Calendario dell'Avvento - giorno 8 - Mediterranean Open Championship
Sembra passato un secolo, ma le gare di Lonigo e di Montecchio Maggiore valide come Coppa Italia e Mediterranean Open Championship sono state disputate solo qualche mese fa. Eravamo ancora alle prese con le zone gialle, arancioni e rosse (ed i due paesi sono a tutti gli effetti in piena zona rossa) e non sapevamo quale sarebbe stato l’andamento della seconda ondata della pandemia, come e se ne saremmo usciti. I vaccini, per quelli della mia età, erano ancora lontani.
Un organizzatore, Gabriele Viale in questo caso, decide che
l’orienteering può partire parte comunque, con tutte le precauzioni del mondo,
con infiniti ed estenuanti (giustamente, per carità) patteggiamenti con le amministrazioni
comunali fino all’ultimo giorno. A Lonigo siamo di fatti in una specie di bolla
in quanto la gara si disputa all’interno di un parco recintato dove siamo
presenti solo noi, con i passanti che si devono accontentare (qualcuno con lo
sguardo decisamente sorpreso) di guardarci attraverso una recinzione.
Di guardarci e di sentirmi. Io sono lo speaker, e sono
decisamente più emozionato del solito per questo secondo tentativo di
ripartenza dopo le gare dell’autunno 2020. Sono emozionato per la ripartenza e
per il fatto che la partecipazione internazionale è di livello
straordinariamente elevato: ci sono i fratelli Hubmann che quando mi vedono mi
salutano sempre (Daniel un po’ sul rassegnato, Martin decisamente più
rilassato), c’è Simona Aebersold, c’è Joey Hadorn, ci sono Tereza Janosikova,
Frederic Tranchand e Isia Basset, c’è anche quel bel biondino norvegese che ha
fatto vedere delle belle cose da junior… come si chiama? Ah si, Kasper Fosser. Alla
data delle idi di marzo 2021, il biondino è già abbastanza famoso come
orientista ma forse lo è di più come fidanzato di Simona Aebersold.
A metà ottobre le cose saranno drasticamente diverse.
La prima gara si snoda all’interno della parte urbanizzata
del parco, e poi si sposta verso la zona di campagna. Il terreno di gara qui è
soffice come ovatta e scivoloso come sapone bagnato. C’è una sola informazione
che mi servirebbe per comportarmi decentemente sul tracciato disegnato da
Riccardo Scalet, ed è il fatto che servono scarpe con un buon grip, magari tassellate.
Io però parto prima di riuscire a leggere il bollettino di gara, con scarpe
dalla suola liscia che più liscia non si può: le mie suole sembrano due guance
dove è appena passato il famoso rasoio a tre lame! Così, nella seconda metà di
gara, passo il tempo ad arrampicarmi con le unghie o a scivolare verso valle
sul posteriore piuttosto che a correre come un essere umano normale. Inutile
dire che la mia prestazione non ne giova. Non è che io volessi battere gli
Hubmann brothers o chiunque altro, ma almeno stare vicino al ragazzotto
norvegese che ha come unico punto a suo favore l’essere fidanzato con Simona
Aebersold…! Invece niente.
In ogni caso il segno sugli Hubmann brothers lo lascio lo
stesso (ormai mi conoscono e mi temono come accreditato menagramo), o almeno su
uno dei due, Martin. La sua intervista a Compass Sport alla fine della prima
tappa è inequivocabile: “Stavo andando
davvero bene verso l’ultimo punto, quando improvvisamente ho sentito Stefano,
lo speaker italiano, che urlava il mio nome al microfono. Da quel momento non
ho capito più niente”. Tutto questo rimane immortalato sulla rivista.
Il giorno dopo a Montecchio non siamo così isolati rispetto
al resto del paese che vive nella sua quarantena. Nonostante tutte le
precauzioni e gli avvisi, non è facile per chi sta chiuso in casa vedere gli
orientisti che corrono da una parte all’altra, come se il mondo stesse vivendo
ancora in una sorta di normalità. Non sono comunque scusabili gli insulti, le
invettive ed anche un tentativo di irrompere sul campo gara con una automobile.
Il percorso di Montecchio non riscuote, devo dirlo, il mio
favore: dopo un inizio decisamente interessante, il tutto ruota attorno agli
attraversamenti della strada provinciale ed io mi sorprendo a correre sul
marciapiede in una direzione, poi nella direzione opposta, e poi ancora ancora
ed ancora. Il mio è però un giudizio che rimane sospeso: forse il percorso è
risultato obbligato a causa della condizione di estrema precarietà nella quale
è stata organizzata la gara per via della pandemia. Posso essere poco
soddisfatto per le difficoltà tecniche di un percorso sprint in centro storico
che non mi ha estasiato, devo dare atto a chi ha organizzato di aver messo in
moto e tenuto acceso il motore di una gara che aveva una bassissima probabilità
di andare in porto. E se non fosse andata in porto questa, forse non ci
sarebbero state altre organizzazioni ancora per qualche tempo.
1 Comments:
😘
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