Una tirata lunga. Noiosa. Il più delle volte in centro storico (non a Venezia!). Non c’è un bivio nel raggio dei prossimi 800 metri. Il cervello registra la situazione. Neurone-Uno dice a Neurone-Due: “ci vorranno almeno 6 minuti, al ritmo di gara di ‘sto panzone, prima di cambiare direzione di marcia. Che si fa nel frattempo?”. Neurone-Due ha le idee chiare: “Ragazze discinte in giro non ce ne sono (alle 10 del mattino di domenica???)... vetrine aperte non ce ne sono (alle 10 del mattino di domenica???)... spazio libero alla fantasia!”.
Ho il mio youtube personale. Niente firewall. Niente proposta di scaricare il video del Grande Fratello o Amici o Porta a Porta. Quando ci sono queste tirate noiose capita che mi venga in mente John Treacy. Irlandese.
Avevo 11 anni. 1979. In tv (bianco e nero) il mondiale di cross a Limerick. Nel fango di Limerick. E quando dico “il fango di Limerick” intendo una cosa grossa. Epocale. Una roba da cineteca. Treacy che non ha uno straccio di volata. Treacy che deve fare la gara per arrivare da solo. Treacy che stacca Malinovsky al penultimo giro e se ne va via da solo... sullo schermo della televisione viene verso di me in una direzione “da ore 10 a ore 4”, attorno a lui corrono le bandiere verdi col trifoglio. Fighting Ireland, prima di Eamonn Coghlan, prima di Marcus O’Sullivan.
Il rettilineo è finito. E’ ora di chiudere il filmato. Domenica scorsa John Treacy mi è venuto in mente più di una volta. Nei campi di Villanova di Bernareggio, in mezzo alla neve, per fortuna che il terreno era gelato altrimenti “altro che il fango di Limerick!”; però un po’ la neve mi ha fatto soffrire. Correre per 15 km (dovevano essere 22, ma poi ho preferito accorciare) lungo lo stretto solco scavato dagli altri concorrenti o aprirmi la strada in mezzo al sentiero sulla neve ghiacciata? Le curve... occhio!!! Una patinoire, come quella di route de Bettembourg, a Lussemburgo. Pure peggio... se volo lungo e disteso mi grattuggio pure le mani e le ginocchia (come è successo a Bibi). Eppure per una volta sono andato via bello tranquillo e solitario, pensando ai fatti miei e scoprendo curva dopo curva che il paesaggio innevato stava regalando alla corda di Villanova quel colpo d’occhio in più che altrimenti sarebbe stato solo noia.
Un paio di passaggi nei valloni gelati, con la temperatura che precipita di 10 gradi alla volta, ed qualche esplosione di sole in una mattina pulita con le montagne lecchesi sullo sfondo. Mi sono fermato ai 15 km perchè al secondo ristoro le sciure hanno detto testuale “saremo ai 10 e mezzo...” e sinceramente il fatto di trovarmi a meno di metà strada mi ha buttato giù di morale. In realtà, più probabilmente, eravamo agli 11 e mezzo. Ce l’avrei potuta fare tranquillamente, avrei portato a casa un po’ di mal di gambe ma John Treacy sarebbe stato orgoglioso di me. Ed io probabilmente mi sarei rivisto un altro po’ di mondiali di cross country del passato, pensando di essere in mezzo alla neve.
Alla neve di Limerick, con commento di Paolo Rosi.
0 Comments:
Post a Comment
<< Home