Vuoto
Quando
guardi il mondo con gli occhi di un bambino, l'eroe di cui vuoi imitare le
imprese è tuo padre. Così è stato per me. Mio padre non era una persona di
quelli "... guarda invece che scienziati, che dottori, che avvocati, che
folla di ministri e deputati". Era un lavoratore onesto, instancabile, di
quelli che hanno visto la guerra da bambino e che si era rimboccato le maniche
prestissimo per aiutare la famiglia a mantenersi dignitosamente, poi per farsi
strada nella vita, poi per costruire la propria famiglia attorno ad un piccolo
negozio di generi alimentari, di quelli che ormai sono stati soppiantati dai
supermercati, dagli ipermercati, dai fantamercati. Una persona come lui avrebbe
potuto costruire una famiglia solo con una donna con gli stessi valori e la
stessa dedizione al duro lavoro quotidiano. Questa è mia madre. La leggenda, ma
nemmeno tanto, di casa dice che il mio nome è "Stefano" perché il
giorno di Santo Stefano era l'unico nel quale i miei erano sicuri che il negozio
sarebbe stato chiuso... tenevano aperto anche il giorno di Natale.
Papà amava
lo sport. Tutto. Aveva giocato a pallone (non diceva mai "a calcio")
vincendo un campionato italiano militare, mi raccontava di quando da ragazzo
andava ad imparare il ping pong dai primi cinesi giunti a Milano (poi portava a
casa le coppe dei tornei amatoriali...). Ed era tanto buono e paziente, anche
se questa cosa la si sente dire di tutti quelli che se ne vanno. Lui mi ha
trasmesso l'amore per lo sport, passandomi gli inserti dei giornali che
parlavano della storia delle Olimpiadi negli anni in cui imparavo a leggere,
parlandomi dei suoi miti: nomi come quello di Peter Snell, Pekka Vasala, Kresimir Cosic o Juha
Mieto... Per via del lavoro, sempre per il lavoro, non ha avuto molte occasioni per
vedermi giocare a pallacanestro (ma ha avuto molte occasioni per trasportarmi a
scuola con una caviglia o un ginocchio rotti in partita...). Quando poi ho
cominciato a praticare l'orienteering, ero abbastanza grande per muovermi in
autonomia. Ma era sempre pronto a chiedermi come era andata la gara, e
soprattutto se mi ero divertito. Aveva capito che per me praticare
l'orienteering era soprattutto una questione di divertimento, mentre la
pallacanestro soprattutto negli ultimi tempi era diventata una specie di
incubo. ad occhi aperti. Era orgoglioso di me, di quello che faccio, non solo
nel lavoro ma anche nello sport, e gli piaceva sapere che avevo trovato una
dimensione anche come speaker, lui che di sera a Tavon spesso allietava le
serate in gruppo cantando o raccontando qualche barzelletta o qualche storia.
Ed io ero felice che lui fosse felice per me.
I quattro
respiri con i quali se ne è andato venerdì scorso, mentre ero seduto al suo
fianco e cercavo di parlargli e dirgli ancora una volta che era il più grande
papà del mondo, sono arrivati alla fine di un incubo terribile di 28 giorni, dopo
che la malattia aveva cercato di portarselo via una prima volta a novembre
2015.
Ora ci vorrà
un po' per riaprire la pagina del tempo che scorre. E fermare le lacrime che sono partite anche
pochi minuti fa, quando è suonato il campanello di casa e per un singolo istante la
mia mente ha pensato che era l’annuncio del rientro a casa di papà.
Mia madre è rimasta stupita nello scoprire quante persone mi hanno scritto parole di affetto nelle
ultime ore. A tutti coloro che mi sono vicini vorrei dire che non sono state
solo parole: sono stati momenti di luce nei giorni più brutti che io abbia mai
vissuto. Quindi grazie a tutti, dal profondo del mio cuore.
Tornerò nei
boschi, tornerò a scrivere il blog. Spero che non mi sentirò in colpa per la
voglia di tornare a sorridere, scherzare e parlare con leggerezza, o almeno di
provarci. La ragione in fondo è molto semplice: me lo chiederebbe mio padre.
Stefano
4 Comments:
Sabato a Marostica, quando sotto la pioggia sentivo uno speaker che non eri tu, avevo intuito. Condivido il tuo e vostro momento. E anche qualche lacrima che, per via delle emozioni che sai suscitare con le tue parole, m'hai fatto sgorgare. Come se tuo papà fosse stato un po' anche mio. Un abbraccio. Mariano
Stefano, potrei farti le condoglianze, ma sarei banale...voglio ringraziarti per la delicatezza e la dolcezza delle parole che hai saputo scrivere in un momento così triste della tua vita. Leggendole mi sono reso conto che come figlio vorrei essere in grado di esprimere gli stessi tuoi sentimenti a mio padre; come padre vorrei aver la fortuna di lasciare ai miei figli lo stesso senso di riconoscenza e di amore che tuo padre ha saputo infondere a te. Ti siamo vicini, torna presto a farci sorridere e con noi sorriderà anche tuo padre. Un orientista triste.
La vita e la morte sono un grande mistero. Non ci resta che ringraziare di avere avuto vicino persone importanti che ci hanno accompagnato per una parte del nostro percorso e cercare di essere altrettanto importanti, noi stessi, per gli altri.
Per esperienza, so che il dolore si trasformerà in una sorta di nostalgia e quando ti sembrerà di vedere la figura di tuo papà in qualche passante, e penserai ecco papà, un sorriso ti illuminerà il volto. Un abbraccio Michele.
Stefano, ti mando le mie sincere condoglianze.
Ti auguro tanti bei ricordi e pensieri di tuo papà - e sono sicuro che sarà lui a farti tornare a sorridere.
Un caro saluto, Dietmar
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