Trofeo delle Regioni 2025 – La mia top ten controcorrente
Venerdì 29 agosto 2025. Quando metaforicamente infilo il microfono nello zaino e salgo sul treno per andare al TDR 2025, sono convinto di sapere già tutto: dopo la bellissima e quasi irripetibile ’esperienza del 2024 pensavo di avere il manuale d’istruzioni inciso a fuoco per gestire tre giorni di gare nelle quali le ragazze ed i ragazzi sarebbero stati unici protagonisti: ritmo di gara, nomi di concorrenti a cui non sono del tutto abituato, playlist mentale di emergenza in caso di black-out.
Ero certo che l’emozione sarebbe stata più gestibile, che il
“battesimo del fuoco” 2024 fosse alle spalle. In realtà, mentre ripassavo
mentalmente i nomi delle regioni e contavo i caffè che mi sarebbero serviti (a
conti fatti: zero), avevo ancora addosso quell’agitazione buona che l’anno
scorso mi aveva fatto tremare la voce. E non sapevo che, di lì a pochi giorni,
il TDR avrebbe di nuovo rovesciato il tavolo delle certezze, ricordandomi
perché questo evento è tanto più grande di qualsiasi scaletta o copione.
Sono tornato dal TDR 2025 con la convinzione che l’unico vero
trucco per sembrare competente sia stringere il microfono come se fosse un
salvagente e parlare con tono da telecronaca NBA anche quando stai solo dicendo
“gara sospesa per temporale”. Tutto il resto – la magia, l’energia, la poesia
che scivola tra aghi di pino e lanterne arancioni – lo fanno i ragazzi, i
tecnici, le mamme che preparano panini al sacco alle sei del mattino, i
volontari che sanno montare una tenda sotto la grandine come se stessero
costruendo una cattedrale.
Il TDR non è un semplice evento: è un acceleratore di
emozioni, un parco giochi per bussole e sogni adolescenziali, una fiera
campionaria di entusiasmo che ogni anno ti sbatte in faccia un’unica verità:
l’orienteering dei giovani è più rock di quanto qualunque conferenza federale
potrà mai essere.
Se cercate l’analisi oggettiva, il bilancio tecnico, il
pathos romantico, quello è già stato scritto tutto nell’articolo di Gaia
Ferrante https://www.fisoveneto.it/ricetta-per-un-tdr-fantastico.html (un
articolo bellissimo e pieno d’amore per lo sport). Qui sotto c’è la mia top
ten, rigorosamente soggettiva, stropicciata, carica di frasi buttate lì
come birilli sulla corsia sbagliata. È il mio personale countdown “da dietro il
microfono” per chi sa che la perfezione non esiste ma che l’unica vera regola
è: correre, sbagliare, ridere, ricominciare.
10.
Iris Pecorari, fuoriclasse del microfono. Le puoi lanciare addosso
la domanda più insensata del mondo, a bruciapelo, senza preavviso, girandoti di
scatto e mettendole il microfono sotto il naso mentre lei sta facendo
tutt’altro: “Iris, commentami il volo di un corvo che passa sulla lanterna 6”.
Lei, con calma olimpica, ti restituisce una risposta chiara, densa, piena di
significato. Zero esitazioni, zero balbettii. Se il parlare bene fosse
disciplina olimpica, Iris avrebbe già il record mondiale. La media delle
persone con cui ho a che fare quotidianamente sono quei meeting manager da
“….ehmmm…. cioè… dunque…”, e Iris stravince il confronto senza attenuanti.
Attenzione: non è stata l’unica! Le brevi interviste con Paride Gaio,
Inderpreet Singh, Riccardo Granzotto sono l’ a testimoniare che i nostri
orientisti sanno parlare, con scelte lessicali che testimoniano il sapersi
districare nelle tortuosità del linguaggio come tra i limiti di vegetazione nel
bosco. Ma Iris, lasciatemelo confermare, è unica ed inimitabile. La sua
voce non vibra, non trema, non suda. È come un faro acceso nella nebbia del mio
imbarazzo: orienta e fa pensare che forse l’orienteering è anche fatto di
parole che arrivano dritte, senza zig-zag.
9.
Il Trentino vince (ancora). E’ la centordicesima
incoronazione consecutiva. Ormai non è più un albo d’oro, è un’autostrada di
vittorie dove il limite di velocità non esiste. Ogni anno diciamo “stavolta arriva
la spallata” e ogni anno il Trentino piazza la bussola sul Nord e ci ricorda
che la geografia non è un’opinione. Forse dovremmo proporre un handicap:
correre con una scarpa sola, fare punzonatura a occhi chiusi, prendere il via
con una cartina in braille. Qualunque cosa pur di vederli soffrire un briciolo…
ma no, anche così troverebbero un modo per vincere. Però io qualche variazione
al regolamento ce la vedrei. Magari far valere un po’ di più la staffetta, che
in fondo è gara unica che mette insieme cinque concorrenti nella stessa
squadra? Ma io attendo con ansia il momento nel quale, per accompagnare le
lunghissime attese della hgara di Trail-O, verrà proposto un Mobile-O, un
Labirint-O, una Microsprint all’ungherese. Tutte cose, che, sono pronto a
scommetterci, le ragazze ed i ragazzi apprezzerebbero.
8.
Il ricordo di Mattia Debertolis durante la
premiazione. Ci sono nomi che il bosco non smetterà mai di sussurrare, come se
le foglie sapessero che certe presenze non se ne vanno davvero. Parlare di
Mattia al microfono è stato come tenere accesa una lanterna sotto il vento:
ogni parola rischiava di spegnersi, ma ogni ricordo illuminava. L’orienteering
ha il potere di farti rivivere storie anche quando i protagonisti non possono
più correre: è il nostro modo di dire che la bussola della memoria non perde
mai il Nord. Il minuto di silenzio ha parlato più di cento discorsi che avrei
potuto imbastire in quel momento.
7.
L’ultima chiamata per i veterani. Solo alcuni esempi tra
tutti: Pietro Sergas, Nastja Ferluga, Paride Gaio: dopo anni di chilometri e
lanterne, salutano il TDR come vecchi amici che si stringono la mano. Sono
cresciuti insieme al rumore del beep di partenza, hanno sbagliato curve, hanno
azzeccato azimut, hanno riso di sera ascoltando l’ultimo tormentone delle
estati più recenti. Ogni chiusura è un testimone che vola verso mani nuove. Chi
prenderà il loro posto? Non lo so, ma so che la loro ombra resterà sulle
cartine come un sentiero tracciato col pennarello. Pietro, Nastja e Paride lasciano
il bosco del TDR con la stessa eleganza con cui ci sono entrati: senza clamore,
ma con mille storie negli zaini. Benvenuti in Elite!!!
6.
Le nuove frontiere: dal Lazio alla Sardegna, dalle Marche
alla Valle d’Aosta, migliaia di chilometri di autostrada divorati per un minuto
di tensione prima dello start, per un abbraccio con un avversario, per una cena
in un refettorio in comune. Il Trofeo è il luogo dove la geografia diventa
poesia: il mare incontra la montagna, le isole sfidano le Alpi, e tutti si
ritrovano a ridere sotto la stessa pioggia. Questa è la collezione più preziosa
che c’è: non medaglie, ma facce, dialetti, foto sfocate e ricordi che tra dieci
anni racconterai come se fossero leggende. All’elenco delle regioni manca
qualcosa: ci saranno sicuramente motivi validi, economici, logistici e
strutturali a monte di una mancata partecipazione. Il calendario FISO, puntuale
come le tasse, ci ha catapultato in regioni che – a sentir loro – si
vantano di aver inventato l’orienteering, scritto la storia, forse pure
piantato il primo picchetto. E che, allo stesso modo, si sono sentite offese
dall’ignoranza dello speaker e mortificate dal suo commento poco professionale
se è sfuggita la citazione di qualche trofeo polveroso o di alcuni pionieri
davvero troppo lontani nel tempo. Mancare la più bella che ci sia per le
ragazze ed i ragazzi che rappresenteranno (più che un dichiarato passato
glorioso) il futuro di questo sport è un peccato da non ripetere. E no, non sto
parlando della Liguria.
5.
Ci sono momenti nei quali lo speaker non può dare solo buone
notizie. Questo punto è dedicato a Chiara Ognibene. Che forse non mi saluterà
mai più. Penso che ci sia qualcosa di epico nel gareggiare sapendo che il tuo
risultato non conterà nulla per una punzonatura mancante avvenuta nei
preliminari della gara. È una specie di onore antico, di cavalleria tra aghi di
pino. Chiara è partita in testa, ha condotto la gara in testa, ha chiuso in
testa nonostante da dietro stesse arrivando un treno FVG con il Veneto a ruota.
Ha corso con la serenità di chi sa che non si vince solo col cronometro ma con
il cuore. Non è stata la linea del traguardo a rendere Chiara una campionessa, ma
la dignità con cui ha corso quando la classifica le aveva già voltato le
spalle.
4.
L’organizzazione ovvero “supereroi in maglia Friuli MTBO” (ma
non solo). Nessun piano sopravvive al primo contatto con un nubifragio. Eppure
eccoli, a montare gazebo sotto secchiate d’acqua, a srotolare cavi come se
fossero in missione per la NASA. Il temporale ha lanciato loro addosso fulmini?
Loro hanno tirato fuori le cerate e sono andati avanti imperterriti. I piedi hanno
franato nel fango, loro piazzano segnaletica come se fosse un tappeto rosso.
Sono le società e le organizzazioni che ti fanno tornare a casa con storie da
raccontare, e meritano un podio a parte.
3.
Alessia & Ginevra: il ritorno del microfono perfetto. Tra le soddisfazioni del
TDR 2025, aver riascoltato la voce di Alessia al microfono. Padrona della
situazione, competente oltre ogni mia possibilità, capace di gestire le
autorità ed il protocollo con la naturalezza di chi è nata con il talento, e
non fa nemmeno mostra di volersene vantare. Alessia è stata bravissima a
mettere ordine nel mio caos mentale, nelle mie scalette da circo Barnum ma senza
direzione artistica. Alle premiazioni c’erano “solo” i più alti papaveri della
regione: sono filate lisce senza un sussulto. Prossimo passo il triangolare
Trump Putin Zelenskij: sono sicuro che sarebbe un successo. Se Alessia ha una
voce che scivola tra i rami e mette ordine nel caos, con precisione svizzera,
ritmo da 400 metri piani e sorriso che sposta le nuvole, Ginevra è stata la
bussola della cabina: la direzione giusta, la calma olimpica, la battuta sempre
pronta al momento giusto. Insieme sono più sincronizzate di due metronomi,
l’equivalente orienteering delle sorelle Williams nel doppio alle Olimpiadi: se
aprissero un podcast sulle mappe, lo ascolterei in loop.
2.
Per chi non c’era. Mentre voi litigavate sulle chat dei
regolamenti, al TDR si costruisce il futuro tra aghi di pino e zaini fradici. Il
vero crimine sportivo non è la punzonatura mancante: è restare a casa mentre il
TDR esplode di entusiasmo. Il bosco perdona gli errori di rotta, ma non
perdona l’assenza.
1.
Morale della (mia) favola. Il Trofeo delle Regioni minaccia
ogni anno di essere la gara più entusiasmante, commovente e rumorosa che ci
sia. E finché non inventeremo un modo per rovinarla, continuerà a battere il
tempo giusto nel modo giusto. Io non ho vinto niente, non ho perso la voce, ma ho
guadagnato ricordi e sorrisi. E in questo gioco, è l’unica classifica che
conta davvero. L’orienteering dei giovani merita più parole di quante ce ne
stiano in un singolo post. E, onestamente, se io vi avessi raccontato ogni
dettaglio, voi rischiereste di credere che io abbia davvero capito cosa stavo
facendo e che parole stavo dicendo al microfono.
Spoiler: no, ma ci ho preso gusto. Grazie TDR!
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