Gemellaggio 2015: come ci arrivai e come finì...
I lettori più attenti del blog non avranno mancato di notare l’assenza,
in questo 2015, della puntata più appassionante, più imperdibile, più attesa
dei racconti dell’Impiegato Panzottello : quella di inizio anno nella quale
vengono puntualmente elencati obiettivi, speranze e soprattutto gli
appuntamenti irrinunciabili del calendario agonistico. Tutti i blog
orientistici che vanno per la maggiore (in pratica il solo blog di Dario P.) riportano
a cadenza annuale con dovizia di particolari l’elencazione dei luoghi e delle
gare nelle quali l’autore andrà a posare le sue Inov-8, le sue “La Sportiva”, le
sue quel-che-è, affinché tifosi e groupies possano regolare il loro proprio
calendario, le trasferte e financo le vacanze.
Volevo farlo anche io… In fondo è il pezzo più facile da scrivere:
si prende il sito Fiso, e magari WorldofO, si segue con il dito indice la
sequenza temporale delle gare facendo un pensierino anche alla 5 giorni di Patagonia,
si mette tutto per iscritto ed il gioco è fatto. Avrei voluto annunciare la mia
presenza a tutte le promozionali lombarde, al fine di mettere a punto l’inizio
di stagione ad Arogno e Clusone per presentarmi all’appuntamento della Lipica
Open e mettere le cose a posto tra me e lo spetsnaz! Da lì in avanti, poi, è
tutta discesa. Persino l’influenza, che colpisce con una virulenza del 99.99%
tutti i frequentatori della linea del tram numero 15 (si salva il manovratore, perché
è chiuso dentro nel gabbiotto) e che l’anno scorso aveva duramente colpito me
(e poi tutti coloro i quali mi sono passati vicino) alla Lipica Open, quest’anno
si è fatta viva ad inizio gennaio.
“Un mese di passione – questo pensavo – poi ci si butta sulle
promozionali e poi… a me la Lipica! (e lo spetsnaz)”. Questo pensavo. Purtroppo l’influenza
del ceppo “tram numero 15” è dura da
debellare; a metà febbraio ero diventato praticamente l'azionista di riferimento della
Kleenex! I fine settimana fantozziani di pioggia che arrivano dopo una settimana lavorativa
di sole non si sono fatti mancare; di conseguenza sono approdato a marzo con
due sole uscite nelle gambe… e che uscite: la bellissima (e passeggiatissima) Street-O di
Remo Madella a Milano, e la posa punti al Parco Forlanini (di cui sotto riporto il dettaglio della parte "Shanghai") per l’ennesima “Milano
nei parchi” sopra quota 300 partenti.
Per il primo marzo, le commissioni di qua e al di là del confine (composte da soli Premi Nobel) che
regolano i calendari di queste lande hanno compiuto il miracolo di sovrapporre la gara in uno dei posti più belli di Lombardia (la Pineta di Clusone) con la gara ticinese
più abbordabile per vicinanza al confine (il TMO di Arogno); poiché da mesi
avevo promesso a Metka, tracciatrice ad Arogno, che sarei andato a fare la sua
gara, ho optato per l’attraversamento del confine. La gara era
presentata come un TMO “middle” e la carta la ricordavo abbastanza bianca, quindi al
momento di scegliere la categoria ho schiacciato il pedale della frizione e ho
messo il cambio su “folle”… cioè mi sono iscritto in HAL, che sarebbe l’Elite
ticinese. Tanto è middle. Tanto la carta è bianca. E poi tanto nevicò, ma proprio
tanto; al punto che a pochi giorni dalla gara ancora non si sapeva se si
sarebbe potuto gareggiare. Ma alla fine si gareggia, ed io vado alla partenza
della mia HAL (da fare in mezzo alla neve) con una Street-O nelle gambe!
Non che con sette O-Marathon invernali sarebbe cambiato qualcosa! Nel
breve tragitto dalla 0 alla 1, appena esco dalle tracce che lo Scom Mendrisio
(meravigliosi pazzi!) hanno tracciato lungo tutto il pratone per aiutare i concorrenti, un
ramo si conficca nella scarpa destra e si porta via suola, calza e anche un bel
po’ di dito alluce ed indice del piede. Solo che, correndo nella neve,
praticamente non me ne accorgo!
Faccio una fatica da bestia nella neve e vengo
raggiunto alla 2 da Stefano Maddalena che mi partiva dietro (so che lui pensa
che sono pazzo, ogni volta che vede il mio nome nella sua griglia…); procedo
lentamente perché devo anche riprendere contatto con la carta, ed il piede
destro mi da qualche sensazione strana, soprattutto di freddo intenso.
Sbaglio tutto lo sbagliabile andando alla 11 anziché alla 10, rallento se possibile
ancora di più nella fase di ritorno verso la zona del traguardo; infine, allo scoccare dei NOVANTA MINUTI DI
GARA!, compio il miracolo di “mancare” la 100 ed il traguardo, andandoli a
cercare in mezzo al bosco…
Comunque tutto bene. Percorso decisamente bello, brava Metka:
esame passato! Raggiungo il ritrovo con i piedi congelati e, quando mi tiro via
la prima scarpa, ho una sorpresa: la calza è rossa color della bandiera svizzera,
praticamente intrisa di sangue. Quando tiro via la calza, scopro lo scempio: le
due dita del piede mostrano in bella vista la carne viva, delle unghie non se
ne ha che un lontano ricordo. Un paio di persone vicino al mio seggiolino
svengono o vomitano per l’orrore, ma il mio primo pensiero è che non sento
nulla. Chiaro: la neve ed il ghiaccio nei quali ho corso hanno anestetizzato il
piede. Comincerò a sentire un lieve dolore, tipo due spilloni arroventati
conficcati nell’alluce, mentre scendo verso il parcheggio; in fondo alla strada
della Val Mara, a Melide, sono ridotto al punto da spingere il pedale dell’acceleratore
premendo con la mano sul ginocchio: il piede è in posizione “a martello” e non
altrimenti utilizzabile. A Mendrisio, sono alle lacrime di dolore: un sentito ed
eterno ringraziamento da parte mia ai gestori della farmacia lungo la
cantonale, che espongono la croce verde luminosa e lampeggiante (che dovrebbe
indicare che la farmacia è aperta); dopo aver trovato E PAGATO il parcheggio in
zona stazione, scopro che la farmacia è chiusa e tutto si riduce all’indicazione
di un’altra farmacia in un’altra parte di Mendrisio. Arrivo in autostrada e mi
fermo alla prima area di servizio dopo il casello: il piede sprizza sangue da
tutte le parti (per il disgusto di chi mi ha parcheggiato vicino) e solo per
miracolo scopro nelle pieghe dello zaino quell’unica pastiglia di Synflex che
mi permette di arrivare a casa. Da quel pomeriggio, per 4 settimane, girerò zoppicando
con lo zaino appresso: cerotti, compeed di ogni dimensione, pomate
antisettiche, garze, cotone, antidolorifici… più un passaggio dall’ospedale quando
la ferita si infetta di brutto e gonfia a dismisura il mio già illustre piedone
taglia 50.
La ferita si chiude solo attorno al 25 marzo. Nel frattempo riesco
solo a posare, zoppicando, il percorso conclusivo della Milano nei parchi 2015 con
annessa parte micro-sprint...
... e ad annunciare la mia possibile presenza al
gemellaggio Trentino-Salzburg in programma sull’Altopiano di Piné a Pasqua.
Nella settimana che precede la gara nazionale di Brescia parto per la Svizzera
per lavoro e mi becco la gastroenterite… a Thun vengo raggiunto da una
bottiglia con annesso messaggio, che Davide Spagnoli ha lanciato nel
cyber-mare: posso fare lo speaker a Brescia? Accetto, anche se arrivo al Castello
di Brescia che sembro più un gastroenter-speaker che un essere umano; l’unico
pensiero coerente che ho è il seguente: “dovunque, ma NON NEL TUNNEL CHE PASSA
SOTTO IL CASTELLO!”, che ancora metà degli orientisti attivi in Lombardia (una
cinquantina di persone, quindi posso sopportarlo) mi prendono in giro ogni
volta che mi vedono! Faccio il giro speaker attorno alle 11.30, e letteralmente
tiro le cuoia sui 2300 metri del percorso (secondo me erano 23 chilometri) + 90
metri di dislivello che a me sono sembrati 900 metri, misurati per difetto!
Nel frattempo, per sovrappiù, si sveglia il mio dente del
giudizio! A 48 anni? Si, a 48 anni. Ascesso di dimensione super perché non mi
faccio mai mancare niente, e vai ancora di antibiotici e di antidolorifici…
giovedì 2 aprile, a poche ore dalla partenza per il gemellaggio, ho la faccia
che sembra dipinta da Picasso, non riesco quasi a parlare e l’unica soluzione
prospettata dal dentista sembra quella di farmi aprire la guancia e togliere il
toglibile. Ma l’ascesso è troppo esteso, l’operazione deve essere rimandata, e
la soluzione è: PIU’ antidolorofici, PIU’ antibiotici. Il dentista si
raccomanda: “… e cerca di stare a riposo per i prossimi giorni”. Si, certo, come
no?
Quando la macchina del GOK raggiunge Baselga, l’unico che se la
sente di andare a provare il percorso del venerdì pomeriggio sopra il Lago di
Serraia è quello che dovrebbe riposare; d’altra parte mi sento anche quasi bene:
sono talmente imbottito di antidolorifici che potrei anche fare meno fatica del
solito nel bosco… se non fosse per quegli uccellini rosa e azzurri che mi
ruotano attorno alla testa, distraendomi! Mi presento dunque,
imprevedibilmente, al centro gara del gemellaggio a Miola di Piné; quello che
vedo nell’ordine è:
1. Stefano Raus che smista cartine come Tony Binarelli nel
film di Trinità.
2. Eddy Sandri che dice a Raus “la sua (mia) cartina è QUESTA!”, ma
la carta è piegata in 4 e soprattutto non sta nella pila ordinata delle altre.
3. Passando accanto al furgoncino della WADA (Agenzia Mondiale Antidoping)
tutti gli allarmi cominciano a suonare impazziti, mentre l’ago del dopingometro
schizza a “Ben Johnson” in una scala da zero a Lance Armstrong.
Ma soprattutto è QUELLA CARTA, accuratamente ripiegata e messa da
parte, ad alimentare i miei sospetti. Da quando ho pubblicato il post sulle 5
volte in cui ho ricevuto l’unica cartina sbagliata tra tutti, vivo nel sospetto
che prima o poi qualcuno mi farà lo SCHERZONE… il fatto è che in zona ci sta
Eddy, e c’è Raus che è in grado con un cellulare Motorola ed una stampantina
degli split di produrre in tempo reale una cartina ed un percorso di un posto a
caso in Barbagia. Eddy non solo continua a propormi QUELLA CARTA, ma insiste
nel volermi accompagnare alla partenza; si insinua in me il sospetto che, quando
aprirò la carta, troverò soltanto una foto di Minna Kauppi in bikini! Invece la
carta è quella vera del Lago di Serraia, il percorso è quello vero segnalato
dalle lanterne (ed quasi più bello di
quello della Coppa Italia di qualche anno fa nella quale ero scoppiato… ma sarà
l’effetto degli antidolorifici), i dislivelli sono abbordabili a parte la
salita iniziale, la rampa per tornare alla 14 e la salita al collinone di
Miola. Nel giro di una ottantina di minuti sono di nuovo nel parcheggio, dove
le apparecchiature del furgoncino antidoping ricominciano a suonare all’impazzata:
lo SCHERZONE c’era stato, perché il percorso consegnatomi era quello
junior\elite… ma io proprio quello volevo!!!
Come inizio del gemellaggio non c’è proprio male. Infatti, il
giorno dopo… ecco: il giorno dopo non c’è. O meglio, comincia solo DOPO che
sono caduto in catalessi dalle 9 del mattino alle 14.30 (prima frazione) e
dalle 16.00 alle 18.30 (seconda frazione della catalessi). Alle 20.30 saluto il
GOK e mi ripresento un po’ frastornato a Miola per la gara in notturna. Lo
squillare degli strumenti della WADA si confonde con le campane della chiesa,
ed alla mass start mi presento in una doppia fila di ragazzini alti la metà di
me: scende dolcemente dal cielo qualche fiocco di neve, ed io indosso la
termica, il pile, un altro pile e la giacca a vento; i ragazzini indossano il
trimtex a maniche corte… e stop! Ho paura della notturna perché l’ultima volta
a Miola (un altro gemellaggio nel secolo scorso) me l’ero cavata solo perché Giuseppe
Bezzi, impietosito alla vista del lumino che portavo per illuminare i miei
passi, mi aveva prestato la sua “frontale”: L’Adige, pagina Valsugana e Piné,
riporta ancora nella rubrica “fenomeni inspiegabili”, di quella volta che il
sole era tramontato alle 18 ed era risorto sopra Miola alle 20… in
corrispondenza dell’accensione della frontale del Bezzi! Ma la notturna 2015 è
proprio per i giovanissimi (che ci fa in giro con loro un ‘chiardo come me?),
in paese o nella zona dell’anello di pattinaggio; è divertente, facile, score
(con punzonatura della si-card, diavolo di un Raus!) e con i punti bonus. Io mi
accontento di una passeggiata e di fare 12 punti su 14 in 19 minuti, e beandomi
dell’arrivo degli junior e young del Trentino che si sono dati battaglia feroce
senza esclusione di colpi.
Il mattino dopo, mi ripresento al via della garetta pasquale, che
è un Fot-O per le stesse vie di Miola che hanno ospitato la notturna. Oh!
Precisiamo subito una cosa! Quando sarò Imperatore dell’IOF (la candidatura
sarà annunciata a breve), il programma delle novità prevede:
1. I presidenti
nazionali vengono banditi da Murrayfield, che è un posto serio e tale deve
rimanere.
2. Io sono il Campione del Mondo su tutte le distanze, anche a
staffetta (anche mixed relay) e anche se corro da solo.
3. Il Fot-O assegna
titolo Mondiale!
Sempre troppo divertente, troppo eccitante, un clima da vera
caccia al tesoro anche perché alla fine del primo giro di Fot-O i ragazzini
devono andare a caccia delle uova di Pasqua. Ci sono 12 foto e 12 punti e
quindi… non dovrei dirlo perché svelo la tattica, ma tanto da imperatore IOF io
sarà comunque il Campione del Mondo di Fot-O, se le foto corrispondono al
numero dei punti, è inutile andare a controllare la lanterna più lontana… che
tanto sarà quella da abbinare alla foto che rimane, no? E’ con questi pensieri
che, da sopra un dosso, assisto sorridendo alla corsa pazza dei ragazzi verso
il punto di controllo numero 1, quello più lontano. Finisco la mia passeggiata
in un tempo ragionevole, godendo della mia superiorità tattica guidata dall’esperienza,
e sento due ragazzine dell’Orienteering Piné che, in due, fanno la metà dei
miei anni: “A quella più lontana non siamo andate, tanto la foto da abbinare
era quella che rimaneva”. Bare! Scorrette! Non si fa così! Inutile: non c’è più
la gioventù ingenua di una volta…
Domenica pomeriggio, dopo un altro breve momento di catalessi, si
sale a Rizzolaga per il percorso “curve di livello” disegnato da Marco Bezzi.
Rizzolaga + Marco Bezzi + curve di livello è una cosa che è stata messa al
bando persino dall’Universo Marvel, perché né Iron Man né Capitan America si sono
sentiti in grado di affrontare la cosa. Però bisogna leggere anche tra le
righe: innanzitutto “Rizzolaga” non è altro che un modo per dire “Bedolpian, la
parte nord”… e qui ci scatta immediatamente il primo ammonimento: se non vi
piace Bedolpian, io non vi voglio nemmeno conoscere! Quindi dire “curve di
livello a Bedolpian (Rizzolaga)” non è la stessa cosa che dire “curve di
livello a posto-qualunque-in-Lombardia” (ma possiamo anche togliere “in
Lombardia”). Bedolpian è Bedolpian. E parimenti la chioccia Marco Bezzi, quando
ha a che fare con i suoi pulcini, si trasforma davvero nell’orso buono: il
video, se ci fosse, della sua spiegazione delle curve di livello con tanto di
modellino in cartone autoprodotto (con collinette e depressioni, una roba da
esporre al Guggenheim), sarebbe virale su youtube! A me tocca cimentarmi sul
percorso Long-non-facilitato (dalla vegetazione), ma Bedolpian è Bedolpian e
non fa paura: vedo passare Damiano Bettega e qualche altro pulcino del
Trentino, poi Metka, incrocio Kristian ed in capo a un’oretta abbondante di
cimento sono di nuovo al ritrovo. Potenza degli antidolorifici, forse, ma anche
di come Marco ha congegnato il percorso…
Resta così da affrontare l’ultimo appuntamento del gemellaggio: la
gara promozionale di Pasquetta, sempre a Bedolpian (sud). Promozionale sti
caxxi! Al via del percorso Agonisti si presenta un po’ po’ di roba che farebbe
valere la gara almeno 90 punti in lista base, e in più c’è Jonas Rass (adesso
lo dico: il più forte orientista italiano degli ultimi 20 anni, poche storie!).
Io mi sono iscritto, viste le condizioni, sul percorso “Rosso”, ma lo SCHERZONE
è in agguato e mi ritrovo nella lista degli Agonisti; questa volta, però, devo
limitare le mie ambizioni di punire per benino i vari Zagonel, De Bertolis e compagnia
(Rass no, lui è intoccabile): mi aspetta infatti il ritorno a Milano e l’apocalisse
autostradale, quindi declino e ritorno sul percorso Rosso, con partenza presto
e sparizione immediata subito dopo lo scarico della si-card.
La descrizione che
segue della mia gara NON è influenzata in alcun modo dalla lettura (non ho
ancora letto) di altri blog e dei relativi commenti. Quello che però voglio
dire al giovane tracciatore Stefano Raus è che una bella tirata di orecchi non
gliela leva nessuno! Prendiamo per esempio la collocazione del punto 7: io un
punto del genere però non l'avrei messo. Dopo una tratta lunga e interessante
come la 6-7 un esperto tracciatore dovrebbe aver letto il “Manuale del
Tracciamento dei percorsi per Impiegati Panzottelli”: i quali, dopo aver
faticato e sputato l’anima (e anche altre cose) in salita, appena vedono un dolce
declivio che, in un bosco da fiabe, degrada lentamente verso valle su un
tappeto di erica e fiorellini, cominciano a correre per la prima volta dopo
tanti anni come Peter che insegue Heidi! E quindi hai voglia, al momento di
rallentare per cercare il punto, a mettere fuori flap, retrorazzi, invertitori
di spinta e paracadute: una volta che si sono fermati, nell’avvallamento a sud-ovest
appena fuori dal cerchietto, si capisce lontano un miglio che una tantum sono
finiti lunghi. Era dunque IN QUELL’AVVALLAMENTO dove mi sono fermato io che dovevi mettere il punto,
caro Stefano, mica 60 metri prima!
Trovata la 9 più per culo che per anima, scovata la 10 senza né
culo né anima perché sono rimasti alla 9, arriva un’altra tratta lunga 10-11: risalendo
il pendio non so se mi quadravano molto i disboschi e le tracce di sentiero, perché
ero più impegnato a gestire respirazione affannosa, battiti cardiaci a ritmo
Phil Collins, miraggi e Nere Signore con la Falce; ma è sicuro che mi sono
trovato inequivocabilmente sulla sella giusta, nella palude giusta, nell’avvallamento
giusto e infine (incredibile!) nel punto giusto. E no, Stefano Raus! Così non
si fa! Cioè… adesso vuoi dire che se l’Impiegato Panzottello legge la mappa,
capisce i contorni delle curve di livello e trova le paludi… poi trova anche il
punto? Ma n’do che sente po’… in Svezia? Cortesemente, la prossima volta, un
particolare meno definito e meno inequivocabile… che poi non posso riposarmi
per cercare il punto tutto attorno, mi tocca ripartire subito verso quello successivo e rischio
di sbagliarlo e di far sbagliare anche Pedrotti!!! (ah no… lui ha sbagliato lo
stesso).
E così, nonostante l’ospitalità del bosco di Bedolpian e dei
ragazzi trentini, anche questo gemellaggio va in giudicato. Sulla strada del
ritorno non troviamo nemmeno l’apocalisse autostradale e, quando Matteo Sandri
mi telefona per chiedere se qualcuno della Polisportiva Bissinese che non è
rientrato alla base è in macchina con me, io sono già ad Agrate alle porte di
Milano.
Che dire quindi in conclusione, se non un saluto a Dario P. che mi
offre sempre la sponda, a Zonori che comunque si vendicherà di me in occasione della Rugby
World Cup a settembre, ed ai ragazzi che hanno gestito il gemellaggio
Trentino-Salzburg? Se tutto riprende ad andare per il meglio, la mia
conclusione è una sola, e stavolta la uso per me medesimo: I’M BACK IN BUSINESS!
1 Comments:
1. A settembre tiferò Ireland (together) sperando che i nostri mandino a casa (and send him homeward ...) bussolotto-Basteraud e compagnia. Se non approfittiamo stavolta di andare ai quarti ...
2. E dai co 'sta Minna! Hyvä Suomi ma guarda che secondo me in giro c'è di meglio ...
zonori
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