Stegal67 Blog

Monday, July 18, 2011


Sei giorni di Austria, ovvero come colmare un vuoto nel mio palmares.

Tra i miei difetti non c’è quello di essere permaloso (astenersi da commenti, grazie!), ma di essere un po’ “elefantone”... quello si. Gli elefanti non dimenticano mai niente, o quasi, ed era difficile dimenticare che due compagni di mille avventure orientistiche come PLab e Bibi avevano partecipato alle gare del WMOC disputato nel Nieder Osterreich ed io no. E poiché quelle carte campeggiano persino incorniciate sui loro “muri della gloria”, e dei racconti di quelle gare sono piene le lunghe serate invernali, ecco che io non aspettavo altro che l’occasione per poter pareggiare i conti, o almeno portarmi sull’1-2 al posto di uno scomodo 0-1 senza possibilità di replica.

Quando hanno cominciato a comparire i primi volantini della 6 giorni di Austria 2011, ecco che è stato fissato il primo appuntamento estivo con le multi-days. Grandi aspettative da parte mia: boschi da favola da affrontare, una prudenziale H40 con tracciati tecnici sui quali sciorinare il meno peggio di quanto appreso in questi 18 anni, qualche avversario più o meno noto con il quale andare a vedere l’evoluzione della classifica (almeno per quanto riguarda le parti basse della stessa). E quando domenica siamo arrivati al ritrovo di Aspang Markt, tutte le aspettative sono state confermate da una organizzazione veramente buona, addirittura sovrammisurata rispetto ai circa 900 iscritti arrivati a Wiener Neustadt (credo sinceramente si aspettassero un afflusso maggiore... io non ho visto lacune nell’organizzazione ma mi pare che rispetto ad altre occasioni ci sia tanto tempo per tutti i volontari per fare le cose con calma, prendere i loro pasti, sistemare anche le virgole...).

Prima tappa ad Aspang Markt, la gara “two scales”: una prima parte di gara in una zona cartografata al 7.500 e poi spostamento in una zona più dettagliata nella quale si passa improvvisamente al 4.000. Bello, vero? Però i casi sono due: o sono diventato troppo schizzinoso io (eppure le gara a Platak e Kastav sono abbastanza recenti) oppure in questo periodo ho voglia di correre solo nei boschietti delle fate e dei coniglietti col ciuffo bianco sul codino... La carta di gara copre un collinozzo boschivo nel quale si intervallano parti di bosco ad amplissima percorribilità ed altri decisamente verdi: peccato solo che sul suddetto collinozzo ci siano veramente pochissimi dettagli e che quindi la gara si sviluppi per lo più in ampie galoppate lungo facili linee conduttrici (sentieri). Il caldo opprimente fa il resto, ed al terzo punto in salita già non ne ho più voglia ed energie dopo che il primo punto si è rivelato un tranquillo trasferimento di 11 minuti (per i miei tempi) prima a scendere lungo un sentiero + strada per almeno un chilometro e poi a risalire quella quindicina di curve di livello lungo il fosso in cima al quale c’è la mia prima lanterna. La mia fortuna è una intuizione: prendere il contenuto della borraccia e, anziché bermelo, usarlo per farmi una mezza doccia.

Riesco a riprendere fiato e controllo ed arrivare senza infamia e senza lode al punto di “cambio scala”; qui bisogna per prima cosa girare la carta sull’altro lato, capire dove ci si trova e ripartire abituandosi al fatto che i punti ora vengono letteralmente addosso sulla scala 1:4.000.

I primi 3 punti sono in una zona che sembra la carta di Roncegno, con mille avvallamentini in ognuno dei quali c’è una lanterna all’inizio, alla fine, in mezzo o in almeno due punti. Divertente (ed ecco spiegata la necessità della scala ridotta) ma troppo breve: per arrivare al traguardo infatti occorre tornare sulle pendici del collinozzo, che si rivelano essere o un verdone spinto verso il “3” da attraversare a testate per arrivare ai pochi dettagli dove sono collocati i punti, o un semiaperto schifosissimo tipo canneto, sul quale il commento di giornata più sobrio è quello di Giorgio Tettamanti (Scom Mendrisio) “Chi ci è passato per primo è un eroe...”. Insomma, se questa era l’area di gara che tanto anelavo, ero andato proprio a cercarmi le padelle o le braci.

La seconda tappa si disputa a Santa Corona, ed è una tappa bingo non fosse altro per le modalità di arrivo al ritrovo, con trasferimento in quota tramite funivia a “monoseggiola” molto lenta e con tempo di trasferimento quindi unpredictable... Partenza ancora più in quota, in cima ad un pascolo alpino attorno ai 1500 metri di quota, e primi punti decisamene facili. Quando mi accorgo che la quota sta facendo il suo effetto nefasto, che il percorso non mi pare nulla di che (secondo punto: albero isolato accanto – un metro – ad un sentiero), che la mia condizione fisica è veramente deficitaria, arriva il salvataggio.

Non so chi sia ma lo ritroverò. Corre con una tuta rosa e gialla con la scritta “MONA” sulla schiena (astenersi da commenti, grazie!). All’inizio lo scambio per uno spagnolo, ma deve essere scandinavo, e comunque dello scandinavo ha i lineamenti che lo fanno sembrare più simile ad un fotomodello che ad un orientista... la mia domanda è “che ci fa questo nei boschi a farsi spatassare la faccia dai rami?”. Infatti quello che succede nelle tratte 4-5-6 è che cominciamo a tirare in mezzo al verde, ora l’uno ora l’altro, curandoci a vista e spesso superandoci nel verdone. Ed il ritmo di gara sale di brutto ed io comincio a capire che la seconda parte di questa tappa long è una vera e propria middle molto tecnica in mezzo alle rocce, ai dettagli, con tantissimi cambi di direzione e tratte cortissime! Alla 6 “MONA” scompare improvvisamente, così come era arrivato sul mio percorso, lasciandomi con una gran carica ed una gran voglia di abbattere questo percorso a zuccate e di non farmi prendere dallo sconforto. Sento ancora i morsi della fatica e della salita, ma per qualche motivo questi entrano nella directory “Non me ne frega un c...o!” perchè l’attenzione è tutta al prossimo punto, alla prossima uscita dal punto, al prossimo attacco al punto. Vengo a capo con 3-4 minuti di errore della complicata zona sassosa, sbatto sulla 11 nel bel mezzo del nulla, attacco io la 12 e la 13 portandoci una mandria di persone tra cui quel Tony Musone che diventa il nostro bersaglio preferito... poi 14, 15, la 16 è sopra il traguardo, la 17 è ancora più vicina, la 18 è in vista traguardo, sto arrivando sulla 19 che è l’ultima lanterna e sono lanciatissimo... ma ecco che da destra si avvicina Bibi che ha l’attacco alla 100 da un’altra direzione! Purtroppo per lei... Contatto! Collisione!!! Non si guarda in faccia a nessuno!!!!! Punzono la 100 e piombo sul traguardo cercando di non schiantarmi al suolo nella “compressione” tra il discesone e gli ultimi metri in piano (cosa che non riuscirà ad un estone che verrà giù dalla discesa in perfetto stile Martin Hubmann e si schianterà a 10 metri dal traguardo, accolto dal grido “deve morire!”). La posizione di tappa dice 16esimo su 25, ma soprattutto esco da Santa Corona con la sensazione di aver fatto molto bene i miei 98 minuti di gara.

Terza tappa, troppo bella! Intanto la sede della gara: è a Wiener Neustadt, ed è l’area dove si allena l’Einsatz Kommando “Kobra”... cioè il reparto scelto dell’antiterrorismo austriaco!!! Una area aperta, completamente piatta o quasi, disseminata di buche (cosa le avrà provocate?), di bunker (a che servono?), di cavalli di frisia, di collinette a forma di ferro di cavallo (per che cosa le useranno?). Un bosco piatto con pochissimi dettagli come antipasto (5 punti) e poi 23 lanterne in un piatto unico semiaperto nel quale far viaggiare le gambe, fare un azimut, vedere gente che entra ed esce dalle buche come nemmeno quelli della Brigata Sassari. Prima della partenza, al di là di recinzioni elettrificate e guardate a vista con telecamere, passano un paio di elementi muscolatissimi e con una faccia da “The Expendables”...

Insomma, un terreno sul quale IO fare sia i campionati sprint che i campionati middle. C’è persino una pista da motocross che, per la mia altolivellatissima cultura cinematografica, sa molto di Chuck Norris in “Delta Force”. Il caldo è una variabile da non sottovalutare, ma dopo una partenza prudente riesco a mettere insieme 5 o 6 lanterne fatte proprio benino appena all’ingresso dell’area aperta. La carta è in scala 1:5.000, ed ogni uscita dal punto è in pratica già l’attacco al punto successivo; vengo a capo decisamente bene del “bunker” al punto 18, dove porto dentro un pattuglione di orientisti che vagano lì attorno, ma nelle ultime tratte lunghe (lunghe per il format di gara) mi mancano le forze e vengo ripreso e superato dal tedesco che era partito prima di me e che avevo staccato proprio al bunker. Con le ultime forze e con un po’ di cattiveria agonistica (... “The Expendables”...) riesco a rosicchiargli metro dopo metro nella tirata verso la 27, e da lì al traguardo è uno sprint di 250 metri sul quale lo stacco... di 24 secondi!!! Il fatto di trovarmi in classifica in 14esima posizione, con 4 secondi di vantaggio sul 15esimo, mi darà uno stimolo in più per andare a cercare gli split times... almeno quelli delle ultime tratte.

Troppo divertente... spero che la foto all’ingresso dell’area dell’EinSatz Kommando “Kobra” sia venuta bene :-)

La quarta tappa arriva dopo il giorno di riposo, ed è quanto mai gradita. La gara di Grimmenstein si rivelerà essere la “riserva” ovvero il tappabuchi reso indispensabile dalla impossibilità di correre due volte a Bad Fischau sulla carta delle qualificazioni dei WMOC austriaci. Il trasferimento in zona gara è abbastanza “svizzero” in quanto o ci si smazza quasi 6 kmsf per arrivare in partenza o si prende un agile autobus sul quale ci si schiaccia peggio che in metropolitana (o “squeeze” come dice il simpatico statunitense del Chicago Orienteering che con me si siede praticamente in braccio all’autista...). La partenza è ulteriormente terrificante, visto che nella caldazza austriaca non trovo niente di meglio che scalare subito quelle 15 curve di livello che mi separano dal primo punto! Il risultato è prevedibile: vengo raggiunto attorno al terzo punto dal mio immediato inseguitore, un simpatico (?!?) tedesco di pochissime parole subito ribattezzato “l’impiegato del catasto teutonico” per l’abbinata panzetta+occhialini in perfetto stile “impiegato panzottello italiano”.

Oddio... raggiunto... la gara assumerà fino al punto 14 un andamento ad elastico con il sottoscritto davanti ed il tedesco dietro di 20-30 metri (in pura versione “ombra”). A me non sembra che lui vada tanto forte, ma il pur dando il massimo per staccarlo non ci riesco; il che vuol dire che quello le gambette le muove sempre, ma che in fondo il sottoscritto non è quel fulmine di guerra che crede di essere...

Alla 14, dopo qualche lanterna nell’inferno di rocce del Kulmriegel, non oso attaccare dal basso un punto che si rivela essere in fondo ad un terrificante vallone. Vedo il tedesco arrivare dal basso e capisco di essere stato superato. La discesa verso la roccia dove c’è la 14 è da fare in corda tripla, tanto che io ed un austriaco dobbiamo protenderci per acchiappare al volo una ragazza dell’Attunda SK che viene giù troppo veloce e rischia di finire a fondovalle... la risalita verso la 15 è altrettanto penosa ma, nel primo vallone in uscita dal punto, trovo il mio avversario tedesco che si guarda in giro (anche verso il cielo) completamente perso. E’ con un gesto di grande eleganza e sportività misto ad un invisibile “Tié” che gli faccio segno che la lanterna è dietro di me, e comincio la fuga... La 18 e la 19 sono un invito a cena con l’assicurazione sportiva, visto che bisogna veramente andare giù “a vita persa” sul terriccio molle... ed Attilio pianterà un volo da lasciarci la pelle, salvato ed accudito in extremis da Roland Pach (CA Rosé) e Libor Laznicka (SKOV Zlin) che oltre a riuscire a rimetterlo in piedi non se ne vanno dalla zona finché Attilio non da segni di ripresa ... APPLAUSI!!!!

Poi sostanzialmente la gara è finita, perchè le tratte successive hanno sentieri ben marcati come appoggio o autentiche autostrade di tracce che portano da un punto all’altro; è soltanto per un netto calo fisico dopo i 100 minuti di gara che non riesco ad allungare ulteriormente sul tedesco, anche se all’arrivo gli ho ripreso i 3 minuti di gap alla partenza con l’aggiunta di altri 5 guadagnati da me nella parte dalla 15 alla 21.

Quinta tappa. Finalmente Bad Fischau.

Con Witzelsberg (sesta tappa) il motivo per il quale siamo venuti fin qua. Ed è un motivo che, a conti fatti, si rivelerà azzeccatissimo. La gara di Bad Fischau ha il titolo “Demanding”. Si. Demanding, E’ quello che dico a fine gara al boss dell’organizzazione: io DEMANDING di correre un’altra volta nello stesso posto. Anche sotto l’acqua, come nella quinta tappa, se necessario. Il posto è stupendo. Il bosco è stupendo. Il tracciato middle è stupendo. Il vincitore mi raggiunge alla 11 ma fino alla 15 non riesce a staccarmi perchè le difficoltà tecniche del percorso rallentano i “cavalli” consentendo anche a me di viaggiare a buona velocità. E si corre molto spesso sul muschio, in un ambiente che mi ricorda il bosco di Cavareno e che fa dire alle mie gambe “Si! Oggi anche noi siamo in grado di correre!”. Si ingaggia battaglia da un punto all’altro con un concorrente, poi ci si stacca e si ricomincia con un altro, in un delirio gioioso di attacchi al punto, di microscelte, di uscite dal punto... Ogni lanterna mi appare per una volta proprio dove me la aspetto (qualche indecisione solo su 9 e 11, ma forse per troppa sicurezza), e piombo per una volta sul traguardo stra-felice in 58 secondi più di 1 ora. Ovvero torno a correre, incredibilmente, sotto i 9 minuti al kmsf! L’organizzatore mi dice che anche la quarta tappa avrebbe dovuto essere a Bad Fischau ma che, a percorsi già disegnati e paletti marcatori posati sul terreno, non gli hanno più dato il permesso: è un vero peccato, ma spero veramente di avere un’altra occasione per correre in un osto così magico... magari la long distance che mi hanno tolto per spostarla a Grimmenstein (gli dico subito che avrei rinunciato più che volentieri alla gara di Aspang!).

Sesta tappa. Si va a Witzelsberg. Sede della finale long distance dei WMOC di qualche anno fa. Il titolo della gara è “Chase”, caccia... ma il profilo dei percorso è “very demanding”. Che se fa il paio con Bad Fischau, sono più che contento. Il problema però è un altro: dopo 5 giorni di gare tirate, le energie sono veramente la lumicino. Tutti in auto dicono di essere in forma più che ad inizio 6 giorni, mentre io mi sento proprio in debito di forze. Alla partenza di una gara che misurerà quasi 11 kmsf, ci sono i nostri compagni di viaggio di questa multi-days: davanti a me parte Libor Laznicka, ma per come mi sento ho poche speranze di andarlo ad acchiappare. Infatti la prima tratta mi toglie subito ogni velleità: lunga e con dislivello e con tanti valloni da aggirare. Decido subito di mettere a tacere la componente agonistica e cerco di limitarmi all’essenziale nelle tratte fino alla 8 in mezzo ai valloni... Alla 9, lo shock che rischia di vanificare tutta la 6 giorni: seguo tutti i valloni per benino ed arrivo al mio avvallamento a forma di cuore dove trovo una bella lanterna “206” ed altri due orientisti che arrivano da destra. Piccolo sprint per precederli sul punto, rapida punzonatura e via verso la tratta lunga... per qualche motivo controllo il codice della 10 anche se è lontano e mi cade l’occhio sul codice del punto 9... ed ecco che un piccolo tarlo si fa largo nella mia mente obnubilata dalla fatica! Era il codice giusto o no? Mi sto allontanando... sono stanco... devo tornare indietro e farmi quasi 100 metri in più di strada? Mi fermo e torno indietro. Torno sul punto: guardo il codice “206” e la mia descrizione “205”. Controllo meglio: “206” vs. “205”. Possibile che abbiano sbagliato a posare? Arriva una ragazza... fa per punzonare... “Scheise!” esclama. Si gira di 90 gradi verso est e comincia a scendere. La seguo e dopo pochi passi compare un altro avvallamento a forma di cuore, apparentemente identico, con una lanterna “205”! Immediatamente ringrazio il mio ori-angioletto custode, e penso che con me lo faranno un sacco di orientisti che sono incorsi nello stesso errore (e tutti lo racconteranno increduli e sbalorditi, ed ognuno racconterà un motivo diverso grazie al quale è riuscito a non incorrere in una P.M.).

A quel punto la gara è quasi finita, anche se è ancora molto lunga: sono incorso nell’errore più grosso che potevo fare e me la sono cavata per il rotto della cuffia; dalla 9 alla 10 la benzina finisce del tutto ed è solo grazie ad una buona componente di c...o (fortuna) e di orienteering ormai connaturato nell’inconscio che trovo i punti. Finisco lungo sulla 12, e quando la trovo indico ad Eva del WN Wiener dove ci troviamo (anzi... le lascio la carta in mano e le dico di raccapezzarsi con comodo...). La 13 mi compare davanti solo lei sa come, perchè davvero mi sto muovendo stile zombi, come pure la 14 che si giova della presenza di un vicino ristoro...

Il vaccatone sta arrivando, puntuale, alla 15 attorno alla quale giro per 5 minuti con un altro tedesco (che precederò poi di pochi secondi in volata) in un profluvio di disboschi e di sentieri tracciati dalle ruote dei trattori. Ma nelle lanterne successive si respira l’aria del rientro alla base, e poi sono le ultime della 6 giorni e bisogna farle bene... eccezione alla 20, dove trovo una erede della dinastia Kradischnig completamente persa (e per rimetterla in strada mi deconcentro io) ed alla 21 dove faccio un po’ il giro di tutte le buchette della zona. Trovo la 22 nonostante io pensi di essere sul sentierino lungo (ed invece sono su quello corto che mi porta proprio addosso al punto) e qui supero definitivamente il tedesco dell’OK Gittis che mi è tornato sotto alla 21. Da qui è sprint fino all’arrivo, e la spinta che arriva dall’avversario teutonico è sufficiente per superare nel pratone tra la 24 e la 25 anche un danese di Aarhus che se possibile è ancora più sfinito di me.

Poi passerò la mezz’ora successiva seduto, a guardarmi in giro in totale debito di energie ed a sentire le parolacce dei miei piedi che me ne dicono di tutti i colori. Ma energie a zero e piedi roventi sono solo una componente insignificante di questa 6 giorni di Austria, che mi lascia con un senso di pienezza di soddisfazioni per i terreni ed i tracciati ed il divertimento offerto, e con un senso di rammarico perchè mi chiedo se e quando avrò ancora la possibilità di andare a correre su quei terreni.

2 Comments:

At 11:22 PM, Blogger Andrea Segatta said...

STE, perchè le carte che alleghi non si ingrandisco quando ci clicchi sopra? MI piacerebbe analizzarle ma così sono troppo piccole....

 
At 9:15 AM, Blogger Stefano said...

Ciao Andrea, la risposta è la stessa che ti darei dopo aver trovato una lanterna a Millegrobbe in una tratta da 2,5 km: "non lo so". Io uso sempre la stessa funzione di Blogspot per allegare le mappe... se mi dai il permesso (sono 25 mega) ti mando le carte via mail normale

 

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