Once upon a time: O-Ringen 2014 (the final)
Le ultime due tappe dell’O-Ringen, dopo il giorno di
non-riposo alla Nostangica Race, rappresentano due momenti completamente
diversi per chi, come me, raschia il fondo della classifica ad ogni uscita nel
bosco. La quarta tappa è per me, in effetti, l’ultima vera tappa dell’O-Ringen;
è nella quarta tappa che quelli come me si giocano, infatti, l’unico vero
traguardo che ci è concesso di raggiungere: una posizione nella griglia di
partenza prima del gruppo di tutti coloro che, per un motivo o per un altro,
non hanno completato tutte le gare. La quinta tappa diventa una specie di kermesse,
di arrivederci ad una delle prossime edizioni, con le sue partenze in una
griglia a 15 secondi di distacco gli uni dagli altri. In effetti la quinta
tappa ha l’unico scopo di far incontrare in zona partenza coloro che si sono
divisi le posizioni di fondo classifica nelle quattro tappe precedenti: ognuno
squadra il vicino, se ne osserva la panza, lo stato atletico, l’elasticità dei
movimenti… se devo essere sincero non ne ho visto uno meno atletico di me! Se
sono, e sono comunque pochi, dietro di me in classifica, vuol dire che devono
averne combinate di veramente grosse nel bosco!
La quarta tappa ha due caratteristiche fondamentali. La
prima: viene annunciato in tutti i volantini ed in tutte le presentazioni
l’attraversamento di una zona detta “Littorina Bank”, cioè di una zona di bosco
dalla quale un paio di ere geologiche fa il Mar Baltico si è ritirato,
lasciando alle sue spalle un diluvio di massi grandi, medi e piccoli, di
cocuzzoli che si sono formati nel tempo, di piccole colline e microforme che renderanno
veramente impegnativa la gara anche di quelli più forti; una zona, quella del
“Littorina bank”, che minaccia di passare alla storia dell’O-Ringen 2014 come
quella del possibile “vaccatone da 30 minuti di errore”. La seconda: è la tappa
nella quale partiamo più tardi, nell’ultima fascia delle partenze, e ad onor
del vero siamo pure parecchio in fondo all’ultima fascia! E’ una cosa che non
mi piace mai. Un po’ di tensione me la aveva messa il mio amico Cristian
Olivestam (Vimmerby OK) che avevo incontrato nel parcheggio il primo giorno: io
partivo alle otto e mezza, lui dopo l’una; io me ne andavo a casa con calma
dopo la mia gara, mentre lui arrivava con altrettanta calma per la sua gara.
Non so… questa cosa di partire a fondo griglia nell’O-Ringen mi ha sempre
lasciato una sensazione strana. Posso capire che in una gara ci sia quello che
arriva per primo al traguardo (di solito il bambinetto della H10 che parte alle
8.30 precise, arriva alle 8.45 e risponde a monosillabi alla sua prima
intervista) e quello che arriva per ultimo, quando tutti se ne sono andati e
restano solo pochi infaticabili volontari che devono decidere se chi ancora
manca all’appello è effettivamente in gara o ha preso la strada di casa senza
avvisare nessuno. Ma il pensiero che mi accompagna è: perché devo essere io ad
arrivare per ultimo al traguardo? Non è il fatto di correre da solo nel bosco,
figuriamoci! Tra tutti gli orientisti del mondo, o almeno in Italia, credo di
essere l’unico che non può farsi questi problemi visti gli orari-speaker ai
quali prendo regolarmente il via… è proprio una sensazione di disagio: quella
di rischiare di essere colui per attendere il quale l’arena dell’O-Ringen deve
rimanere in piedi!
Nella quarta tappa questa sensazione ci mette un po’ a
sparire, ma alla fine se ne va grazie ad un paio di combinazioni fortunate. In
primo luogo il posto che troviamo per posare le nostre borse: sono tre metri
quadrati proprio nel punto dal quale si vedono sia l’arrivo che l’ultima
lanterna che una parte dell’ultima zona di bosco da attraversare, veramente
deliziosa. E che sia un posto speciale (clamorosamente libero!) lo testimonia
il fatto che proprio lì arriveranno a fare l’ultima perlustrazione tutti i più
forti: Lundanes, Alexandersson… persino LUI!
La seconda è che ad un certo punto arriva al traguardo Elisa
Lucian, sempre sorridente… vado a chiederle qualcosa sulla sua gara e lei mi fa
vedere come bisogna tenere la mappa per non perdersi nel Littorina Bank:
praticamente ad un centimetro dagli occhi! Non so perché, ma questa cosa mi fa
ridere e mi fa pensare che tutte le migliaia di persone che stanno arrivando
all’ultimo punto hanno affrontato le stesse difficoltà che avrò io nel giro di
qualche decina di minuti e… che cosa hanno loro che io non ho? Nulla (forse un
po’ più di autostima). E che problema ho io che loro non hanno? Nessuno (forse
solo la Nostalgica Race nelle gambe). E allora che Littorina Bank sia, e che la
gara cominci!
A conti fatti, nulla di tutto ciò che faccio nella quarta
tappa si dimostra più difficile di una normale gara di orienteering: entro
molto piano nel Littorina Bank per il primo punto (che altri cercheranno per 20
minuti) e basta seguire con calma i cocuzzoli ed i massi per arrivare alla
prima lanterna. Un piccolo svarione dentro il cerchietto per il terzo punto, ed
uno appena più marcato al quarto punto per il quale alla fine decido di
appoggiarmi all’area vietata, marcata dalle strisce gialle sul terreno in modo
davvero preciso. Per il quinto punto mi faccio portare da una D18 che viaggia
sulle rocce lisce e piatte ad una velocità altrimenti non praticabile dal
sottoscritto… ed anche il Littorina Bank è alle spalle. Fisicamente è un po’
penosa la risalita al sesto punto, con attraversamento di un’altra area di
rognoso disbosco nel quale manco tutte le tracce di chi è già passato finendo
per fare il doppio della fatica. Dal settimo punto in poi si va a caccia delle
lanterne e dei bicchierini del ristoro… come quello dopo l’ottavo punto, al
quale arrivo da solo ed ho a disposizione tanta di quell’acqua da farmi persino
una doccetta rinfrescante: i vecchiardi del ristoro, che probabilmente da un
paio d’ore non assistono a nulla di memorabile, fanno una specie di catena
umana per portarmi tutta l’acqua possibile senza che io debba spostarmi! Da
quel punto fino al traguardo il bosco è bellissimo, con una visibilità stile
“Bedolpian Mille Pini” o Barricata (prima della grandine). Riesco a combinare
un mezzo pasticcetto alla 10 ma dopo pochi minuti sono al traguardo a fare la
mia bella volata solitaria. Si, ok, non ci sono più gli speaker e metà delle
stazioni di arrivo le hanno già portate via… ma per dirla alla Walter Peraro
“anche stavolta sono andato ad affrontare il bosco, e se non ho vinto io, non
ha vinto nemmeno lui!”.
Rimane l’ultima tappa che, come ebbi già modo di scrivere in
occasione di altre O-Ringen, è un po’ quella dello sbaraccamento generale.
L’organizzazione generale dei parcheggi e soprattutto dei tempi necessari per
arrivarci salta un po’ per aria, cosa che si sarebbe potuta prevedere dato
che l’arena dell’arrivo si affaccia su
una bellissima zona del Mar Baltico che però
raggiungibile solo da una stradina molto stretta a doppio senso e con
ponticelli vari a sensi unico alternato: a conti fatti per arrivare a
parcheggiare impieghiamo ben più di un’ora più dei tempi massimi previsti, ed
io e Attilio ci troviamo quindi costretti a saltare fuori dalla macchina e a
correre come cammelli per oltre 3 chilometri, prima in salita e poi
fortunatamente in discesa, per arrivare in zona partenza un solo minuto prima
del mio start. Inutile dire che le energie e la testa, dopo tutta questa
fatica, sono completamente altrove…
Dalle mie tracce posso vedere come riesco a fare bene il
(facile) punto 1 nel quale c’è solo da salire fino al punto più alto del dosso
per arrivare al punto nascosto sotto un grande cespuglio, poi sono lento alla 2
mentre alla 3 cerco di lambire la zona vietata per evitare dislivello inutile,
finendo però per restare a lungo in una zona veramente impervia a combattere
con la vegetazione. Il pittoresco passaggio sulla vecchia ferrovia porta alla
seconda parte della gara, dove la difficoltà più grossa è trovare la 7 nel
disbosco (ma mi ci porta un trenino…) e poi venire su dalla 8 fino alla 9 in
salita a consumare le ultime energie. Il pezzo dalla 9 fino al traguardo è
veramente molto bello, anche se faccio un gran casino per arrivare alla 11 e
poi alla 13 (complice anche tutto il rumore di sottofondo del tifo che arriva
nel bosco fin dall’arena di arrivo).
Poi è solo discesa fino all’arrivo… e questa la potete
vedere nei filmati che ritraggono TG che arriva vincitore solitario, o lo si
può capire da questa foto.
Abbiamo ancora il tempo di scendere sul Mar Baltico, in una
giornata si sole bellissimo, per vedere qualche lanterna del percorso di
trail-O… le lanterne sono molto belle e sarebbe stato carino provarci, mi
chiedo solo se qualche descrizione cervellotica possa averne rovinato la
poesia!
Alla fine non resta altro da fare che cominciare a
pianificare la prossima O-Ringen, sperando di ritrovarci con un tempo come
quello visto nel 2012 e nel 2014! E di non avere un ritorno a casa così
tribolato come quello “offertoci” by Lufthansa… altrimenti vale la pena pensare
di testare un’altra compagnia aerea!
4 Comments:
Bella maglia!
Dici quella di Thierry Gueorgiou con quel punto di verde che sembra tanto "SDD Gaja sezione orienteering giovane e rispettabile società" ?
Fanno di tutto per almeno sembrare dei nostri, eh?
Ma mo non è che possiamo accettare chiunque, bisogna avere dei requisiti...
Dato che ha anche lui un blog (una parvenza: ormai il suo unico interlocutore è Marco Giovannini), e per essere alto è alto... se arriva al Gaja allora vengo anche io per la staffetta!
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