Stegal67 Blog

Monday, April 12, 2010

Ci sono gare long che durano ore e ci sono gare sprint che possono durare qualche anno. La gara sprint di Monghidoro 2010, il mio quarto campionato italiano sprint da speaker, chiude idealmente un cerchio che si era aperto nel 2007 ai Laghi di Fusine, in quello che fu il mio primo campionato italiano sprint dietro ad un microfono. Un cerchio che si era aperto e che ora si è chiuso, e forse non solo per me.

Essere lo speaker di una gara di orienteering è una esperienza che si può scegliere di vivere in modo asettico o in modo partecipato: io ho sempre privilegiato la seconda opzione, ed è per questo motivo che voglio sempre cercare di correre la gara nelle stesse condizioni di classifica di tutti gli altri partecipanti. Solo così sento di poter esprimere le emozioni che libero, talvolta in modo sguaiato, quando la gara si anima e l’adrenalina comincia a scorrere a fiumi. Poi, da speaker, posso scegliere di limitarmi alla cronaca o cercare di coinvolgere i concorrenti al traguardo, in quei momenti nei quali le tossine ancora obnubilano la mente ed i neuroni viaggiano come impazziti nella zona del cervello dove si impartiscono le istruzioni ai muscoli e si cercano di risolvere i problemi.

Per taluni speaker, in altri sport, giostrare a microfoni aperti potrebbe rivelarsi dannoso, molto dannoso. E pericoloso. Il dare il giusto merito ai ragazzi ed alle ragazze che frequentano i boschi per me significa testimoniare il fatto che non ho mai trovato nessuno sopra le righe, o maleducato, o che si sia espresso davanti a me in modo volgare o censurabile. Tutti quanti, nessuno escluso, si sono sempre comportati nel modo più sportivo ed educato possibile davanti al microfono che porgevo. Come quel giorno ai Laghi di Fusine...

... faceva caldo in quella settima edizione degli Italiani Sprint. La carta di gara non era affatto facile con la partenza era in un luogo magnifico: una sorta di ottava meraviglia del mondo, una conca erbosa inondata di sole sotto le montagne innevate. I primi punti mi vennero incontro fino al black out della quinta lanterna, quando cercai per qualche minuto un masso enorme con una sola idea in testa: che non avrei mai potuto mancarlo! (e lo mancai, non una ma tre volte!). Un’ora più tardi, mentre aspettavo gli Elite al traguardo, mi chiedevo come se la sarebbero cavata affrontando quel bosco a tutta velocità, loro sì al 110% delle possibilità atletiche. Io avevo partecipato a gare sprint nel bosco (Marcesina), nei parchi (Parma, Roskilde) ed in paese (Fondo, Mendrisio), avevo visto cartine di gare sprint di tutti i tipi. Non avevo idea se ci fosse un “format” più o meno giusto per una prova sprint: in fondo, pensai, è il luogo scelto per la gara che stabilisce il format...

Quel giorno a Fusine tanti atleti persero il titolo per un solo punto errato in mezzo ad altri perfetti. E non dimenticherò mai il momento in cui un Elite, appena arrivato al traguardo, mi chiese se poteva dire qualche parola al microfono. Erano passati pochi secondi dal suo arrivo. Potevo negarglielo? In modo molto educato, ma anche molto deciso, quell’atleta espresse il suo disappunto per un terreno di gara che non rappresentava in alcun modo lo standard di gare che gli atleti della nazionale erano soliti affrontare ai Mondiali o nelle Coppe del Mondo, quelli per i quali avrebbero dovuto prepararsi anche attraverso gare come gli Italiani Sprint. Quell’atleta, educato e deciso, era Marco Seppi.

Credo che Marco, se mai leggerà queste parole, se ne ricorderà. Credo anche che Marco, come me, si sia reso conto un istante dopo averle pronunciate dell’importanza delle sue parole, che potevano persino essere pesanti come i macigni che affrontammo in Coppa Italia il giorno dopo, sulla incredibile carta “Paradise Rock” dei Laghi di Fusine (nella quale feci un ottavo posto in solitaria, partendo alle ore 8.00... e tornerò anche su questo episodio quando scriverò della gara Long di domenica). Perchè il giorno dopo Marco fece una bellissima gara, e dopo il traguardo tornò da me e, ancora una volta a microfono aperto, volle invece sottolineare e dare atto agli organizzatori come quella Coppa Italia della domenica avesse rappresentato una delle sfide più difficili e più probanti per un atleta Elite come lui, una di quelle gare per le quali i nostri più forti rappresentanti si allenano tutto l’anno.

Non ho mai dimenticato l’educazione, ma anche la decisione ed il coraggio di Marco Seppi. Che se solo avesse voluto, avrebbe potuto sbraitare qualsiasi cosa e invece rimase calmo e fermo sulla sua posizione... E ci vuole grande forza per comportarsi così al termine di una gara. Ma quel giorno Marco ed io, lui senz’altro inconsapevolmente ed io invece molto consciamente, aprimmo un ideale cerchio: perchè io mi sono spesso domandato, infatti, quale tipo di gara avesse in mente Marco per un campionato sprint, italiano o mondiale non importa. E me lo sono domandato fino a quando sono passato sotto l’arco di plastica gialla che faceva da punto K al Campionato Italiano Sprint di Monghidoro 2010, ed ancora me lo sono domandato mentre correvo, con il poco fiato che ho, su e giù per il paese e mi balenava davanti agli occhi ogni tanto l’immagine del più grande dei fratelli Seppi.

Me lo sono domandato e la risposta era ogni volta nei venti metri che si aprivano davanti al mio naso. Era nel dedalo di punti in mezzo ai piccoli portici e sottopassi della parte alta del paese, nelle zone aperte che per qualche secondo hanno fatto sentire sotto i miei piedi un sentiero o un prato al posto dell’asfalto. Era nella tratta lunga ad alta possibilità di errore (solo per un tapascione come me, e così è stato) e nello Schuss sul quale Martin Hubmann ha costruito alfine la sua vittoria con una discesa “a vita persa” verso il punto spettacolo. Ed infine nella raffica di punti finali posizionati proprio attorno alla postazione microfonica, il “regalo” fatto allo speaker che sugli ultimi arrivi ha contribuito a rompere la mia voce: ha davvero rischiato di saltare per aria proprio in coincidenza dell’arrivo del nuovo campione italiano Giancarlo Simion!

La mia gara sprint di Monghidoro 2010, e la mia posizione finale, non sarà ricordata in nessun annale; ma per me ha rappresentato molto più di una serie di punti che ho fatto lentamente, talvolta addirittura con circospezione, correndo quando qualcuno lungo le vie o sui terrazzi o nei giardini mi vedeva impegnato in gara, e camminando per riprendere fiato quando potevo sparire dietro ad un ostacolo naturale o ad un muro. Da quattro anni, in fondo, aspettavo una risposta alla domanda che non avevo fatto ai Laghi di Fusine: “Marco, ma se fosse toccato a te, cosa ci avresti proposto?”. Ho avuto la risposta che volevo, e quella risposta mi ha convinto, mi è PIACIUTA. Come è piaciuta a tutti coloro che, ne sono certo (perchè so che è successo), hanno fatto i complimenti a Marco per il suo tracciato e per aver scovato Monghidoro per il Campionato 2010.

Il cerchio si è chiuso. Sono convinto che non si sia chiuso solo per me.
Anche se questo a Marco non lo chiederò mai.

5 Comments:

At 6:45 PM, Blogger Giorgio Bernardi said...

Mi incanti sempre con le tue parole. Complimenti! Condivido le tue ipotesi: certamente è stata per tutti noi l'occasione di mostrare cosa è per noi l'orientamento, dalla carta ai tracciati, all'ospitalità... per finire, perché no, all'elaborazione dati ;-)

 
At 7:44 AM, Blogger Andrea70 said...

Beh. Come ho scritto sul mio blog, ti posso solo ringraziare per la tua cronaca. Anche a una seconda linea come me hai regalato qualche attimo di grande soddisfazione!
Per il resto condivido... bellissima sprint.

 
At 4:53 PM, Anonymous Marco said...

Caro Stefano,

mi ci è voluta quasi una settimana per riprendere dei ritmi circadiani decenti, dei ritmi di allenamento usuali e dei ritmi di circalavoro sufficienti... Percio' "rispondo" solo adesso, ringraziandoti per le belle parole, piacevolmente stupito da un post quasi personalizzato (troppo buono da parte tua) e piacevolmente colpito dalla dovizia di particolari e dalla interpretazione perfetta che hai dato alla vicenda. Ti diro' che il peso delle mie parole forse lo sentii di piu' quando a fine 2007 Tiziano Zanetello mi chiamo' alla giornata nazionale della formazione a commentare i percorsi elite delle gare dell'anno. Puo' essere facile gettare il sasso e nascondere la mano quando si è dietro il banco, ma non è mai semplice mettersi dall'altra parte della cattedra, a cercare di spiegare e far comprendere. Quelle rare volte che mi è capitato di farlo in senso non figurato, mi hanno effettivamente lasciato qualcosa.

Fu una sensazione complicata, quel giorno sul lago, cio' che posso aggiungere e che non potevi sapere fino in fondo è che i laghi di Fusine sono la tipica destinazione gitana da Trieste e dal Friuli, sia come gita scolastica, sia come passeggiata domenicale, sia da scampagnata con gli amici. Quei posti che ti rimangono impressi da bambino e che quando diventi "patito" non puoi che vedere con la tipica bacata considerazione "qui ci vedrei una gran bella gara in una giornata di sole" (tra l'altro quell'angolo d'Italia è anche il piu' piovoso). Chiaro che le mie aspettative fossero alte. Inoltre, va detto che gli organizzatori di Fusine la sprint l'avevano pensata diversa, piu' in basso, ma sfortunatamente non gli fu concesso l'uso di alcuni prati. Va detto che per me Janos è uno dei migliori tracciatori che abbiamo in Italia (non per caso, secondo me, visto che se scorri gli annali dell'oringen il suo è uno dei nomi italiani che si possono trovare - l'esperienza conta!), che mi ha sempre fatto divertire tra i sassi, siano veneti, siano friulani, e che quel percorso era decisamente bello e che mi sono effettivamente divertito, pur sbagliando. E' solo che tecnicamente assomigliava di piu' a una middle che a una sprint, ma pazienza, un movimento cresce anche con queste esperienze. Magari per alcuni che anche hanno corso a Monghidoro, l'esperienza con la sprint è ancora limitata e i suoi aspetti non ancora sviscerati. Per forza di cose, un elite semplicemente ne corre di piu' (e ancora poche in Italia, a mio avviso). Basti loro pensare a quanti danni ha fatto il penultimo punto sulla macchietta verde nel grezzo, si e no 40 metri sopra la 100, a gara quasi (quasi) finita, e mai avrei pensato che fosse cosi' critico (lo è stato sia per le donne junior che per gli uomini master). Quando l'abbiamo posato, abbiamo pure pensato "eh, ma questo è quasi a vista da quello prima!". Quasi. Eppure diversi mi hanno detto "sono semplicemente sceso giu' per la strada, ero convinto di vederlo, come si fa a sbagliare un punto cosi'...". Come? Alta velocità, pressione, lettura rapida... basta perdere 10-15 secondi, bye bye gara. Ho detto a qualcuno che, naturalmente col senno di poi e con quello di chi guarda da fuori (in gara è tutt'altro che facile ragionare cosi'), per me serviva un'occhiata veloce alla bussola in uscita, per evitare di finire giu' in basso sulla strada. Alcuni mi hanno guardato come se parlassi turco ;)

Inoltre, come giustamente accennato da Giorgio, è stato comunque un grosso lavoro di squadra: sia tecnico (fondamentale il compito di controllo, scambio di pareri, aggiustamento di dettagli come la posa "a orologeria") sia in generale organizzativo (spazi, logistica, ecc.). Per cui la vedo prima di tutto come la sprint del CUSB, non tanto come la mia. E da non dimenticare la meticolosità di Maurizio nel rilievo e disegno delle parti complicate del paese: sembra una carta facile...

 
At 4:56 PM, Anonymous Marco said...

Sono percio' felice di poter ringraziare per i complimenti ricevuti, li abbiamo accolti con orgoglio in società. Ricordero' la due giorni con la soddisfazione della sprint, ma anche con un pelo di rammarico e con una certa rabbia. Il rammarico è quello che non tutti abbiano potuto godere di un bosco che definirei "ruvido" (perchè, pur prevalentemente pulito, di percorrenza mai banale), ma tecnicamente molto interessante a mio avviso, su percorsi sui quali in parecchi avevamo lavorato, anche qui in squadra. E' chiaro che abbia assunto un carattere un po' troppo estremo in quelle condizioni e differenze che pensavo si misurassero in 2 o 3 minuti (cioe' già parecchio) in realtà si sono ampliate ancora di piu'. (tra parentesi, quanto alle assenze, nel post seguente Stefano (G) hai già risposto ampiamente a Stefano (Z) sugli elite infortunati e sugli stranieri: ad es. i due del Galgenen avevano chiesto di partire presto per prendere il treno, percio' non hanno potuto gareggiare...) Cio' non toglie che, pur avendo goduto del fascino fiabesco e un po' epico del paesaggio, sono convinto che in altre condizioni i concorrenti avrebbero potuto apprezzare di piu' di terreno e carta. Pazienza, che dire? Il fatto cha alcuni di noi hanno attaccato stickers fino a notte inoltrata per rimediare ad un taglio di cui nessun ente nè autorità era a conoscenza ed effettuato venerdi' mattina, faceva forse presagire qualcosa di storto... (colgo l'occasione per scusarci con chi ha notato i mancati ristori: in accordo col DT avevamo deciso di toglierli perchè the caldo non facevamo in tempo a prepararlo, e pensavamo che l'acqua gelata avrebbe fatto piu' male che bene - solo che nella concitazione di avvertire dell'accorciamento dei percorsi, a quanto mi risulta la notizia dei mancati ristori è circolata meno rapidamente) Dicevo: soddisfazione, rammarico. Pero' se alle condizioni avverse c'era poco da opporre, se non il massimo impegno possibile (la decisione non stava solamente a noi e personalmente poco avrei potuto dire in quel momento se non che il vento mi stava tagliando la faccia, che la neve mi stava entrando nei vestiti, nello zaino e nei guanti, e due-tre ore dopo chissà...), non posso non dire che mi rimane della rabbia. La rabbia per il vero fattaccio. E non è tanto una questione di chi abbia dubitato della nostra posa, anzi, la faccia di chi ti guarda spaesato dopo aver girato a vuoto la capisci facilmente a posteriori. Quel dubbio è lecito e si è risolto da solo. Quello che mi fa rabbia e mi ha intristito, è averle viste, e "sentite" quelle facce. Se c'è una cosa che sono abituato a fare è stare dall'altra parte, correrle le selezioni, mettermi in gioco. Vedere da fuori quegli sguardi persi non è stato edificante. Erano master, erano assoluti, e poi erano W16 e M18. Per loro era una selezione, chissà quante altre ne faranno, ma a quell'età non ci pensi. Ti dicono in poche parole "Oggi stavo andando cosi' bene, che sfortuna, da li' è finito tutto" Una buona gara che gli hanno rubato dalle mani. Avrei preferito fosse successo a me, che vederlo dalla faccia dei ragazzi. Sono vigliaccate, nient'altro che azioni da vigliacchi.

 
At 4:57 PM, Anonymous Marco said...

Di positivo pero' c'è l'aiuto che hanno dato Maria Novella, Christine ed Emiliano, che, come sono sicuro tanti farebbero, sono stati bravi a non pensarci un secondo e a fermarsi (ma non è mai scontato...). E il fatto che la quarantena mi sembra sia stata accolta con l'umore giusto, sorrisi e partite a carte. Pensavamo che chi non ne è abituato potesse soffrirne, ma alla fine chi ha l'approccio giusto non fa fatica a capire. Spero che questo modo "fair" di vivere lo sport sia di insegnamento e magari solleciti chi ha fatto la vigliaccata ad ammetterla, anche privatamente o solo con chi sta cercando riscontri, e per lo meno scusarsene. Possibilmente dal profondo, come dal profondo dello sforzo di chi quella gara la stava correndo con passione, tutta quella che aveva in corpo, come quella che ci mette ogni volta Stefano.

 

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