Il Morb(i)o di Stegal
Il Morb(i)o di Stegal è causato da una insufficienza cerebrale
cronica: il contenuto della scatola cranica produce nei soggetti colpiti da
questa patologia una proteina, l’Intelligentina, in scarsa quantità. La
conseguenza è una serie di disturbi che caratterizzano il Morb(i)o: stanchezza
cronica, difficoltà di corsa, scarso senso dell’orientamento, imprecisione
nella lettura, miraggi… Le statistiche dicono che viene colpita una persona su
330, di solito quella più panzottella o più impiegatizia delle 330 (se i tratti
della persona in questione sono sia impiegatizi che panzottelli, la probabilità
si impenna). Prima che il paziente possa manifestare tali sintomi, il Morb(i)o
può essere diagnosticato attraverso una
attenta lettura della cosiddetta “griglia di partenza”, ma coloro che sono a
rischio di essere colpiti dal Morb(i)o potrebbero attivare una terapia
immunitaria attraverso l’esame del referto noto come “lunghezza e dislivello”.
Per tutti coloro che non fossero del tutto coscienti della
geografia del Canton Ticino, Morbio (senza parentesi) è un dolce paesino posto
pochi chilometri al di là del confine elvetico, a non più di 60 chilometri da
Milano. Esso accoglie il viandante, o l’occasionale orientista recatosi con
fiducia ad una gara del TMO (che non vuol dire Terrorizzo Milanesi Ovunque ma
Trofeo Miglior Orientista), con un bel cartello che dice “Morbio Inferiore”… poco
importa alle cronache mondane, più impegnate a riferire di scontri in piazza a
Verona ed arresti di orientisti in massa, se domenica scorsa mi è toccato
transitare sicuramente anche per Morbio Superiore, poi sarò passato sicuramente
anche per una Morbio Ulteriore, una Morbio Excelsior, una Morbio “per aspera ad
astra” ed infine una Morbio “tempo che arrivi qui, abbiamo asfaltato un altro pezzo
di strada… in salita!”.
Il problema è che io, non essendo auto-immune dal Morb(i)o e
non avendo attivato per tempo la terapia “lunghezza e dislivello”, ho
immagazzinato nel cervello una quantità di informazioni che possono essere così
sintetizzate: sprint + in paese + terreno piatto + un bel modo di ricominciare la stagione
dopo la pausa estiva. Dove posso aver sentito dire che la gara fosse una
sprint, non è dato sapere (5,5 km). Il fatto che fosse in paese, ok… più o meno…
un paese insidioso, variegato, e con un paio di passaggi nel verde (verde
orientistico) come capita spesso di fare in Ticino… e poi qualcuno si domanda
ancora come fanno i ticinesi a diventare campioni e campionesse del mondo
master!
Piatto. Ecco… questo è il pensiero che fa subito pendere l’ago
della bilancia verso la diagnosi del Morb(i)o. Eppure dovrei saperlo. Dovrei saperlo! Ci hanno fatto persino una domanda su QuizCross! Qual è l’unica professione che io non potrei mai
esercitare in Ticino? Il fabbricante di livelle! In Ticino, ovunque posi una livella,
quella cacchio di bolla schizzerà immediatamente da una parte o dall’altra. Non
c’è modo di evitarlo: non esiste in Ticino una superficie più larga di 10 metri
per 10 metri completamente piatta; persino i campi da calcio sono a dorso di mulo,
chi ha inventato il cartone animato di Holly e Benji si è ispirato in Ticino!
Persino la palestra del Pregassona era in salita (e il tabelloni erano di
legno, ma questo è un altro discorso…)!!!
Così domenica mattina mi sono messo in tiro, mi sono
infiocchettato e profumato, ho indossato la più bella divisa del reame (quella con
i colori turchesi dell’AGET, no shit!... è la più bella. Punto!) ed ho valicato
il confine di stato al grido di “è qui la gara sprint piatta per ricominciare
la stagione?”. Sono convinto che la capitana dell’AGET, Lidia, nel leggere le
griglie di partenza abbia sospirato e le palpebre le siano andate un po’
indietro: mi sono infatti iscritto in HAL, che non è il computer di “2001 Odissea
nello Spazio” e nemmeno un acronimo realizzato retrocedendo di una lettera la
sigla IBM, ma vuol dire “Esemplare maschio di primissima categoria orientistica cimentantesi sul percorso più lungo”.
Mi sono trovato colà in compagnia del già campione italiano e futuro campione
italiano Sebastian Inderst, del futuro campione svizzero o italiano (se sua mamma mi desse
retta!) Tobia Pezzati il quale, allora solo sedicenne, riuscì a pettinare per benino tutti
i nostri junior ai Campionati Italiani Middle di Cinte Tesino, e di altri vari
dignitari di alto lignaggio.
Chi partiva davanti a me in griglia poteva considerarsi salvo; c’era
infatti il rischio che chi fosse partito dopo di me si trovasse la
strada sbarrata da un ammasso di carne flaccidolenta da dribblare con una
scelta di percorso penalizzante. Flaccidolenta tuttavia elegantissima,
accidenti! Perché la capitana mi ha recapitato a Morb(i)o sia la
nuovissima-più-bella-ancora tuta dell’AGET sia un training trimtex da urlo in
passerella che ha fatto dire ad una persona che non cito “vestito così, sembri
un atleta persino tu!”. Il training farà la sua comparsa sui prossimi campi di
gara: le mie fans sono pregate di mettersi in coda per l’autografo e di non
lanciare mutandine sul palco!
Poiché si sono almeno 30 gradi di temperatura (e 40 sull’asfalto),
la mia partenza è alle 11.54 e soffia un vento caldo che asciugherà qualunque
goccia di sudore, mi tocca togliere a malincuore il training e dare una
occhiata intorno: pareti di montagna ovunque, ma tanto la gara è sprint (ancora
‘sta sprint???) e sarà tutta qui attorno, no? I primi dubbi nascono spontanei
all’arrivo al traguardo del “66 virgola sei periodico” per cento dell’OK Bovec,
ma il 66,6% quello forte: Metka e Kristian. Hanno posato un po’ di punti e
provato il percorso… e sono sfatti da paura! Quindi… quindi quel foglio di
carta che diceva “250 metri di dislivello” non conteneva un refuso??? Accidempolina.
Sarà il caso di mettersi di impegno e cercare di portare a casa la pellaccia.
Mentalmente, mi faccio un appunto : sarà importante soprattutto non commettere alcun
errore, anche perché il commento del 33,3 periodico per cento femminile dell’OK
Bovec è che la gara è ancora più dura di quello che dicono la lunghezza ed il
dislivello. Potrei scrivermelo persino sul braccio: “non fare errori stupidi!”
(sottotitolo: “tanto hai già fatto quello più grosso al momento di scegliere la
categoria”). Purtroppo devo essere arrivato da casa con l’intera dotazione di Carioca
vecchi come il cucco, o con il set di penne di James Bond: solo inchiostro
simpatico, sul braccio non rimane scritta una fava ed il proposito di non
commettere errori sparisce subito come una lacrima nella pioggia.
Il secondo leggerissimo (!) errore consiste nel
voler essere troppo per benino, troppo perfettino e troppo pulitino nel mio
gareggiare in Svizzera. Faccio il paragone con il personaggio del vecchio marpione
che, avendo garantito alla ex moglie che per un po’ si sarebbe astenuto dal
correre dietro alle gonnelle, rifiuta le avances di una comitiva di fanciulle.
Spiego meglio. Poiché sono italiano in terra elvetica, e ci pensano già i miei
connazionali non orientisti a fare quotidiane figure di emme e a tramandare
generazione dopo generazione il vecchio detto “same ities always cheating” (da
canticchiare sulla melodia del Big Ben), e poiché l’AGET Lugano va fiero del
fair play dei propri tesserati, ben in 45 al via a Morb(i)o, io sto sempre
attentissimo a rispettare qualunque norma del regolamento della gara: passaggi forse
proibiti forse , verdi apparentemente privati, campi coltivati ma anche no… se
in Italia sto con le antenne drizzate almeno su un canale analogico, quando
corro in Svizzera metto su anche il digitale, la parabola, il decoder e l’alta
definizione: non ho nulla da vincere in Italia, figuriamoci in Svizzera!, ma potrei
perdere la faccia (non voglio farlo in Italia, figuriamoci in Svizzera) e
soprattutto non voglio creare alcun problema alla mia squadra, anche perché in
Svizzera non ci pensano su due volte a buttarti fuori di classifica per un
taglio fuori programma, magari nemmeno voluto. Altro che i tre gradi di
giudizio, la Cassazione, la Consulta, l’Alto Commissario e poi ci si mangia
insieme una amatriciana e amici come prima!
Il leggerissimo errore di cui dicevo sopra, quindi, sta nel
fatto che le righe barrate rosse che compaiono sulla mappa tutto attorno alla
zona di partenza non sono, come da me ipotizzato, un chiaro evidente segnale
del fatto che quella strada non è percorribile. Infatti le linee barrate rosse
lasciano uno spazio largo un micron su un lato della strada, in corrispondenza
del marciapiede. Come avrei potuto accorgermene? Semplice: su quella strada è
segnato un passaggio obbligato che non avrebbe ragione di esistere, ed anche l'inchiostro utilizzato per evidenziarlo avrebbe necessitato di essere consumato, se su quella strada non ci si potesse passare!
Qui di seguito la carta di gara, gentilmente passatami dal co-speaker dei JWOC
ticinesi Filippo Pezzati.
Quindi, una volta preso il via, la scelta giusta sarebbe stata
quella di salire-salire-salire fino alla 1. Cosa ha fatto invece Stegal, tutto
preso dal suo fair play e dal fatto che non mi è passato nemmeno per l’anticamera
del cervello che si potesse passare? Attenzione, non ridete (oppure si, ridete,
che cavolo mi frega?). Tutto a nord-est fino alla fine della strada, GIU’ (!!!)
per le scalette, di nuovo a nord-est fino all’incrocio bello grosso, poi SU in
salita ad incrociare la tratta 1-2, giro in senso antiorario attorno al
complesso di edifici con il cortile che contiene la 1 e finalmente punzono. E ho
già perso più di 4 minuti rispetto al tempo del vincitore. Il bello è che, mentre mi sciroppo tutto questo, il mio
unico pensiero è “però… che scelta controintuitiva…” (!) “che bel tracciato…
chissà se qualcuno perderà tempo cercando di voler tagliare nelle stradine
senza uscita…” (!!). Ma il pensiero più bello di tutti arriva mentre sulla
salita sto per incrociare la tratta 1-2 e soprattutto incrocio Gianni
Guglielmetti che, partito 4 minuti prima di me, stava già scendendo verso la 5:
“mmmhhh… guarda che faccia sorpresa che fa il Gianni… si vede che gli ho già recuperato qualcosa… vai così!”. Invece, ne sono sicuro, il Gianni stava
pensando “ma da dove cavolo arriva questo???”. E dico “cavolo” perché i ragazzi
ticinesi, Gianni per primo, sono tutti educatissimi e non arriverebbero ad
inserire nella frase quella parola che fa rima con “pazzo”… anche se in un caso
come questo ci starebbe benissimo!
Il giro 1-2-3-4 è bello, ma proprio bello bello bello e non sarà l'unico! Tutte
tratte non sempre intuibili in un battibaleno, non per me almeno. Nel punto in
cui la mia scelta 3-4 incrocia la linea immaginaria che porta dalla 4 alla 13…
caspita: non vedo le linee conduttrici ma vedo le linee immaginarie! Deve
essere un effetto secondario del Morb(i)o di Stegal… in quel punto incrocio Kristian
che sta pattugliando il paese (come se in Svizzera sparissero le lanterne) e
che mi fa segno “vai così! Vai così!”. Invece dovrebbe chiamare il soccorso
alpino. In quel frangente io do il meglio di me, producendomi in una spettacolare
imitazione di Giuliano Gemma nell’immortale sequenza di “Anche gli angeli
mangiano fagioli”… non nel senso che mi metto ad andare a trazione posteriore
ma nel senso di quel che succede al minuto 1:06, ed anche più tardi, di questa
sequenza finale http://www.youtube.com/watch?v=tKT2dtw5Sig
Dopo che mi sono fatto venire il mal di testa per andare
alla 4, è tempo di scendere alla 5, di raggiungere la 6 sotto la caldazza
infernale e, una volta giunto qui, scegliere tra la morte per sedia elettrica e
quella per impiccagione per arrivare alla 7. Due alternative? Forse addirittura
tre: c’è anche l’iniezione letale! Infatti c’è chi come me sceglie la sedia
elettrica andando a destra, su per i campi e poi di traverso sui sentieri
percorribili per arrivare alla 7 da sud-est (e qui, chissà come mai, mi accorgo
che la strada ha un lato praticabile); ma c’è anche chi sceglie l’impiccagione,
riprendendo tutta la strada verso nord-ovest e tagliando poi per un sentierino
quasi invisibile. Ed infine c’è l’”iniezione letale”: dritto sotto la linea
magenta! Ma come? C’è una zona larga come l’estuario del Tamigi di verde
in-attraversabile + una parete di roccia che al confronto certe carte della
Croatia Open sono dei prati all’inglese?!? Beh... come dicevo prima, non andate
a chiedervi come mai nella piccola popolazione di orientisti ticinesi ci sono
un certo qual numero di campioni del mondo master!
“Per fortuna che la salita è finita” disse Pinocchio
rompendo immediatamente una finestra con il naso! Per andare alla 9 prendo la
circonvallazione nord, ripasso come Giuliano Gemma davanti a “Sorriso” Kristian
che ancora una volta non chiama il soccorso alpino, e arrivo al punto da sud.
Andare alla 10 vuol dire raccapezzarsi tra il sudore, la fatica e tutte quelle
righe nere di recinti non attraversabili che sembrano una versione complicata
dello Shanghai. Idem dalla 10 alla 11, beccando un micron quadrato di carta che
rappresenta una scaletta che butta subito sulla strada principale; Metka mi
dirà di non averla vista, ma io rispetto a lei ho il vantaggio di andare solo a
due chilometri all’ora. Anche dalla 12 alla 13 faccio una cosa carina andando a
nord a prendere un’altra scaletta da un micron quadrato (Metka mi dirà di non
aver visto nemmeno questa, ma ormai io vado a 1,5 km all’ora… e vedo anche le
imperfezioni del toner). Dalla 13 alla 14 in senso orario, e poi alla 15 è
tutto facile se non fosse che vado al sasso che si trova a nord del punto!
La 16 non è difficile, basta guardare dove mettere i piedi
in quel verdino insidioso spacca caviglie, ed è divertentissimo anche tutto il
giro 17-23 attorno a quella che potrebbe essere una vecchia centrale
idroelettrica (di sicuro una industria) e sulla collina appena al di là della Breggia.
Intanto uno dei due neuroni della testa intona il canto “ma non era in paese?”,
solo che l’altro neurone è disattento perché pensa che era una sprint e tutti e
due si prendono a cazzotti rinfacciando all’altro che il percorso era piatto!
L’ultima insidia alla 25, che è SOTTO il ponte, sul greto
della Breggia; poi una risalita alla 26 talmente faticosa che quel punto lo si
può pure sbagliare (non è successo a me, né ad alcuno della mia categoria, ma è
successo…) ed infine la 27 presa dall’arrivo da tanto che era invitante il
sentierino sotto la 26: invitante quel sentierino lo era davvero, meno lo è
stata la risalita di quelle 4 curve di livello dalla 28 alla 27 nella terra
asciuttissima, e ancor meno la discesa ad aggrapparsi agli alberi! E poi finisce.
Finisce la HAL sprint, piatta, in paese che mi ero sognato in chissà quale film
e finisce la middle non piatta, non tutta in paese, che mi sognerò ad occhi
aperti quando penserò a questa gara come esempio di come potrebbero essere
tracciate tante gare middle divertentissime senza dover cartografare e
gareggiare per forza di cose a 50 chilometri e 5000 curve dal più vicino centro
abitato.
Era talmente tanta la voglia di sognare che, chissà perché (o
forse lo so io il perché) mi sono ritrovato nel mondo dei sogni già pochi
minuti dopo aver raggiunto il traguardo: un bel coccolone da caldo e la
pressione che, ancora dopo un’ora abbondante dal termine della gara, faticava a
raggiungere come valore massimo un numero a tre cifre. Ma questo ed altro per
la scienza, questo ed altro per poter aggiungere un altro sintomo, o meglio un
altro effetto collaterale, di quello che da oggi in poi sarà ufficialmente noto
su tutte le enciclopedie mediche come “il Morb(i)o di Stegal”!
Ci si vede alla prossima faticaccia, al prossimo
manifestarsi della malattia o più probabilmente al prossimo errore di
iscrizione; non faticherete a trovarmi: sarò quello fighissimo, nel nuovo training
AGET Lugano!!!
3 Comments:
che bella gara! (il tracciato, non la tua...)
non vedo l'ora di vederti agli italiani long con la tua tutina nuova
Sulla storia della "sprint" ha avuto problemi anche Metka.
Tutta la settimana di avvicinamento alla gara passata a tentare di convincerla che anche se si corre in "paese" su una 4000, non si tratta di una sprint.
E lei che con sguardo di sufficienza pensava stessi delirando :)
Ripensando a casa a quanto mi avevi detto quando ci siamo incrociati ("la scelta più assurda per il primo") ho dedotto che non avevi visto il passaggio per il primo punto :)
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