OOCup 2013... don't stop hope!
Mi piace la Slovenia. Mi piace correre in Slovenia. Mi piacciono i boschi sloveni. Mi piacciono le sfide che gli organizzatori sloveni offrono. Che si chiami Cerkno Cup, o Magnus Cup, o più recentemente OOCup, mi piace tornare in Slovenia attraversando il confine a Fernetti o a Villach, o anche attraversandolo a Zgonek durante una gara! Si, ok… nel corso degli anni sono diventato più vecchio (problema mio), sono diventato più grasso (colpa mia), non so più cosa voglia dire la parola “allenamento” (sempre colpa mia). Tuttavia ho la sensazione che, ogni volta che prendo il mano una cartina slovena, la sfida che mi viene sottoposta dai percorsi mi richieda sempre qualcosa di più della timbratura quotidiana del cartellino… inteso come “giornata di routine in ufficio” e non in senso puramente orientistico.
So, lo so sempre meglio ogni anno che passa, che i miei
tempi per completare le gare in M40 saranno sempre più alti; so, altrimenti
fingerei di non sapere, che per cercare il mio nome nella classifica dovrò
scendere ogni anno sempre più in basso fino a raschiare la lista di chi si è
ritirato o non ha completato correttamente le punzonature. Soprattutto so,
altrimenti non mi iscriverei né in M40 né andrei a gareggiare in Slovenia, che
di quest’ultimo aspetto non può fregarmene di meno. Perché so che, quando andrò
a rivedere le cartine di gara, il primo pensiero sarà spesso “Ma come diavolo
sono venuto a capo di questo percorso?!?”. In modo particolare rivedendo la
cartina che in bella mostra sul tavolo della cucina: Stonah, la celebre Stonah!
Ed il suo percorso con 510 metri di dislivello sulla linea del tracciatore!!!
Don’t stop hope. Ho corso per 5 giorni, tutte e cinque le
tappe, con la stessa maglietta che compare nella foto. E’ dell’Associazione “Correre
per la Speranza”, ho pensato che avrebbe potuto portarne un po’ anche a me. E’
una maglietta che ora chiede un po’ di pietà ma che potrebbe tornare utile
nelle prossime gare, visto che potrei persino adottarla come divisa ufficiale
della mia panza. Più che una maglietta, un messaggio. Rivolto a me e, a
chiunque altro fosse importato, rivolto ai concorrenti che avessero avuto la
ventura di incrociarmi. Sono sicuro che dei 1500 presenti alla OOCup 2013, più
di qualcuno ha dovuto aggrapparsi alla speranza di arrivare fino al traguardo,
dando fondo ogni giorno a tutte le proprie energie fisiche e mentali;
purtroppo, o per fortuna altrimenti saremmo tutti primi in classifica, io sono
uno di questi. E se è vero, come mi ha appena detto Marco Ongaro, che sono
arrivato 46esimo in classifica generale in occasione del mio 46esimo
compleanno, allora ciò è solo di conforto perché per l’anno prossimo punto
dritto al 47esimo posto… all’Oringen però!!!
Don’t stop hope, quindi.
(Le carte di gara ora sono disponibili, ma chi vuole vedere alcuni percorsi ancora più tosti può fare un salto qui http://orienteering.usprimiero.com/tre-primierotti-in-slovenia-oocup-2013/ e leggere il bel pezzo a firma Andrea Orler).
Il primo giorno si parte a Movze, con una gara middle come
piace a me, con tanti punti come piacciono a me, e con 215 metri di dislivello
su uno sviluppo lineare di 3,7 km, come NON piace a me… La partenza della mia
OOCup 2013, proprio il primo punto, è abbastanza emblematico: devo trovare una
buca a 200 metri dalla partenza in una zona con un sacco di dettagli, una buca
che stando al comunicato gara è parzialmente coperta da un albero. La mia mente
va un po’ in confusione: su che cosa mi conviene focalizzare il segnale? Sulle
buche o sugli alberi caduti? E’ ovvio che con questa concentrazione potrò
trovare il punto solo con una certa botta di culo… che non ho. Arrivo infatti
dritto ad una buca che ha sopra di traverso un “albero” spesso quanto il mio
braccio. Con una lanterna! E’ la mia? Io cerco la 54… la lanterna è la 72.
Andiamo benone! Per fortuna dal mio campo visivo di destra compare il geometra Cignini.
Segue uno scambio di battute abbastanza assurdo nel quale io gli indico la 72,
lui capisce “82” (che sta cercando!) e mi indica il punto sul quale pensa di
trovarsi. Io riparto da lì e lo sento dire “Ma questa è la 82, non la 72!”, e riparte
in direzione opposta. Il bello della faccenda è che, partendo da un punto a
caso che non ci azzecca niente, io finisco dritto sulla mia 54 e lui dritto
sulla sua 82! Seguono i soliti “rimbalzi” da un punto all’altro delle classiche
gare middle slovene, un paio di ascese sulla linea di massima pendenza per non
poche curve di livello ed un passaggio “non è un paese per chi soffre di
vertigini!” sul quale ritrovo Enrico che ha scelto anche lui di dimostrare che
siamo stati punti dal ragno radioattivo come Peter Parker! Nel finale, una
lanterna 11 trovata più per caso che per amore della tecnica “Andiamo a vedere
il codice… si sa mai che passa qualcuno che me la chiede, così gli indico dov’è
e nel frattempo mi faccio dire dove siamo… ah! Ma è la mia!! E questo sarebbe
un avvallamento?!? E quel muro di sassi contro cui è appoggiata che c’entra?!?!?”,
e poi una zona conclusiva più filante su un percorso molto simile a quello
delle W35, così che io e l’olandese Olga ci facciamo compagnia fino al
traguardo dove arrivo in poco meno di un’ora e mezza.
Il secondo giorno si corre a Gladka Dolina, un’altra middle
da 6 km + 200 metri di dislivello e 24 puntidi controllo come piacciono a me.
In effetti, dopo aver trovato la prima lanterna in modo un po’ tremebondo (memore
del giorno prima…), i successivi 9 punti sono tutti accatastati uno sull’altro
nella zona con tutte le buche, i sassi e le rocce affioranti, ed è un gran bel
divertimento usare il punto di controllo appena trovato come punto d’attacco
per quello successivo. Anche dalla 10 alla 15 le tratte sono appena più lunghe
ma ci si trasferisce in una zona della carta con un bosco molto meno ripido e
con i movimenti del terreno assai più fluidi e dolci (sarà il terreno di gara del
trail-o del pomeriggio). Purtroppo per me, dopo essere passato alla 15 in quasi
58 minuti di gara ed aver messo nel mirino l’ora e mezza, la 16 prevede una
discesa di quasi 15 curve di livello che devono essere riguadagnate prima con l’attraversamento
di un verdino feroce che mi manda l’ago della benzina in zona rossa, e poi co la
solita risalita per la linea di massima pendenza. Quello che torna alla 20
(uguale alla 15, trattandosi di loop) è uno Stegal in versione zombie che ha
ben poco da dare ancora e che fino al traguardo metterà insieme parecchi
svarioni fino a concludere in totale debito di energie in 1 ora e 50 minuti…
Nel pomeriggio, prima gara della tre giorni di trail-o.
Prima però c’è tempo per 45 minuti buoni di Camel Trophy sloveno per riportare
la macchina dalla zona del parcheggio alla strada carrabile, facendo il giro in
senso unico di tutte le montagne circostanti su strade sterrate che metteranno
a durissima prova sospensioni, trasmissioni e soprattutto pneumatici dei
concorrenti. Poiché non ho la voglia n éla forza di mangiare dopo quasi 2 ore
di gara + 45 minuti di rally, prendo il mio trail-o un po’ alla leggera finendo
per commettere più errori del dovuto, soprattutto nella seconda parte di gara
nella quale non ho più lo spirito e l’adrenalina per aggredire le piazzole ma
lascio che le risposte (qualunque esse siano) vengano a me… e non sempre
(ovviamente) arrivano!
Terza tappa a Vrsan Vhr, ed è abbastanza temuta (sa me) perché
cominciano ad essere 6.5 km + 235 metri di dislivello per 17 punti di
controllo. Il che fa presagire quelle belle tirate lunghe “stile Rocco Siffredi”
che non piacciono a me. Ed in effetti la prima parola che pronuncio allo start
delle 10.01 dopo aver guardato la cartina è “Minkia!”: sei lanterne in un fazzoletto
e poi una tirata di 1300 metri lineari. Poi altre 4 lanterne in un fazzoletto
ed altre 4 tirate lunghe fino al traguardo. Taro la testa sui 120 minuti di gara
e mi metto il cuore in pace quando, dopo la 6, devo attraversare tutta la cartina
in senso longitudinale; il fatto è che ci metto, è vero, 20 minuti, ma quando
arrivo alla settima lanterna mi convinco quasi che anche le tirate lunghe non
fanno più paura. Mentalmente, però, non “cambio ritmo” e sbaglio di brutto la 8
che sta a nemmeno 100 metri, restando corto perché non capisco che devo tornare
a fare orientamento fine. Cerco di rimettere la testa sulla carta e per la 9
addirittura esco di cartina senza vedere un sentier(ino) che fa da margine alla
zona cartografata, trovandomi peraltro in discreta compagnia con altri colleghi
e colleghe di sventura (una di queste, una slovacca coi capelli rossi, credo si
stia ancora pentendo di avermi seguito con fiducia). Riesco a rientrare un po’
in sintonia con la carta sulla 10 ed 11 che sono ancora corte, e poi mi
accompagno verso il traguardo al ritmo dei piedi che ormai fanno “stump stump
tonf tonf” e non il “tràppete tràppete”. Dalla 15 alla 16 (penultimo punto
appena sopra la zona arrivo) è un altro chilometro buono di bosco nel quale l’unica
cosa sensata sarebbe seguire i rumori che giungono dall’arena di arrivo e
appoggiarsi al sentier(one) che fa da margine alla carta e che porta all’arrivo…
ed invece mi fermo solo quando arrivo alla strada e trovo il parcheggio con le
macchine! Insomma: per la seconda volta nella stessa gara sono finito fuori
cartina! Cosa che mi sarà successa solo un paio di volte prima d’ora, ed io
vado a rifarlo due volte nello stesso giorno. Piuttosto che cercare il punto
rientrando in carta, preferisco abbandonare la dignità e scendere al traguardo
lungo la strada e, da qui, risalire penosamente fino alla 16 del misfatto e poi
scendere di nuovo al traguardo… spero che tutti i concorrenti che ho incontrato
nella zona parcheggio abbiano pensato che stavo facendo defaticamento! Segue un
curioso siparietto con il capoccia dell’organizzazione… IO: “L’ultimo giorno ho
la partenza alle 12.45. Non è che si avete un buco in griglia per
anticiparmela?” LUI: “Credimi. Sono venuti in tanti a chiedermi la stessa cosa”
IO: “Ok, capisco. Mi spiace perché credo che dovrete aspettarmi parecchio al
traguardo” LUI: “Quanto tempo hai impiegato oggi?” IO: “Due ore e dodici
minuti. E sono uscito due volte di cartina!” LUI (rassegnato, si vede già ad
attendermi al tramonto): “Ok, vedrò quello che posso fare…”.
Il pomeriggio prevede la seconda tappa del trail-o, quella
tracciata da Marco Giovannini. Tengo molto a questa gara, pur sapendo di avere
poche possibilità di ben figurare, perché è tracciata da Marco di cui sono
stato controllore ad una Coppa Italia. Purtroppo, soprattutto nella prima metà
di gara, la maggior parte delle mie valutazioni (distanze, curve di livello,
angoli) si rivelano errate; la seconda parte di gara è un calvario di fatica
dovuta a calo di zuccheri ed energie. Finisco la gara vedendo buio a macchie
davanti a me e facendo fatica a mettere i piedi uno davanti all’altro, come un
pugile suonato…
… e preoccupato. Perché il quarto giorno si va a Stonah! E’ “la
carta”, quella che anni addietro aveva mandato in crisi tanti Elite. E’ “il
percorso”, quello con 6,5 km + 520 metri di dislivello. E’ “il tracciato”, perché
Stonah non perdona(h) con le sue zone dettagliatissime e le pendenze improvvise
e le ampie zone rocciose sulle quali è impossibile procedere diritti. L’impiegato
panzottello mette nel mirino le tre ore di gara, e credetemi che bisogna farsi
un training autogeno grande così perché quando la prima ora di gara se ne è
andata, vuol dire che non si è nemmeno a metà gara, e quando si arriva vicini
alle due ore di gara e le energie sono al lumicino bisogna tenerne ancora di
riserva per gli ultimi 60 minuti di fatica, mica 10-15 minuti che vanno via
facili! Parto lentamente sui primi punti che sono molto vicini tra loro, e non
pago nemmeno tanto il fatto che dalla 1 vado verso la 5 anziché la 2 (sono qui
per arrivare al traguardo, non per vincere la gara). Punto dopo punto, fatica
dopo fatica, indecisione dopo indecisione (ma nemmeno tante!) supero l’ora di
gara quando sono al decimo punto, arrivo al ristoro-benedetto-ristoro in un’ora
e quindici minuti, sbaglio ancora parecchio (in buona compagnia) alla 15 ed
alla 16 ma a quel punto è giunta l’ora di riprendere la via per il traguardo,
con gli ultimi punti che sono sì tirate lunghe ma portano dritti all’arrivo. Mi
immagino addirittura di poter chiudere sotto le due ore e mezza che, se io
fossi partito per ultimo, rappresenterebbero il tempo limite di gara, e lotto
veramente con tutte le forze che ho ancora per cercare di raggiungere almeno
questo obiettivo. Due ore e dieci, due e venti, due e venticinque… arrivo al
penultimo punto in 2.28.37 e trovo le forze per tuffare il cuore (e la panza)
oltre l’ultimo ostacolo di verdone, dritto verso la 100. Sprinto sul traguardo
e per una volta forse i piedi fanno veramente “tràppete tràppete” e non “tonf
tonf stump”: due ore, ventinove minuti e 55 secondi. Forse ce ne vuole davvero di
coraggio da parte mia per dire Obiettivo Raggiunto, ma “non è da questi
particolari che si giudica un giocatore”… mentre scrivo queste parole, la carta
di Stonah è davanti a me sulla scrivania ed ancora, nonostante siano passati
pochissimi giorni, sono qui a chiedermi come sia stato possibile non solo
concludere il percorso, ma anche riuscirci in un tempo tutto sommato
ragionevole. Chi volesse smentire, non ha che da andare a Storika Planina
(Slovenia) e provarci…
Il fatto di essere rimasto sotto alle due ore e mezza mi dà
anche un certo morale per l’ultima tappa del trail-o, sul quale stavolta riesco
a rimanere concentrato (onestamente il percorso è un po’ più facile rispetto a
quello dei giorni precedenti): il risultato mi vedrà al traguardo con due soli
errori, forse sui due punti più
opinabili, e qualche posizione guadagnata in classifica generale.
L’ultima tappa si svolge a Dravh, sempre nella zona di
Storiska Planina ma sul versante della montagna dov si sono le piste da sci.
Gli organizzatori si dannano l’anima per farci tre regali: la tappa è davvero
corta, si corre sulla carta 1:7.500 e si può arrivare in partenza in seggiovia
anziché smazzarsi 180 metri di dislivello. Sulla zona tira un vento freddo che
annulla gli effetti del sole caldo: in area partenza, sul pascolo, ci sdraiamo
nell’erba tra felci ed ortiche per lasciare che il vento passi sopra il livello
dell’erba senza congelarci. La partenza, al di là di un piccolo bosco, si
sviluppa su una zona di pascolo davvero scoscesa, con erba alta, fondo irregolare
e soprattutto bagnato; impossibile per i miei quasi-due-metri stare in piedi! L’andatura
diventa quindi un continuo procedere come se fossi in salita, nonostante la direzione
che percorro sia nettamente in curva di livello. Dopo 5 punti a continuo
rimbalzo da una parte all’altra di un grosso avvallamento, la tratta 5-6 mette
a dura prova il mio equilibrio, e non solo fisico: occorre infatti scendere di
traverso tra le rocce per una quindicina di curve di livello. La situazione che
mi si para davanti sembra quella di un videogame, il primo livello del vecchio “Troll”
nel quale bisogna evitare le pietre che il passaggio dei concorrenti più in
alto fa cadere copiosamente a valle; si aggiungano un paio di passaggi nei
quali impiegare veramente i poteri di SpiderMan, altre situazioni nelle quali
il mio sguardo si posa un paio di metri davanti a me in linea orizzontale ma un
paio di decine in verticale… e quando finalmente e sospirando di sollievo
arrivo alla sesta lanterna le mie energie mentali sono belle che andate! Quasi
altre 15 curve a scendere di nuovo tra le rocce per arrivare alla 7, e sono nel
francobollo di carta iperdettagliatissimo 7-12 ma le energie e soprattutto l’adrenalina
non ci sono più: metto insieme parecchi svarioni (non sarò il solo) ed una
serie di punti trovati a modo di “vado là e guardo dietro a tutti i sassi ed in
tutte le buche” ed è con un certo sollievo che dalla 12 prendo la strada della
13 e dell’arrivo… in salita!!! Termino la gara in un’ora e 8 minuti, ma il
ritmo è quello dei giorni precedenti e questa era veramente corta, e devo dire
che stavolta dopo 8 gare e tante pietre e buche e rocce e Stonah sono quasi
contento che il giorno dopo non ci sia da tornare a mettere la maglietta “Don’t
stop hope”.
Come proseguiranno le avventure? Non lo so, però l’ultimo
volantino che ho trovato sul parabrezza dell’auto dice: 8-12 marzo 2014 Lipica
Open, 15-20 luglio 2014 Cerkno Cup, 24-28 luglio 2014 Bubo Cup, 1-5 agosto 2014
OOCup. Ho predetto che la Slovenia sarà la prossima nazione a sorpassarci nel
ranking mondiale. Sarà che hanno boschi come questi proprio sull’uscio di casa,
ma se il livello delle organizzazioni rimane quello di quest’ultima OOCup, una
capatina ad uno degli appuntamenti qui sopra indicati occorrerà proprio che io
vada a farla.
(la cascata di Slap Savica: bellissima!)
3 Comments:
Concordo anch'io, che ho finito la Bubo cup pochi giorni fa! Mi piacciono i boschi sloveni, mi piacciono le cartine slovene e soprattutto mi piace avere tutto questo a pochissimi km da casa. :-)
Ho sofferto leggendo della tua OOCup... Quanto ti capisco... anche la Bubo è stata dura, soprattutto la tappa di Bisaga, ma ce l'abbiamo fatta anche stavolta.
Tanti auguri giovane!!
Anka
Buon compleanno, Spi.
(Resto offesa a morte per il fatto che tu sia venuto a SOLE tre ore da me e non sia passato a omaggiarmi)
Ok, mi hai smascherato. In effetti mi ero fatto un paio di bicchieri di Slivovitz prima della partenza;-), ma che non si sappia in giro! Comunque 5 gare veramente STUPENDE. Unica nota dolente, la mancanza di uno speaker all' altezza della situazione . . . Colpa tua, ci hai abituato troppo bene. Ciaooo
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