Stegal67 Blog

Monday, August 03, 2009



L’ultima farfalla

28 chilometri sforzo e 43 punti di controllo sono alle spalle. 4 ore e passa di fatica.

La sensazione è che il tempo si sia dilatato a dismisura... avanzo, un piede avanti all’altro, sul sentiero che porta verso l’ultimo ristoro ed ho vaghi flash di ricordi annebbiati dalle tossine: l’immagine dello schieramento alla partenza di Millegrobbe davanti ad una cartina grande come mai ne ho vista una, la lunga fila degli Elite che si allontana davanti a me già lungo la tratta per la prima lanterna, la “farfalla” iniziale con il fotogramma di Marco Bezzi a terra infortunato.



Il trasferimento sulla carta del Vezzena e la seconda rognosa farfalla, con quel punto 88 che non vuole farsi trovare; l’ultimo cambio si-card a Monterovere ottenebrato dalla fatica: le immagini non sono più vecchie di un paio di ore eppure diventano sempre meno nitide, mentre con la coda dell’occhio curo Rusky qualche decina di metri davanti a me ed i muretti attorno a me che delimitano il sentiero.

Arriva il ricordo del momento nel quale ho finalmente dispiegato tutta la carta davanti e, dopo oltre 3 ore di gara, ho compreso come una mazzata che la vera gara era ancora davanti a me: una sequenza 34-42 di 9 lanterne tutte nel bosco, con le tratte che talvolta tendono ad allontanarsi dalla zona del traguardo.
9 lanterne da lavorare e da trovare, sulle quali l’unico obiettivo è quello di non mandare in cortocircuito la testa.
9 lanterne sulle quali pensare una strategia con la poca lucidità rimasta, sulle quali sperare di riconoscere un punto d’attacco, con la perenne indecisione tra una linea più lunga e più sicura che le gambe non si possono più permettere ed una linea più diretta che non può però contemplare alcun errore in zona punto.


E l’uscita dal 41esimo punto di controllo. In salita. In mezzo al disbosco. In totale debito di ossigeno. Con lo stomaco che si vuole rovesciare ed i piedi che ricevono sempre più di malavoglia l’ordine di muoversi, di andare avanti.
Mi viene in mente la barzelletta dei matti: quelli che dovevano scavalcare 100 muri per fuggire dal manicomio ed al 99esimo, stanchi, decidevano di mollare e tornare indietro. La O-Marathon è tutta qui: non bisogna mollare e non bisogna mai pensare che si può mollare.

Vedo Rusky che piega a sinistra. Scavalchiamo un muretto ed entriamo nel prato in fondo al quale c’è l’ultimo ristoro.
E’ il momento di separarsi: le nostre farfalle hanno sempre un ordine diverso.


La mia prima ala è la più breve. Miro a nord, oltre una collina che non mi sogno nemmeno di aggirare, per incrociare un muretto di pietre. Il punto 44 è la curva del muretto. Devo solo stare attento a non mancare quel muretto... eccolo in lontananza: se fossi stato bravo, sarei sbarcato proprio in faccia alla lanterna. Invece niente. Lo percorro con lo sguardo da una parte all’altra: la lanterna non si vede. Lo scavalco. Niente nemmeno dall’altro lato. Controllo in carta: è l’unico muretto della zona, non ci sono dubbi. Istintivamente prendo a sinistra e dopo qualche metro la lanterna compare all’orizzonte. E una!

La seconda lanterna è una radura sulla collina di fronte. Se fossi stato più in forze ci sarei passato vicino scendendo verso la 43. Inutile pensarci adesso. Vado via in bussola cercando di leggere i giallini... come se ne fossi capace dopo 4 ore di fatica. La testa ripete una litania: via in bussola... Via in bussola... Davanti a me si aprono delle piccole radure... un albero a terra che fa da ostacolo. I piedi dicono di girare a sinistra ed evitare la tortura, la bussola dice al cervello di proseguire dritto e chiede ancora uno sforzo (ormai siamo all’implorazione) per scavalcare quell’ostacolo.


La testa non sa più cosa fare: si abbandona a qualcosa che potrebbe sembrare quasi blasfemo “Chiunque tu sia, dovunque tu sia, fammi trovare quella lanterna... potrei persino pensare di diventare buono, di diventare una persona migliore... ma ti prego fammi trovare quella lanterna!”. Supero l’albero: la lanterna appare come d’incanto davanti a me. In un microsecondo un ringraziamento alla bussola, ai piedi, a “chiunque tu sia”...

Si torna indietro. Al ristoro. Sovrappongo ai miei occhi l’immagine del sentiero che ho visto prima: quando il fotogramma collima con l’immagine sfocata davanti agli occhi, mi ributto a sinistra. Ecco il prato, il centro della farfalla, Luigi Girardi, il ristoro. Incrocio Rusky: ha finito la sua ala (la più lunga) e mi da qualche dritta sulle prossime lanterne “segui la trincea, poi occhio al filo spinato...”. L’ultimo avvertimento è solo una dissolvenza.


Sono nel bosco e vedo in mappa la canaletta che mi porta dritta al punto 47.

Ne manca una. Il 48esimo punto di controllo. Scendo nell’area gialla e guardando verso sinistra scorgo un evanescente filo spinato. La carta dice che potrei seguirlo per portarmi in zona punto... ma quel filo si perde in alcune macchie molto verdi.


Resta la mia carta. Il mio orienteering. Seguo una lunga fila di aree aperte. Una dopo l’altra. Il cervello manda segnali ad intermittenza: leggi la carta, segui la bussola, tieni d’occhio la distanza... controlla l’altezza. Ma non ce la posso fare. Sono troppo stanco per eseguire quello che farei normalmente: alzarmi di una curva di livello e controllare dall’alto. Devo raggiungere il punto al primo tentativo: se lo manco, potrei non avere la lucidità necessaria per riattaccare il punto.

Qualche secondo dopo.
Un piccolo movimento del terreno. Una specie di avvallamento che si apre davanti a me ad angolo retto. Una semicurva appena accennata sulla carta. E’ forse l’ultimo barlume o l’ultima fiammella orientistica che si agita... ma è tutto ciò di cui ho bisogno, è l’unica cosa di cui ho bisogno: la lanterna potrebbe essere... no! DEVE essere una curva sopra la mia testa!
Mi arrampico, i piedi si ribellano. Gli occhi guardano avanti, ed improvvisamente vedo il pennacchio della lanterna, vedo il telo. Vedo la fine.

Punto 48. Non l’ultimo della O-Marathon ma l’ultimo della mia personale sfida. Da lì in poi è una passeggiata.
Fatto. Centrato.
Al primo tentativo.
Adesso posso tornare al ristoro.
Per la via più breve, leggendo la carta. Come un orientista.


4 Comments:

At 9:23 PM, Anonymous stegal said...

Sai che quasi quasi... mi hai dato una idea?!? (non quella di "rimancerci li'", anche se c'ero quasi...)

 
At 11:45 PM, Blogger Andrea Segatta said...

Prima o poi vi faccio compagnia... è quasi una promessa.

 
At 3:54 PM, Anonymous Anonymous said...

leggere l'intero blog, pretty good

 
At 5:11 PM, Anonymous Anonymous said...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

 

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