Belluno e Quantin: come è andata a finire?
Se avessi provato ad immaginare il modo in cui sarebbe
terminato il fine settimana delle prime due gare di Coppa Italia di Belluno e
Quantin, penso che nemmeno la mia più fervida fantasia avrebbe azzeccato
l’ultima pagina del racconto ed il nome dell’”assassino”. Soprattutto, la mia
fantasia non si sarebbe spinta a pronosticare il momento di autentico
“sbroccamento dello speaker”, quando Roberto Dallavalle è comparso ai margini
del prato di fianco alla postazione microfonica, ancora in linea con Caraglio e
Seppi dopo 83 minuti di gara. Non sono, devo ammetterlo, tifosissimo ultras del
Truffa, o di Miki e di Seppone (se l’altro è “Seppino”, lui sarà “Seppone”… o
no?) ma tifo incondizionatamente per i ragazzi che danno tutto fino all’ultimo
metro, e per le gare che finiscono proprio sul filo del traguardo e nel momento
in cui, ad un qualunque passaggio intermedio, si vede che il primo ha un
vantaggio di minuti sugli avversari. Mi piacciono alla follia (da cui lo
“sbroccamento”) le situazioni nelle quali la storia finisce proprio con
l’ultimo passo sul traguardo.
Tra la gara di Belluno e quella di Quantin, di
situazioni del genere se ne sono viste a iosa, e questo basterebbe per passare
agli archivi il fine settimana come molto positivo. Se in più ci aggiungo il
fatto che la gara di Belluno mi è piaciuta, che quella di Quantin sono contento
di averla finita (non era affatto certo) in un tempo accettabile, ultimo in
classifica ma accettabile, e che in mezzo ci si è messa una cena coi
controfiocchi in uno scenario da fiaba disneyana…
Belluno avrebbe dovuto rappresentare l’esordio, per me, come
speaker nel 2015. Poi le cose sono andate come ho descritto nel pezzo
precedente, e quindi Brescia è stato un utile modo per rompere il ghiaccio con
il microfono e rinfrescare un po’ di trucchi del mestiere. Però Brescia, per
partecipazione ed importanza della gara ed anche per collocazione (anche se
l’ingresso del castello è davvero pittoresco), non poteva reggere il passo con
Belluno: sapevo che sarei stato nella Piazza dei Martiri, e che l’Orienteering
Dolomiti avrebbe cercato di mettere in piedi uno spettacolo sportivo e non solo
che potesse attirare l’attenzione dei bellunesi, anche in ottica di gare
future. Quando ci sono queste situazioni, mi chiedo sempre: sarò all’altezza?
Non ho una risposta nemmeno dopo la gara di Belluno; potrebbe essere andato
tutto bene e poi, la prossima volta, andare malissimo! Le gare le devo vivere
con il mio ritmo: l’arrivo in zona gara, il mio percorso fatto a velocità da
lumaca trascinandomi appresso un adipe pericolosamente in crescita...
(si vede la maglia tesissima sul davanti?)
... il fiatone
e la tosse del mio dopo gara, l’accensione del microfono ed i primi momenti di
panico del tipo “cosa ci faccio qui?” (devo ringraziare Antonio Loss, anche lui
esperto speaker, che nel vedere il mio primo momento di panico ha sorriso e
detto “Succede sempre così anche a me, tutte le volte!”).
Poi la gara procede sui suoi binari; le gare sprint sono
belle perché non lasciano alla mia testa il tempo di “deragliare” su aspetti
secondari e che non interessano a nessuno (se qualcuno ha seguito il mio
racconto su Frank Shorter durante il commento a Quantin, si sarà chiesto “ma
cosa cacchio sta dicendo???”). Sono belle le gare sprint in un impianto
scenografico come quello della Piazza dei Martiri, dalla quale parlavo non solo
per gli atleti ma per tutti i passanti, parecchi dei quali si saranno chiesti
chi era quel matto che sbagliava tutti gli accenti… (Nevegàl e non Névegal,
Nicòlis e non Nìcolis: il milanese anticipa, il veneto si appoggia per ripartire
con più slancio). Sono belle quando i ragazzi e le ragazze dell’Elite, ma non
solo loro, viaggiano sul filo dei secondi; sono belle quando il percorso mi
consente di vedere i passaggi, di cogliere nelle facce dei concorrenti lo
sforzo (che ho fatto anche io), la concentrazione (che ho provato ad avere
anche io), magari anche l’orecchio teso a cogliere qualche barlume di
informazione dal commento live! Non ho mai, non avrò mai, la certezza di
svolgere un compito equo per tutti i concorrenti; se, come mi era stato
chiesto, avessi dovuto davvero segnalare la posizione di tutti i concorrenti,
in tutte le categorie, al passaggio al punto spettacolo per non condizionare o
spronare o deprimere la gara di alcuno, allora tanto varrebbe commentare da
casa con un bel live messo a disposizione da San Edoardo Tona. Ma se si vuole
un declamatore dell’elenco del telefono, allora va bene anche Forsberg! (questa
è grossa… non riferite: lo prendo in giro perché è bravissimo, quasi quanto me, ed emozionante, ma ogni
tanto si perde via nel dire che è passato il 24esimo in classifica a 2’15 dal
primo…).
A Belluno le cose sono andate benone. Edo mi ha messo a
disposizione il live, ma riuscivo a fare i conti rapidi a mente guardando il
cronometro dell’arrivo ed azzeccando parecchi fotofinish (Inderst vs. Corona in
primis). Non ha funzionato il passaggio al punto spettacolo, ma è stato quasi
meglio: il diluvio di informazioni, alla fine, avrebbe distolto l’attenzione
dalla zona calda dell’arrivo, e dover fare i conti a mente nei passaggi degli
atleti sotto il palco mi consente di mettere insieme quelle frasi per le quali
poi gli amici mi prendono in giro “tempo ufficioso al passaggio… da prendere
con le molle… potrebbe forse essere attorno al…”, una roba che al confronto il
“Pare Sembra Si mormora” di PierFrancesco Loche era definitivo come una
enciclica papale. Ne è uscita, credo, una gara brillante nella quale Seppino ha
fatto segnare un tempo pari alla metà+qualche secondo del mio tempo di gara, un
risultato cronometrico che ormai, corra Zagonel o Tenani o Seppino, è una
costante delle gare sprint! (ed io corro prima degli altri, quindi ormai posso
dire di conoscere il tempo del vincitore prima ancora che la gara inizi).
La cena pantagruelica all’Agritur Cornolade seguita
alla gara sarebbe valsa la pena anche a costo di qualche minuto perso l’indomani,
durante la gara Long a Quantin. Una notte di sonno complicata (mica per la digestione,
ma per la tosse) ed alle 7 in punto Walter Mazzucco è pronto a portarmi sul
campo gara. Prendo la direzione della partenza e mi sento come se fossi a casa:
sono stranamente tranquillo ed il silenzio attorno a me mi avvolge come se
fossi ancora sotto le coperte. La mia gara procede con calma, ho tempo di
finire senza prendermi troppi rischi; basterà trovare i punti, mi dico, ed il
primo compare davanti ai miei piedi quando ancora la mantellina color arancione
brillante non è ancora stata posata; verso la 2 incrocio proprio i passi del
controllore, lungo il recinto, e la 3 è esattamente dove me la aspetto (e dove
suggerirò di mandare gli operatori RAI, per riprese dall’alto o dal fianco).
Risalgo verso la 4 seguendo i pochi dettagli in mappa (le due radure, il
sentierino e la linea di bosco) e poi mi perdo per andare alla 5: temendo di
scendere troppo, rimango ad una quota sbagliata e sbarco direttamente sulla 6.
Da lì, “picchiata” sulla 5 e risalita (che, purtroppo, mi costa la colazione…
vomitata ad ampio spettro e poi ricoperta di foglie per pudicizia).
Fino alla
10 nessun altro problema: seguo il filo dei sentieri e dei semiaperti ed il
punto (ora le mantelline ci sono) mi accoglie come un vecchio amico. Dopo la 11
cerco di spuntare un passaggio lungo la provinciale, ma mannaggia! tutte le
auto vanno nella direzione opposta!!! La 12, dopo aver contato tutte le
rientranze lungo il sentierino, la faccio bene; per la 13 risalgo sul
sentierino (all’incrocio con la canaletta c’è un’altra lanterna… chi è che è
arrivato fin quassù per poi fare un punto “bivio canaletta-sentiero”?), resto
in quota e poi mi butto giù fino sul limite di vegetazione e all’avvallamento.
La 14 è la lanterna “io sono Batman!”, ma a ripensarci non era poi così
difficile con il fiumiciattolo accanto (questo non mi esime dall’urlare “io
sono Batman!”, tanto alle 9 del mattino non mi sente nessuno) e la 15 è sostanzialmente
la madre di tutte le carbonaie. Per la 16 ho almeno tre scelte: nord, nord-est
e nord-ovest; scendo sul sentierino a nord-ovest dove posso correre e
riprendere fiato “tanto dopo il bivio e dopo il fiumiciattolo sarò sotto la
lanterna, a pochi metri”. Si, certo, come no!
Mai che ci sia uno smottamento che faccia venire giù la lanterna, quando ce n’è bisogno! Per risalire alla 16, che vedevo chiaramente, ho
incrociato la Madonna, la Signora con la Falce e l’Uomo Ragno, e tutti erano
ingobbitissimi e stavano rinunciando ad arrivare fin lassù (io penso sempre che
il mio amico Attilio ci dovrà arrivare e fare la mia stessa fatica, quindi non
mollo a costo di fermarmi un minuto sulla lanterna a rifiatare e fa sparire i
puntini luminosi da davanti agli occhi). Infine il finale, tutto filante e da
correre, fino a passare “all’improvviso uno sconosciuto!” dietro alle ragazze
dell’IK Prato che ballano per youtube…
Terminata la mia fatica, posso prendermela comoda, almeno per i primi arrivi. Tanto ci penseranno Lia Patschedier ed il trio Truffa-Miki-Seppone ad animare la mia giornata e renderla ancora più memorabile. Ah! Volevo anche dire che l’arrivo del Truffa, vincitore con 2 secondi di vantaggio, mi è costata la voce che è tornata solo dopo un paio di giorni… Ma adesso sono come nuovo; mi aspettano Roma e poi il Lavarone, sperando che Jack Nisi si ricordi della sua gara a Villa Ada quando osò sfidare Gvyldus e Leandersson, e che al Lavarone ci siano ancora tanti arrivi come quelli della due giorni di Belluno: non so voi, a me le coronarie vanno all’impazzata! Ma va benissimo così.
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