Stegal67 Blog

Saturday, July 22, 2017

Una storia molto complicata…

“... Ma se è come dice lei, e questo sentiero non porta da nessuna parte, lei da dove sta arrivando???”
“Signora… è una storia molto complicata…”


Per la serie: drammi in due battute, ecco la cronaca di un breve incontro su un anonimo sentiero carrabile nel bosco. Sul lato sinistro del ring, tre viandanti con accento romano e con le loro brave bacchette da Nordic Walking; sul lato destro, una specie di zombi vestito con più colori di una maschera di carnevale. Lo zombi ovviamente sono io, e in quel momento sono in una situazione un po’ particolare: sto svenendo. Lo scenario è quello del lunedì che precede il martedì il quale a sua volta segna l’inizio della Primiero Orienteering Week; ed attorno a noi c’è il bosco di San Martino di Castrozza, ed io ho da poco trovato il mio undicesimo punto di controllo, gareggiando contro i miei evidenti limiti fisici sul percorso Elite che si disputerà di lì a 5 giorni nel sabato conclusivo della Primiero Orienteering Week. Avevo detto fin da subito che questa era una storia molto complicata…
Una storia che comincia l’estate scorsa, quando comincio a vedere in giro i volantini della gara, e che prosegue poi ad inizio autunno con uno scambio di mail tra Roberto Pradel ed il sottoscritto: io sono nelle vesti dello spiritosone di turno che dice che sono ancora disponibili le iscrizioni tramite il sito della gara, e Roberto che mi dice che devo portare pazienza prima di iscrivermi in Elite, ma che comunque potrei pensare di salire a Fiera di Primiero a fare lo speaker. Quando le iscrizioni finalmente si aprono, sono ancora “caldo” dei campionati italiani di Sgonico e, memore delle parole di Roberto, mi iscrivo repentinamente nella categoria Elite, senza neppure fermarmi un attimo a riflettere sul fatto che le gare di San Martino di Castrozza e Passo Rolle sarebbero state veramente molto dure su due dei terreni più temibili delle nostre montagne (e che avrei avuto un altro anno in più sul groppone...). Soprattutto non potevo sapere in quel momento che il 2017 sarebbe stato un anno veramente difficile.


Passa solo qualche giorno dalla mia iscrizione e mi arriva una mail dal Primiero: Pierpaolo Corona ha visto la mia iscrizione e mi dice che stanno pensando di accorciare i percorsi dell’Elite per consentirmi di arrivare al traguardo in giornata. Ovviamente questa cosa, anziché ridurmi alla ragionevolezza (in fondo potrei cambiare categoria fino all’ultimo giorno ed iscrivermi in M35, M40, M45… persino M50!), mi spinge a pensare che ce la potrei fare anche questa volta. Solo “a pensare”, eh?, mai per un minuto mi è passato per la testa di allenarmi di più! Pensa che ti ripensa, ogni tanto fa capolino nella mia testa anche l’immagine della gara di Passo Rolle ai JWOC nella bufera di neve (in luglio), o quelle di San Martino d Castrozza all’Alpe Adria sotto il diluvio, sempre all’Arge Alp sotto la neve (terzo posto a staffetta con Claudia e Roberta) o ancora ai JWOC sotto il diluvio + sotto la neve. Sono immagini che fanno parte dell’epica dell’orienteering di questo secolo… e insomma! Non è che ogni volta che vado in Primiero devo trovare la furia degli elementi. O no?
Breve salto di scena ed è il momento di spiegare perché, nel pomeriggio del lunedì 3 luglio, a Primiero Orienteering Week non ancora cominciata, io sto svenendo nel bosco di San Martino di Castrozza sul sentiero che esce dal punto 11…


Arrivo a Fiera di Primiero da Coredo. E’ lunedì e sono il primo ad affacciarmi nella sede dell’US Primiero all’apertura del centro gare. Ritiro la busta, scappo a San Martino di Castrozza, scarico i bagagli di tutto il gruppo GOK, mi cambio al volo, afferro la cartina con il percorso Elite che è già stato predisposto e mi precipito nel bosco. Attraversando San Martino, incrocio qualche orientista curioso, ma mi affretto a prendere la strada della partenza: so che il mio percorso sarà molto lungo e che le ombre della sera calano in fretta, allo stesso ritmo con il quale aumenta la probabilità di incorrere in qualche temporale serale. C’è solo un piccolo problema: non solo non ho fatto colazione e non ho nemmeno pranzato, ma per dimenticanza o euforia dimentico di prendere con me il camelbak con la riserva di acqua: l’intelligenza ed il senso di responsabilità devono averle distribuite mentre io facevo la coda altrove.
(il padrone di casa del tratto di prato sopra Malga Ces)

Il primo punto della gara è facile: mi chiedo addirittura perché non posso avere qualche punto anche nella sassaia tra la partenza ed il laghetto. Il secondo punto è banale. Ma Prima di arrivare al terzo punto ho esaurito dalla mia sacca delle parole il numero di volte in cui mi sono dato del pirla da solo; intanto parecchie energie che mi dovevano bastare per tutta la gara se ne sono già andate. Alla 4 mi appoggio al piccolo corso d’acqua (anche se la sponda è molto più selvaggia di quanto mi aspettavo), ed è già il momento della tratta lunga 4-5 che mi sembra un incubo ad occhi aperti; per dirla con le parole di Max Peter Bejmer (che sarà vincitore a Tonadico) “I don’t like nightmares” e la mia scelta è quella di affrontare la montagna facendo il giro lungo da destra, andando a prendere la strada e poi il sentiero a bordo prato. Da lì è una sofferenza continua, con il tentativo di andare a fare scelte sicure - appoggiandomi ai sentieri - che cozzano con le curve di livello e gli inevitabili errori per via della fatica. Finché, sul sentiero in uscita dal punto 11, incrocio i viandanti persi che stanno cercando di arrivare a San Martino di Castrozza ma si sono persi già all’altezza di Malga Ces. Io invece ho un coccolone per la fatica ed il caldo…


Da lì l’assenza di acqua e di benzina nel motore fa diventare il tutto un piccolo calvario: faccio tante scelte il più possibile sicure, andando a fare dislivello inutile per potermi riportare sulle strade forestali appena possibile (ad esempio per andare alla 16), usando molta circospezione e dicendo tante preghiere in zona punto in tutti i 30 minuti che impiego per fare il loop dalla 17 alla 20 dove praticamente butto l’occhio dietro ad ogni pietra del bosco. Per mia fortuna l’incubo alla fine finisce, anche se la mia velocità è tale che sui punti dal 21 alla 23 vengo superato anche dalle famiglie con i passeggini. Quando schiaccio lo stop del cronometro sono passati 178 minuti dalla mia partenza, sta venendo sera, sono sfinito e non posso che augurarmi che tra coloro che frequentano il parchetto del centro sportivo a bordo strada non ci siano orientisti che mi vedono arrivare in condizioni pietose. Mi tolgo però lo sfizio di fare una telefonata al buon Sergio Nicolao:
“Sergio! Ho appena finito il percorso elite di San Martino. Maaaaaa… siete sicuri sicuri di lasciare come tempo massimo le due ore di gara?”
“No Stefano, è davvero lungo e quindi abbiamo deciso che il tempo massimo sarà di tre ore…”
“Bene! Allora sono ancora in gara!!!


Dopo una cena abbondante durante la quale avrei addentato anche le gambe del tavolo, ed una notte abbastanza tranquilla, arriva martedì mattina. Nella pianificazione ufficiale della Primiero Orienteering Week è in programma la prima tappa sprint a Transacqua. Nei miei piani, quelli che ho ipotizzato per cercare di completare tutte le tappe del percorso, bisogna alzarsi presto, puntare verso nord ed andare a fare la long di Passo Rolle. Qui mi aspetta una giornata con un sole fantastico, una partenza in discesa ed una risalita “tranquilla” (come no?) sulla malga verso il secondo punto che sarà quello ad altitudine più alta in questa settimana.


Un errore terrificante alla 3 (ancora!!!) quando praticamente scendo lungo i prati fino all’altezza del settimo punto, e poi un’altra gag al telefono con Sergio Nicolao quando arrivo davvero al punto 7 dopo un bel loop nel bosco, nonostante abbia dovuto attraversare una zona terrificante con gli alberi abbattuti tra la 3 e la 4: “Sergio scusa… ma perché al punto 47 c’è il paletto della 52 e, soprattutto, non c’è uno straccio di canaletta qui attorno?”. Sergio è una persona di gran buon cuore, ascolta la mia telefonata ansimante dal bosco con la rassegnazione di quello che si è portato a casa un matto… ed in effetti tale devo sembrare quando telefono durante la MIA gara e dico che c’è un paletto posato nel punto sbagliato (cosa che in effetti non è: quel paletto era rimasto da un allenamento nel bosco, a una decina di metri dalla canaletta e dal punto vero che troverò pochi secondi dopo!).
La 52 fa davvero parte del mio percorso (punto 8) e ci arrivo percorrendo il Sentiero dei Cacciatori. Dopo la scalata terrificante numero 1 verso la malga per andare a prendere il punto 9 dall’alto, arriva la scalata terrificante numero 2 per evitare i valloni e raggiungere il bellissimo cocuzzolo del punto 10 ancora dall’alto. Fino alla 16 vado via molto più preciso, passando al punto spettacolo della lanterna numero 15 in un’ora e 55 minuti: non posso saperlo, ma sarei soli 90 secondi dietro ad Andrea Brandolini. Dalla 16 alla 17 faccio il “giro del fullo” andando a prendere il sentiero che porta ai bellissimi laghetti di Col Bricon: il sentiero è molto frequentato e sono costretto a “darmi un tono” ogni volta che incontro qualche comitiva. Per arrivare alla 18 per fortuna c’è un sentiero che si interrompe provvidenzialmente in una palude, consentendomi di capire quando è il momento di lasciarlo, sentiero che vado a riprendere per arrivare al taglio di bosco che mi porta alla 19. Dalla 19 alla 20 vado verso sud per la linea di massima pendenza, per andare a cercare un altro sentiero, e quando (sempre “dandomi un tono” perché ci sono in giro un sacco di turisti) mi butto giù di un paio di curve di livello per arrivare ai sassoni, penso che la gara sia finalmente finita perché per trovare la 21 “basta arrivare al fiume”.


Ma non è così: il fiume non è mancabile, ma come scelta orientistica è un autentico suicidio perché nel disastro di enormi sassi che si trovano sulla sponda sud devo perdere un paio di minuti per capire dove sta la mia lanterna. Erano le ultime energie, e se ne vanno: la risalita alla 22 è penosa, e solo la forza di volontà mi fa muovere i piedi attraverso la malga verso il punto 23, il 24 e l’arrivo. Qui fermo il cronometro sui 170 minuti di gara: 8 in meno rispetto alla gara di San Martino di Castrozza, e solo 1 in più rispetto al tempo che farà tre giorni più tardi Andrea. Ma sono felice per aver finalmente domato una gara al Passo Rolle, e quando arriva il mezzogiorno di fuoco è il momento di scendere a Transacqua per affrontare la gara sprint e la prima uscita come speaker: in entrambi le situazioni mi devo limitare a fare del mio “meno peggio”, con le gambe imballatissime, le energie al lumicino ed il cervello abbastanza in panne che ancora crede di rimbalzare tra un masso e l’altro sulla carta del Rolle.


Mercoledì 5 luglio si inverte il piano di volo. Al mattino presto arrivo a Tonadico e, dopo la gara disputata tra i villaggi di Tonadico e Siror e le relative premiazioni, annuncio al pubblico la mia intenzione di spostarmi nel pomeriggio in Val Venegia per affrontare la terza ed ultima tappa (mia), quella che l’indomani mattina per tutti gli altri sarà la prima tappa middle della parte boschiva della Primiero Orienteering Week. Lo scenario che mi trovo davanti quando scendo dalla macchina in Val Venegia è questo:
Ce ne sarebbe di che stare lì a bearsi del panorama e chissenefrega dell’orienteering, ma il dovere chiama… e per fortuna! La prima parte del percorso è davvero molto scorrevole, e non sento nemmeno la salita al cocuzzolo del primo punto; le successive lanterne lungo il fiume fino al punto 6 sono in uno scenario cinematografico, con tutti gli attraversamenti del corso d’acqua gelido in punti molto facili da guadare. Nel loop tra la lanterna 8 e la 11 mi fanno compagnia una quantità di caprioli e cervi che scappano da tutte le parti, e nonostante un errore alla 9 ed un altro alla 11 mi sento perfettamente a mio agio con la carta di gara. Dopo il punto 12, ultimo attraversamento del fiume in un punto davvero profondo e con la corrente molto forte (ne esco con i piedi ghiacciati, e non solo i piedi!) ma poi continua il festival dei punti che piacciono proprio a me: mi appoggio spesso al sentiero che attraversa quella parte di bosco ma faccio anche tanto orientamento fine in zona punto. Dal cielo cominciano a rombare i tuoni, ma il rumore che sento più spesso è il tràppete tràppete dei miei piedi nel bosco: i sassi grandi come villette multifamigliari mi fanno da riferimento preciso per arrivare dritto ai punti, e l’unica cosa davvero impegnativa di tutta questa parte di percorso è la salita che porta al punto 21 e 22, e poi fino al traguardo dove arrivo in 87 minuti circa
Terminato anche il percorso in Val Venegia, il sollievo per avercela fatta si mischia al rimpianto: la mia Primiero O-Week da atleta è finita e sono riuscito a completare tutte le 5 gare in soli tre giorni. E’ stato faticoso, ma è il prezzo da pagare per poter pensare di dedicarmi con una certa tranquillità al compito di speaker, che voglio fare al mio meglio per “vendicare” le tensioni che si erano verificate ai Mondiali 2009 quando, di fatto, avevo abdicato al mio ruolo per i litigi con gli altri speaker (eravamo in troppi… non si sono mai visti 4 speaker internazionali ad una unica gara).


Sollievo quindi ma anche un po’ di invidia per coloro che nei giorni successivi avrebbero preso la strada per il bosco. Io dovrò aspettare altri due anni per tornarci; credo che nel 2019 l’US Primiero dovrà davvero mandare indietro gli iscritti con le ruspe: se riuscirà a trovare la settimana giusta, e se gli orientisti che hanno gareggiato nel 2017 racconteranno nelle lunghe notti invernali della Scandinavia cosa hanno trovato alla Primiero Orienteering Week, allora vi garantisco che tra due anni avremo un autentico pienone.
"Matthias, il tempo da battere a Passo Rolle è quello dello speaker: 2 ore e 50. Pensi di farcela con le tue due medaglie d'oro mondiali?"
"... are you kidding me?..." 


 "Samantha! Sei la storia dell'orienteering a stelle e strisce! Cosa ci fai qui a gareggiare nella categoria Open CortoooooOOOOPSSSS!!!"

2 Comments:

At 11:07 PM, Anonymous Anonymous said...

😇

 
At 5:57 PM, Blogger LARRY said...

Più inquietante di un bosco c'è solo un bosco in cui le scarpe fanno tràppete tràppete

 

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