Lissolo. Sembra il nome di una medicina, magari per la tosse… e io solo so quanto ne avrei bisogno in questi giorni. E invece è una delle cime (.. cime…) della Brianza. Uno di quei denti, di quei muri che vengono scalati a prezzo di dura fatica nelle gare ciclistiche professionistiche, cicloamatoriali, insomma su tutte le versioni di due ruote che riempiono le strade brianzole nei fine settimana.
Due ruote, appunto. Sabato mattina, pieno di antibiotici e di aerosol sicuramente dopanti, dopo una settimana a farmi voler male dai vicini per via di una tosse insistente, soprattutto nelle ore notturne, ho deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo: sarei andato a correre al Parco delle cave, per provare i percorsi della seconda tappa di Milano nei parchi. Camminando.
I primi due chilometri sono anche andati via lisci. Poi sulla via del terzo chilometro il mio fisico in sfacelo ha preso il sopravvento: nausea, giramenti di testa, un trapano sulla fronte che cercava di bucarmi il cervello da parte a parte… Raggiunta la macchina con difficoltà, raggiunta la casetta con più difficoltà, evitate scene irrecuperabili (come decoro e immagine) nel parcheggio condominiale, mi sono buttato sul letto del dolore a lungo, perdendomi anche Galles-Scozia!
Le premesse non erano certo le più adatte per l’impresa della domenica: la 20 km “Memorial Longoni” di Bevera di Sirtori, con le salite del suddetto Lissolo a minare muscoli e legamenti ben più allenati dei miei.
Visto che per colpa della mia influenza non ci siamo iscritti a Brinzio, ben tre quarti del GOK (più Mirella in versione accompagnatrice) si sono allineati al via ai piedi del Lissolo. Primi chilometri ad inseguire l’atleta più forte del nostro piccolo terzetto, atleta che però sulla lunga prima salita ha avuto qualche problema e ha preferito tornare all’arrivo per la via più breve. Quando si entra nel bosco, invito Attilio a passare, invece lui si attesta su una tattica ben comprensibile: vola davanti a me in discesa, facendomi vedere che può allungare come e quando gli pare, e si mantiene qualche passo indietro sulle ripide salite, probabilmente per evitare che la mia andatura prenda improvvisamente ad andare all’indietro da tanto che sono veloce (ho visto delle tartarughe sorpassarmi, ed erano pure vecchie, artritiche e col guscio!).
Al primo ristoro, in cima al salitone, proprio sotto la cima del dente del Lissolo, Attilio inizia la litania del “siamo nel punto più alto della Brianza”. Ripeterà questa frase almeno 5 volte. Ogni volta io mi guardo intorno e vedo la fila dei concorrenti procedere su qualche altura lontana, sicuramente ad una quota più alta della nostra! Rifocillati rapidamente, si imbocca la discesa che porta al bivio della salvezza: da un lato il percorso dei 13 km, dall’altro quello dei 20 km. Ristori e discesa hanno un effetto deleterio: i muscoli sono rinfrancati e ci si butta con allegra prosopopea sul percorso dei 20 km; un km più in là, la salitazza di Perego mi fa capire che non sempre la prima decisione è quella buona.
Si prosegue tra salite (lunghe e faticose, anche sconnesse, anche molto sconnesse, anche a gradoni ed assi di legno) e discese (ripidissime, impossibile approfittarne per recuperare dalla fatica). Secondo ristoro e altra scena “Siamo nel punto più alto ecc.ecc.”. Mi volto e vedo alcuni concorrenti collinare molto più in quota… Rapida discesa e si ricomincia a salire, a salire, a salire, finché ad una curva mi giro a sinistra e dico “Ma stiamo scherzando???”: è la “Piramide”, un cocuzzolo terroso con una pendenza assurda, con un sentierino sconnesso, che affronto piegato in due a guardarmi le stringhe delle scarpe e continuando a caricare sull’ipod “Let the sunshine in” a darmi un po’ di carica. Sulla cima, troviamo alcuni concorrenti arrivati prima di noi che prendono fiato, si stretchano, sospirano…
Le salite purtroppo non sono finite: un lungo falsopiano ci riporta indietro prima di una ennesima dura salita su asfalto (e qui sento qualcuno che smoccola a parole vivaci…). Su questa salita perdo di vista Attilio, convinto che sia davanti a me: è la salita che porta al “Tetto brianzolo” (noto ristorante panoramico) e mi aspetto che Attilio sia là a dirmi le immortali parole “Siamo sul punto più alto…” al che sarebbe sicuramente partito il mio “Mavaff….!!!”.
A questo punto i km sono 17 e da qualche parte bisognerà pur cominciare a scendere verso l’arrivo. Infatti la salita è finita, non resta che radunare le ultime energie per scapicollarsi verso valle affrontando gli ultimi pezzi di bosco e di asfalto fino alla volata finale. Sul traguardo trovo Mirella e Roberta, ben ripresa dopo oltre un’ora di attesa in zona, e mi volto per cercare Attilio che invece arriverà una decina di minuti dopo (forse meno, diciamo poco più di cinque) ma soddisfatto per una bella 20 km, sicuramente quella paesaggisticamente più attraente tra quelle fatte finora, almeno finché sono riuscito a godere del panorama circostante (poi la fatica ha fatto calare la nebbia…). Tempo attorno alle due ore, ma non devo tenerne conto visto il dislivello (calcolato Garmin poco sotto il chilometro) ed il terreno. Una ventina di bicchierini the ed un piatto di ravioli mi hanno poi rimesso in sesto per il pomeriggio.
E la tosse? Deve essere rimasta sul “punto più alto della Brianza”, ma non so nemmeno quale: ce ne sono così tanti … !!!
4 Comments:
Sarà mica il racconto di qualche incubo che hai fatto a letto? Eppure mi avevi detto che stavi male.... bah, vatti a fidare dei finti malati!
Infatti. Sabato sono bastati due chilometri per stendermi di brutto.
La chiosa del racconto avrebbe dovuto essere: "il mio fisoco: chi ci capisce qualcosa?"
Solo del tuo fisico? -))
Ammonito Stegal... lo sapevi che a 2km dal Lissolo, seguendo una comoda discesa saresti arrivato a Viganò, dove avresti potuto gustare quintali di ravioli dolci??
Post a Comment
<< Home