Lipica Open 2014 - the movie... my movie!
“Io ho fatto 37 guerre,
rivoluzioni, colpi di stato, guerriglia... Io sono stato deportato a Porto
Longone. Ma io ero come bambino, poppante, invertebrato. Io non avevo ancora
incontrato VOI”.
Ero così contento di essermi
ricordato di questa frase, pronunciata dal personaggio di Katanga (Lionel
Stander) nell’immortale “Stanza 17-17”, un film trattato molto ma molto male
nel sito mymovies.qualcosa, e invece si tratta di una commediola divertente che
va via liscia con i suoi quattro protagonisti cialtroni e un po’ sfigati che…
ma cosa sto dicendo! Non sono mica diventato il Mereghetti! Una frase che si è
scritta sul word processor praticamente da sola, a rappresentare al meglio
l’inizio di quello che diventerà, se mai ne arriverò alla fine, il racconto del
mio terrificante (per le condizioni in cui l’ho affrontato) Lipica Open 2014.
Poi una vocina interna si è fatta largo tra torrenti di muco e di catarro,
oltre la cortina dell’emicrania e di una infiammazione al nervo trigemino, al
di sopra dei cumuli di questa ovatta che mi riempie la testa da 15 giorni e che
mi rende difficile pensare, dormire e fare pressoché qualsiasi cosa. Una vocina
che dice “guarda che questa frase l’hai già usata…”.
Sono andato a cercare nel mio
motore di ricerca interno SteGaalgle ed ho trovato conferma ai timori: avevo
usato la stessa frase in occasione della (altrettanto terrificante dal punto di
vista della salute) Alpe Adria disputata in Croazia a Platak e Kastav, quella
delle cartine “se mi davate la mappa della zona di gara era meglio”, quella dei
percorsi “la partenza è ritardata perché il tracciatore non trova i punti di
controllo”… cosa curiosa, però: ogni volta che aspetto una gara all’Est da così
tanto tempo, come attendevo la Croazia da 1 anno e la Lipica praticamente dal
giorno in cui ho cominciato a fare orienteering, succede qualcosa che mi mette
in difficoltà dal punto di vista fisico, al punto da rendere veramente improba
la mia partecipazione e togliere anche buona parte del divertimento.
Però è dannatamente più curioso
un altro fatto avvenuto durante il Lipica Open di quest’anno (che “il Lipica
Open e “la Lipica” sono sempre la stessa cosa). Uno – io - fa orienteering o
perlomeno fa finta di fare orienteering da 22 anni. Gira l’Europa da 17 anni.
Fa lo speaker alle gare nazionali da 10. Si guadagna l’appellativo di “speaker
del popolo” perché si costruisce la nomea di conoscere tutti, dagli Elite più
forti ai master locali che più locali non si può… e alla fine mi capita ancora
di trovarmi in situazioni nelle quali faccio una figura da parvenu… ma da
parvenu che più parvenu non si può, da esordiente stralunato che si guarda
attorno come se fosse finito su Marte e fosse circondato da marziani, da
“ultimo arrivato” come quel giorno del 1992 a Ronzone quando per la prima volta
in vita mia ho preso tra le mani una mappa da orienteering (e, sfiga, in quel
momento ero già in gara perché il biiiiip lungo era già suonato).
Alla fine ha sempre ragione
Katanga! Ho fatto 22 anni di orienteering, Arge Alp, Campionati Italiani e
Mondiali master. Sono stato portato a Soederkulla e Torslanda. Ma io ero ancora
come esordiente, nemmeno un HC, praticamente una tessera Green. Io non avevo ancora
incontrato il GAJA !!!
Giusto per essere chiari, annuntio vobis gaudium magnum:
habemus affrontatum l’esperienza di una 5 giorni internazionale a fianco, sul telone
e sotto il gazebo, ma anche a cena ed in macchina, con il GAJA. Ed il GAJA mi
resterà impresso più della 5 giorni internazionale stessa… Ma andiamo con
ordine.
Ogni multi-days che si rispetti parte con un viaggio verso
l’ignoto, perché è essa stessa un viaggio dentro l’ignoto. Venerdì 7 marzo è uno
Stegal molto, ma molto influenzato che affronta la traversata Milano - Trieste verso la sua prima Lipica Open 5
days. Nella macchina dell’OK Bovec prendono posto 3 orientisti italiani, 3
orientisti svizzeri, 2 orientisti sloveni (1 vero ed uno che si è banalmente intrufolato)
ed 1 orientista norvegese. Prima che il colto e l’inclita possano pensare che
l’OK Bovec abbia ciulato nottetempo il pulmino della Besanese, occorre
precisare che a bordo siamo solo in tre: Kristian B., Eleonora D. ed io, con la
povera Eleonora che per 4 ore e mezzo si dovrà sorbire (fatto salvo l’abbiocco
salvifico tra Padova e San Donà) i soliti estenuanti e ritriti racconti di gare
di un passato talmente lontano che la punzonatura del testimone veniva
effettuata ancora scalpellando la runa celtica; è d’uopo a questo punto un appello
a coach Kackmarcik: anziché dire che Andrea Seppi dovrebbe fare bene anche nelle gare
in bosco (abbiamo appena ritrovato il Seppino che metteva paura a Khramov, già gli seghiamo le gambe?) tolga dieci minuti a botta ai tempi di Eleonora
durante la Lipica Open, dove ha pagato le terribili conseguenze del viaggio con
“Stegal il tifoideo” (si, lo so, è una fesseria… ma anche quella detta su
Seppino lo ). Sembra incredibile, ma la coabitazione di Stegal e del suo virus,
di Kristian e di Eleonora in una piccola auto non produrrà effetti contagiosi
sugli altri due occupanti del veicolo, cosa che non si potrà dire di almeno metà
dei partecipanti al Lipica Open che torneranno a casa con una bronchite sulla
cui diffusione repentina l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta ancora
indagando e speriamo che non mi cucchino…!
Il piano di battaglia prevedrebbe,
nei miei sogni, l’arrivo a Trieste, una bella camomilla calda, un sonno
ristoratore come lo cerco da giorni (tosse notturna) in vista della prima tappa
di sabato 8 marzo. Ahimé… non so ancora che una triplice organizzazione Gaja +
Primiero + Varese Or. mi ha iscritto ad una corsa in notturna per le strade di
Trieste per guadagnarmi la cena; una corsa che ha una agghiacciante
caratteristica: si svolge tutta in salita ed è una Lei&Lui nella quale sono
in squadra con tale Larrycette. Ebbene… lo dico a tutti quanti mi ascoltano:
diffidate di costei!
Diffidate sempre! Del suo sorriso e dei suoi occhioni languidi quando pronuncia frasi del tipo “io non corro veloce”; non è che costei sia una mentitrice professionista, infatti non corre… le basta camminare! Durante la scarpinata (in salita violenta) per Trieste di venerdì sera abbiamo battuto il primato mondiale sul miglio che resisteva dai tempi di Sebastian Coe, fatto scattare autovelox che hanno immortalato una strada deserta. Ho visto soprattutto i miei poveri polmoni vomitati sul selciato per impossibilità a reggere il ritmo infernale della tesserata GAJA, e dopo aver sudato tutto il sudabile non mi è restato che vaffanculare in salita tutto il vaffanculabile nell’inutile tentativo di resistere a questa specie di Schwazer in gonnella, che va molto più forte di Schwazer persino se indossa i tacchi con cui Carolina Kostner va in discoteca! Al termine di questo autentico WRE, le condizioni di Stegal sono quelle di una larva umana… e pensare che il Lipica Open non è neppure cominciato!
Diffidate sempre! Del suo sorriso e dei suoi occhioni languidi quando pronuncia frasi del tipo “io non corro veloce”; non è che costei sia una mentitrice professionista, infatti non corre… le basta camminare! Durante la scarpinata (in salita violenta) per Trieste di venerdì sera abbiamo battuto il primato mondiale sul miglio che resisteva dai tempi di Sebastian Coe, fatto scattare autovelox che hanno immortalato una strada deserta. Ho visto soprattutto i miei poveri polmoni vomitati sul selciato per impossibilità a reggere il ritmo infernale della tesserata GAJA, e dopo aver sudato tutto il sudabile non mi è restato che vaffanculare in salita tutto il vaffanculabile nell’inutile tentativo di resistere a questa specie di Schwazer in gonnella, che va molto più forte di Schwazer persino se indossa i tacchi con cui Carolina Kostner va in discoteca! Al termine di questo autentico WRE, le condizioni di Stegal sono quelle di una larva umana… e pensare che il Lipica Open non è neppure cominciato!
Sabato 8 marzo l’ultima cosa che mi passa per la testa è che
sia il giorno in cui fare gli auguri a tutte le orientiste che incontro. Sono
impegnato in una battaglia (persa in partenza) per la mia sopravvivenza dopo
una notte passata a tossire quello che penso sia tutto il tossibile. Sono
fiducioso che il bel tempo (finalmente un po’ di sole!) che si leva sopra la
Slovenia ed il venticello che qui chiamano “borino” e che soffia sul campo di
gara possano spazzare via i residui dell’influenza; mi presento dunque al via
con indosso due magliette, la termica, l’antivento ed il top della divisa. La
maggior parte dei concorrenti indossa solo una maglietta leggera… io però devo
fare i conti con un 37,8 di temperatura all’apertura del fixing dell’influenza che mi accompagna alla partenza. In effetti parto di
corsa, e pur sbagliando parecchio fin dal primo approccio con le doline di cui
è piena zeppa la carta di Dutovlje (ah! Come amo queste carte slovene!), arrivo
correndo al primo punto. Sarà, purtroppo, l’unico punto che sarò in grado di
fare correndo in tutta la 5 giorni… non mi limito all’analisi di questa singola
tappa: parlo proprio di tutta la 5 giorni. Il virus preme sulle gambe che non
ne vogliono sapere di correre, preme sulla testa che è talmente gonfia di muco
che mi basta girare la testa di scatto per sentirne lo sciabordio nelle
orecchie, gli occhi mi dolgono ed i polmoni vorrebbero essere di nuovo sputati
e lasciati lì a riposare, anziché dover alimentare un fisico (solo nel senso di
“laureato in”) palesemente in sfacelo. Non riesco nemmeno a correre fuori dalla
prima dolina, anche se il secondo punto è banale ed il terzo è quasi da
esordienti, e decido immantinente di cambiare tattica di gara: poiché è
evidente che non riesco a muovere un passo di corsa, farò la gara camminando e
cercando di sbagliare il meno possibile se non zero. Devo ammettere che questa
tattica, tra le doline ed i cento muretti di Dutovlje rende la navigazione
assai più facile: mi compiaccio con me stesso per la precisione con la quale
arrivo su tutti i punti (navigo di fatto sotto la linea rossa) ma una vocina mi
ammonisce sempre che il vero orienteering è quello che stanno facendo gli
altri, quelli che corrono al limite della combinazione delle possibilità tecniche
ed atletiche, non certo quello che sto facendo io. Al traguardo, affronto il
run-in alla chetichella cercando di mimetizzarmi, anche se vengo scoperto
subito dalle tute del Trentino appostate il loco, e collasso dopo il traguardo.
“Collasso” nel senso letterale della parola. Nonostante 77 minuti di puro
cammino, sono in totale cortocircuito, i polmoni sono in sciopero, la testa è
una specie di Zeppelin gonfio ma la pressione generale è quella di un
pneumatico squarciato… non so quanto tempo passo accasciato sul telone del GAJA
prima che Metka e Daniela mi aiutino
dandomi qualcosa da bere e convincendomi che, forse, un giretto all’ambulanza
non mi farebbe male. Qui incontro il secondo grande protagonista del mio Lipica
Open. Dall’aspetto fisico sembra uno di quei tozzi muscolati che fanno le gare
dello Strongman, ma lo sguardo è deciso come quello di uno spetsnaz russo!
E’
lui che si prende cura di me, mi prova la pressione e butta via lo sfigmomanometro
perché pensa che sia guasto, poi me la riprova accorgendosi che anche la
massima non raggiunge le tre cifre, infine mi prova la temperatura e scuote il
capoccione sconsolato leggendo il dato finale: 34,3! Poiché l’ambulanza è
letteralmente presa d’assalto da altra gente che sembra che abbia affrontato le
pietre della Slovenia a calci o a testate, e poiché in fondo io sono accudito
dagli amici, mi congeda intimandomi di avere cura di me stesso e di non farmi
rivedere sul campo di gara finché l’influenza non sarà passata. Peccato che il
programma stilato dall’agenzia di viaggio “Hells kitchen” preveda altri
appuntamenti... Alle 17 di sabato crollo sul letto dopo aver affrontato
barcollando anche la gara di temp-(oral-)O, e posso solo sperare che un
miracolo abbia accoppato il virus dell’influenza prima ancora che il
sottoscritto; sento la mia voce che delira sotto l’effetto dello Zerinol quando
riapro gli occhi alle 21 e poi a
mezzanotte, di mangiare qualcosa non se ne parla ed al mattino di domenica 9
marzo l’unico piano di battaglia che ho in mente è cercare di evitare di
incrociare lo spetsnaz.
In effetti domenica 9 marzo la mia seconda tappa in H40 del
Lipica Open è brevissima. Le mie possibilità di portare a termine, persino
camminando, la tappa più lunga e con più pendenza della 5 giorni, sulla carta
più terribile, sono pari a un epsilon piccolo a piacere. Un epsilon che diventa
asintoticamente pari a zero quando arrivo con Kristian e Metka sul campo gara e
la prima persona che incontro è… lo spetsnaz. Il quale mi riconosce subito e la
battuta che segue, puntualmente registrata dal magico duo dell’OK Bovec, è la
seguente: “Do you really want to die
today? You are a great candidate for that!”. Semplice, preciso, efficace
nella sua cruda realtà. Spendo le ultime energie rimaste per raggiungere la
partenza, il che si rivela già una cosa improba, alla ricerca di un miracolo
italiano che non arriva; quando arriva il mio minuto, prendo la carta e faccio
persino fatica a metterla a fuoco. Raggiungo il primo punto camminando e provo
a risalire la china della collina verso il secondo punto, ma quando Kristian
entra in gara e mi incrocia mi accorgo di essere ormai da due o tre minuti
appoggiato al tronco mozzo di un albero a riprendere fiato. Decido di
abbandonare.
Resto dell’idea che un ritirato ad una gara di orienteering
dovrebbe poter abbandonare il ritrovo appena possibile. L’immagine di tutti i
ragazzi che escono vincenti (qualunque sia la loro posizione in classifica) dal
bosco è troppo avvilente per me che dal bosco e dal mio corpo sono stato
sconfitto. Con gioia, ma ancora di più con una notevole invidia, vedo giungere
sul traguardo Larry e poi Zzi (abbondantemente sotto le tre ore di gara
immaginate dai suoi detrattori), i ragazzi della nazionale italiana e poi
Kristian, con il quale vado ad affrontare la seconda tappa del trallall-o, in
versione sprint (per quanto mi è possibile) visto che dobbiamo rientrare alla
base del Lipica Open a riprendere Metka che sta affrontando il percorso in
DElite.
Nonostante il ritiro dalla tappa di domenica, per rimettermi
in sesto mi servirebbero un paio di settimane alla clinica del dottor Messegué.
Ignoro che il destino sta preparando per me gli abiti di Katanga (Lionel
Stander) e che sto per passare una delle serate più incredibili di questi primi
22 anni di orienteering. Accade infatti che domenica sera la GAJA-car mi porti
fino a Padriciano (una località che mi era rimasta impressa fin dalla trasferta
all’Alpe Adria croata), in un tragitto tra Sezana e Padriciano che prevede non
meno di 142 svolte e girotondi. Se il Gaja voleva mantenere il segreto sulla
destinazione finale del viaggio, potevano benissimo bendarmi ed incappucciarmi
come si faceva una volta ai rapiti ed agli agenti segreti… andava bene lo
stesso! (ad un certo punto non so più se sono al mare, in montagna, in città o
in paese, in Italia o oltre confine… e la macchina continua a fare svolte e
rotonde). Arrivati a destinazione, vengo informato del fatto che mi trovo a
casa di Peter Ferluga e consorte, orientisti di lungo corso del Gaja e genitori
di due tra i bambini più deliziosi che io abbia mai visto. Alla serata si uniscono altri orientisti del
Gaja ed improvvisamente mi giunge forte e chiaro da Milano l’ammonimento di
Roberta ed Attilio “cerca di non parlare sempre e soltanto di orienteering!”.
Beh… forse l’ammonimento andava passato a qualcun altro. Non passano infatti
che pochi minuti che le mie orecchie comincino a registrare cose del tipo “domenica
andiamo a Cividale che c’è una robetta da 23 km + 600 di dislivello, così ci
teniamo un po’ allenati”, e poi ancora “eh si… bisogna che per il duathlon di
Basovizza ci facciamo trovare preparati”, e si va avanti con la loro prossima
organizzazione della gara regionale di Malchina, le future trasferte oltre
confine (e non capisco se oltre confine significa “in Slovenia e Croazia” o
significa “in Italia”). Gli aneddoti delle gare passate non risalgono alle rune
celtiche, ma alla gara di sabato e a quella di domenica, e in un lampo vengono
tirate fuori le cartine con i percorsi e cominciano i capannelli di discussione
se la scelta alta in mezzo alle rocce ma piatta era più conveniente della
scelta bassa tra le doline ma ripida… ed è tutto un confrontare i tempi e le
scelte da cui non si sottrae – horribile dictu… ma è ora di sfatare un mito!... neppure
Larrycette! -. Quando cominciano a parlare del weekend che segue e de corso di
cartografia a Paluzza, ebbene è in quel momento che io divento Katanga e,
speaker del popolo o non speaker del popolo, devo ammettere che non conoscevo nemmeno
l’epsilon per cento delle emozioni che prova questo gruppo di autentici appassionati,
e non mi resta che esclamare alla Paul Olum “E’ così che sono gli orientisti
del Gaja? E io non lo sapevo???”.
Detto tutto quello che si può dire sulla serata di
Padriciano, perché “tutto quello che succede nella grotta, rimane nella grotta!”
(cit. Hugh Hefner), posso passare a descrivere brevemente il resto del Lipica
Open che tra domenica e lunedì perde l’80% degli iscritti (ma per fortuna non
perde la nazionale norvegese femminile). Lunedì a Marezige, con un “borino” che
si sta trasformando in “boretto”, la carta di gara è una costa di puro stampo
ticinese, probabilmente l’unica del genere in Slovenia! gli atleti lombardi se
la cavano benone, essendoci praticamente cresciuti sopra (a questo genere di
carte, intendo) mentre assistiamo loro malgrado alle prime difficoltà da parte
degli amici del Gaja-sottospecie-G.U.D. che sono assai più abituati a certe
carte carsiche (cit. Stegal si qualche anno fa). Io non faccio altro che
camminare nel bosco sia in salita che in discesa, gestendo sostanzialmente una
gara sotto la linea rossa, a meno dei tanti valloni che si incrociano oggi.
Larrycette riesce nel mirabile tentativo di fare tutta la gara in zona “Fuori
Tempo Massimo” per poi scatenare tutti i cavalli del motore sulla salita
ripidissima che porta dal penultimo punto all’arrivo e rientrare così
trionfalmente in classifica.
Marco detto CP, alle sue primissime esperienze con una carta da orienteering (e gli è toccata la Lipica!) porta ancora a casa la pellaccia ed il buonumore e si candida ampiamente al ruolo di rookie of the year 2014 non solo a livello di FISO ma di tutta quanta l’IOF. Entrambi sfoggiano con ardore la nuova divisa del G.U.D., ovvero “Gaja Unemployed Dept.”, sottotitolo “Basically we don’t have anything better to do” che la dice lunga sul fatto che ancora una volta questi ragazzi sanno in che verso prendere la faccenda e la Lipica tutta!
Marco detto CP, alle sue primissime esperienze con una carta da orienteering (e gli è toccata la Lipica!) porta ancora a casa la pellaccia ed il buonumore e si candida ampiamente al ruolo di rookie of the year 2014 non solo a livello di FISO ma di tutta quanta l’IOF. Entrambi sfoggiano con ardore la nuova divisa del G.U.D., ovvero “Gaja Unemployed Dept.”, sottotitolo “Basically we don’t have anything better to do” che la dice lunga sul fatto che ancora una volta questi ragazzi sanno in che verso prendere la faccenda e la Lipica tutta!
(la foto è presa dal sito del G.U.D. ... poi sennò Larry mi dice che i miei pezzi mancano di colore!)
Martedì si torna a correre sulla carta vicina a quella della
mia fatal-domenica, ma è la zona di fianco (al di là della strada provinciale o
cantonale o statale o come si può chiamare in Slovenia). E’ una carta
divertentissima, per dirla alla Pedrotti “se non sono segnate le pietre non
vuol dire che non ce ne sono, ma che ce ne sono appena meno che altrove”, con
un sacco di doline incastrate in un terreno sostanzialmente piatto. Compio il
mio dovere di buon samaritano tenendo nel pre-gara un corso “come farsi il
taping alle caviglie con poca spesa e massimo risultato”, prima che tutti
quanti (ragazze del Gaja comprese) passiamo alla successiva sessione di
apprendistato “10 modi diversi di indossare il gps” tenuto dalla nazionale
femminile norvegese tutta quanta schierata! Sulla gara nulla da dire: a parte
una tirata lunga su un sentierino spettacolare, morbido e piatto che consente
di evitare l’attraversamento di varie cave di pietre, il tracciato si sviluppa
tutto tra le doline e le pietre e non posso fare altro che mantenere la mia
tattica di sopravvivenza elogiando nel frattempo l’estrema concentrazione di
Peter, Paolo, Alessio detto Zzi e Marco detto CP che mi incrociano in varie occasioni
e non si accorgono minimamente della mia presenza.
Mercoledì 12 marzo, l’ultima tappa è una specie di “liberi
tutti!” e sarà ricordata non solo per il terreno di gara veloce (veloce e con
un sottobosco a tratti addirittura troppo scorrevole e morbido per essere
Slovenia), ma per le premiazioni finali che vedono premiati non solo Clizia e
Remo (ma si tratta di due professionisti), ma anche Marco detto CP che alla
prima esperienza orientistica porta a casa il bronzo in H21B (una HB che lévati…
e adesso l’unica cosa più difficile che puoi fare, caro Marco, è l’O-Ringen –
scritto così!).
Larrycette, ovvero colei che snocciola sempre “non sono una orientista… non me ne può fregare di meno… LALALALALALA…”, dopo cinque giorni di combattimento spietato tra i sassi può andare fiera della sua medaglia di bronzo in D21B visto e considerato che i suoi percorsi, in alcune regioni cardine del movimento orientistico italiano – escludo quindi la Lombardia –, sarebbero stati almeno da DAK se non da DAtoutcourt.
Larrycette, ovvero colei che snocciola sempre “non sono una orientista… non me ne può fregare di meno… LALALALALALA…”, dopo cinque giorni di combattimento spietato tra i sassi può andare fiera della sua medaglia di bronzo in D21B visto e considerato che i suoi percorsi, in alcune regioni cardine del movimento orientistico italiano – escludo quindi la Lombardia –, sarebbero stati almeno da DAK se non da DAtoutcourt.
Io devo accontentarmi di tornare a casa con la mia pellaccia (lo spetsnaz sloveno non ha fatto altro che tenermi d’occhio a tutte le partenze, ed ero io che dovevo andare a dirgli al traguardo “guarda che sono tornato anche questa volta”… segue suo sospirone di sollievo) e, purtroppo, di riportare a casa anche l’influenza ed il virus che non sono riuscito a seminare tra le doline della Lipica. Mi toccherà quindi ripresentarmi a Clusone ancora un po’ “in chiesa” con la salute, e dovrò pure tenere da conto la voce perché comincia la serie di 23 appuntamenti stagionali nei quali potrei essere dietro al microfono. Ma questa è un’altra storia, cioè è la prossima storia…
Con un saluto, un ringraziamento per l’ospitalità, la
sopportazione e la condivisione dei miei germi alla famiglia LarryeZzi, al
G.U.D., al Gaja, a tutta la nazionale norvegese femminile, a DaniLuca, a MetkaKri, a
MeryMarco, a Remo, alla Regina della Bussola ed al Più Affascinante Orientista del Mondo (ma quest’ultima non è una mia definizione, ma di Larrycette!).
4 Comments:
Baschtardo
Vorrei fare una dichiarazione e una domanda.
La dichiarazione:
Posso giurare che la persona immortalata nelle immagini pubblicate non è che un'attrice che mi impersona.
La domanda:
Con tutta la krompir che girava, di cui la nazionale norvegese era solo la punta dell'iceberg, non hai trovato altri soggetti da fotografare?
Suvvia! Direi che sei sufficientemente krompirja per entrare nella fotogallery di codesto blog!
Tuttavia digitando su google images "ragazza con il dito in bocca" non sei il primo risultato...
Delusione... :(
Sono disponibili le foto del corso "10 posti dove indossare a pelle il gps"?
Post a Comment
<< Home