Garette Estive. Capitolo 5: Mondiali Master (qualificazione long 1)
Arriviamo così alle ultime tre tappe di questa maratona
svedese: le gare long dei WMOC 2015. Dopo il giorno di riposo, trascorso
saltabeccando tra le isole della West Coast, si va verso il lago Delsjon per la
prima gara di qualificazione. Il cielo sta buttando giù acqua a catinelle e le probabilità di cambiarci in macchina sono
molto alte, ma la prima preoccupazione che dobbiamo affrontare è relativa al “dove”
possiamo lasciare l’auto.
Accade infatti che, sempre nell’ottica del Mondiale
eco-sostenibile, la zona di arrivo è stata piazzata ai margini della zona
industriale di Molndal, un assembramento di piccole officine di meccanico, di
basse palazzine per uffici, di aziende di autotrasporti; ci sono veramente
poche possibilità di parcheggiare in zona, e quando cerchiamo di “mediare” con
uno dei locali per poter lasciare la macchina davanti al suo ufficio, le
risposte sono tra l’esasperato e l’incaxxato: sono tutti lì a chiedersi chi abbia mai dato il permesso a tutte
queste persone di radunarsi lì attorno, e soprattutto cosa ci stiano facendo!
Cerco di spiegare, anche con un po’ di pompa magna, che sta per disputarsi il
campionato mondiale di orienteering e… incredibile a dirsi! Pure nella
fantastica Svezia, accade che di questa cosa ai locali non gliene può fregare nemmeno un pìcciolo!!! Alla fine riusciamo a
transare un parcheggio vicino ad un autotrasporti, ed andiamo in zona arrivo: l’area
è veramente minimalista; sotto il diluvio, parecchie società sono riuscite ad
infilare le tende sotto gli alberi, solo il gruppo di giapponesi è dotato di
una specie di “casa” di tela, con tanto
di finestre e area di ingresso, ma gliel’ha portata lì già bell’e montata l’agenzia
di viaggi.
Le prime persone che vedo in zona arrivo sono Katja e Daniel
Zwicker, che hanno già finito la loro gara e come al solito sono puliti e
sorridenti come se fossero sul red carpet
(ma come fanno?). Daniel mi squadra e la sua faccia cambia espressione: “Stefano, per l’amor del cielo! Non entrare
nelle paludi! Stefano, stacci lontano!”. Mi pare di capire, dai commenti
che sento in giro, che anche questa long distance stia per diventare una nuova
lezione di paludismo applicato… la conferma me la offre su un piatto di
argento, sereno come sempre, il buon Jorgen Holmboe: “Devi sapere che quest’anno la
primavera è stata molto calda, cosicché l’erba nelle zone di palude è cresciuta
tantissimo. Poi abbiamo avuto un inizio di estate molto più piovoso del solito,
e quindi le palude sono assai più profonde”. Il risultato è presto fatto: chi è partito per primo ha corso nelle
paludi ancora abbastanza compatte, ma si è dovuto far largo nell’erba da
elefanti dove serve la forza di Hulk per procedere. Chi partirà in fondo, probabilmente troverà l’erba tutta pestata,
ma praticamente farà la gara nel fango dall’inizio alla fine.
“Tu in che posizione della griglia sei?” chiede Jorgen.
“Sono l’ultimo che
parte di tutto il Mondiale…” rispondo io.
Jorgen, l’infame, sorride.
A pomeriggio inoltrato, quando ormai sembra che tutta la
qualificazione sia finita e la maggior parte delle persone si è già fatta la
doccia e si è rifocillata, arriva anche il mio turno di partire. Questa cosa,
dicevo qualche giorno fa, mi mette sempre addosso una certa inquietudine, che
cresce ancora di più quando vedo la carta di gara, ovvero questa COSA QUI:
Primo pensiero, rivolto a Daniel Zwiker: come cavolo faccio a
stare LONTANO DALLE PALUDI?!?!?
Secondo pensiero, rivolto a me: Stefano! Pensa solo a
trovare il primo punto. Trova solo il primo punto e potrai andartene da qui orgoglioso di quello che hai fatto.
Solo per fare un confronto, farei vedere la carta di gara di
Roberta (D45): se in Italia qualcuno osasse proporre il percorso che ha fatto
Roberta in D45, arriverebbero al traguardo in tre e scoppierebbe la rivoluzione…
Su per la linea di massima pendenza, poi di traverso verso
nord-est a valicare le linee di rocce (sul terreno ce ne sono molte di più di
quanto è segnato in mappa) finché, con i piedi perennemente a mollo, arrivo
sulle sponde del laghetto. Superata la palude a nord del laghetto, di nuovo su
tra le fila di rocce a costeggiare l’enorme
Stige chiamato Bredaremossen, che in svedese vuol dire “lasciate ogni
speranza voi italiani che ci entrate”. Da lì, è sufficiente leggere bene la
carta di gara e mappare sul terreno colinette, avvallamenti, paludine fino ad
arrivare all’evidente roccia… SI, COL
CAVOLO! DAL DIVANO DI CASA!!!... La zona a nord dello Stige è un continuo
movimento del terreno, con paludi ovunque e cocuzzoli che fanno deviare dalla
linea retta. Arrivo nella zona ad est con gli alberi buttati al suolo e, dopo
qualche secondo si sbandamento (vado a destra? A sinistra? Avanti? Torno indietro?)
identifico le piccole linee verdi sulla mappa e vado dritto al punto. Lento ma
dritto.
Sono in mappa! Il peggio è passato, da qui in avanti… ecco: da qui in avanti è peggio! Basta un
minimo calo di concentrazione che, pur passando accanto alle roccette a metà
tra la 1 e la 2, arrivo al punto solo per scommessa. Alla 3 c’è il ristoro con
le sciurette che si chiedono chi sia questo che a metà pomeriggio sta ancora
passando dal ristoro, la 4 la faccio dritta e la 5… la trovo solo perché vedo
il brasiliano che è partito 20 minuti prima di me che punzona: sarebbe una
parete rocciosa, ma avrebbero dovuto scrivere “abbiamo scelto di cartografare QUESTA parete rocciosa e non le altre 20
che sono all’interno del cerchietto…”.
Sulla via del ritorno, il Bredaremossen non fa più tanta
paura come all’andata, e mi posso beàre gli occhi dello spettacolo delle cascate formate dall’acqua che tracima dalle
paludi superiori a quelle che stanno un livello sotto. Per scendere dalla 9
(fatta in bussola sotto la linea magenta) alla 10 bisognerebbe avere i pattini
ed anche essere bravi come Brian Boitano per riuscire a stare in piedi senza
frantumarsi le ossa sulle pietro cosparse di sapone. Invece per uscire dalla 11…
ecco: qui veramente bisognerebbe avere il filmato! La tratta fettucciata dalla 100
all’arrivo è un OCEANO di fango, profondo da mezzo metro in su. Io impiego due
minuti e rotti per arrivare al traguardo, ed assicuro che è un tempo di tutto
rispetto per quelli che sono arrivati al traguardo attorno alle 16! Alcuni anziani
concorrenti semplicemente devono tirare gli uni con gli altri per venirne
fuori, un altro (il mio compagno di stanza) finisce lungo e disteso a faccia in
avanti nella torba, e non sarà nemmeno uno dei pochi ad arrivare al traguardo
in stile “mostro della laguna”.
(… continua …)
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