Stegal67 Blog

Friday, September 21, 2012

Master of Disaster in Val Badia

C’era una volta un pugile che si credeva bello, intelligente, carismatico e soprattutto invincibile. Il suo soprannome era “Master of Disaster”. Tutti lo acclamavano e se lo contendevano nei talk show e nelle pubblicità. Poi ebbe la sfortuna di incontrare un avversario meno bello, meno intelligente, meno carismatico e che non si credeva invincibile… ma un avversario che poteva essere descritto solo dalle immortali parole del trainer di “Master of Disaster”, che consegnò alla storia le immortali parole: “Lascialo perdere, non fa per te!”. Ma il campione non gli credette, e fu così che alla fine il pugile bello, intelligente, carismatico e invincibile perse, ritrovandosi soltanto un pieno di dubbi ed un passato glorioso che non sarebbe più tornato.


Io non sono bello, né intelligente, né tantomeno carismatico e soprattutto sono molto “vincibile”, ma avrei tanto desiderato salire in Val Badia, nel posto più bello del mondo (senz’altro ce ne sarà un altro ancora più bello, ma io non l’ho ancora visitato…), e scoprire alla fine della Tre giorni del Trofeo delle Regioni di aver fatto una bella figura di fronte agli amici orientisti, di vedere il mio nome in qualche parte alta (anche se non altissima, non chiedo tanto) di una qualunque classifica, di poter continuare a pensare che anche senza allenamenti, anche senza particolare concentrazione e senza una adeguata preparazione pre-gara, sono comunque in grado di rendere al meglio delle mie possibilità quando si tratta di andare per boschi con carta e bussola. Dopo tre giorni di gare a Corvara, ho una sola certezza: quel “Master of Disaster” sono io. Nel senso, credo sia chiaro e ovvio a tutti, dei tre disastri totali globali “di proporzioni bibliche” come sono quelli che ho messo insieme tra venerdì e domenica, una serie di rovesci davvero difficili da imitare!

Cominciamo dall’inizio. Dopo esser salito a Corvara fin dal giovedì mattina, un breve ma intenso allenamento il giovedì pomeriggio mi fa capire subito che l’altitudine del campo gara metterà a dura prova i miei muscoli poco allenati: bastano infatti 20 minuti abbondanti di corsa un po’ tirata per ritrovarmi addirittura con il naso che fa male, con il sapore del sangue nei polmoni e con una tosse asinìna che alla farmacista del centro di Corvara (non ero lì a far la spesa per me, ma potevo benissimo sembrarlo!) può solo far pensare che di fronte a lei c’è qualcuno che ha appena finito il secondo pacchetto giornaliero di nazionali senza filtro. Però questo è solo l’inizio, in fondo sono appena arrivato a Corvara, ho ancora nelle gambe e nella testa il viaggio da Milano… so che 24 ore potrebbero non bastare per acclimatarmi, ma una bella escursione venerdì mattina ai 2000 metri abbondanti di Prà Longià non potrà che essermi di giovamento!

Così, alle 15.30 di venerdì, fiero della mia “preparazione” e sicuro del fatto che questa volta non dovrò andare a cercare le molecole di ossigeno con la reticella della Vispa Teresa, mi reco alla partenza della gara sprint di Colfosco. “Gara sprint di orienteering” è ciò che propone il programma della Tre Giorni della Badia, ed è ciò che più o meno tutti quanti gli altri riescono a fare. Io invece non sono capace di comportarmi dignitosamente neppure nella meno nobile disciplina “Passeggio lento a casaccio”. La partenza mi vede precipitare subitaneamente nel gorgo di una curiosa malattia che si manifesta nella impossibilità di vedere figure geometriche con tre lati e tre angoli, lasciandomi però nel contempo la possibilità di scorgere distintamente cerchi, linee, numeri; dopo aver cercato per almeno 30 secondi quel fott…tissimo triangolo, non appena credo di averlo trovato (risalendo la china delle lanterne più o meno dal 12esimo punto) vengo interpellato da una concorrente che mi chiede se posso indicarle sulla mappa dove ci troviamo. Impiego così un’altra quindicina di secondi per trovare il SUO triangolo sulla SUA mappa (il fatto che questa concorrente sia una sciuretta anziana vestita da “spesa mattutina in cooperativa” ed io sia in tuta da orienteering non depone a mio favore). Quando finalmente riesco a indirizzare la sciuretta sulla retta via, passo un’ulteriore quindicina di secondi a cercare di nuovo il MIO triangolo sulla MIA mappa, questa volta risalendo la china solo dal cerchietto del settimo punto di controllo…

In tutto questo esaminare la carta di gara, continuo a ritenere che la mia migliore scelta potrebbe essere quella di girare i tacchi ed avvicinarmi al punto 1 partendo nella direzione opposta rispetto al corridoio di avvio; nella testa però risuona la voce di Attilio che mi dice “così non si fa!” (o meglio: io l’ho già fatto più volte in vita mia… ma dubito che sia lecito). Comunque il minuto perso a studiare il percorso paga un ottimo dividendo: vado infatti dritto al punto numero 4! A quel punto, non capendoci più una beneamata svèrza e trovandomi già in debito di ossigeno, arrivare al punto 1 è una mezza impresa ma almeno da lì non ho più a che fare con le figure triangolute bensì solo con quelle cerchiute sulle quali sono più sintonizzato.

Saltando parte della mia penosa prestazione, la mia scelta per il punto 7 prevede di lambire l’area violetta. Quando sbarco sul prato trovo alla mia destra un signore intento a falciare il prato, e poiché “non sono un botanico” (questa è una cit.) ma cerco sempre di avere rispetto per la proprietà altrui, mi arresto di colpo e mi giro verso di lui: “Scusi… le da fastidio se passo da questa parte?”. Quello si mette a ridere e mi dice “No, ne sono già passati tanti altri!”. Sul finire della tratta sento sopraggiungere alle mie spalle una specie di Furia Cavallo del West da tanto che galoppa; mi aspetto di veder passare Mamleev e invece è Andrea Foschian che si sta prendendo una rivincita sonante dopo la gara di Monte Sant’Angelo. A quel punto potrei cercare solo di seguire Andrea; invece per arrivare alla 10 faccio una scelta che tecnicamente sul sito di Gueorgiou è descritta come “ad minchiam” che mi fa restare corto di 40 metri rispetto al punto, in una area ristretta nella quale ci sono un semi-aperto, una curva di canaletta ed un sasso come dovrebbero esserci intorno al punto… il che farebbe pensare ad un colpo di sfortuna imparabile se non fosse che la zona appena circostante è completamente diversa e basterebbe guardarsi attorno oltre un orizzonte visivo di 5 metri per capire che non è sfortuna ma demenza acuta…

Dopo la risalita alla 11, devo attraversare ancora il fiume per punzonare la 12 e la 13. Guado il fiume, punzono e mi scapicollo verso il ponticello che porta verso il traguardo… ma per fortuna la mia testa aggancia il canale Rai del Dipartimento Scuola Educazione, si ricorda della laurea a pieni voti in fisica e si ricorda che se ho punzonato UNA volta, non posso essermi messo in saccoccia contemporaneamente sia la 12 che la 13. In effetti il mio meraviglioso senso dell’azimut mi aveva portato dalla 11 dritto sulla 13! Un Attilio un tantino sconcertato ed anche un pochino disturbato dal mio andirivieni (mi aveva già superato alla 10) mi chiede se è tutto sotto controllo, che è più o meno ciò che io sono solito chiedere quando incontro nel fitto del bosco un esordiente alle prime armi indeciso sul da farsi.

Vabbé… è solo la gara sprint di contorno… Conto quindi di rifarmi con gli interessi durante il sabato del villaggio, con un menu che un giro sul percorso della staffetta del Trofeo delle Regioni. Poiché ormai sono abituato bene e se i miei compagni di staffetta non si chiamano Christine Kirchlechner e Ingemar Neuhauser non se ne fa niente, gareggio da solo con una cartina M35 realizzata apposta per me da Denny Pagliari. Prendo il via in una frizzante mattina ladina alle 9.42, ed alle 9.44 circa sono già perso; per tutti coloro che non sono avvezzi al percorso della staffetta, e che potrebbero pensare che io in due minuti netti ho raggiunto la zona delle buche sull’Altopiano dell’Argentario (dove perdersi è lecito…), devo confidare che dopo due minuti netti io stavo ancora in pieno abitato di Corvara; purtroppo la carenza di ossigeno mi ha impedito di accertare che, se devo girare nella SECONDA strada a sinistra, non ha senso imboccare la PRIMA strada che incontro.


Poi, con in testa il pensiero della “demo” dei lanci, tutto fila liscio fino al rientro alla base dopo le farfalle nel bosco; fino purtroppo ad un totale ed improvviso black out mentale che non deve essere durato molto ma che mi lascia sconvolto sul terreno. L’arrivo provvidenziale di Rudy mi rimette sulla retta via e così, nel finale, dopo aver infilato ed attivato tutte le lanterne che ho trovato nel secondo loop boschivo (dove onestamente mi basta seguire nel’erba bagnata le tracce dei posatori che sono già passati), ingaggio un duello rusticano con il già citato Denny Pagliari: lui in auto sta posando le lanterne a Corvara ed io le sto cercando; il vantaggio sarebbe suo ed io sarei molto orgoglioso del fatto mio, se non fosse che nel tempo che lui sposta l’auto, parcheggia, tira fuori palo telo e stazione, picchetta il tutto, sistema il telo e aggancia la stazione, io non sono ancora arrivato a coprire i 100 metri che mi separano dal punto precedente. Il mio tempo finale? Una bazzecola… attorno all’ora di gara. La maggior parte delle staffette ha impiegato quel tempo, anche parecchio meno, per completare DUE percorsi!

Resterebbe così la gara long di Prà Longià. Ma questa, più o meno con dovizia di particolare, l’ho già descritta nel post precedente. Ricorderò l’emozione nel vedere il SassFort “sorgere” dietro la collinetta nella quale mi inerpico dopo il punto 1, l’urlo di “Demente!” di Jimy Origgi quando dall’alto di una collina gli segnalo che la mia scelta della 5 passerebbe di nuovo per il gazebo della partenza… (sono ancora convinto che quella scelta fosse migliore di quella che poi ho realmente fatto). Il rimbalzo sui punti 8 e 9 in mezzo all’erba “da elefanti” con i piedi che desiderano solo potersi appoggiare su un terreno solido e per giunta un po’ livellato. L’attacco completamente a casaccio della lanterna 11, trovata dopo aver raggiunto visivamente la 12. Ed infine la penosa, pietosa, irreale, intollerabile risalita dalla lanterna 16 durante la quale avrei tanto voluto vestire la maschera di un wrestler come Rey Mysterio per eviatre di essere riconosciuto dai vari Samuele Tait, Francesca Pompele, Alessio Dal Follo e compagnia cantante ai quali devo essere apparso uno squallido panzone (quale io sono) alle prese con una salita troppo impervia (quale essa era) ed un fiatone da maniaco telefonico (quale non sono ancora).


Giusto per rimanere in tema con la frase precedente, potrei dire che nel tempo della mia gara M40 Denis Dalla Santa avrebbe compiuto 2 giri e un quarto e Dario Beltramba quasi 2 giri giusti giusti… Ma la cosa che più mi scoccia è che sia sabato che domenica sono arrivato al traguardo con una sensazione simile a quella provata in Foresta Umbra: che avevo fatto una gran fatica ma che l’ultimo posto in classifica se lo sarebbe preso qualcun altro. Invece a Prà Longià il penultimo in classifica mi ha dato qualcosa come 20 minuti di distacco… altro che scarsità di ossigeno e “Master of Disaster”! Qua si tratta di “Laurea honoris causa in lumachìte e disorientamento”. Sarà per questo che ho pensato intensamente che la Tre Giorni della Badia potrebbe essere davvero il mio canto del cigno?

3 Comments:

At 3:04 PM, Blogger Unknown said...

Credo di poter spezzare una lancia a tuo favore, ed imputare le tue minori prestazioni all'orario di gara estremamente svantaggioso, perché:
- non trovi sul terreno tracce di concorrenti passati prima che possono aiutarti nella navigazione
- non vedi nessuno chinarsi a punzonare, il che ti può aiutare quando cerchi un punto in una buca/depressione
- al mattino presto l'organismo non è entrato ancora a pieno regime e non vi è uno sfruttamento totale delle sue potenzialità. Qualsiasi preparatore atletico sconsiglia di fare lavori di qualità prima delle 10
- sei chiaramente al di fuori del tuo ciclo circadiano
- la temperatura esterna è più bassa, quindi consumi parte delle tue energie per scaldare l'ossigeno che respiri
- l'abbondante rugiada non ancora evaporata inzuppa e rende più pesanti le tue scarpe (e nelle tue di rugiada ce ne sta veramente tanta)
- la maggiore inclinazione dei raggi solari provoca riflessi fastidiosi sulla tua carta
- la maggior presenza di fauna selvatica costituisce un disturbo supplementare alla tua concentrazione

Certo che, anche considerati tutti questi fattori, si fa fatica a giustificare i 72 minuti presi da DDS...

Oh, io c'ho provato! :)

 
At 4:53 PM, Anonymous il concorrente con l' ombrello said...

Accipicchien,
fedo ke l' inarrestabile afanzaten della Panzer Division "Unionen Lombarden" é stata bloccata dalle zone paludosen della Val Badia. Siamo sicuri che sentiremo il frastuonen dei vostri cingoli (47 e 48 ???)alla base del podio sin dalla prossima competizionen in Gropada (attenzionen terreno roccioso und molto insidiosen per i fostri tank). Siete sempre i migliori. Un abbraccio a tutti, E

 
At 3:41 PM, Anonymous Jimy said...

Solo per dirti che il "demente" non era mica riferito a te! ..ci mancherebbe.. Era per l'ipotetico orientista che avesse deciso di far la scelta passando dal gazebo di partenza..

 

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