Stegal67 Blog

Sunday, May 06, 2012

Salento lento

Come probabilmente sanno tutti coloro che leggono il mio blog, ho spesso indugiato a parlare delle mie vicende orientistiche come se queste rappresentassero il perno o l’asse portante di tutta una vita che sembra avere negli affetti personali e nel lavoro un fattore secondario. Se qualcuno mi ponesse la domanda “Ma è proprio così?” non saprei davvero cosa rispondere: l’orienteering è una costante della mia vita da 18 anni a questa parte e da novecentonov… (suspence!) gare a questa parte. E’ qualcosa che mi ha dato gioie e dolori, visibilità e motivo di crescita personale e lavorativa, mi ha fatto conoscere persone che nel novecentonov… (suspence!) per mille dei casi si sono mostrate il meglio del genere umano che avrei potuto frequentare.


Ogni tanto qualche amico mi ha consigliato di riversare meno energie e meno passione in una pratica sportiva che non mi offre risultati tali da garantirmi un sicuro avvenire sulla Gazzetta dello Sport (e la mia caviglia destra è attaccata al resto del piede per miracolo!), o di non riversare nel blog pensieri forti quando attorno a me ci sono sempre motivi per classificare l’orienteering come una futilità passeggera nel fiume di una o di tante esistenze. Il mio modo di raccontare le vicende che di solito si intrecciano con i fine settimana non cambierà nemmeno questa volta, ma pur concedendomi ancora qualche licenza poetica non posso dimenticare che nello scorso fine settimana abbiamo ricordato (chi era al Monte di Mezzocorona ma anche chi non c’era) due amici come Carlo e Franco, e che nello scorso fine settimana il mio amico Attilio (il mio compagno di staffetta e di bevute e di novecentonov… serate passate in garni, B&B, hotels di tutta Europa ad aspettare la prossima partenza) ha perduto la sua mamma.

Agli amici che non abbiamo più ed ai nostri cari che ci hanno lasciato va il mio pensiero, così come va a coloro che erano vicini alle persone scomparse, nella speranza e nell’incitamento che l’esempio di chi ci è stato vicino ci faccia fare al meglio delle nostre possibilità ogni tratta di un percorso ed ogni tratta della nostra vita.

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Alla Puglia, alla 4 giorni del Salento, non mi ci sarei nemmeno dovuto o potuto avvicinare. Non sapevo se avrei potuto partire da Lussemburgo, non sapevo se avrei potuto arrivare in tempo. Non sapevo quando avrei dovuto ritornare qui (sempre Lussemburgo)… troppo distante e troppe cose dovevano incastrarsi alla perfezione per consentirmi di pianificare per tempo una trasferta impegnativa.

Poi il GOK, solitamente lento come … come me nel fitto del bosco!... nel muoversi e pianificare le trasferte, ha deciso in 20 minuti (venti) per tutto il pacchetto completo: volo, auto, B&B, categorie, presenze, accompagnatrice al seguito (Mirella, di cui avrò modo di riparlare…). Di fronte ad una tale offensiva non mi è restato che unirmi al gruppo mettendo sul tavolo qualche chip per la puntata “volo Ryan Air, eventualmente perdibile”. La partenza alla fine c’è stata, arrivando col fiatone da Lussemburgo.

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4 gare. Contando il trail-O diventano 5, in 4 giorni. Contando che abbiamo cominciato alle 21 di sabato e abbiamo finito alle 12 di martedì sono 5 gare in poco più di due giorni e mezzo.

La prima gara ad Otranto era un centro storico sprint regionale, ed il tutto ha assunto dei toni a tratti sconcertanti. La prima tratta del percorso è stata abbastanza impegnativa: ritrovo ai giardini pubblici di Otranto e… un indirizzo no, eh? Sbarchiamo verso il centro della bella cittadina adriatica e cerchiamo supporto nell’autista di una ambulanza, ottenendo una risposta abbastanza sconcertante “Non so dove siano, non posso aiutarti”. Mi chiedo: e se qualcuno chiama l’ambulanza per una persona che sta male ai giardini pubblici? Poi, scendendo verso il mare, compare davanti a noi una zona alberata: sono i giardini pubblici, che vedono già qualche orientista pensieroso in loco. Peccato che il ritrovo sia da tutta un’altra parte! Ai giardini pubblici c’è l’arrivo ma ritrovo e partenza sono presso l’APT.

La gara in se è carina ed anche affascinante. L’inconveniente principale legato al fatto che era descritta come una sprint (tempo vincitore 15 minuti?) in centro storico (calzoncini corti?) ed invece i tempi dei vincitori sono sulla mezz’ora, e di conseguenza il mio è molto più alto, ed il percorso M35 attraversa una zona aperta grezza dove il primo che è passato in mezzo ai rovi per cercare in notturna i punti privi di catarifrangente è un eroe; ma anche io non scherzo, soprattutto quando mi lancio in una scelta di percorso verso la 4 che prevede un passaggio a bordo dirupo (inseguito dalle urla di persone alla finestra che mi implorano di non ammazzarmi! E sarà una costante della trasferta pugliese…), come pure verso la 6 nell’aperto grezzo in mezzo a rovi alti così che mi spatassano le gambe: quest’ultima lanterna in una zona dove la carta ci azzecca poco con la realtà, essendo comparsi parcheggi recintati e capanni prefabbricati in una zona che dovrebbe avere solo un paio di alberi ed un paio di depressioni.

Come risultato, arrivo nel centro di Otranto con una strana sensazione di calore sulle gambe: è sangue, che ricopre le gambe dalla coscia alle scarpe, cosa che farà inorridire un paio di persone al punto 12 quando una frenata sul punto provocherà un nuovo sbuffo di sangue come nemmeno in una scena di Rocky. Un percorso comunque molto interessante soprattutto per quanto riguarda la parte labirintica del centro di Otranto... forse un po' troppo lungo per una sprint notturna che tra l'altro precede una Coppa Italia Long: d'altra parte se Teno vince la M21 in 30 minuti, forse siamo più a livello di middle che di sprint e queste cose talvolta sarebbero da sapere prima...

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Poche ore di sonno ed è il momento di affrontare la Coppa Italia a Porto Selvaggio, dall’altra parte del Salento. Ed è una Coppa Italia in M40 che ricorderò con un misto di piacere, orrore e ilarità. Il piacere è il secondo posto finale dietro a Zarfo… ma è inutile dire quanto erano i concorrenti in categoria. L’orrore è concentrato nel numero 69 che non è quello che pensano alcuni tra i più sgamati…: è la famosa lanterna sotto la scogliera che sarà ricordata da molti per la modalità di avvicinamento in stile “discesa in corda doppia” fatta da me (inseguito dagli insulti del buon Giovanni Greco), Fabio, Whites, Jimy e qualcun altro, guidati dal basso da chi (Alessio, Monica, Sara) era già riuscito in un modo o nell’altro o per una strada diversa a scendere fin quasi a bordo acqua. Orrore poi un po’ più diluito su un percorso terribilmente duro, bello ma duro, sotto la caldazza dei quasi 30 gradi, con un unico ristoro un po’ troppo avanti lungo il percorso dove sono giunti dei naufraghi veramente sfiniti… purtroppo il tutto collegato ad una zona ritrovo del tutto priva di acqua potabile, cosa che ha impedito (soprattutto a chi partiva a mezzogiorno e mezza) di partire abbastanza idratato per restare un po’ in sentimento.

Onore e rispetto assoluto per Mary9 Sbaraglia, che quando ha capito di essere in testa ha cominciato a “curare” il fatto che i concorrenti più vicini (tra cui il sottoscritto) stessero proseguendo ancora in forze lungo il percorso. E ilarità per le radiocronache dirette lungo la gara di alcuni Elite che, presa l’ultima parte di gara come un allenamento, hanno mostrato un vero e proprio talento cronistico raccontando a quanto stavano attorno nel bosco i tentativi (soprattutto da parte di Lorenzo Pittau, che credo abbia ancora nelle orecchie certe frecciate) dei superstiti di avanzare lungo il percorso una lanterna dopo l’altra; non faccio i nomi di alcuni di questi non-improvvisati-ma-abili cronisti… vero Denny e Whites? :-) Ma li ringrazio tantissimo per avermi tirato per tre lanterne 15-16-17 nonostante il sottoscritto avesse verso il loro tentativo di farmi da nave ammiraglia un unico pensiero “Cercate di non sbagliare, eh?!?”.

Alla fine finisco la gara in un’ora e 43, o 48 non ricordo, e mi lascio cadere nella sottile fascia di ombra creata dal salsiccione dell’arrivo sotto lo sguardo un po’ preoccupato di Mirella. E qui arriva la presentazione di Mirella cui la Fiso e l’orienteering devono il “boato” all’arrivo di Corona, bravissimo a condurre l’Elite con un tempo davvero ottimo… credo che oltre a Mirella (ribattezzata nel resto del viaggio “boata”) ci fossero ben ben ben poche persone vicino a quel traguardo…

Una cosa che non ho capito è perchè a me, over-45 iscritto in M40, sia toccato correre una gara long, mentre gli Elite hanno potuto cavarsela con una tranquilla middle di 12 chilometri vinta da Eòimiano in 75 minuti (mi chiedo che effetto avrà sulle tabelle orarie di chi si ostina a calcolarle...). Forse in quel cartello scritto a mano e trovato in partenza "la gara Elite (e di altre categorie n.d.r.) è sulla media distanza" c'è tutto un senso di impotenza verso certi regolamenti davvero inutili, il cui rispetto obbliga gli organi federali a perdere tempo, a dare deroghe di importanza praticamente nulla, quando invece il tempo e l'importanza andrebbe secondo me data all'aspetto sportivo.

Se una gara definita long, per assegnare i punti in lista base deve essere corsa al 15.000 (chi l'ha stabilito? qualche renna svedese?), e se un percorso come quello di Porto Selvaggio di 12 km può essere affrontato (anche per salvaguardare l'incolumità dei concorrenti) solo al 10.000, ha senso perdere tempo con queste iniziative dell'ultimo momento per salvare capra e cavoli su argomenti che il novecentonovant... per mille degli orientisti trova risibili? Diamo spazio allo sport ed agli sportivi, e meno alle tabelle, agli statuti, alle liste base ed alle peripezie burocratiche per favore!

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Il lunedì è dedicato alla gara regionale ed alla Coppa Italia di trail-O. La gara regionale me la aspetto un po’ più semplice rispetto alla gara della domenica, ma il mio commento in partenza al minuto 3 è “Ma Porca T…! E’ come il percorso di ieri senza le rocce a strapiombo!”. Senza le rocce, un po’ più corto, ma con un passaggio finale di due lanterne in una area fitta di rododentri che fanno diventare pazzo persino il buon e pacato inglese John Edwards, che all’erica scozzese dovrebbe esserci abituato!

Sbaglio in pieno (9 minuti di errore) il primo punto affrontato un po’ alla rampazzo e un po’ fidandomi troppo delle curve di livello… e sulla tratta 1-2 passo proprio in mezzo ad alcune lanterne che serviranno per la Coppa Italia di trail-O. Il percorso è duro il giusto, ma le gambe proprio non vogliono sapere di avanzare ad un ritmo passabile dopo la Coppa Italia del giorno prima. I primi passaggi nelle zone aperte e grezze li faccio benino con Edo Cortellazzi e Daniele Guardini, mentre quando arrivo alla zona finale dei rododentri (le mie gambe e la pelle che ci ho lasciato ringraziano ora et semper) vengo guidato più dagli improperi dei concorrenti davanti a me che stanno già cercando la lanterna in quel purgatorio di rovi che dal mio istinto orientistico che ormai ha le batterie ridotte al lumicino.

La gara di trail-O che segue si dimostra essere una bella gara (peccato che sia partita con oltre un’ora di ritardo… e siamo sempre sotto la caldazza) con qualche punto, ma sono davvero pochi, forse un po’ “concettoso” ed altri davvero divertenti. Accuso un passaggio a vuoto a metà gara, quando sono in pieno calo di energie e zuccheri, ma ho per mia fortuna un finale più brillante su un percorso che vede i nazionali (a questo proposito mi domando: ma farò ancora parte della nazionale di trail-O visto che nessuno mi avvisa più di niente? Raduni, ritrovi…) provenienti dalla Norvegia davvero in gran forma: con 1 solo errore su 26 punti non si è nemmeno più certi del podio, ma con i miei 3 errori almeno mi tolgo la soddisfazione molto relativa di azzeccare praticamente le prime 5 posizioni del podio + il sesto posto di un laziale (Fiocca, Zarfo, Dario e Guardini sono proprio bravi e qualcuno di loro si infila sempre in alta classifica) ed azzecco persino il mio settimo posto, che sentivo proprio alla mia portata se fossi riuscito a mantenere la concentrazione fino in fondo.

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Ultimo giorno e si riparte per Lecce. Le ultime energie sono dedicate alla gara in centro storico; anche qui si gareggia sotto una caldazza micidiale per essere il primo maggio (su coraggio…). Alcune scelte sono dettate dalla necessità di stare il più possibile all’ombra, visto che in alcuni passaggi tra i muri bianchi del centro storico sembra di stare in un forno. Parto troppo forte visto che il mio percorso mi butta subito nella piazza principale e voglio far fare bella figura alla mia tuta turchese, ed alla lanterna 9 non ne ho veramente più; i piedi cominciano ad andare avanti sempre più stancamente e posso solo accontentarmi di farmi sfilare come se fossi trasparente da Eduard e da Zarfo che spingono ancora come forsennati dopo 4 giorni di gare! E’ un bel percorso, aiutato dalls conformazione di questi centri storici del Salento che finora avevo visto solo su internet o nelle carte delle varie multi-days pugliesi, e che si dimostrano essere molto ma molto ma moltissimo adatti per le gare di questo genere.

Talvolta le scelte sono controverse: si può quasi sempre decidere se fare una tratta in una direzione o un'altra, ma il tempo che perderei (io, che non punto alla classifica ma solo a concludere in un tempo decente) per stabilire se il “giro da destra” è più corto del “giro da sinistra” sarebbe penalizzante rispetto alla tattica di anticipare una decisione e poi mantenerla fino in fondo. Lecce si dimostra essere accogliente per la nostra gara, le persone lungo il tragitto si fanno da parte e mostrano anche un po’ di interesse per la nostra gara ed alla fine credo che una gara come questa abbia costituito un veicolo promozionale più efficace delle stesse gare di Porto Selvaggio.

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Poi, finita anche la gara di Lecce, congedate le premiazioni con qualche “messaggio in codice” polemico scambiato tra gli organizzatori ed i rappresentati del CONI locale (messaggi che hanno capito solo loro e che forse potevano esserci risparmiati…), è il momento di rientrare a casa. Una volta davano il premio a chi arrivava da più lontano… ed io sicuramente perderei dai trail-o-isti arrivati dalla Norvegia! Ma il mio subitaneo ritorno in quel di Lussemburgo (da 6 gradi a 30 e poi ancora a 8 gradi) non meriterebbe forse un po’ di considerazione da parte del Good Lord affinché mi garantisca che gli aerei di ritorno (Bari-Milano-Zurigo-Lussemburgo) siano un po’ più puntuali, un po’ più spaziosi ed un po’ meno affollati di gente rincogl… che passa il tempo di volo ciangottando allegramente e costringendomi a chiedere alla hostess uno spazio in ultimissima fila per riuscire a chiudere un po’ gli occhi per il meritato riposo del guerriero?

Altrimenti la prossima volta, giuro, mi calo i pantaloni in perfetto stile “piazza di Otranto” e faccio vedere a tutti le ferite ed i graffi… poi mi spaccio per un mercenario che ritorna a casa da una guerra in qualche staterello centrafricano e li faccio stare zitti io!

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