Stegal67 Blog

Monday, March 24, 2008

Qualche anno fa il grande allenatore Phil Jackson (10 titoli con Knicks, Bulls e Lakers) commentò così una partita di playoffs dei Lakers con Indiana: “Abbiamo vinto la palla a due e segnato il primo canestro. E’ stato il punto più alto della nostra partita”. Quella volta, infatti, non gli era andata tanto bene…

Cavedine. Lunedì di Pasquetta. Prima gara regionale, e long, del calendario trentino. La macchina con a bordi i 4 “originals-GOK” arriva a destinazione dopo circa 3 ore di viaggio. Non mi sento molto in forma per affrontare il percorso M35, dopo settimane di lavoro intenso e arrabbiature e stress, ma (penso) me la sono cavata in situazioni peggiori; la griglia mi vede in sicuro possesso dell’ultimo posto, quindi non ho nulla da perdere.

Nel paesaggio innevato di Cavedine, non ho le forze per fare riscaldamento e mi limito a qualche passo di corsa per adattare i piedi alle scarpe. Quando viene in mio turno, prendo la descrizione punti e vedo che il primo punto è “buca, la più a nord”: mi avvicino alla cartina-demo e cerco di individuare il punto: non può essere nella buca vicina al triangolo di partenza, troppo vicina e troppo banale… forse quella più lontana… si, deve essere quella, con una scelta di traverso nel bianco, poi il giallo del prato, l’angolo del prato e la risalita a 45° di 3 curve verso un avvallamento ed un naso. Si, deve essere quella! Bip Bip Bip… Biiiiiiippppp. Partenza. Mi chino sulla carta e do un’occhiata: il punto è proprio quello ed io ho già la mia scelta in tasca!

Ebbene. E’ stato il punto più alto della mia partita!... pardon… della mia gara regionale.

E nemmeno quel punto ho trovato senza girare a vuoto per un paio di minuti, se non tre!!! Fermo, indiscutibilmente fermo sulle gambe, a strascicare i piedi nella neve senza riuscire a stare in equilibrio. Sono rimasto corto su tutti i punti del percorso, incapace di leggere le curve di livello, incapace di capire se la distanza percorsa sulla tratta era sufficiente a portarmi in zona punto: con la fatica nelle gambe e nelle ossa, avrei dovuto aumentare ogni volta la sensazione della distanza percorsa di un buon 30%.
Attorno a me, concorrenti assai più tonici di qualunque genere, numero e grado (come diceva la mia prof di greco). Terminato il primo loop, mi sono affidato ad un passaggio in costa tra le rocce un po’ troppo pericoloso per le mie recenti fobie, e lì se ne sono andate anche le ultime energie mentali. Mi sono trascinato avanti nella neve approfittando dell’unico momento in cui sapevo esattamente dove mi trovavo e dove stavo andando (in barba al principio di indeterminazione di Heisemberg) per dare una mano ad un GOK in difficoltà e infine sono arrivato al cambio cartina, già convinto di mollare. Speravo di poter fare tutto alla chetichella… e mi sono trovato davanti il comitato di accoglienza del Trent-O al completo!!! Andrea, Sabrina, Manuela, Friz e non m i ricordo chi altro… e Andrea Segatta in versione speaker che al microfono mi incitava a proseguire. Insomma: io la cartina del secondo giro l’ho anche presa, ma mi è bastato uno sguardo per capire che mai e poi mai avrei avuto le energie (soprattutto mentali) per terminare la prova; ho provato ad inerpicarmi sul sentiero fettucciato verso il primo punto (distante più di un chilometro) mami sono accorto che non riuscivo nemmeno a tenere la direzione. Credevo di essere su un sentiero e mi sono accorto che non stavo andando nella direzione voluta quando Michele Franco e uno dei Dallavalle brothers mi hanno sfilato a sinistra. La prospettiva di altri 90 minuti di fatica mi è sembrata improvvisamente inutile, e sono tornato alla macchina.

Devo dire che questo ritiro non mi lascia rimpianti. Il bosco non era male, il percorso era senz’altro molto bello. Non sono stato fermato dai rovi, o dai valloni, o dalle intemperie: tutti fattori che in occasione dei miei rari ritiri mi hanno sempre lasciato con l’amaro in bocca e la sensazione che avrei potuto cavare qualcosa di meglio dalle mie energie.
No, questa volta semplicemente non c’ero io. E per qualche motivo strano mi sento meno colpevole di quanto dovrei forse sentirmi…Vediamo cosa riserverà il futuro e quali piani potrò mettere in cantiere per cambiare questo andazzo.

8 Comments:

At 11:33 PM, Blogger Cosimo said...

Ti capisco perfettamente, per me 2h.17' di gara... arrivo con premiazioni già in corso con dei crampi allucinanti... qualche svarione nel bosco di non poco conto... eppure non ho alcun rimpianto :-) anzi!

 
At 6:39 AM, Anonymous Anonymous said...

Ti ho già risposto per SMS...

 
At 10:40 AM, Blogger Pierlabi said...

Condivido ogni singola parola, soprattutto le ultime.
Firmato: il secondo GOK ritirato.

 
At 12:53 PM, Anonymous Anonymous said...

In tali situazioni dovresti imparare anche tu espressioni come quelle che ti ho suggerito a proposito dell'incontro della gara precedente. Vuoi mettere il figurone nei confronti della biondona?

 
At 9:04 PM, Anonymous Anonymous said...

Ciao Stefano.Complimenti come sempre per le tue righe,sempre piacevoli da leggere,mai noiose..
Secondo me potrebbero aiutarti quelle 4/7 birre la sera prima..come hai detto te,la carica spicologica è molto importante!!

 
At 10:28 PM, Anonymous Anonymous said...

E invece magari il colpo di grazia è arrivato da quel "Casadei tirolese" che spuntava dal pulmino del MonteGiner!
Ho visto nei vari commenti che la gara ha riservato fatiche a tutti i livelli, ma la soddisfazione di arrivare al traguardo non è toccata a tutti, come è giusto (no pain, no gain).
Io mi sono un po' rifatto oggi con un po' di lavoro a tavolino, dovrebbe essere visibile domani... sono sempre più un orientista da divano :-)))

 
At 9:42 PM, Blogger Bepi Simoni said...

Certo che,
ortientista da divano: intervista a Cristine...
non so più che pensare - Stegal, mi sorprendi!!!

 
At 11:55 AM, Anonymous Anonymous said...

Orientista
Christine

 

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