Il mistero di Francesca, di Bono e della vecchia scimmia
La prima volta che Carlo Rigoni mi ha rivolto la parola è stata al termine della gara long di un Highlands Open di qualche anno fa; un gruppo di persone si era accalcato attorno a King Carl I per leggere le sue scelte di percorso. Una tratta in particolare aveva colto la mia attenzione: gli atleti sembravano essersi divisi equamente tra la scelta di aggiramento a destra o a sinistra di un ripido e terrificante montarozzo (una ventina almeno di curve di livello) al di là del quale si trovava la lanterna. Carlo era al centro dell’attenzione, ovviamente, e stava spiegando perchè la scelta da una parte era penalizzante rispetto all'altra.
Un impiegato panzottello, mai identificato, osò chiedere al gruppo un parere sulla sua scelta: quella di salire, modello Thierry, fino in cima al montarozzo e da lì dominare la scena (erano tempi nei quali le gambe dell’impiegato panzottello potevano portarlo là dove nessun Carlo Rigoni avrebbe osato…). La risposta del Re fu laconica: “Tu sei un pazzo”. Ogni volta che vedo il viso da eterno bambino di Rigoni alle premiazioni, ogni volta che lo vedo correre (bene come lui corrono solo Giacomo Zagonel, Giancarlo Simion e Fabiano Bettega, e potrebbe anche essere che Carlo ci abbia messo sempre lo zampino, e poi Nicola Pilotto!) penso a quella frase e mi dico: “Carlo, mi sa che hai avuto ragione tu anche quella volta…”.
(facciamo un po' di casino: il momento della premiazione di Metka, foto by – I suppose – Kristian)
Se un giorno qualcuno dovesse girare il film dedicato al mio ultimo fine settimana, la colonna sonora dei titoli di coda dovrebbe essere “One” degli U2. Sulle note di questa canzone ho superato sabato mattina all’alba il casello di Parma Ovest, ideale spartiacque tra la possibilità di rientrare a Milano per motivi di lavoro (o, altrettanto validamente, per motivi personali) e la prospettiva di passare due giorni nei Boschi di Carrega. “One” e tante lacrime al casello, un po’ per tensione e un po’ per stanchezza dopo una ennesima notte di lavoro. Ma un po’ anche per la paura di andare a cimentarmi con il bosco dopo 6 mesi di assenza, e soprattutto per il timore di quello che avrei potuto dire (o non dire) al microfono, durante le due cronache dei Campionati Middle.
Il motivo per il quale sono arrivato ai Boschi di Carrega, alla fine, ha un viso ed un nome e cognome ben preciso. Quello di Stella Varotti, che nelle settimane precedenti la gara mi ha contattato per chiedermi se sarei stato disponibile a fare lo speaker; e poi ha risposto a tutte le mie mail nelle quali evidenziavo i miei dubbi e le mie perplessità. Ha procurato ogni cosa che chiedevo, ha sempre risposto positivamente a tutte le richieste. Se il volto che la maggior parte dei concorrenti assoceranno alle gare dello scorso weekend è quello del tracciatore o di una persona alla partenza o all’arrivo, ideali trasposizioni dell’organizzazione Cus Parma, io assocerò sempre quello di Stella Varotti. Se non fosse stato per la sua tenacia, probabilmente sarei rimasto a casa a dolermi ed invidiare tutti coloro che erano a gareggiare; al tempo stesso, avrei tirato un sospiro di sollievo e molto probabilmente sarei stato ancora sotto le coperte in un orario nel quale la gara di qualificazione poteva dirsi già conclusa. Ma con il senno di poi avrei perso i saluti e gli abbracci di tutti gli amici che sono passati dalla postazione microfono: Stefano e Manuela, Daniela, Marco e Cristina, Ivano e Walter, Maria Novella, Ana, Metka e Kristian, Anka, Cristian e Cosimo (“la coppia-di-fatto” dell’orienteering italiano!), Viola e Giacomo e tantissimi altri… e poco importa che a qualcuno (tipo Eleonora D.) sia bastato passare a portarmi dei saluti addirittura da oltreconfine per vedersi coinvolta in una intervista volante!
Nella mia storia personale, Sala Baganza ed i Boschi di Carrega vogliono dire qualcosa. Tra il 1998 ed il 1999 ho trascorso quasi 18 mesi a Parma, lavorando in Via Langhirano 1. I primi tempi ho alloggiato in hotel a Collecchio, poi ho vagato per vari hotel e affittacamere di Parma. Infine sono stato fortunato a trovare una camera a Sala Baganza: potrei arrivare in Via Anioni ancora adesso ad occhi chiusi (se non fosse per le due nuove rotonde che hanno inserito lungo la provinciale che collega il paese a Stradella)! Erano i tempi nei quali anche l’impiegato panzottello faceva le “ripetute” (si! Anche io ho fatto le ripetute in salita!); ed il pezzo di strada dove andavo a farle, da solo o con il collega Guido Stefanizzi, era proprio la salita che, dalla Cassinetta che ha fatto da ritrovo per i Campionati, portava verso le partenze dei due giorni di gara. Questo pensiero mi ha aiutato ad estraniarmi almeno un po’ mentre, sabato mattina sotto il cielo plumbeo, cercavo di esorcizzare la paura del bosco ed il fatto che mi sarei cimentato da solo sul percorso di qualificazione M21… sempre per la vecchia storia del “vediamo l’effetto che fa e vediamo che cosa troveranno gli Elite sul loro cammino”.
Dal momento in cui ho lasciato sabato mattina la Cassinetta, più o meno in fuga dalla mia ombra che è rimasta dubbiosa e pensosa in zona segreteria, ho trascorso due giorni intensi durante i quali ho visto più volte “il motore” accendersi e spegnersi. Ho cercato di affrontare al mio meglio le lanterne del percorso, lento ma preciso (ma lento a tal punto che non si può non essere precisi quando si procede alla velocità di una lumaca morta). Ho perso contatto più volte con la realtà: sabato durante il primo loop di lanterne 3-4-5-6 o nelle tratte finali, e poi ancora domenica sui primi 8 punti di controllo; una sorta di perdita di conoscenza che non rappresentava altro che il fatto che in quei momento c’eravamo solo io, il bosco, le lanterne e la cartina, come sempre è stato negli ultimi 20 anni fino ad Alzate Brianza di marzo 2012. Altrettante volte la vecchia scimmia sulla spalla è venuta a bussare insistentemente nella testa, a riportare a galla dubbi e qualche paura di non farcela. Per fortuna che c’è sempre il vecchio Bono:
“Too late - Tonight - To drag the past out into the light
We're one, but we're not the same
We get to - Carry each other
Carry each other”
(sabato c’erano atleti che stavano andando in partenza a pochi metri da me, ma per fortuna nessuno mi ha sentito cantare, mentre in ginocchio nel fango e con le unghie piantate nel terreno scollinavo l’ultima maledetta curva di livello verso la lanterna 18…).
Ora dovrei anche dire qualcosa sulla mia esperienza come speaker. Soprattutto domenica, a tratti, mi è parso di vivere una esperienza extracorporea: ho sentito distintamente in certi momenti il vecchio motore del “Califfone” Guzzi (la mia voce) che andava da solo; su tutti, riavvolgendo il nastro della memoria, il passaggio al punto spettacolo del “Truffa” o di Beatrice Baldi. Mi dispiace un sacco che Roberto DV non abbia portato a casa il titolo, e questo non perché Misha mi stia antipatico: un nuovo titolo italiano aggiunge davvero poco al palmares del secondo-più-vecchio M21 in gara (il primo sono io!), ma avrebbe dato alla corsa tutta all’attacco di Roberto la consacrazione che ormai merita. Devo qui assolutamente ringraziare Aaron G. il quale, quando la mia testa ha cominciato ad andare nel pallone, ha tenuto traccia puntuale dei passaggi Elite e M35 consentendomi di fare una figura decente con le classifiche di categoria (non disponevo di un pc collegato agli scarichi).
E devo anche farmi perdonare dalla Polisportiva Masi per un azzardo che uno speaker non si dovrebbe mai permettere (il maestro Andrea Rinaldi ora si rivolterà dovunque si trovi!) ma che io prima o poi mi ritroverò a fare: ovvero il passaggio al punto spettacolo di Francesca De Nardis! Se c’è una categoria che non sono riuscito proprio a seguire è la under 16 femminile; il mio annuncio di un passaggio al comando di Francesca al punto spettacolo è stata una mera valutazione spannometrica del tempo che poteva essere trascorso dall’arrivo al traguardo di Erica Ceresa (che solo la mia fantasia pensava – ma con ragione – che fosse in testa fino a quel momento) al passaggio al punto spettacolo di Francesca. Mi sono lanciato a pronosticare che Francesca fosse passata al comando, e non avevo – giuro – alcun elemento a suffragio, solo una sensazione generica che “qualcosa” stesse succedendo. Me ne sono pentito subito perché, con una cassa puntata verso il bosco, avrei potuto essere responsabile in qualche modo di un calo di tensione, o di ingenerare una falsa aspettativa, o altro ancora… Me ne sono pentito e, puntualmente, mi sono ripetuto con l’arrivo di Samuele Tait in M16, un’altra categoria sulla quale non avevo notizie se non qualche generica sensazione. Samuele e Francesca hanno vinto i titoli italiani, salvando la reputazione dello speaker. Ma forse Massimo Balboni non ha creduto alla storia che gli ho raccontato nel post-gara, e cioè che il passaggio di Francesca davanti all’arrivo (l’ho vista solo di spalle ed ho “indovinato” che fosse lei) fosse stato da me valutato più o meno con l’orologio del campanile… così la storiella gliel'ho raccontata di nuovo adesso, di fronte a tutti.
Grazie a Samuele e Francesca sono tornato da Sala Baganza con qualche certezza: innanzitutto che finché le sorelle Brandi e le sorelle Benigni non si platinano i capelli (una sola delle due, per carità) non sarò mai in grado di distinguerle l’una dall’altra! No, la certezza è che qualcuno o qualcosa ha vegliato su di me sia in gara che durante lo speakeraggio per non fare sì che tutto si trasformasse in un disastro. Mi chiedo se questo qualcuno o qualcosa non sia stata, a modo tutto suo, la “vecchia scimmia”…
2 Comments:
Anche io sento la musica nella testa mio malgrado, addirittura conosco delle canzoni a mia insaputa.
Guarda che non è un buon segno,
da noi la scimmia sulla spalla è una simpatica metafora... detto questo, quello che pensavo del tuo speakeraggio te l'ho detto a Carrega...
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