Once upon a time: Nostalgica Race at O-Ringen
... Per fortuna di oltre 22.000 partecipanti all’edizione 2014 dell’O-Ringen, arriva mercoledì e con esso anche il giorno di riposo: di ambulanze venute a soccorrere i concorrenti alle prese con i colpi di calore della terza tappa ne abbiamo viste girare fin troppe. Giorno di riposo per molti, ma non per tutti. Come infatti dicevo nella prima parte del racconto, noialtri del GOK avevamo adocchiato per tempo la minkiata… ehmmm… l’evento mondano del 2014: la Nostalgica Race!
Narra infatti la storia dell’O-Ringen che 50 anni fa nei dintorni di Asmoarp, ridente località costituita da due case, nessuna chiesa e nessun campo di calcio (e poi Per Forsberg al microfono prende per i fondelli Bertoldi e Gionghi…), si è tenuta la terza tappa della prima O-Ringen. Il non accessibilissimo sito aveva pubblicizzato quindi una speciale edizione della Nostalgica Race: una gara da tenersi nello stesso posto, sugli stessi percorsi e con LE STESSE CARTE dell’edizione di 50 anni prima. Percorsi, ovviamente, da disegnare a mano al momento della partenza (come 50 anni fa), con le lanterne messe negli stessi posti.
Proprio quel genere di cose che il GOK non si fa mai mancare!
Nei giorni precedenti la Nostalgica Race favoleggiavamo di come avrebbero potuto svolgersi le cose: la solita folla di orientisti venuti a festeggiare il 50esimo della leggendaria gara svedese, gente magari in gara con le stesse tute di 50 anni fa (o comunque con le più vecchie a disposizione), un autentico happening stile anni ’60 e, chissà?, magari anche qualche partecipante di quella famosa edizione; che se la matematica non è una opinione, 50 anni + un tot fa più o meno 70 anni se non di più… e tanto di cappello. Questo immaginavamo. A tal punto da esserci affrettati ad iscriverci subito via internet, onde evitare di perdere l’occasione causa numeri chiusi, stop alle iscrizioni o altri vincoli: 22.000 orientisti svedesi non ci avrebbero certo impedito di prendere parte alla Nostalgica Race. Questo favoleggiavamo.
Poiché Asmoarp è proprio a due passi dalla nostra cuccia di Hassleholm, ci muoviamo con calma ma arriviamo al ritrovo solo qualche minuto dopo l’orario delle prime partenze (libere) delle 10.00. E troviamo il deserto! Nel parcheggio, più grande di un campo di calcio, meno di 10 macchine: una roba da avere invidia per le promozionali lombarde! Il meeting point è all’interno di una cascina, quella della gara del 1964, e la cosa che subito ci colpisce è che un’ala della cascina è adibita ad una sorta di museo dell’orienteering: ci sono le prime carte di gara, una classifica generale originale battuta a macchina, i ritagli originali degli articoli di giornale relativi a quell’O-Ringen, un paio di punzoni modello anni ’60 con i quali (credo) era più facile punzonarsi i polpastrelli che il cartellino… la cosa più bella è una carta di gara originale con ancora disegnato il vero percorso di uno dei concorrenti! Un tipo che, quel giorno, era andato praticamente sotto la linea rossa fino al punto 7, prima di prendere una strambata a 180°… faccio un commento sul percorso ed uno dell’organizzazione (che ci fa da cicerone) mi dice che quel concorrente era in classifica nella Nostalgica Race, aveva fatto lo stesso percorso e si era divertito per non aver ripetuto lo stesso errore. Come dire: 50 anni + un tot che ne aveva nel 1964… complimenti a lui!
Se non fosse per il numero di persone veramente ridicolo, siamo a livello di pizzata tra amici, sarebbe tutto perfetto. Tutto perfetto… fino al momento in cui vado anche io nel bosco, anzi fino al momento in cui comincia la mia gara, con in mano una bella cartellina di plastica nella quale è inserita da una parte la carta di gara originale, e dall’altra la carta di gara come appare al rilievo 2014. Questa seconda carta di gara me la danno “per la mia incolumità”, ed è per l’appunto quando entro nel bosco che capisco il significato di questa frase.
Capitemi: prendete l’immagine di un bosco delle vostre parti, uno che conoscete. Se avete più di 50 anni, andate con la memoria indietro di mezzo secolo; se siete più giovani, andate indietro più che potete. Io provo a fare questo esercizio con il bosco di Coredo e Tavon, e devo ammettere che grossi cambiamenti non ce ne sono stati: i sentieri principali sono ancora lì! Certo, quando ero bambino non c’erano il campo di calcio e quello di basket nel bosco, ma la pineta più o meno è sempre quella… però sto parlando di un bosco che già 40 anni fa era abbastanza antropizzato, e che non ha subito tante modifiche. Ma proviamo a pensare ad una foresta svedese al limitare di un paese di due case, in una nazione nella quale la percentuale di foreste antropizzate è ridicola… negli ultimi 50 anni, li dentro ci è andato solo qualche taglialegna per operare qualche disbosco ed una squadra di operai per costruirci (lo scoprirò presto) una pista da motocross. Per il resto, ha fatto tutto la natura incontaminata! Ecco quindi che lungo il percorso, lo stesso di 50 anni addietro con le lanterne piazzate nello stesso posto, “là dove c’era l’erba, ora c’èeeee…” un mare di ortiche alte due metri, oppure un disbosco dove gli alberi (sempre per dirla con Attilio) “li hanno tirati giù con le bombe”, una palude grande come piazza del Duomo… insomma: forse le curve di livello sono le uniche cose che potrebbero tornare, peccato però che le carte del 1964 fossero in scala 1:25.000! E chi ci ha mai corso su una scala simile? Io si, una volta: però al Lavarone, e la carta di gara me la aveva data Alfredo Sartori in persona, ed era una carta AGGIORNATA!
Per farla un po’ più breve di come la sto facendo finora: se mai a Platak e Kastav ho pronunciato la frase “se mi davate la carta del posto dove corriamo, era meglio”, alla Nostalgica Race devo ammettere che la carta del 1964 mi è utile più o meno quanto una forchetta per affrontare un coccodrillo! Le uniche cose alle quali posso affidarmi sono la bussola e la percezione della distanza… con un primo punto che dista circa due chilometri! Due minuti prima di me, sul mio stesso percorso “C” (ma chi cavolo ha corso in “A” ed in “B”… Superman e Batman???), parte un tizio di Hong Kong: che il Cielo abbia pietà di lui! Lo trovo 100 metri dopo la partenza, fermo e con i piedi a mollo nel primo fiumiciattolo, che si guarda in giro pensoso… sarà tornato a casa o lo staranno ancora cercando? Un minuto dopo di me parte uno svedese che è il sosia biondo di Bruno Cabrerizio (un nome che non dovrebbe sfuggire alle innumerevoli lettrici del mio blog) ed anche lui, come me e tutti quanti gli altri, sembra affidarsi diligentemente alla sola carta modello-1964.
Avanzo nella foresta ed incontro muretti di pietre ormai crollati che non sono segnati in carta, massi che non sono segnati, avvallamenti troppo piccoli per comparire s una scala 1:25.000. Incrocio un sentiero poderale parimenti non segnato e, dopo una eternità di circa 25 minuti, penso di essere arrivato in zona punto. Ovviamente è solo una sensazione, non suffragata da null’altro che non sia “due chilometri nella direzione della bussola li avrò fatti!”. Attorno a me un oceano di alberi. 50 metri alla mia destra, il Bruno Cabrerizio svedese sta guardando pensoso la carta e si sta ponendo i miei stessi dubbi. Il tizio di Hong Kong probabilmente è ancora a mollo come Franco Cerri… è giunto il momento di sfoderare, ma solo “per la mia incolumità”, l’arma segreta ovvero la carta di gara attuale, anche perché sono a 20 metri da una piattaforma in legno che sulla carta aggiornata dovrebbe essere segnata. Così è: sono a 50 metri dal punto (punto 38), un po’ spostato dalla linea giusta, per condizioni di gara e strumenti a disposizione, nettamente la migliore lanterna di tutta l’O-Ringen. Il fotomodello probabilmente ha avuto la stessa pensata, ma è stato più veloce di me (ed era più vicino di me al punto) e se ne sta già allontanando.
Se il primo punto è andato tutto sommato bene, per il secondo punto va tutto storto. Esso si trova, infatti, nella stessa posizione di 50 anni prima, ma attorno ci hanno fatto un disbosco terrificante, il più terrificante di tutta l’O-Ringen. Il punto è inavvicinabile se non a prezzo di parecchi graffi, parecchie cadute (anche sui sassi) e parecchie saracche… A tre quarti di quel disbosco, nel quale sono entrato perché banalmente sta sotto la linea di azimut che devo seguire, giro la carta sul lato aggiornato e scopro che a poche decine di metri da me ci sono un bel boschetto ed anche un sentiero.. e li le saracche si sono fatte più pesanti! Arrivo al punto 39 insieme al modello svedese ma da lì in poi ci dividiamo.
Il punto 3 (40) è ancora fattibile come pure il 4 (42) perché la casetta nel giallino esisteva già nel 1964 ed era segnata. Lì però considero conclusa l’impresa: sono passati già 70 minuti dalla mia partenza, e da qualche minuto sento distintamente e sempre più forti i rumori delle moto che gareggiano sulla pista da cross che si trova proprio sulla linea diretta che congiunge il punto 4 ed il punto 5 (43): non potrei fare azimut (per un attimo mi sfiora l’idea di passare sulla pista da motocross proprio tra i concorrenti), e di conseguenza non vorrei rischiare di perdermi di brutto in quella foresta. Allo stesso modo, non mi sfiora nemmeno l’idea di rifare un tuffo nel passato tra la 5 e la 6 (punto 50), perché il disbosco mi succhia le ultime energie e nella zona sassosa a sud della 6 non ci farei una gara di orienteering nemmeno nel 2014! (finisco per le terre non meno di 6-7 volte). L’ultimo sussulto di orgoglio per andare al traguardo, orgoglio che pago attraversando una palude nel verde 1, non segnata neppure nella carta aggiornata, con il traguardo ostentatamente a vista in mezzo ad un prato, mentre alcuni concorrenti ci arrivano direttamente dal sentiero (non segnato sulla carta del 1964).
Al traguardo, sfinito mentre mi scolo mezza tanica di acqua, si svolge un dialogo tra i più surreali:
"Ciao! da dove vieni?"
"Dall’Italia, da Milano"
"Ah! Che bello che sei qui!... Perché sul tuo cartellino c’è scritto che la tua società è AGET Lugano?"
"Perché l’O-Ringen la corro con la mia squadra di Milano, ma per questa gara mi sono iscritto con la mia squadra svizzera"
"Ah! Allora sei svizzero!"
"No, sono di Milano, sono italiano"
"Ma sulla tua maglia c’è la bandiera della Svizzera"
"Si, perché ho fatto la gara iscrivendomi con una squadra di Lugano"
"Ma Lugano è in Italia o in Svizzera?"
"Lugano è in Svizzera, ma io sono italiano"
"E perché un italiano gareggia con una squadra svizzera?"
"Guarda... potevo iscrivermi anche come sloveno o come norvegese"
A questo punto la cosa è diventata troppo complicata per quelle anime semplici.
"Ah... ma in Svizzera le avete gare come queste?" (evidente tentativo di cambiare discorso)
"Non lo so, non sono svizzero e non gareggio per l’AGET da così tanto tempo... non so nemmeno se c’era l’orienteering 50 anni fa in Svizzera!"
"Ma se non sei svizzero perché c’è la bandiera svizzera sulla maglia?" (arridaglie! Ma questo è uno che non aveva partecipato alla discussione di prima!"
“Sono svizzero! Vivo a Milano ma sono svizzero!”
E questo sembra averli fatti contenti: le poche certezze che avevano erano tornate al loro posto!
Nostalgica Race. Tutto sommato una bella esperienza: fatta, timbrata, “io c’ero”, quinto posto in classifica finale (89 minuti), eccetera… ma per dirla con PLab “questo posto non l’avrei cartografato nemmeno nel 2014!”. Forse gli altri 22.000 che non si sono fatti vivi nei dintorni di Asmoarp lo avevano capito prima.
Per i soli finali: il modello svedese arriva durante lo show italo-svizzero-svedese descritto sopra, ma ha tutti i miei complimenti perché ha fatto anche le tratte 4-5-6 con la carta originale.
Il tizio di Hong Kong pare lo stiano ancora cercando…
3 Comments:
Il glottologo che è in me (perché l'ho mangiato) non può fare a meno di pensare che il toponimo svedese Hassleholm abbia una forte familiarità con il vocabolo inglese Asshole.
… Ovviamente io non ho la minima idea di chi sia Bruno Cabrerizio, ma non può essere più fico di te...
Se continuavi la discussione ne usciva che tu avevi tracciato 50 anni fa e che lui era arrivato da Lugano e correva con la maglia della UL.
Hai fatto bene a dirgli che sei Svizzero. Mi hai ricordato Troisi quando ha finalmente ammesso che un napoletano che va a farsi un giro al nord è evidentemente un emigrante.
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