Garette Estive. Capitolo 3: O-Ringen (il gran finale)
La quarta tappa, come tutti sanno ed io lo so fin dal
lontano 2004 (la mia prima O-Ringen) è la tappa più dura di tutte. E’ la tappa middle
distance, la tappa bingo, la tappa nella quale l’orienteering come lo
conosciamo assume significati nuovi, la tappa nella quale tutto può succedere…
persino che l’impiegato panzottello si classifichi (come accadde nel 2004) nei
primi cento della classifica. Quella del 2015 sarà ricordata come però la
“tappa Luder”, giacché non sfugge quasi a nessuno che proprio in questa tappa
la 20 volte campionessa del mondo arriva al traguardo in trentesima posizione,
complici due “tonnate” (nemmeno consecutive) da ultimo parziale tra tutte le concorrenti
in gara; una posizione che soltanto il suo biografo personale ci saprà dire se si
è mai verificata prima, fin dai tempi nei quali la Regina di Svizzera correva ancora
nella D10!
La carta di gara sulla quale Luder va a gambe all’aria, e di
fatto perde l’O-Ringen, è la seguente: il solito meraviglioso tripudio di
rocce, roccette e paludi, movimenti del terreno indistinguibili o quasi l’uno
dall’altro, il tutto a due passi da casa:
Dal divano di casa i soliti commentatori diranno “eh! ma ci sono i sentieri!” oppure “eh! ma ci sono le paludi da seguire!” o
ancora “eh! ma come si fa a confondere
quella collina con quell’altra?”.
Io, che ero li dentro a sacramentare, rispondo: “eh! ti mando a casa Simone Luder che te lo
spiega lei a calcioni del didietro!”. Proprio così: ci sono i sentieri che
talvolta si possono seguire fino a 100 metri dal punto, ci sono le paludi che
portano fino a 50 metri dal punto… solo che poi in quei 100 metri o 50 metri
c’è un frattale di movimenti del terreno che nemmeno Mandelbrot si sarebbe sognato,
ognuno di quali con la sua bella lanterna! Ma andiamo con ordine.
Il mio desiderio è quello di fare una bella gara; sarebbe
meraviglioso terminare sotto l’ora di gara e so che, in una gara senza errori,
ce la potrei fare. Parto deciso, arrivo al triangolo di partenza e con poca
sorpresa capisco immediatamente che il bosco bianco e piatto che dovrebbe
pararsi davanti a me è abbastanza movimentato e pure “poco bianco”. Per non
saper né leggere né scrivere decido di sbarcare sul sentiero, per arrivare alla
collinetta dal punto più vicino. Ottima idea, pessima realizzazione! Arrivo sul
sentiero, abbasso gli occhi solo un attimo per controllare la carta, inciampo
in una canaletta di scolo e rovìno al suolo: gomito spatassàto, carta strappata
e involucro di plastica lacerato nel quale è entrata una palata di mezzo chilo
di fango. Passo il minuto successivo a mandare affanc… la canaletta, la
plastica, il fango, la gara middle e riparto un po’ scombussolato per la botta,
e tutto sommato il punto non è sbagliabile. Il mio scombussolamento prosegue
anche per andare al secondo punto, che trovo solo grazie all’evidente sentiero
a semicerchio che quasi lo circonda.
Per andare alla 3, il fango e la carta strappata non mi
consentono di vedere altro che la linea magenta attraverso la palude; ci
sarebbe anche una evidente area vietata a limitare la possibilità di errore, ma
quando arrivo in zona punto il mio cervello manda un solo segnale “vai avanti
che prima o poi capirai dove ti trovi”. Nonostante l’omino del cervello in
sottofondo cerchi di segnalare che all’O-Ringen questa tattica è completamente
perdente, proseguo imperterrito e, nonostante le curve di livello, nonostante l’area
che dovrei perlustrate attorno a me sia di dimensioni abbastanza limitate e ci
siano colline, radure e tagli di bosco per aiutare a ricollocarmi, tutto ciò
che riesco a fare non è difforme da ciò che fanno i protagonisti di questo fantastico
video che O-Ringen TV pubblica a compendio della tappa stessa. Per la cronaca,
la prima tonnata di Simone Luder
avviene nella stessa area…
5 minuti netti di errore, e tralascio di affidare alle
cronache quello che faccio per ricollocarmi ed arrivare finalmente al punto.
Riparto inferocito verso la 4, supero il sentiero ed arrivo dritto al sasso che
sta sulla linea tra la 6 e la 7. Da lì è un attivo trovare il punto perdere
di nuovo la strada! Arrivo infatti sul naso ad est del mio cerchietto, ma per
fortuna il numero di persone che percorrono avanti e indietro la tratta tra il
punto dove mi trovo io (e dove c’è un’altra lanterna) e quello dove dovrei
arrivare è pari alla folla che c'è alle casse dell’Esselunga al sabato
pomeriggio prima del Natale. 5-6-7, se il nume tutelare degli orientisti vuole
(ed un po’ di circospezione aiuta…) vanno via abbastanza lisci, ma per andare
alla 8 io e la signora Luder facciamo la seconda tonnata di giornata: si potrebbero seguire gli isolotti, ci sarebbe
una palude grande come una casa da tenere sulla destra… invece niente! Due
colline con una sella enorme in mezzo… il vuoto più assoluto!
Decido mestamente di arrivare alla strada ed al ristoro per
rifare il punto, magari troverà il punto 9 se sono fortunato, ed
improvvisamente nel frattale di Mandelbrot attorno a me compare una lanterna:
300. E’ la mia. La 9 non è lontana e… guarda un po’ chi sta passando? Anne
Hausken!... magari se sono fortunato mi ci porta lei! Provo a seguirla per le
poche decine di metri che separano i due punti ed infatti lei punta dritto al
sasso dietro al quale dovrebbe esserci il mio punto, ma ad una ventina di metri
dal sasso… “Ehi! Perché si butta a destra?”. Resto a guardarla mentre va a
vedere dietro uno degli N sassi a bordo cerchietto, dove non c’è nulla, finché
non la vedo tornare indietro e punzonare il mio punto. Vabbé, però questa ha
vinto dei mondiali ed io no.
Da lì in poi, Luder non sbaglia più niente, e quindi chi
sono io per mettermi a fare delle altre cappellate? Alla 10 è inutile anche
solo pensare di infilarsi nella zona dei sassi, 11 e 12 sono abbastanza
evidenti e bisogna stare solo attenti a non affogare sul passaggio obbligato nella
palude (che dopo 10.000 persone è largo e profondo quanto il Ticino) per
ritornare come il giorno precedente nella zona di arrivo, schivando veci e
putéi ma soprattutto districandosi tra le miriadi di lanterne posate in questa
zona: dal punto di attacco per la 14 ne vedevo 4!
La quinta tappa, come sanno bene gli organizzatori, è la più
dura. Lo è perché è un po’ la tappa dello sciallo,
quella nella quale i primi in classifica lottano per la vittoria e quelli come
me… beh! Partiamo in una griglia a 15 secondi gli uni dagli altri e possiamo solo
misurarci le panze ! 15 secondi sono davvero una inezia, ora che uno prende una
mappa, la gira, cerca il triangolo di partenza e si mette in moto. Per fare un
esempio, Moritz Etter che è cento volte più bravo di me, e che mi ha sempre
battuto, sta 20 posizioni in classifica prima di me ma sono solo 5 minuti di
griglia di partenza. Ma, come dicevo, la tappa è dura soprattutto per gli
organizzatori, perché è dalla quinta tappa dell’O-Ringen 2014 che negli occhi
degli orientisti c’è spazio per poco più che questo:
Il finale incredibile della quinta tappa dell’O-Ringen 2014.
Il Paradiso all’improvviso. Uscire dal bosco scuro (un bel bosco, ma con le
fronde degli alberi talmente fitte da essere buio) e trovarsi improvvisamente
di fronte la discesa, migliaia di persone, il Mar Baltico sullo sfondo azzurro
che più azzurro non si può e si confonde con il cielo…
Non è un caso se sul sito ufficiale dell’O-Ringen
campeggiano in bella mostra proprio le foto prese da quel particolare punto di
vista; non è un caso se il video di quella tappa del 2014 mostra un Thierry
Gueorgiou che vola (ad una velocità che lévati) giù da quella discesa in posa
da statua del Cristo Redentore sul Corcovado di Rio de Janeiro
Come fare per poter rivaleggiare con questa meraviglia delle
meraviglie? Gli organizzatori del 2015 sanno di poter offrire poco di simile,
ma pensa che ti ripensa devono aver trovato un’altra soluzione, ed assicuro che
anch’essa vale il prezzo dell’iscrizione. La soluzione è questa:
Arrivo nell’arena di Boras. Campo di calcio in erba
sintetica con tribune a spiovere sul campo, e mai non meno di 10.000 persone ad
accogliere urlando i tifando i concorrenti che vengono sputati fuori dal bosco.
Si, ok, per arrivare fino all’arena sportiva di Boras bisogna fare qualche
centinaio di metri di “corri mona!”, ma garantisco che il brivido che ho
provato quando finalmente anche io sono entrato nell’arena, sentendo il vociare
di migliaia di persone in quello spazio ristretto (persone che stavano tifando
ognuna per qualcuno di specifico, non certo per me, ma il rumore non è qualcosa
di cui ci si possa prendere ognuno il proprio pezzetto…) è stata una cosa da
pelle d’oca!
La carta della quinta tappa è questa cosetta qui, che sarebbe a poche decine di metri dalle
abitazioni di Boras:
Tralascerò il racconto punto per punto. Alla 1 prendo i due
tizi che sono partiti davanti a me, alla 2 raggiungo Moritz Etter ma vengo
raggiunto da Marcello Baroni che mi partiva dietro di 3 minuti, al terzo punto pascoliamo per qualche minuto tutti insieme e poi il ventaglio di concorrenti
si apre (alla fine Moritz sarà davanti a me in classifica, ed io davanti a
Marcello). Consumo le ultime energie importanti andando a prendere la curva del
sentiero grosso nella tratta 5-6; la palude davanti alla 8 e quella che
attraverso per andare ai ristori prima della 9 non fanno più nemmeno paura dopo
le lezioni di paludismo applicato di questi giorni. Alla 11 mi portano i
sentieri, alla 12 il recinto, alla 13 le tracce, alla 14… no! La 14 la cànno
proprio di brutto (due minuti), ma basterebbe accendere il cervello e
controllare dove comincia il prato per trovarla. Poi è, come detto, un “corri,
mona” fino al fantastico arrivo nell’arena di Boras.
Dopo la volata finale, la meravigliosa O-Ringen 2015 è proprio
finita. Il piccolo gruppo di milanesi non dovrebbe fare altro che rilassarsi
sul prato di erba sintetica e sbirciare attorno se le ragazze australiane
indossano i mini-short della misura regolamentare (d’altra parte i posti dove
metterci li scegliamo strategicamente…). Invece dobbiamo guardarci negli occhi
gli uni con gli altri ed ammettere solo la semplice realtà:
L’O-RINGEN E’ FINITA MA NOI SIAMO ARRIVATI SOLO A META’ STRADA!
(… continua…)
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