Tornando a casa
Vorrei saper scrivere, meglio di come lo farò, tutte le
sensazioni che scopro in fondo al mio cuore ogni volta che posso aprire quel
cassetto nel quale custodisco il file “casa.txt”.
Casa è dove torno a percepire forte quel senso di sicurezza e di
confortevolezza che vorrei non mi abbandonasse mai; casa è il luogo fisico nel
quale non vi è quasi accesso alle preoccupazioni quotidiane; casa è quel posto
nel quale ogni pietra, ogni angolo di una strada, ogni buca e cespuglio lungo le
vie stappano la bottiglia dei ricordi (belli o brutti che siano) e non vi è un
solo attimo della giornata che io non sia in grado di vivere appieno. Credo che
ogni persona, anche coloro che sono ormai cittadini del mondo, globetrotters
del pianeta Terra, figli degli scali aeroportuali e delle stazioni ferroviarie,
abbiano in fondo al cuore un posto come questo. O, almeno, io spero che lo
abbiano. Non ricordo se lo ha detto Luca Goldoni o Beppe Severgnini, e non ho
voglia di andare a cercare la fonte: casa è un luogo che talvolta è talmente
ampio da farci passare anche una strada provinciale, è dove si comincia a
slacciare la cintura di sicurezza anche se si sta ancora guidando.
Casa, per me, è Coredo. Val di Non. Il luogo nel quale tante
sliding doors che ho affrontato nel
corso della mia vita hanno contribuito a dirigere i miei passi nell’una o nell’altra
direzione. Posso attraversare Coredo e rivedere il bambino che accompagnava suo
padre nelle giornate durante le quali papà doveva scegliere se buttarsi e
aprire una pizzeria a Coredo oppure se tornare a Milano per seguire il negozio
in Corso San Gottardo. Posso passare davanti alla stazioncina di Dermulo (là dove “passa anche una strada provinciale”) e ritrovare lo Stefano che ha già in
mano un biglietto per l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige o per il
Liceo Classico di Milano (per la serie “poche idee, ma ben confuse”). Posso
passare davanti al campo di basket nel bosco di Coredo… a proposito: quanto
dovrò aspettare perché me lo dedichino? Nessuno al mondo ci ha passato più
tempo di quanto ce ne ho passato io!!! Dicevo… davanti al campo di basket nel
bosco di Coredo e ripensare a certe giornate di agosto nelle quali potevo
scegliere se andare ad allenarmi due volte al giorno, dalle 10 alle 12 e dalle
15.30 alle 18.30, per affinare il ball handling ed i movimenti in post basso,
oppure andare ai Sette Larici per vedere con i miei occhi che cosa diavolo
fosse quel gioco di cui parlava un volantino che compariva nella bacheca della
Proloco (oggi sarebbe APT) ogni agosto: “Corso di orienteering”. La firma era
di una certa signora Cavini.
Nonostante, fin da ragazzo, io fossi stato tentato da questa
cosa di cui potevo solo vagamente immaginare i contorni e le possibilità, alla
fine restavo a gironzolare con il mio pallone nei paraggi del campo da basket.
Tutto quell’allenarmi avrebbe alla fine dato qualche frutto; Dido Guerrieri, l’allenatore
della Berloni Torino, raccomandava sempre alle sue ali di non lasciarmi
sgusciare nell’ultimo mezzo metro di campo, dietro il canestro, perché nonostante
l’assurdità della posizione io da lì avrei creato solo guai… E se io, invece,
fossi andato ai Sette Larici? Avrei potuto diventare il nuovo Michele
Tavernaro? Un altro Stefano Maddalena? Un antesignano di Jonas Rass? Secondo
quanto è successo nell’ultimo fine settimana a Coredo, la risposta è si. Ne
sono convinto perché mentre sabato pomeriggio ero intento a risalire, senza alcuno sforzo apparente, la ripida salita che dal lago porta alla Madonnina delle
Nevi, una sagoma alta ed occhialuta è sembrata avvicinarsi a me lungo il
sentiero. Forse è successo in un momento nel quale gli universi paralleli sono
giunti ad incrociarsi: quella sagoma che si avvicinava ero io, era quell’io che
aveva lasciato il basket in età giovanile, prima di giocare una finale di
Campionato Italiano ed una di Coppa Europa; ero io, che ero diventato un
orientista, con un sacco di vittorie alle spalle ed un presente da primattore
nelle categorie master.
Il dialogo tra StElite e SteScars che è venuto fuori in
quell’istante nel quale i due universi paralleli si sono toccati è stato più o
meno questo:
StElite: “SteScars! Cosa ci fai qui? Sei tornato a casa
finalmente… come vanno le tue gare di orienteering?”
SteScars: “Vanno bene, StElite! Anche oggi mi sono divertito
un sacco alle Regole di Malosco…”
StElite: “Bene! Allora vuol dire che hai vinto?”
SteScars: “No… però mi sono divertito… è stata una bella
gara, in un posto meraviglioso, un bosco come ce ne sono pochi in tutta Italia.
E poi c’erano un sacco di amici attorno a me”
StElite: “Fammi capire… come fai a dire che ti sei divertito
se non hai vinto?”
SteScars: “Fammi capire tu… Se vinci, allora è divertente? E
se non vinci, allora non è divertente?”
StElite: “Certo. Non è così per tutti? Lo è di sicuro per la
maggior parte dei Master che conosco! Cosa vuoi che ci interessi del posto in
cui corriamo, del clima, della compagnia… alla fine della giornata noi andiamo
a vedere il risultato, la posizione in classifica, ed è quella a definire se la
giornata è stata divertente o no. Quella ed ovviamente il premio che portiamo a
casa per far capire quanto siamo stati bravi, che sia anche solo una bottiglia
di vino o un salame… il premio e poi l’invidia di tutti quelli che abbiamo
battuto!”
SteScars: “Sarà per questo che gli autogrill lungo le strade
del ritorno sono sempre frequentati da qualche orientista che deve rimediare
alla sconfitta… e sarà per questo che io preferisco correre ancora la categoria
più lunga che riesco a fare… sicuramente troverò il mio nome nell’ultima riga
della classifica, ma di sicuro non corro il rischio di dover cercare le
lanterne all’incrocio di qualche sentiero, o accanto all’unico albero in mezzo
ad un prato. So che ogni punto sarà una conquista, ma mi diverto di più. Però è
incredibile: siamo la stessa persona ed abbiamo due modi di vedere le cose così
differenti. Non pensi che ti divertiresti di più ad accettare una sfida più
difficile, anche a costo di non primeggiare?”
StElite: “Stai scherzando? Meglio essere il primo nella mia
categoria, anche se il mio percorso è abbinato alle W14, che andare a fare la
parte di quello a metà classifica in una categoria più difficile. E comunque
ricorda che io, StElite, ti batterei lo stesso!”
SteScars: “Certo, ma io mi divertirei di più. Prima che i
nostri universi paralleli si separino, mi dici cosa pensi di fare nei prossimi 10
anni?”
StElite: “10 anni vuol dire 40 campionati italiani. Se non
ne avrò vinti almeno 10, allora avrò sprecato un sacco di tempo e non mi sarò
divertito affatto. E tu?”
SteScars: “Beh! Considerato le patacche che hai già vinto e
quelle che pensi di vincere ancora, penso che un giorno potresti fonderle e
ricavarci almeno il fusto di un cannone. Ma se sei contento così… Io continuerò
a cercare di correre la gara più lunga che potrò, almeno finché riuscirò a
farmi mettere in partenza presto o correre all’alba. DI sicuro non vincerò mai
nulla, ma continuo a pensare che quando ci rivedremo tra 10 anni a casa, a
Coredo, io sarò quello che a conti fatti si sarà divertito di più!”
A quel'punto siamo arrivati in cima alla salita, all'altezza della Madonnina delle Nevi, ed i due universi si sono separati di nuovo...
*** ***
Le gare, alle quali io (SteScars) ed un altro io del tutto
immaginario fanno riferimento, non compaiono su alcun calendario FISO o regionale.
Le classifiche, se ci sono, sono su qualche pc. Non sono stati assegnati punti
in lista base (horribile dictu) o
titoli di alcun tipo. Ma le ricorderò molto, molto a lungo… e non solo perché in
una di queste ho avuto il privilegio di poter battere l’amico Zonori! (si, ok,
nelle altre due me le ha suonate di santa ragione… ma una volta tanto sono
riuscito a mettere il mio chip davanti al suo, scusa Stefano!).
La prima gara la abbiamo corsa alle Regole di Malosco, nella
parte bassa della carta del Penegal con arrivo sulla conca del Falchetto;
quella carta che una certa Minna Kauppi mi ha descritto personalmente alcuni
anni fa come “il suo incubo peggiore”. La seconda gara l’abbiamo fatta a Coredo,
proprio a casa mia, con l’ottavo punto di controllo SOTTO casa dove stanno i
miei genitori e passaggio sotto il loro balcone. La terza gara, e scusatemi per
l’invidia che state provando, è stata domenica mattina ai Sette Larici, o per
meglio dire nella zona di bosco a monte degli impianti sportivi di Smarano. I
miei amici ticinesi dell’AGET Lugano, mentre snocciolavo le cartine, si sono
leccati i baffi… perché loro sanno, perché
loro capiscono la differenza tra un bosco normale ed i boschi della Val di Non.
Tutto quanto è successo nello scorso fine settimana è un
regalo che Alberto Zambiasi ha voluto fare alla crew di volontari che avevano
collaborato alla realizzazione delle 5 giorni della Val di Non, quella del 1998
e quella del 2005. Sul prato del Falchetto, ho rivisto Janos e Karel e Walter,
Claudio e Renzo ed Emilio, e tanti altri che sono venuti (affrontando alcuni un
viaggio lunghissimo) per rendere omaggio a due competizioni internazionali che,
in varia misura, hanno cambiato la percezione dell’Italia nel panorama orientistico
mondiale. Io ovviamente so che, toccando l’argomento “Alberto Zambiasi”, si
rischia di far venire fuori due schieramenti contrapposti di guelfi e
ghibellini, ognuno con la propria idea in proposito di cosa questo amico di
Taio abbia rappresentato per l’orienteering italiano. Ma quando si raccontano
le storie sull’orienteering italiano, le campane andrebbero sempre ascoltate
tutte e due…
Sabato mattina, sul prato del Falchetto inondato dal sole,
con l’erba appena tagliata che non sembrava aspettare altro di essere percorsa
da una trentina di amici orientisti, ho rivisto Alberto comparire con gli
stivali ai piedi, con i paletti e le lanterne in una mano, con lo stesso
sguardo vivo e sincero con il quale lo avevo visto l’ultima volta. Ci ha
ringraziato per essere venuti in Val di Non per la sua festa, che coincideva
con il decimo anniversario della seconda edizione della 5 giorni, ma
soprattutto con il suo 45° anniversario di matrimonio.
Non sapeva, Alberto, che il regalo non lo avevamo fatto noi
a lui, ma lo stava facendo lui a noi.
GRAZIE ALBERTO!
7 Comments:
Io e Marianna non abbiamo potuto esserci, ma abbiamo seguito la festa dalle nostre ferie con i vari post degli amici. Emozionante leggere queste parole e un peccato non avervi preso parte! Ci aspetteranno altre lanterne...
Ciao Ste'.
Volevo unirmi in folle ritardo (qui non ho molto tempo e voglia di stare davanti a un pc) alle manifestazioni di affetto riguardanti l'evento proposto dagli Zambiasi, e ringraziarli per le belle giornate trascorse in Valle di Non. Quanto alla tua bionda amica l'ho vista alla KRV di Suomussalmi piuttosto in forma, rifilare minuti su minuti alle avversarie. Mi sa che in Scozia sarà una delle protagoniste (Simo Santapukki permettendo ...).
A presto
... che ti dicevo? Ore 19.35 tutta la Finlandia davanti allo schermo in diretta su Yle Fem (la TV in lingua Svedese) e Yle Areena, a fare il tifo per Minna (e non solo la Finlandia mi sa ...). Brava la Lia, caspita! Averla messa in quarta frazione?
Vabbe' dai ... bronzo buttato all'ultimo punto. Ci rifaremo nel bosco ...
... ma non nella middle. Comincio a pensare che quel Santapukki abbia notevoli responsabilità.
Non è stata colpa mia!!!
eeee ... ti sarebbe piaciuto che lo fosse stato! A proposito, stiamo (noi italiani stavolta) facendo incetta di ultimi posti. Sul sito Fiso c'è scritto che il nostro DT è addirittura entusiasta. Ho paura di avere il pc che non funziona bene ...
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