Stegal67 Blog

Friday, September 07, 2012

7187 secondi...

Premessa. Alcune settimane fa sono stato costretto a spiegare ad una amica i reconditi motivi che mi portano talvolta a correre le mie gare all’alba, in compagnia dei posatori e di lanterne che non sempre vestono la loro bella mantellina o sorreggono la stazione elettronica: come il 75% di coloro che leggono il mio blog (ovvero 3 su 4…) sanno bene, questo è un mio “vezzo”, o una mia “mania”, o una mia caratteristica quando mi cimento in veste di speaker. La curiosità dell’amica ha fatto breccia nella mia naturale timidezza, così le ho promesso che un giorno avrei scritto un pezzo dal titolo “Stegal attraverso il bosco… e quel che vi trovò!” (se avete riconosciuto la citazione non gioite troppo: è facile!), nel quale avrei narrato le situazioni più improbabile, incredibili, strane e persino boccaccesche che mi sono capitate durante questi ultimi anni di partenze alle prime luci del giorno (o le ultime, in caso di speakeraggio di gara notturna). Dopo quanto accaduto domenica scorsa alla staffetta dei Campionati Italiani, penso che un titolo del genere me lo terrò nel cassetto per un po’…


Seconda premessa. Alcuni anni fa venni accompagnato in partenza (ero speaker anche in quell’occasione) da un amico che non vedeva l’ora che io tornassi dal bosco per sentire dalla mia viva voce le impressioni sul percorso che aveva realizzato. La gara che avrei affrontato, mi diceva, era il top della tecnica orientistica, la rappresentazione del perfetto connubio tra la velocità e la difficoltà che deve avere una middle distance, un percorso nel quale la sicurezza o il dubbio con i quali affrontare gli ultimi metri prima del punto avrebbero fatto la differenza tra la vittoria e la sconfitta… Non descriverò la mia gara; dirò solo che dopo essere uscito dal bosco, affrontando quasi passeggiando le ultime tratte sul pratone verso l’abitato di Gallio, ero molto indeciso su cosa raccontare: non è che io avessi trovato le lanterne, erano loro che mi correvano incontro!!! Fu solo dopo l’arrivo dei primi concorrenti, in particolare di Antonio Baccega (che allora era ancora il Baccega delle Fiamme Gialle), che mi resi conto della gara che una tantum avevo messo insieme. Conservo una foto di quel giorno, scattata da Paolo Mutterle mentre piango di gioia dopo essere crollato per l’emozione tra le braccia di Fauner…

Campionato Italiano a Lunga Distanza 2012, dunque. Il campionato della Foresta Umbra dove non ho mai corso; quello che ha fatto versare agli orientisti più parole persino dello speaker, quando è comparso nel calendario delle gare 2012. Sono schierato, quarantacinquenne, in M40 e il mio compito è abbastanza banale anche se non semplice: partire all’alba, as usual, impiegarci il tempo che ci devo mettere ed essere al traguardo entro le 10.00 per dare il via alle danze. Facile a dirsi, difficile a farsi se si comincia con un problema all’auto che mi fa arrivare allo start solo alle 8.24, già in totale ritardo sulla tabella di marcia.

Con un percorso di oltre 13 chilometri sforzo nella famosa Foresta Umbra (il blog di Pedro ne ha mostrato la carta di gara, abbastanza terrorizzante direi!), non ho una sola possibilità di completare la mia gara entro le 10.00. Mi tocca fare l’ori-turista, vedere quel poco che c’è da vedere (o che riesco a vedere) e tornare al campo gara con le pive nel sacco, pronto però a raccontare le disfide tra le ragazze ed i ragazzi che sono scesi fin sul Gargano per conquistare le medaglie nazionali di categoria. Già per il primo punto, viaggio in modalità “self control”: sentierino fino al sentierone, sentierone fino alla pozza sulla destra, depressione nel bosco piatto (che bel bosco… se non fosse per tutti quel tafani che mi inseguono!), curva del muretto, termine della traccia con lanterna annessa; giro attorno al collinozzo, affronto la zona sassosa e poco dopo sono sul punto. Mi viene in mente la voce di Walter Peraro, che mi aveva ben avvertito: “usa il primo punto per scoprire come il cartografo ha rilevato il bosco, e poi regolati di conseguenza”.



Se è così, penso, riuscirò a capire solo come sono cartografati i sentieri! Perché per il punto 2 mi fiondo nella parte piatta del bosco per raggiungere il sentiero, lo percorro fino al bivio dove torno indietro di quel poco per scorgere il punto: una piccola collina sassosa che sporge in una parte di bosco piatto che più piatto non si può! Fino alla 3 è facile: ampia radura e poi si galleggia sul bordo delle depressioni finché l’avvallamentino dal quale sbuca la lanterna non compare nel campo visivo appena alla mia destra. Poi per la 4 è ancora sentiero, girando attorno alla mamma di tutte le depressioni; su per i sassi e giù di nuovo al sentiero, che seguo pedissequamente (cit.) finché mi ritrovo proprio a metà tra i punti 5 e 6 che non ne distano più di 50 metri (e sono pure evidenti!).

Dalla 6 alla 7 è prevista la traversata della Foresta Umbra… certo che dopo la O-Marathon queste tratte mi fanno molta meno paura! Soprattutto non fanno paura perché, dopo essere tornato sul sentiero, sempre lui sempre lo stesso, percorro in sequenza: sentiero, tratta evidente che attraversa il verde fino al sentiero successivo, sentiero fino alla strada, strada. Qui il mio cervello registra che potrei rendere un buon servizio agli orientisti se, incrociando un’auto con qualche concorrente, riuscissi ad avvisarli di cospargersi di Autan per respingere i tafani che mi stanno rendendo la vita difficile più delle lanterne stesse! Purtroppo non incrocio nessuno… giro attorno al recinto costeggiandolo finché non arrivo al sentierino che mi porta al suo angolo sud-est. Poi è ancora sentiero fino al bivio (l’unica difficoltà consiste nel dribblare un enorme albero caduto in mezzo… prima di accorgermi che i gitanti hanno già realizzato una traccia che ci gira attorno). Bivio verso est, sentierino fino alla cuspide che porta fuori carta (anzi… che butterà fuori carta altri concorrenti), curva a gomito del sentiero e arrivo al punto girando in costa attorno alla collinetta.

Per il punto successivo bordeggio la nonna di tutte le depressioni e penso di essere Gueorgiou quando arrivo alla collinetta sassosa… quella sbagliata però! Da lì vedo la seconda collinetta, e mi convinco che sia la terza… ed è solo quando ne vedo un’altra davanti a me che capisco di essere solo Stegal e che ero arrivato non una ma ben due collinette più a sinistra del punto! La 9 sta al di là di una serie di curve di livello che mi respingono persino mentalmente; la carta di gara che ho allegato, passatami dal buon Stefano Zarfati (un Signor Sportivo ed un Signor Amico) non mostra tutto il sentiero che piega verso est, poi verso nord-est fino a quello che dovrebbe essere l’attacco al punto 10. Entro nel bosco proprio lì, trovo la 10 e mentalmente la fotografo, poi supero la bisnonna di tutte le depressioni e, poco oltre la zona più sassosa, arrivo alla 9 o è lei che mi viene incontro… non so! Giro di 180° (non di 360°, come dicono ogni tanto i veri giornalisti, perché in tal caso sarei nella stessa posizione di prima) e mi dico ad alta voce “Sono arrivato da lì!”, tanto non c’è nessuno che mi sente. Ritorno alla 10, torno sul sentiero per poi affrontare la 11 attraversando le due depressioni; poi di nuovo sentiero verso sud-ovest, sentiero “carrozzabile” verso nord-ovest e, percorrendo tutte le tracce (ci sono… ma si trovano sotto la mia traccia rossa) arrivo alla roccia. Da lì punto in bussola fino al sentiero, cercando di stare nella zona più piatta che posso, e sentiero fino alla depressione: ci giro attorno in senso orario, anche se la traccia rossa dice che ci passo attraverso (non avevo voglia di rifare tutto con il Paint!). Altro giro ed altro regalo verso il sentierino ed ecco il punto 14, leggermente introvabile se non fosse per la carbonaia…

Anche se sono davvero stanco, comincio a pensare che mettendoci davvero il 101% di quel che ho ancora dentro potrei finire attorno alle due ore di gara; di certo non in tempo per i primi arrivi, se per caso gli M12 fossero stati lanciati in griglia al minuto zero, ma a questo punto preferisco continuare e finire la gara in un tempo decente. Mi butto sulla traccia fino al ristoro, anche se ciò vuol dire allungare di brutto, ma il ristoro ancora non c’è; comunque meglio così, perché percorro un'altra traccia dentro al bosco e, girando dietro il colle, vedo quel po’ po’ di enorme depressione con la sua bella parete rocciosa sul bordo opposto (già, come dice Pedro cii toccherà scendere fin là e risalire aggratis…). Zarfo mi farà poi notare che c’era un sentiero ancora più bello che girava dall’altra parte, ma io in carta vedevo solo il bicchierino del ristoro… Esco dalla stessa parte, riprendo la carrozzabile con annesso steccato di legno e mi butto sulla 16.

Da lì mi tocca fare il terzo punto della gara tutto nel bosco: per fortuna le due depressioni con le rocce sono evidenti, anche se ormai sono mezzo ciucco di fatica; la mia altezza mi aiuta nell’abbordare la lanterna da sotto (vedo la salita che si interrompe, come se ci fosse una carbonaia… “ehi! Ma io sto cercando una carbonaia!” e risalendo ancora pochi passi vedo spuntare il pennacchio della mantellina bianco-arancione). A questo punto il mio unico nemico è il cronometro, oltre agli organizzatori che si staranno sicuramente chiedendo dove diavolo sono finito! Non ho più lo stimolo o la compagnia di Sharon, la mia ombra, a mordermi i polpacci (per quello ci sono i tafani!) ma ingaggio una lotta con la fatica perchè vorrei finire davvero sotto le due ore (spiegherò dopo il perché); risalgo abbastanza penosamente la depressione perché ormai faccio fatica anche a starci sui bordi, arrivo sulla traccia di sentiero (non passo attraverso la seconda depressione, come dice il .jpg…, non volevo rifare tutto con Paint!) e sbircio per vedere se nel frattempo hanno portato il ristoro: rien à faire! Carrozzabile fino alla zona picnic e ingresso irruente nel bosco per l’ultima volta, talmente irruente che becco il cocuzzolo per caso, pensando che fosse ben più in alto. Poi volata fino alla 19 ed all’arrivo.

Qui mi lascio finalmente cadere all’ombra del salsiccione gonfiabile dell’Orienteering Puglia. Nonostante il mio tempo sia decisamente rivedibile, sento di aver fatto una bella gara al mio massimo ed il fatto di essere rimasto di soli 13 secondi sotto le due ore di gara mi conforta: avrei potuto perderli ovunque quei secondi, nelle due ore appena trascorse, ma almeno questa volta il quarzo mi da conforto morale. Mi aiuta anche a vergare la mia dichiarazione da “primo concorrente al traguardo”: proprio così, la prima frase che rivolgo a Bepi e Tiz e Francesco è “ce ne sarà almeno uno che ci metterà più di due ore!”. Penso istintivamente, e mi scuso qui con loro, agli amici Giambattista Ravasio e Massimo Guidi che più o meno vanno nel bosco come me e con i quali penso che mi troverò, nelle ore successive, a condividere il brivido per evitare le posizioni di fondo classifica…

Comunque 1 ora, 59 minuti e 47 secondi ben spesi. Sono riuscito persino ad arrivare pochissimi minuti prima del primo, vero, concorrente in gara! Mostro a Tiz le mie scelte timorose e le sue parole mi confortano “questa è una bella scelta… questa l’hai fatta bene… si, qui c’era l’opzione di stare sempre vicino al sentiero…”. Vuoi vedere che anche questa volta Tiziano “ha tracciato per me”? E’ solo quando penso ai ragazzi che stanno per prendere il via, al Cip soprattutto, che mi rendo conto che le mie quasi due ore di gara non hanno proprio piegato la Foresta Umbra, perché un conto è andare ad affrontare di petto quel bosco carsico, navigando tra le buche e le colline. Un altro conto è rimanere sempre al sicuro sui sentieri fino a farsi venire di nuovo le vesciche alle caviglie a furia di correre…

“Per la staffetta di domani - mi dico – devo inventarmi qualcosa per stare di più sotto la linea magenta”. Altrimenti poi Rusky mi dice che, persino quando faccio lo speaker e non ho nulla da vincere e da perdere, non trovo ugualmente il coraggio di fare davvero orienteering…

2 Comments:

At 5:02 PM, Anonymous Anonymous said...

Ridi ridi... io almeno a Monte Sant'Angelo ho vinto! :-)

Stegal

 
At 8:15 AM, Anonymous Larry said...

È il rasoio di Ockham applicato all'orienteering: se c'è già una strada, perché inventarsene delle altre?

 

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