Anger(a) Games
Prima che cominci il periodo di impegni infernali del mese di
maggio, nel quale la profondità del mi cassetto di mutande sarà messa a dura
prova, rimane il tempo per una menzione sulla gara bi-sprint disputata domenica
scorsa ad Angera, sulla sponda del Lago Maggiore: una prima assoluta per me,
non per tanti altri che avevano già assaggiato nel novembre 2015 il terreno
misto asfalto-campagna della cittadina su cui vigila la Rocca omonima.
In una gara bi-sprint la prima difficoltà da affrontare è il dover
far ripartire le gambe (ed il cervello) quando comincia la seconda manche. Per
me sarà quasi l’ultimo dei problemi, in quanto sabato sera vengo preso da un
forte attacco della mia sinusite ormai cronica: la notte prima della gara
risulta parecchio travagliata e soprattutto non risolutiva, cosicché al mattino
di domenica dovrei prendere un’altra dose di medicine, ma non mi azzardo perché
devo guidare fino appunto ad Angera. E non riesco nemmeno a fare colazione.
Come ovvia conseguenza, arrivo alla partenza della prima manche che sono una
specie di sacco vuoto ed ho appena preso la medicina per la sinusite che mette
un po’ di sonnolenza.
Il percorso prevede una partenza davvero cattiva: fatta salva
la prima lanterna, cui fa da guardia un bel capanno che non è sbagliabile, basta
muovere qualche passo in direzione nord-est che tutti i particolari della mappa
in scala 1:4000 mi vengono letteralmente addosso: credo di immaginare che le
scalette riportate in mappa saranno molto più visibili di quanto lo siano nella
realtà, poi vedo poco più in basso Dario Galbusera punzonare una lanterna che
mi figuro “albero isolato” (ma non lo trovo in mappa). Mentre attorno a me
tutti corrono in ogni direzione, mi astengo dal chiedere a Dario il codice
della sua lanterna e continuo a muovermi come una gallina senza testa: quando
arrivo ad un punto di controllo in un piccolo terrapieno, e leggo il codice “67”,
mi dico “Ok, sono finito alla mia quarta lanterna…”. La lanterna che Dario
stava punzonando, per la cronaca era la mia 3. Per andare al secondo grappolo
di punti, giro in senso orario perché non mi fido più ad attraversare i
vigneti. Poi altro giro da nord per andare dalla 8 alla 9, ed una volta
terminata la salita verso la 10 non rimane che lasciar andare le gambe verso il
lago fino al traguardo.
Una volta qui, commetto l’errore cruciale di giornata: passo
dal ritrovo a scaricare il chip della prima manche ma mi fermo a parlare de
percorso e non mi rifocillo con un Enervit o un Carbogel che mi sarebbero tanto
serviti
(la foto - by Mariano Maistrello - in realtà è del post-seconda manche, perché abbiamo
in mano le carte di gara, ma il concetto è lo stesso)
Sacco-vuoto-2-la-vendetta parte per una seconda manche che
prevede una prima serie di rimbalzi tra punti molto ravvicinati, una parte
centrale “a lunghe percorrenze” (che non sono affatto sicuro di aver
interpretato correttamente) ed un finale ancora tanto movimentato fino alla “volata”
sul lungolago.
Percorso gradevoli, con Maurizio Todeschini che ha
tirato fuori quanto di meglio di poteva fare per una doppia sprint intrigante e
variata. Il titolo del blog non ha nulla a che fare con la parola italiana “rabbia”:
sarebbe stato un gioco di parole quasi perfetto se ne avesse con la parola “fame”
che però in inglese è “hunger”. Ma se di Hunger Games si fosse trattato, a
causa delle condizioni in cui ho gareggiato i tributi del Distretto 2 mi
avrebbero fatto secco nei primi minuti di gioco…
1 Comments:
😇
Post a Comment
<< Home