Non è ancora arrivato nella mia casella delle lettere. Ma l'ho visto.
Mi sembra arrivato dunque il momento per dare il mio personale "Bentornato Azimut!". Che sia di buon auspicio per la lettura di questo numero e per tutti i prossimi numeri, per le persone che ci lavoreranno e per coloro che lo apprezzeranno.
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IPSI DIXERUNT...
“Gli orientisti sono le persone più fortunate del mondo: perchè hanno davvero fermato il tempo!” (Guido Lorenzi)
Quando, alcuni mesi or sono, mi è stato affidato il compito di scrivere un pezzo per il primo numero del nuovo Azimut, il mio primo pensiero è stato che avrei voluto intitolarlo “Dunque, dove eravamo rimasti?...”: un ricordo legato ad uno degli episodi televisivi rimasti nella memoria della mia generazione, il ritorno in video di Enzo Tortora alla conduzione di “Portobello”, nel 1987.
“Dove eravamo rimasti?...” aveva rappresentato in quell’occasione il modo delicato e toccante per riannodare una emozione e un feeling, tra il pubblico e la trasmissione, che non si erano mai interrotti nemmeno nei momenti più tristi. Così il mio “Dove eravamo rimasti?...” avrebbe voluto dare corpo a quel filo invisibile che collega l’ultimo numero di Azimut che avevo ricevuto tanti anni fa, ed il nuovo Azimut che nasce oggi circondato da una tecnologia che fa pensare alla fine degli anni ’90 come ad una era preistorica. Alcuni esempi? Abbiamo lasciato Azimut agli albori delle prime gare nelle quali si usava lo SportIdent! (credo che il mio primo impatto con questo aggeggio che temevo di perdere ad ogni passo sia stato alla 5 giorni della Valle di Non 1998). In un momento nel quale la tecnologia Ocad per la gestione delle mappe di gara non era ancora così diffusa, andavamo sicuri per i boschi con una carta sulla quale i punti erano disegnati a mano... Il software Origare, che tante società hanno poi imparato ad usare, muoveva i primi passi ed il suo ideatore Bepi Simoni era talvolta costretto a rientrare precipitosamente dal bosco per aiutare la segreteria gara!
E le notizie? Ed i calendari? Quante società poco più di 10 anni or sono affidavano le iscrizioni alla “catena telefonica”, quanti orientisti collezionavano i volantini cartacei recuperati alle varie gare per organizzare le successive trasferte... I risultati venivano allo stesso modo diffusi in formato cartaceo, talvolta chi se ne andava dal campo di gara prima delle premiazioni veniva a sapere il nome dei vincitori alla gara successiva (se poteva contare su qualche testimone oculare...). Internet non era ancora così diffuso dal diventare il principale strumento di diffusione delle notizie orientistiche... e vogliamo forse parlare dei blog?
Tutti questi strumenti, ormai fondamentali per il nostro sport, non c’erano ancora quando ha visto la luce l’ultimo Azimut del XX° secolo. Tutto questo oggi lo abbiamo... e torniamo anche ad avere il nostro Azimut! E’ vero, sono passati oltre 10 anni. Il buon Hans Steinegger, che inventò la prima versione di Ocad, “passed away”... ci ha lasciato nel 2005, ed altri vuoti si sono creati tra le fila dei tanti amici che correvano con noi e con noi sul campo di gara leggevano quegli Azimut. Dopo 10 anni non abbiamo più alcuna sensazione strana nel maneggiare quello strano aggeggio rosso (o multicolore) che registra il nostro passaggio nel bosco e soprattutto rimane imperituro testimone delle nostre abilità e nefandezze orientistiche: non sentiamo più qualcuno dire “ero in testa fino all’ultima lanterna!”... se non quando succede realmente! Ci capita ancora qualche volta di gareggiare con una carta old style, con i percorsi disegnati a mano dagli organizzatori che fanno tardi la sera cimentandosi con cerchiografo e pennarelli rossi... ma solo per alcune gare regionali o promozionali, ed i cerchietti sbilenchi o con il classico sbuffo di colore trascinato via dal supporto di plastica danno forse un piacevole brivido a chi era già orientista una o due generazioni fa.
Ecco, questo sarebbe stato il mio “Dunque, dove eravamo rimasti?...”. Ma il 2009 mi ha portato in dono, era il 6 giugno, un incontro speciale. A Sant’Orsola, Val dei Mocheni, l’Orienteering Pergine ha festeggiato il 30° compleanno con una festa alla quale sono intervenuti i “pionieri” dell’orienteering italiano. E’ lì che ho ascoltato le parole di Guido Lorenzi con le quali si apre questo pezzo. E’ in quell’occasione che Bruno Bosin, un altro pioniere, ha raccontato le motivazioni che spinsero queste persone a dare vita al CISO, il Comitato Italiano Sport Orientamento: “Abbiamo visto uno sport che ha una valenza culturale, di sfida prima di tutto con se stessi e poi con gli avversari, che sta a contatto con la natura e vi si immerge come nessun altra disciplina sportiva. Come potevamo starne lontani?”
Ma soprattutto, il colpo di grazia lo ha dato Carlo Alberto Valer: “Sono arrivato alla gara e ho subito incontrato due concorrenti. Parlavano del tracciato, parlavano del tracciatore... e discutevano di un punto che secondo loro non era posato benissimo. E ho pensato: ma in 30 anni non è cambiato niente ?!?!?”
Ma... se non è cambiato niente in 30 anni, non può essere cambiato nulla neppure in 10! E questo “Dove eravamo rimasti?...”. Rimasti. Verbo che parla di immobilità. Stato in luogo. Se c’è uno sport che non è mai fermo, mi sono detto, questo è l’orienteering: uno sport che si evolve ogni giorno, con continuità. Ti fermi a ragionare su quello che è stato, e subito il nuovo giorno ti porta una nuova avventura: nell’orienteering non ci si può fermare a ragionare nemmeno nel bosco... al limite si può rallentare appena un po’ per ripartire di slancio! Per uno sport che non ha mai interrotto la propria evoluzione, non potevo proprio pensare di proporre un titolo così “immobile”. Un’altra lezione dai pionieri.
Preferisco allora affidare il bentornato (“tornare”... verbo di movimento) ad Azimut con le parole che arrivano, indovinate un po’?, da un blog. E’ quello di Eddy Sandri http://eddysandri.blogspot.com/
Credo che nel pezzo che segue ci siano esattamente i contorni che definiscono il nostro sport. SportIdent o no, mappe al laserscan o no, XX° secolo o XXI° secolo. Ve lo lascio (con il permesso dell’Autore) come augurio per tutti gli orientisti e per il loro ritrovato Azimut.
“L'orientamento non è uno sport che si conclude con la gara in se stessa. Esso vive piuttosto di diversi momenti che messi assieme danno la sua unica ed inimitabile piacevolezza.
La gara inizia la settimana prima, quando si corre a leggere i comunicati gara, a cercare qualche notiziola, qualche lembo di carta o qualche foto che faccia almeno immaginare ciò che ci attenderà la domenica. Nei giorni che precedono la gara si iniziano a vedere le liste degli iscritti, prima, e le griglie di partenza, poi, e si possono così studiare gli avversari e preparare le tattiche da adottare.
La sera precedente (o più spesso la mattina stessa della gara) si prepara il borsone con tutti gli armamentari del caso. Poi il ritrovo con i compagni di squadra e partenza per la meta designata. A questo punto c'è la trepidante attesa della partenza fatta di lunghe chiacchierate con gli amici-avversari. Una usanza pericolosa, che rischia spesso di farmi arrivare in ritardo alla partenza. Quello che accade poi, è ciò che sta fra start e finish, e si chiama gara. La performance agonistica, un tentativo tante volte goffo, altre errato di correre verso la meta designata con in mano la mappa di gara.
E poi? Beh... qualcuno direbbe che è tutto finito. Ed invece è qui che inizia il bello.
Già al ristoro si incontrano gli avversari che, giunti al traguardi, diventano di nuovo amici; si inizia così a scambiare considerazioni ed a segnare improbabili percorsi sulla mappa, confrontandosi punto per punto con il foglietto degli split times appena fornito alla tenda dello scarico. Il ristoro si sposta ben presto al bar dove si attendono le premiazioni ed il malinconico ritorno a casa. Il week end è finito e con esso anche la gara ...
Ed invece no! Ci sono i risultati da scaricare, gli splits da confrontare, c’è da fare un giro di tutti i blog dei partecipanti alla gara, andare a vedere gli album fotografici, allenarsi con i compagni di squadra continuando le discussioni sull'orientamento.
Insomma una gara può durare ben più dell'oretta della competizione e normalmente può occupare tutta la settimana precedente e quella seguente l'evento” (Eddy Sandri)
“Dunque, dove eravamo rimasti?...”. In un bosco. Con una carta di gara in una mano ed una bussola nell’altra. E con un Azimut che ci aspetta al traguardo per accompagnarci fino alla prossima avventura.
Oggi Azimut è tornato da noi. O noi siamo tornati da Azimut. In fondo non importa... in fondo non vi capita mai, anche nel bosco, di non sapere se siete voi ad aver raggiunto la lanterna o se è la lanterna che vi è corsa incontro?
Stefano Galletti – stegal67@hotmail.com
5 Comments:
Contrariamente a quanto sostenuto anche da Galbusera nel nuovo numero di Azimut, l'ultimo numero pubblicato fu il numero 90 dell'ottobre 2001, con la volata di Laura Scaravonati ai Mondiali 2001 in Finlandia.
La veste era in bianco e nero, formato A5 (15x21 cm).
Comunque sia: bentornato AZIMUT anche dal sottoscritto.
Ben tornato Azimut!... mi pare di aver sentito questa frase altre volte, molte altre volte. Ma Azimut non tornava. Se fosse vero che ora Azimut è tornato ne sarei davvero felice. Quando chiedevo perchè non si stampava più la rivista della FISO, che ritenevo e ritengo un indispensabile strumento di collegamento con tutti gli orientisti, in qualunque angolo d'Italia essi abitino, in Federazione rispondevano che non serviva più, dal momento che esisteva il "sito web" e che stampare la rivista era un costo non più sostenibile. Mi rassegnavo ad accettare la realtà dei fatti, convinto che fosse un errore rinunciare alla Rivista e che almeno questo "costo" era più che giustificato, almeno rispetto a molti altri. Piano piano mi sono abituato a consultare il sito web della FISO e non ho più pensato alla rivista, perdendo inconsapevolmente anche tutta la ricchezza dei commenti tecnici che vi venivano pubblicati, delle pagine "formative", degli approfondimenti, degli spazi riservati alle opinioni degli esperti. In fondo le opinioni le leggevo sui blog ... già, ma non era la voce ufficiale della FISO!
Perchè adesso Azimut ritorna? Spero non si tratti dell'ennesimo tentativo di far rinascere dalle ceneri, qualcosa che ormai appartiene definitivamente al passato, che non ci si fermi al primo numero, e che in Federazione siano realmente convinti che una rivista cartacea, ha ancora una grande utilità, anche in termini promozionali, per far arrivare sul tavolo dei molti che non ci conoscono, immagini e informazioni sul nostro sport....
Ancora una cosa: il mio indirizzo è sempre lo stesso, dal 1985, chi di dovere, verifichi per favore, perchè a casa mia "Azimut" non è ancora tornato.
Walter Peraro
Ciao Walter!
Premesso che non ho molto a che fare con Azimut (tra l'altro no è ancora arrivato nemmeno a me, ma confido nelle poste italiane... forse sono citato tra i collaboratori? ma credo più a titolo generico che di reale apporto), ho sempre tenuto a ribadire a chi mi chiedeva il mio parere che ...
...
NON E' DIFFICILE FARE IL PRIMO NUMERO. IL DIFFICILE E' FARE IL SECONDO.
Questioni economiche a parte, la redazione di un "numero unico" non la vedo come un problema; e tanti pericolosi grafomani e bloggers potrebbero fare Azimut nei ritagli di tempo. Non credo sia un problema insormontabile contattare le persone (o forse si), chiedere pezzi di qualità (o forse si), mettere insieme cartine, foto, calendari, proposte... ed arrivare ad un numero di buona fattura.
Il problema, per come la vedo io, è che la redazione rischia di arrivare "stremata" dopo 6 mesi di lavoro per far uscire un primo numero, e si troverebbe immediatamente ad avere davanti un periodo di tempo pari a meno della metà per far arrivare nelle case dei tesserati il secondo numero.
Lo vedo già in piccolo (molto, ma MOLTO più in piccolo) con il Nuovo Lanternino lombardo... per il quale l'inverno sembra un periodo di tempo enorme per fare il primo numero e poi quando lo hai mandato in stampa guardi il calendario e ti accorgi che (piano alla mano) dovresti già lavorare al secondo numero! Ed il Nuovo Lanternino, per quanto importante per la nostra regione, è qualcosa che se slitta \ va solo su web \ è più piccolo o più grande... non è importante.
Per questo il mio augurio alla redazione non è per ciò che hanno fatto fino ad ora, ma per ciò che dovranno fare da ora in avanti.
Ciao Walter!
Premesso che non ho molto a che fare con Azimut (tra l'altro no è ancora arrivato nemmeno a me, ma confido nelle poste italiane... forse sono citato tra i collaboratori? ma credo più a titolo generico che di reale apporto), ho sempre tenuto a ribadire a chi mi chiedeva il mio parere che ...
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NON E' DIFFICILE FARE IL PRIMO NUMERO. IL DIFFICILE E' FARE IL SECONDO.
Questioni economiche a parte, la redazione di un "numero unico" non la vedo come un problema; e tanti pericolosi grafomani e bloggers potrebbero fare Azimut nei ritagli di tempo. Non credo sia un problema insormontabile contattare le persone (o forse si), chiedere pezzi di qualità (o forse si), mettere insieme cartine, foto, calendari, proposte... ed arrivare ad un numero di buona fattura.
Il problema, per come la vedo io, è che la redazione rischia di arrivare "stremata" dopo 6 mesi di lavoro per far uscire un primo numero, e si troverebbe immediatamente ad avere davanti un periodo di tempo pari a meno della metà per far arrivare nelle case dei tesserati il secondo numero.
Lo vedo già in piccolo (molto, ma MOLTO più in piccolo) con il Nuovo Lanternino lombardo... per il quale l'inverno sembra un periodo di tempo enorme per fare il primo numero e poi quando lo hai mandato in stampa guardi il calendario e ti accorgi che (piano alla mano) dovresti già lavorare al secondo numero! Ed il Nuovo Lanternino, per quanto importante per la nostra regione, è qualcosa che se slitta \ va solo su web \ è più piccolo o più grande... non è importante.
Per questo il mio augurio alla redazione non è per ciò che hanno fatto fino ad ora, ma per ciò che dovranno fare da ora in avanti.
Bella discussione.
Interessante soprattutto l’argomento proposto, perché abbraccia molto di ciò che ci sta a cuore.
Devo dire che gli interventi di Walter mi appassionano sempre. Walter non è solo un mio concittadino e un tesserato della mia società, ma un attento conoscitore, osservatore e analista della nostra realtà, una realtà che appartiene a molti di noi e che in fondo lo coinvolge da non meno di tre decenni. Walter, a mio modo di vedere, è uno dei testimoni “scomodo” della nostra storia, poiché non è tra coloro che si lasciano incantare dalle lusinghe, dai bei discorsi, dai proclami, ma è un libero pensatore che giudica i fatti, e le conseguenze che seguono gli eventi. Un po’ gli somiglio, non c’è che dire.
La sua attività di scrittore, autore, regista, e molto altro, non può perciò non conferirgli alcune prerogative analitiche spesso inarrivabili per molti.
Ha ragione Walter quando dice “Spero non si tratti dell'ennesimo tentativo di far rinascere dalle ceneri, qualcosa che ormai appartiene definitivamente al passato, che non ci si fermi al primo numero, e che in Federazione siano realmente convinti che una rivista cartacea, ha ancora una grande utilità, anche in termini promozionali, per far arrivare sul tavolo dei molti che non ci conoscono, immagini e informazioni sul nostro sport....”
Già, l’informazione. Ci siamo mai chiesti quale sia poi l’informazione che ci aspettiamo? O meglio: qual è l’Azimut che tutti noi vorremmo? Quello che ci racconta di fantastiche storie di miti del nostro sport, o quello che ci sbatte in faccia la realtà dei fatti? Quello che ci dice “bella giornata di sole, affluenza consistente e soddisfazione da parte di tutti gli Enti coinvolti nell’organizzazione” o quello che ci racconta “partecipanti in calo preoccupante, tracciati così e così, carta di gara appena sufficiente”?
Aneddoto:
Lo scorso autunno un editore italo-finlandese mi propose di scrivere un pezzo sul Kainuu, la regione nella quale vivo nel periodo estivo. Gli promisi di iniziare lo scritto non appena avessi provato nostalgia di quei posti, per poter magari meglio descrivere immagini e atmosfere e renderle quindi più “visibili” ai lettori. La sua replica fu: “Non ci interessa apprendere quanto bello sia il Kainuu; quello già lo sappiamo o lo immaginiamo; adesso vogliamo conoscere i suoi difetti, le sue contraddizioni e se la gente che lo popola è felice. Solo in questo modo potremo rendere un servizio ai nostri lettori.”
Ciao Ste’
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