Disavventure maggioline
Negli ultimi tempi non ho avuto molto tempo\forza\voglia di
aggiornare il blog con le mie ultime disavventure orientistiche. Forse perché il
tempo è stato davvero poco, forse perché le forze le ho dovute riservare alle
più recenti trasferte di lavoro; una di queste, a Madrid, è talmente zeppa di
episodi grotteschi che meriterebbe un capitolo a sé stante. Forse anche perché le
ultime trasferte a Roma e Lavarone sono state talmente dense di emozioni da
lasciarmi senza parole adeguate con cui descriverle; alla fine, se le parole
non sono adeguate, il rischio di annacquare il ricordo (e di lasciare frasi
poco significative alla imperitura memoria di Google) non compensa la serenità
che ancora provo nello scrivere il blog.
Ma a tutto c’è rimedio. A tal proposito, ho scoperto ieri
che la stampante dell’ufficio non fa gli scanner soltanto in formato .pdf, che
poi sono difficili da mettere sul blog, bisogna fare l’immagine della pagina,
metterla in formato .bmp su Office, poi tagliare, convertire… e viene fuori una
roba fuori fuoco come i vecchi filmini che vedevo alle elementari. Ho scoperto
come si fa a fare lo scanner di una cartina in formato .jpg! Di colpo sono
diventato anche io utente 2.0. Alla faccia degli amici che mi chiamano “l’ancora del
passato”, ho imparato persino negli ultimi tempi a pagare le bollette e i MAV
su internet! Ho imparato a scaricare le app, a mettere le faccine su Facebook e
a cambiare la mia immagine nel profilo. Così ho sostituito la vecchia foto dell’arrivo
della sprint di Folgaria (quando ero grasso la metà di quanto sono ora) con
questa:
Il messaggio della T-shirt è chiaro. Così come lo è anche lo
speaker quando dice “la vita è una metafora dell’orienteering” e succede che, accanto al
gazebo, lo speaker vede sempre più spesso amici che fanno segno “sì” con la testa. Anche
le trasferte di lavoro sono spesso una metafora dell’orienteering, o al più di
traducono in una autentica gara di orienteering quando il capo dei gestori dell’area
tedesca ti chiede di trovare la sede di una banca in pieno centro di Vienna
(nelle viuzze tutto attorno la basilica di Santo Stefano) e mi devo affidare al
ricordo di qualche giorno prima quando avevo cercato su GoogleMaps! Come
sempre, le persone mi dicono “Ma come? Fai orienteering e non sai andare da lì
a là?” (dove “lì” potrebbe essere l’ingresso della metro lungo Maria Hilfer
Strasse e “là” il terminal 4 dell’aeroporto di Barajas…). L’unica risposta
plausibile è sempre la stessa, ben nota: “a’ bbello! (o anche a’ bbella): se mi
davi la mappa facevo prima!”.
Ovunque vado, ovunque sono andato negli ultimi tempi, scopro
che il mio approccio agli imprevisti e alle azioni quotidiane è sempre più
permeato da pensieri orientistici, come se ormai non ci fosse una reale
differenza (se non nel vestito che indosso) tra il Local Business Developer con un
portafoglio clienti che copre tutta l’Europa, tutta l’Africa e tutta l’ex
Unione Sovietica (poi i miei “pari” delle altre banche dicono “what does it mean local in Italy?”) e lo
Stegal che sbraca al microfono per l’arrivo di DallaValle al Nevegal, di Nisi a
Villa Ada, di Scalet a Millegrobbe, oppure quello che si mette a piangere per
la commozione quando, nell’alba della domenica di Millegrobbe, parte da solo
alle 7.20 per la sua avventura in MElite sapendo di godere del privilegio di
essere l’unico ad avere tutto per se lo scenario di uno dei più bei posti nel
mondo nei quali fare orienteering.
L’età avanza. I chili pure. Gli allenamenti no. La fatica
sulle ginocchia si. Chi me lo fa fare? Chi me lo fa fare di strisciare sul
terreno, sui gomiti, per raggiungere la lanterna numero 5 del percorso di Villa
Ada, su un sentiero inesistente (almeno fino al passaggio del decimo
concorrente)? Chi me lo fa fare di cercare la fettuccia appesa alla spalliera
di una panchina del parco Palù di Lavarone, sapendo che in una gara avrei visto
la lanterna da 30 metri di distanza? Chi me lo fa fare di andare a cercare per
la quarta volta la lanterna numero 5 del percorso Elite di Millegrobbe posizionata
in una buca, dopo averla mancata per la prima volta (trovata la canaletta con
buca una o due curve di livello sotto), la seconda volta (trovata la radice due
curve di livello SOPRA… macheccaxxo! La buca che cerco è sulla linea diretta
tra quei due punti!), la terza volta (trovata la radice DI FIANCO)?
Sono nel
bosco da solo, potrei andarmene e dire lo stesso che l’ho trovata. Invece resto
lì a cercare quella buca, smadonnando contro me stesso e contro quello che
ritengo essere una specie di Truman Show, o dicendo cose del tipo “qui c’è qualcuno
che sta cercando di farmi fesso!”, imprecando contro il paletto e la base che
accoglierà la stazione quando finalmente trovo il punto esatto. Quando, alla
fine, compio il gesto di raccogliere una pigna da terra e di appoggiarla sul
basamento, in un modo che non si verificherebbe per caso nemmeno su un milione
di probabilità, non lo faccio per dare dimostrazione ad altri del mio effettivo
passaggio dal punto (nel tempo, i posatori hanno trovato rametti, biglietti da
visita, messaggini scritti a penna o con i rami o scavati sul terreno… come in
Andalusia dove nessuno ancora mi conosceva).
Lo faccio perché sono io che mi devo convincere che quella
particolare cosa l’ho fatta davvero. Se riesco a venire fuori dal bosco, se riesco a trovare quella lanterna numero 5, come potrebbe mettermi in difficoltà uno strano contratto che mi sottopone una controparte della mittel Europa? Occorre solo mettere a fuoco le idee, attaccare il cervello, far funzionare i neuroni e risolvere il problema...
Il blog, in questo, mi aiuta a
fissare nella memoria le emozioni, le sensazioni, le fatiche; anche se non
potrò mai scrivere che stavo correndo a 4 minuti al chilometro o che ero in
testa al campionato italiano! Sto scoprendo anche , a distanza di tanti anni dall’apertura
del blog, episodi curiosi come quello di un amico che mi spiega che aveva
assistito all’ultimo concerto di Ligabue a Campo Volo, che era stato il giorno
tal dei tali; se qualcuno della compagnia chiede come fa a ricordarsi il giorno
esatto, la risposta è questa: “semplice: sono andato a vedere sul blog di
Galletti quali gare c’erano state in quel periodo… la gara che non ho fatto
corrisponde alla data in cui ero andato al concerto del Liga”.
Tracce di un passaggio. Sono quelle che io, all’alba, non
trovo mai; anche se talvolta mi convinco che quella piccola linea in un prato o
nel muschio può essere stata lasciata dai piedi di un Tait, o di un Cristellon,
o di un Pezzé (Lavarone-Millegrobbe) o di un Mariani, o di una Manganelli (Rome
O-Meeting).
Nel corso del tempo ho lasciato più tracce di quante io ne abbia
mai seguite: mi chiedo se sia stato così anche nella mia vita.
Mi piacerebbe
scoprire che è così.
(il passaggio sotto la cascata, al Parco Lago Nord di Paderno Dugnano)
(Premiazioni al Rome O-Meeting:
quello con il microfono è un grande speaker!
quello in bianco è solo un "grosso" speaker...)
(la mia gamba dopo la gara a Villa Ada...
Perchè lo faccio? Forse perchè al lavoro non devo indossare un tailleur!)
(dal sito di Alessio Tenani, la carta degli italiani Middle di Millegrobbe:
ne ho fatte di ogni alla 5, ho girato più largo - ovest poi nord - alla 17, ma per il resto siamo lì)
(un altro posto "unico al mondo": il verde 2 in un centro storico.
Ma l'anno prossimo i nordici dovranno saperlo prima...
non "rimanere shockati"!)
5 Comments:
missed you a lot in Abruzzo!
... ma sei ancora in tempo per la Slovenia!
Una Coppa Italia senza Galletti che urla?
puoi correrla anche vincerla, ma sembra fasulla!
I Master si addormentano in zona arrivo,
nessun giovane è più performativo.
Uscite dal bosco dirette verso l’ultimo punto
le WC rallentano, camminano con disappunto.
Qualche Elite prova a far finta di niente
ma poi sul podio sta male, piange, si pente.
Non bastano i premi, la pasta il vino e i confetti
a compensare i silenzi del povero Illarietti.
L’Aquila e Lucoli lo hanno dimostrato
a mappe e lanterne tu vai affiancato.
Un tuo ritorno urge imminente,
parola di un vice presidente!
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Posso dire che sono commosso? :-)
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