I’m not Superman… (con sorpresa finale)
Io non sono Superman, anzi: negli ultimi tempi mi sono
scoperto vulnerabile come mai prima. Ma ho una cosa in comune con Superman:
così come l’uomo d’acciaio aveva la sua Fortezza della Solitudine dove
riposarsi e dove custodire gli oggetti a lui più cari, anche io ho una mia
Fortezza nella quale riesco a rimettere insieme ricordi e pensieri, scacciare
le ansie e riprendere slancio per proseguire il cammino. Superman, con un certo qual snobismo, non si
accontenta di un luogo meno peculiare del Polo Nord per ubicare la sua
fortezza. Io, più modestamente, mi accontento di un piccolo paesino della Val
di Non al quale si arriva percorrendo una unica strada senza altre uscite:
Tavon.
Casa.
Qui ci sono i ricordi, ci sono alcuni “what if…” della mia
vita passata, ci sono cose belle di quando ero bambino e cose molto meno belle
di quando ero ugualmente bambino. Non c’è un solo mattone, metro di strada,
finestra che non mi ricordi qualcosa, anche se l’urbanizzazione della provinciale
tra Coredo e Tavon non me la sarei mai immaginata quando, da bambino, andavo a
giocare nei campi di papaveri a bordo
strada con le mie amiche Claudia e Luciana.
Non c’è un altro posto nel quale preferirei trovarmi quando
ho bisogno di tornare a sentirmi me stesso. Mentre torno a scrivere il blog,
posso guardare fuori dalla finestra e vedere il campanile, vedere la Forcola e
la Val di Non che digrada lentamente verso la Rocchetta e, in fondo, la
Paganella e il Bondone se la giornata è particolarmente tersa, o guardare dall’altra
parte e guardare la conca del Monte Peller che mi accompagna da quando ero
bambino. Per questo motivo sono tornato qui appena possibile, con mia madre, a
tre settimane dalla scomparsa di papà: perché volevo ritrovare me stesso e
perché sapevo che l’orienteering avrebbe potuto aiutarmi, e con il mio sport
anche tutta la famiglia allargata di amiche e amici che da lontano avevano
saputo degli ultimi eventi e che mi hanno sostenuto con messaggi, telefonate, l’affetto
mostrato in mille modi diversi e sempre con un unico obiettivo: essermi vicino.
Volevo ritrovare tutti quanti e, insieme a loro, ritrovare anche me stesso.
L’occasione propizia è venuta con il fine settimana di
Campionati italiani Sprint e Middle, e con essi la gara del venerdì sera
disputata a Mezzolombardo per il Trofeo “Carlo
e Franco”, ovvero Carlo Dorigati e Franco Casatta cui l’Orienteering
Mezzocorona dedica ogni due anni un trofeo alla loro memoria. Per me è stato un
privilegio poter essere chiamato ancora una volta a coprire il ruolo di speaker;
immaginavo che non sarebbe stata “una
volta come tutte le altre” perché la mia mente ed il mio cuore ancora
adesso reagiscono in modo imprevisto ai ricordi ed alle emozioni. Mi sono
preparato mentalmente venerdì mattina, girando per conto mio per Tavon e Coredo
e per i boschi della mia infanzia, andando a cercare con la memoria i ricordi
di mio papà ed i miei personali.
Casa. La mia Fortezza della Solitudine.
Quando mi sono sentito pronto, ho imbarcato a bordo dell’auto
mia madre e sono sceso a Mezzolombardo. Era il momento di ricominciare a far
girare anche questo ingranaggio della ruota (un ingranaggio che gira da 25
anni). Ingranaggio della ruota… la ruota della vita che
ricomincia a girare… mi sentivo tutto imbottito di una certa “retorica dell’assimilazione del lutto”.
Poi è arrivato papà
Pezzé. A lui devo
ancora una birra per aver reso possibile, con una sola frase di incitamento
alcuni anni fa, il completamento dell’ultima Orienteering Marathon cui ho
partecipato. E’ andata più o meno così: dal momento che sono lo speaker, non
posso partecipare ad una gara a staffetta che prevede due soli frazionisti per
squadra e tre cambi di testimone per quattro frazioni in tutto; ma dato che
sono lo speaker e che faccio sempre le gare prima degli altri (talvolta anche
il giorno prima…), ho proposto di correre da solo tutte e quattro le frazioni
della gara di Mezzolombardo (nella classifica la mia squadra vede come
componente femminile una certa SHAron D. OWen, ovvero la mia ombra femminile
che per una volta è scesa dall’Aventino ed è venuta a darmi una mano). Primo
giro: mi sentivo bello vispo e pimpante, d’altronde corro quasi in casa; le
gambe girano bene e mi sento persino atletico e ginnico!
Primo cambio per il secondo giro: quando affronto la prima
salita, le gambe mandano un messaggio chiaro “Pistola! Devi fare tutti i
quattro giri da solo! Gli altri partiranno più freschi o si riposeranno tra un
giro e l’altro… rallenta!” e ho rallentato. Secondo cambio e inizio del terzo
giro: sfiga. Rispetto al changeover precedente, sono arrivati un bel po’ di
concorrenti che mi vedono passare ansante e paonazzo come una barbabietola o
una cipolla di Tropea. Tra questi papà Pezzé. Vorrei cercare di fare bella
figura ma… insomma… faccio quello che posso! Terzo cambio e inizio del quarto
giro: passo di fianco al gruppo del Gronlait e sento distintamente la voce di
papà Pezzé “Ma pensi di essere sulla
ruota del criceto?!?”. Il concetto di ruota non è mai stato esposto più
chiaramente e più efficacemente come da Roberto in un caldo pomeriggio di
Mezzolombardo: ho affrontato i gradini all’inizio del quarto giro ridendo di
gusto come un matto, come non facevo da tanto tempo, e ho smesso di ridere
soltanto quando la scelta era se continuare a ridere o trovare l’aria per
finire la mia staffetta individuale.
Grazie Roberto!
La gara “vera” ha visto andare in scena una kermesse di
livello eccezionalmente alto, con le squadre che si sono date battaglia dal
primo all’ultimo metro, tutti incuranti del fatto che nei due giorni successivi
sarebbero state assegnati i titoli italiani e che qualche tossina avrebbe
potuto rimanere nelle gambe. Sono stra-sicuro che Carlo e Franco, dall’alto,
abbiano approvato.
Sabato mattina spostamento a Vigolo Vattaro per i Campionati
Italiani Sprint. Una gara sotto il solleone, prima dell’arrivo dei circa 800
concorrenti, nella quale sono andato a cercare i passaggi all’ombra per evitare
di mandare il motore (già abbondantemente sfiatato di suo) in ebollizione! Dalla
7 alla 8 vivo un autentico “Tenani-moment”
in quanto capisco che le due tratte che mi portano al cambio carta sono
talmente lunghe, ma a tratti talmente dritte, da consentirmi di studiare in
corsa la seconda parte di gara; mi sento talmente reattivo che riesco a
studiare (non a mandare a memoria, ma quasi) le tratte fino al punto 12: ovviamente poi sbaglio la 13! Ma si
tratta proprio del finale di gara, talmente veloce che mi ritrovo proiettato al
traguardo in un battibaleno. Il mio Campionato Italiano Sprint è finito e sono
pronto a dare il calcio d’inizio a quello degli altri: il commento al microfono,
a tratti fantasioso, è evidentemente condizionato dalle tre birre che mi
vengono offerte dagli organizzatori per compensare la caldazza del pomeriggio
di Vigolo Vattaro.
Premiazioni e tutti a nanna. Tutti compreso lo speaker, che
all’alba di domenica è atteso dal percorso Elite del Campionato Italiano
Middle. E finalmente posso dire di essere tornato a fare una bella gara in un Campionato
a Media Distanza! Il mio tempo è valido per una delle ultime posizioni, ok, ma
sono decisamente contento del fatto mio e, soprattutto, di aver fatto volare
tutte le lanterne della parte alta della carta, quelle che mi hanno fatto
pensare per una mezz’ora abbondante “ma posso avere tutte le lanterne messe in
questa parte di bosco?”. In una descrizione della mia gara lanterna per
lanterna “comme un Dariò Pedrottì” dovrei dire:
pusillanime alla 1 = strada, sentiero verso nord-est, al
bivio a sinistra e poi dritto al punto (detto anche “giro del fullo”)
imbarazzante alla 2: l’avvallamento alla fine l’ho trovato,
ed ero 4 curve di livello più in alto
lentissimo alla 3, cauto alla 4 e poi improvvisamente mi
sento pervaso dallo spirito di Daniel Hubmann alla 5, alla 6 (era un
avvallamento?), alla 7 in un bosco scuro ma bellissimo, alla 8 in un bosco ancora
più bello. La 9 ha il suo bel rudere a fare da sentinella, alla 10 sono Robin, alla 11 sono Batman e quando percorro
le tratte dalla 12 alla 14 sono immerso nel bosco delle fiabe e non ho un solo
pensiero negativo in circolo.
Dicono le leggende del nord che nel bosco dimorano delle
creature fantastiche che ogni tanto giocano qualche piccolo scherzo innocente
all’occasionale viandante. Qualcuno chiama queste creature folletti o elfi o
gnomi. Ma tutti quanti sappiamo che si tratta solo di leggende, no? Ecco: non
proprio. Ci sono occasioni nelle quali la spiegazione più razionale alle mie
peregrinazioni nel bosco è che ci sia in giro qualche folletto che sta cercando
di farmi fesso: sono lì con la mappa in mano, una mappa che dovrebbe spiegarmi
tutto per filo e per segno… “lì c’è il verde, lì c’è la salita, lì
spiana…” e l’unica spiegazione davvero razionale che mi passa per la
testa è che ci sono in giro i folletti. Probabilmente è anche una questione di
concentrazione! Nella domenica di Sabbionare, i folletti e gli elfi sono in giro
davvero, ma sono tutti lì per darmi indicazioni di dove troverò la prossima
lanterna!
Sono in gara da ormai un’ora e mi sembra impossibile riuscire
ad identificare così bene i particolari del terreno che trovo disegnati in
mappa. Leggo tutti gli avvallamenti e le canalette ed i cambi di vegetazione, e
quando infine trovo il paletto del punto 18 più per culo che per anima (ero
salito tra le due collinette più per dare una occhiata intorno che sicuro del
fatto mio) mi dico che se avessi abbastanza tempo mi farei dare una seconda
cartina (magari la W Elite) per poter tornare nel bosco. La 19, se presa dalla
curva della strada a nord est, non è sbagliabile nemmeno bendato perché c’è un “imbuto”
(definizione by Andrea Rinaldi) che mi porta dritta al punto. Per la 20 c’è un
avvallamento\fossato che parte dalla strada e che va giù dritto al punto come
la canna di un fucile. Per la 21 si tratta “solo” di scendere e risalire dalle
voragini che si frappongono tra me e l’area di semiaperto, ed alla fine di
quell’area mi appare lo zio di tutti i cocuzzoli e so che la mia gara è finita.
Persino lo schuss finale è in leggera discesa!
Si. Ok. Le 4 ore successive di commento al microfono saranno
a tratti leggermente enfatiche e con un tono che avrebbe fatto passare Giampiero Galeazzi per il conduttore del TG1
degli anni ’70. Ma ormai si sarà capito il motivo per il quale lo speaker
va nel bosco prima degli altri: per tutte quelle quattro ore di commento ero
ancora pervaso dalla bellezza del bosco nel quale ho gareggiato dalla quarta
alla quattordicesima lanterna. E anche dallo spirito sportivo e di amicizia
delle squadre che sono venute a Mezzolombardo a ricordare Carlo e Franco.
E, si, dal fatto di essere tornato a casa. Domani mattina si parte per un’altra
avventura: Primiero Orienteering Week. Stasera sono a casa, nella mia
Fortezza della Solitudine, e mia madre legge qui seduta al tavolo di cucina le
parole che senza alcuno sforzo e senza bisogno di alcuna correzione fuoriescono
dalla tastiera. Guardo a sinistra, vedo l’orologio del campanile all’altezza
della mia finestra. Tres è sullo sfondo, la Forcola non ha il cappello di
nuvole e quindi c’è da sperare nel bel tempo.
Sono a casa. Finalmente.
*** ***
Post scriptum: oggi al Lago di Coredo ho assistito alla
quarta edizione del “Predaia Boat”, una gara sprint per i dragon boat. Ecco la
foto dello speaker e della aiutante speaker:
Non sperate di vedermi conciato così alla prossima
edizione dei Campionati Italiani Long e Staffetta al Cansiglio! Non ci sperate proprio!!! (ma dove l’hanno
trovata una co-speaker come lei?)
1 Comments:
Ma puoi almeno vestirti da aiutante-speaker. Chissà se fa la manovra a sorpresona di ortolana memoria...?
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