Stegal67 Blog

Sunday, August 24, 2008

La mia prima ULTRAMARATONA

Tecnicamente, dicesi “Ultra-maratona” una competizione di corsa prevista su una distanza superiore a quella della Maratona classica, 42km195m.
Altrettanto tecnicamente, non posso certo dirmi un “corridore di maratone”. Se lo facessi, mentirei a me stesso perché so bene che in entrambe le maratone che ho portato a termine il parametro “ora di gara” iniziava per 4; inoltre non oso pensare alle risate di coloro, e sono tanti, che pensano che non valga nemmeno la pena partire se non si pensa di finire attorno alle 3 ore (se non fosse che basterebbe provare a vedere cosa vuol dire stare in ballo per 42 km… e spesso chi dice così non ci ha mai nemmeno provato…!)

Sta di fatto che dopo la mia seconda maratona di Milano (2000… e … 5), mi ero messo in testa di cimentarmi prima o poi in una ultra-maratona. Che però doveva avere caratteristiche ben precise: corrersi (… ehmmm… disputarsi) in un posto conosciuto per limitare al massimo gli sforzi mentali ed anche dove potessi avere un minimo di appoggio logistico per il pre e post prestazione. Saltato per due volte l’appuntamento con la Lecco-Trezzo (50 km), per qualche strano motivo sono andato a cercarmi l’ultra-maratona vicino a Coredo, alla Maratona della Val di Non che prevede un percorso di 44 km con un dislivello però tendente all’assurdo. Ma l’edizione 2008 era entrata nel GOK-calendario, e dovevo provarci.

Ok con il GOK-calendario… ma alla fine al via per una serie di motivi mi sono schierato solo io. Solo io, ma non da solo, in quanto ieri in un sabato fradicio di diluvio mi sono assicurato la collaborazione del mio amico Francesco, calciatore-tennista-baskettaro dotato di un talento impressionante per gli sport; digiuno di gare di corsa, ha acconsentito a fare con me almeno i 22 km giusto per fare passare la mattinata: la possibilità di fare i 33 o i 44 km è stata accompagnata per tutto il sabato dal gesto dell’ombrello! Questa faccenda dei 22 km, in realtà, è stata per lo più uno “schermo”: rivolto a genitori (i suoi), fidanzata (la sua), amica (la mia… è la stessa persona) per i quali già i 22 km sembravano una mission impossible nella quale gettarsi per motivi… per motivi… appunto: perché??? Perché farsi del male così? Vabbé, 22 km non fanno male a nessuno, ci siamo detti sabato sera prima di andare a nanna.

I 44 km della Maratona della Val di Non hanno uno sviluppo altimetrico impressionante. Si parte da Tres in discesa verso Castel Bragher. Da qui prima tirata verso Coredo. Qualche chilometro di piano fino ai due laghi e tuffo verso San Romedio. Da qui si riparte risalendo verso l’alto tutta la valle del Verdes finché al “Fontanino” ci si gira a destra e si scala la parete fino ai Sette Larici di cinquegiorniana memoria. Discesa fino a Sfruz, trasferimento in zona Tres e nuova scalata a risalire fino al Rifugio Sores. Da qui, tutta discesa fino a Vervò e all’arrivo di Tres. Devo ancora fare i calcoli ma siamo sui 1000 metri di dislivello, secondo me.

Piano di battaglia: camminare ben spediti in salita per non distruggersi (Francesco è un camminatore fantastico e due giorni fa è andato dalla Mendola a Coredo a piedi), corricchiare in piano e in discesa. Ma soprattutto, capire passo passo come siamo messi e scegliere con sicurezza il percorso da fare… magari con un occhio alle varie fontane sparse sul percorso e due soldi in tasca per rifocillarsi o chiamare gli amici in aiuto.

Partenza. Con calma. Non siamo ancora usciti dal paese e Francesco ingrana la marcia
“Ehi, perché partiamo così forte?”
“Per stare con quel gruppetto là…”
Il “gruppetto” è composto dai soliti vecchiotti immarcescibili, da qualche meno attempato podista e da un paio di giovanotti che a Castel Bragher hanno già preso il largo. Stando attaccati fin quasi in cima al duo più forte, riusciamo ad arrivare al “Drio al Doss” con un buon ritmo: è il primo rifornimento e il primo controllo, e siamo praticamente a duecento metri da casa. Sul Viale dei Sogni, in piano, ricominciamo a spingere di buona lena, ed all’imbocco dei Due Laghi dobbiamo fare la nostra prima scelta: 44 km dritto verso San Romedio, 22 e 33 km a destra verso Merlonga. Non c’è motivo di mollare così presto la presa, così decidiamo di scapicollarci giù per San Romedio… tanto siamo sempre in tempo per mollare la sfida e riguadagnare quota: la strada la conosciamo come le nostre tasche! A San Romedio mancano ristoro e controllo, ma non manca la voglia di provare a risalire il Verdes e vedere come reagiranno le gambe alla salita del Montanino… senz’altro meglio di tutti quelli che sulla dolce salita del Verdes allungano il passo per rimanere poi piantati sulla rampa che porta ai Sette Larici!
La fatica comincia a farsi sentire anche nella discesa che porta a Credai. Infatti manchiamo di netto la deviazione a destra e ci ritroviamo alle prime case di Sfruz senza più riferimenti del percorso: ci tocca risalire fin quasi a “Casa Camillo” (o casa Cavini) per ritrovare i segnali. Ma ci sarà di aiuto, infatti all’arrivo a Sfruz veniamo raggiunti da lei… dall’angelo della gara… dalla sciura in persona! Sessantadue anni, emiliana, non smette un secondo di parlare e di incitare tutti quanti. E poiché anche lei sta sul percorso dei 44 km (col marito 62enne) che però “è un po’ corto” perché lei fa la 100 km del Passatore tutti gli anni… insomma capiamo subito che siamo alle prese con un bel personaggino…

Così accade che alla ripartenze da Sfruz la sciura ed il marito corrono per un po’ con noi, poi alla prima salita noi torniamo al piano originale (una marcia di buon passo) e loro se ne vanno… ma per poco perché è Francesco a parlare per primo
“Io quella la trito!”
“Come, scusa?”
“Ho detto che adesso abbiamo finito di passeggiare… adesso le stiamo dietro e piuttosto la brucio alla fine, perché non posso mica arrivarle dietro!”
Ed è così che cambia la nostra 44 km.
Perché adesso dobbiamo metterci di impegno anche in salita, limare qualche secondo sulle rampe e riprendere di buon passo appena si va sul falsopiano. E scatenarci in discesa… perché a metà strada tra Sfruz ed il Sores il percorso prevede un “tuffo” di 3 km su un sentiero appena accennato e morbido sul quale riusciamo a lasciare andare le gambe veramente bene! Cosicché al ristoro\controllo a 3 km da Tres siamo due minuti davanti alla sciura. Ma soprattutto siamo ormai stabilmente sul percorso dei 44 km. Mancano 13 km e davanti a noi si erge (mai parola fu più esatta) la rampa che da Tres porta al Rifugio Sores. La prenderemmo con calma… ma non possiamo perché la sciuretta ha preso in mano le redini del gruppetto e tira in salita senza mai fermarsi. Dobbiamo resistere, anche se a metà salita ci passano davanti un paio di veneti e 3 canotte dell’Atletica Val di Sole.
Il cielo diventa azzurro tra i rami degli alberi e dopo mezz’ora di salita dura si vede un cartello “ultima salita”. E’ proprio così, è l’ultima e ci porta proprio in bocca al Sores. Mancano 9 km ma sono una passeggiata rispetto a quanto abbiamo fatto finora, e soprattutto si apre davanti a noi una nuova super-discesa: quella verso Vervò. Stavolta mi lancio in picchiata “abbomba!”; infondo al primo prato la sciura ed il marito non ci sono più… Francesco da dietro mi grida le posizioni degli altri: “I veneti avanti un tornante… Il gruppo di 3 avanti di due!!!”. E noi continuiamo a scendere a palla ed ingoiare tutti quanti: ne prendiamo una dozzina prima della fine della discesa anche se le ginocchia cominciano ad esplodere.
Al penultimo controllo di Vervò abbiamo un paio di minuti sui primi del gruppetto che abbiamo saltato in discesa, all’ultimo controllo di Tres non li vediamo comparire alle nostre spalle nonostante abbiamo dovuto rallentare sull’ultimo collinozzo che separa Vervò da Tres. Il resto sono gli ultimi 3 chilometri verso il paese, a sentire i muscoli delle gambe (tutti, nessuno escluso) che mandano segnali di dolore, a sentire le vesciche alle dita dei piedi (tutte, nessuna esclusa) che bruciano.
Ma soprattutto, questa volta, ho evitato di sentire il groppone in gola all’apparire del cartello “ultimo chilometro”… non penso che Francesco avrebbe capito.

E neanche io ho capito molto bene fino a questo momento cosa ho combinato oggi. L’unica cosa certa è che il mio personale “limite” si è spostato più in là rispetto ai 42km195 metri. Oggi ho finito la mia prima ultra-maratona.

16 Comments:

At 8:42 AM, Blogger Andrea Segatta said...

Caspita Stefano....sei un uomo di acciaio!!! Con questi dislivelli non è nemmeno paragonabile a una gara in piano.
Applausi!!!!

 
At 12:11 PM, Anonymous Anonymous said...

Mica tanto d'acciaio: sono a pezzi!
Collo e caviglie soprattutto hanno avuto il colpo di grazia sull'ultima discesa. Stamattina ho tolto la sveglia: alle due di notte stavo ancora a rigirarmi nel letto...

 
At 1:26 PM, Blogger Andrea Segatta said...

Beh, ci credo... io il giorno dopo una maratona "normale" ero in un altra dimensione... Figurati tu dopo aver affrontato questa prova devastante.
Complimenti Ste, sei davvero un grande!!

 
At 1:41 PM, Anonymous Anonymous said...

E bravo Stegal! Ora sei pronto per le long di fine stagione!
Una caro saluto da Robyt.

 
At 1:58 PM, Anonymous Anonymous said...

Ora come ora sono pronto per il reparto degenti. Fisicamente credo di poter reggere qualunque distanza... è il ritmo (inteso come velocità) che ormai è un ricordo passato. E anche il "cambio di ritmo", direi!

 
At 9:42 PM, Anonymous Anonymous said...

Dopo la o-marathon non credo che ti spaventassero 44 km.... però metterti a sfidare i vecchietti 20 anni più vecchi di te... E' come se Jonas o Gian ti vedessero in gara e pensassero solo a batterti!

 
At 8:32 AM, Anonymous Anonymous said...

Perchè non pensano solo a battermi...??? Cavoli, che delusione. Allora la prossima volta li batto io! :-)
Garantisco però che con un minimo di tecnica orientistica la sciura da la paga a tanti anche alla O-Marathon...

 
At 9:24 AM, Anonymous Anonymous said...

Ciao Stegal. Ma se ti piace soffrire così tanto perchè non cimentarti (o cementarti, vedi tu) nella mitica Firenze-Faenza? Invece perchè con tutte quelle belle carte che avete sul Ticino non organizzate anche voi delle belle gare lunghe come si faceva una volta?

 
At 10:29 AM, Anonymous Anonymous said...

Ciao Stefano, non ti nascondo che una volta ho fatto un pensierino alla 100 km del Passatore (da fare TUTTA camminando, beninteso, anche solo "per vedere l'effetto che fa" (cit.). Credo però che si tratti di un impegno in grado di sballare tanti appuntamenti orientistici prima e dopo... ed io preferisco ancora i bei fine settimana in compagnia degli amici, non so quanti mi seguirebbero tra Firenze e Faenza.

Quanto alle carte cui alludi tu (credo quelle in zona Sesto Calende) magari si potesse fare qualcosa di simile alla O-Marathon: in fondo gli amici del Gronlait hanno mostrato che non è obbligatorio che le cartine siano proprio attaccateattaccate, e che i pezzi di trasferimento da una all'altra ci possono stare. Ma io non sono un organizzatore... devo passare la patata ai più volonterosi.

 
At 6:22 PM, Blogger ale said...

Complimenti Stegal! Mi stupisci sempre!

bravo

 
At 6:22 PM, Blogger ale said...

This comment has been removed by the author.

 
At 5:24 AM, Anonymous Anonymous said...

imparato molto

 
At 5:27 AM, Anonymous Anonymous said...

good start

 
At 10:19 AM, Anonymous Anonymous said...

necessita di verificare:)

 
At 11:27 PM, Anonymous Anonymous said...

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