ad avere l’intuizione giusta. Dopo la farfalla, il punto 9 a bordo prato ha un grado di difficoltà superiore solo al punto degli Elite, sul recinto a bordo strada, ed è il momento di affrontare una costa lunga, ripida, friabile, difficile solo per chi come me non riesce a stare nemmeno in piedi… incrocio sulla 44 (?) le tracce dell’amico Fabio Dalla Riva che poi mi aspetterà al traguardo per ridere insieme delle nostre rispettive malefatte orientistiche, e dalla penultima all’ultima lanterna mi produco nell’ormai celebre “scivolata gallettiana”: per una cinquantina buona di metri faccio finta di essere sugli scivoli del Caneva o del Cavallino (pregando che non ci sia qualche spuntone di ramo nascosto tra le foglie secche), oppure sulla discesa verso l’ultimo punto di Passo Cereda, sempre di Campionato Middle si trattava ma era una finale e la superficie era innevata.

Il mio risultato di qualificazione garantisce ancora per parecchio una solida base di sicurezza per coloro che odiano arrivare ultimi… non devono fare altro che sperare in una mia presenza in categoria… Una cena multietnica con il GOK presente in zona, Kristian e Metka, Matteo e Eddy, Christine Ingemar e Linnea mi catapulta dritto alla mattina di domenica: metà di noi (cioè loro, gli altri, quelli che non sono io) saranno impegnati nella finale, volenti o nolenti sono ancora in gara per un titolo o una medaglia… potrebbe essere solo un sogno, una probabilità imponderabile, potrebbe volerci una inondazione o un disastro intergalattico per portare alcuni finalisti sul podio, ma loro, gli altri, quelli che non sono io, sono ancora in gara per una posizione.

Io sono in gara solo per capire come è il bosco e come saranno i tracciati, se ci riuscirò dalla finale 35B, e mi accontenterei di partire alle 8 del mattino anche se le lanterne non sono ancora state tutte posate. Giancarlo Gozzer insiste per farmi partire a posa completata, il che costringe purtroppo Fabio Hueller e Gabriele Bettega ad un super lavoro per risolvere “il problema” che sarei io che voglio partire prima possibile. Sotto l’acqua, la salitella che porta al varco tra i cespugli che porta nel bosco mi sembra la lingua di un diavolo che sta cercando di ingoiarmi… questo è il morale con il quale inizio la gara. Per fortuna la carta di gara mi appare subito come abbastanza agevole, il bosco molto scorrevole e le lanterne hanno punti di attacco o di arresto abbastanza evidenti.

Non sbaglio molto, anche se ogni secondo di incertezza è, in un bosco del genere, un secondo di errore; perdo tempo più nel bearmi del fatto di essere da solo nel bosco, e perdo tempo ovviamente sulle tre ripide rampe (l’ultima poi!) che portano a quelle “terrazze” sulle quali si trovano i punti successivi. Nel finale comincio a mettere insieme qualche errore più sensibile, e scopro di essere molto distratto dal brusio che proviene dalla valletta nella quale sono arrivati tutti i concorrenti che, con uno spirito sicuramente più battagliero, sono saliti al Monte Mezza per darsi battaglia sul filo dei secondi.

Saranno questi ultimi a dare lustro alla giornata ed alle parole di uno speaker improvvisato (con un impianto fonico, purtroppo, ancora più improvvisato) ed a dimostrare ancora una volta di più con le loro sfide fatte di secondi di distacco (talvolta neanche quelli) come l’orienteering sia uno sport tra i più spettacolari ed emozionanti anche se il 99,9% della competizione è invisibile a tutti quanti i concorrenti. Ma a mostrare cosa è successo realmente nel bosco, quali prestazioni eccellenti o malefatte abbiano portato a questo o quel risultato, ci pensano poi i blog nei giorni successivi! Io ormai mi accontento di “portare in giro le mie mutande”… senza pensare nemmeno per un istante che, in fondo, Andre Agassi vinse il Roland Garros senza mai indossarle dal primo turno fino alla finale!

0 Comments:

Post a Comment

<< Home